MONASTERO DI RUVIANO,"L'INABITAZIONE DI DIO"

L'INABITAZIONE DI DIO
MONASTERO DI RUVIANO,
At 15, 1-2.22-29; Sal 65; Ap 21, 10-14; 22-23; Gv 14, 23-29
Nel comandamento nuovo Gesù non aveva chiesto nulla per sé e nulla per il Padre: «Amatevi gli uni
gli altri come io ho amato voi»! Nel capitolo quattordici e anche in quello successivo dell’Evangelo di Giovanni, Gesù chiede di essere amato ... o meglio, non lo chiede, ma pone l’amore che il discepolo ha per Lui come condizione perché possa irrompere nell’uomo la novità più sorprendente che si possa immaginare: la presenza di Dio non accanto all’uomo ma dentro di lui!

Se la Prima Alleanza partiva da un Nome che conteneva una promessa, «Io ci sono» (cfr Es 3, 14), la Nuova, Definitiva Alleanza spalanca dinanzi all’uomo un orizzonte che era inimmaginabile: questo esserci di Dio è nel credente, è nel discepolo, è in chi ha conosciuto Gesù che è la piena ed ultima rivelazione di Dio; la presenza di Dio è in chi si è innamorato di Gesù!
Questo non vuole essere un linguaggio mellifluo, sdolcinato; vuole essere un tentativo di dire la totalità e l’avvolgenza di questo amore per Gesù. Un amore che deve essere qualcosa che afferra tutto l’uomo, dal pensiero al palpito del cuore, dal corpo al sentire, dal sapere al volere, dal desiderare allo scegliere ... solo chi ama così desidera “conservare” la parola dell’amato; sì, una parola da osservare, da serbare, da custodire perché non sia dimenticata; questo può avvenire solo nell’amore per colui che quella parola ha pronunziato!

Chi custodisce la Parola di Gesù (ricordiamo che il Quarto Evangelo era iniziato con la solenne affermazione che Gesù è la Parola! cfr Gv 1, 1ss) diventa “luogo” di Dio! Ecco la grande rivelazione di questo passo dei “Discorsi di addio” che oggi si legge: è possibile entrare in una circolarità di amore in cui si ama il Cristo e si conservano le sue parole diventandone “scrigno” e “tesoro”; questo permette al Padre di riconoscere, nel discepolo “innamorato” di Cristo e custode della sua Parola, il volto del Figlio amato e ciò produce l’inabitazione di Dio in quel credente! Sembra difficile ma non lo è; è invece molto lineare.

Il Padre ed il Figlio desiderano essere abitatori di quel cuore ... colui che opera tutto questo; chi realizza questo desiderio del Padre e del Figlio è lo Spirito, il Parácletos, il Soccorritore, il Difensore il quale, poiché difende i diritti di Dio nel cuore del credente, lo fa nel modo più efficace possibile: ricordando Gesù ai discepoli! Il Paraclito insegnerà ogni cosa ma ricordando Gesù, ricordando tutto ciò che Lui ha detto e fatto!

Se si ricorda Gesù non si può evitare di “innamorarsene” sempre più...così tutto diventa possibile!

Da queste poche righe del Quarto Evangelo noi credenti riceviamo una rivelazione immensa che è capace di cambiare il volto della nostra interiorità, dei nostri slanci, il sapore delle nostre speranze; tutto possiamo fondare non su noi stessi, ma su un Dio in noi!

Possiamo così, e solo così, gustare la pace che è il biblico “shalom” che è concetto che contiene più del nostro concetto di pace; o forse è invito a scavare profondo all’interno di questo grande dono pasquale che è la pace.
Un dono che non si può cogliere superficialmente: a volte è colto solo come assenza di guerre, altre volte come quietismo, altre volte come repressione di moti violenti ... no! La pace, lo shalom è unificazione del volere e del sentire, è unificazione del pensiero e dei gesti, è unificazione di sé con se stessi, è unità con Dio e con il creato ... lo shalom è armonia, è pace su scala totale; è, in fondo, l’essere pienamente se stessi nell’amore e nella libertà, realizzando l’uomo che Dio ha “sognato nell’in-principio! Comprendiamo che questa pace può essere solo dono di Dio ... nel Quarto Evangelo la pace (come anche la gioia cfr Gv 15, 11 e 17,13) può essere solo quella di Gesù: «Vi lascio la pace, vi dò la mia pace»! Ed è una pace tanto diversa da quella che può dare il mondo con i suoi inganni e le sue ambiguità.
E’ questa una pace che è il limpido prodotto della presenza di Dio nella nostra vita concreta, del suo aver preso dimora in noi!

Dio in noi genera la pace e libera dalla paura e dal turbamento! La paura è la grande nemica della pace perché è la grande nemica dell’amore («L’amore perfetto scaccia il timore» cfr 1Gv 4, 18), e solo l’amore può vincerla.

Dinanzi a questa prospettiva infinita che oggi la Santa Scrittura ci apre si può rimanere sbigottiti e si può avere l’impressione che tutto questo sia troppo! E’ vero! E' troppo ma è per noi!

La visione finale del Libro dell’Apocalisse, che è oggi la seconda lettura, ci dice di una città risplendente di gloria perché è abitata da Dio, dal Suo Agnello! Credo che quella città, la Gerusalemme celeste, sia sì la città degli uomini che alla fine Dio realizzerà in pienezza, ma sia anche ogni credente che, essendo dimora dell’Agnello, è dimora di Dio, avvolto della gloria dell’Agnello che è la gloria dell’amore fino all’estremo, dell’amore senza condizioni e senza limiti!

Chi è “innamorato” dell’Agnello e lo lascia dimorare in sé, diviene “luogo” della gloria di Dio, “luogo” in cui si canta la presenza di Dio che ha un “peso”, un primato assoluto su tutto: sui pensieri, sulle scelte, sugli affetti, sulle vie da imboccare, sui sì e i no da dire per non conformarsi al mondo e per essere “custodi” di quella parola dell’Amato, che ci ha afferrato e che ci ha trasformati in uomini nuovi che sanno dove è la loro luce, che sanno che la lampada è l’Agnello!
E’ questa una parola compromettente: La lampada è l’Agnello! E l’Agnello è Cristo Gesù mite, umile, trafitto per amore ma vittorioso; l’Agnello sgozzato ma in piedi di Ap 5, 6!.

La luce in cui cammina il discepolo, insomma, è sempre quella della Pasqua: una luce “costosa”, passata per la croce, che custodisce in primo luogo la «parola quella della croce» (cfr 1Cor 1, 18): chi ama il Cristo custodisce “in primis” la “parola della croce” perché quella è la parola del suo amore senza condizioni!

La lampada, la luce in cui camminare, costi quel che costi, è dunque l’Agnello, solo l’Agnello!

p. Fabrizio Cristarella Orestano

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