Luca DESSERAFINO sdb"Egli ci ha fatti e noi siamo suoi

17 aprile 2016 | 4a Domenica di Pasqua - Anno C | Omelia
Egli ci ha fatti e noi siamo suoi
In quel giorno di sabato, nella sinagoga di Antiochia di Pisidia, antica città situata nel cuore dell'Asia
Minore, l'attuale Turchia, avvenne un fatto che non appartiene solo alle origini della storia della comunità cristiana, quando cioè la Chiesa uscì dall'ebraismo; a suo modo si ripete in ogni generazione. C'erano in quella sinagoga donne pie di alto rango e uomini abituati ad incontrarsi tra loro; era un gruppo ben formato e amalgamato, tutti credenti nell'unico Dio; cosa, ovviamente, bella e singolare in una terra di increduli e di pagani.

In quella riunione di gente religiosa e credente entrarono Paolo e Barnaba e con loro "quasi tutta la città", desiderosa di ascoltare l'annuncio evangelico. "Quando videro quella moltitudine", scrive l'autore degli Atti, i giudei furono presi da gelosia e cominciarono a contraddire le parole di Paolo, bestemmiando. Essere fedeli al Signore vuol dire ascoltare la sua voce e seguirlo ogni giorno, ovunque egli ci conduce. E' l'esatto contrario dello stare seduti pigramente e orgogliosamente nella sinagoga di Antiochia. A chi lo ascolta e a chi lo segue, Gesù promette la vita eterna. E aggiunge: "nessuno le rapirà dalla mia mano". Si tratta di un pastore buono, forte e geloso delle sue pecore.

La vita di quelli che ascoltano è nelle mani di Dio; mani che non dimenticano e che sanno sostenere sempre, come vediamo nell'immagine dell'Apocalisse. I credenti sono chiamati a collaborare con Dio per realizzare già oggi questa visione di comunione tra tutti. L'Apocalisse mostra l'esatto contrario di quello che accadde ad Antiochia di Pisidia, ove la predicazione ruppe i confini angusti di quelle persone religiose e si proiettò verso il vasto mondo degli uomini.

Il Vangelo allarga il cuore di ogni credente perché scardina radicalmente l'individualismo. Nel cuore di ogni singolo membro di quella "moltitudine" di cui parla l'Apocalisse, si coglie il respiro universale che sorregge il cuore stesso del Buon Pastore. Nella breve dichiarazione di Gesù, riportata nel brano evangelico di oggi, è racchiusa tutta l'esperienza cristiana. Si tratta di un legame profondo che si stabilisce fra il Cristo risorto e coloro che, credendo in Lui, fanno parte dellla Chiesa. Legame che Gesù descrive attraverso l'immagine del pastore e del gregge.

Tre verbi, tre affermazioni riguardano le pecore e a queste affermazioni ne corrispondono altrettante sul pastore. Questo intreccio esprime la qualità e l'intensità unica del rapporto fra Gesù e i suoi discepoli.
L'amore portato da Cristo è universale e tutti gli uomini sono chiamati a far parte del suo "gregge".

Oggi Gesù ha bisogno di persone per portare la salvezza sino ai confini della terra. Ha bisogno di persone attraverso cui continuare a svolgere il suo servizio di pastore che ammaestra, nutre, guida il suo gregge. Ha bisogno di persone che con la loro esistenza totalmente consacrata a Lui annunciano il futuro di felicità che ci attende. Ognuno, in qualunque stato di vita, ha la sua chiamata specifica ad essere testimone nella Chiesa e nel mondo. La forza del Risorto è data ai nostri cuori per mezzo dello Spirito, il testimone per eccellenza.

Luca DESSERAFINO sdb

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