Don Enzo BIANCO sdb"GESÙ RIDONA LA VITA"

5 giugno 2016 | 10a Domenica T. Ordinario - Anno C | Omelia
GESÙ RIDONA LA VITA

Un adolescente era morto. Sua madre lo accompagnava al cimitero, e piangeva tutte le lacrime che
una mamma versa per un figlio che non è più. Accadde duemila anni fa, ai tempi di Gesù. In Galilea, poco lontano da Nazaret, alle porte di una cittadina di nome Nain.
Ma perché questo fatto antico viene riproposto oggi alla nostra considerazione? Che rapporto ci può essere tra noi del Terzo Millennio, che siamo andati fin sulla Luna, e questo episodio di cronaca sepolto nella notte dei tempi?

? Be', almeno due punti sono in comune. Anzitutto il dramma della morte, che coinvolge sempre tutti e non conosce confini di tempo e di spazio. Poi la speranza che ha preso consistenza allora, in quella cittadina di nome Nain. Speranza della risurrezione e della vita in Cristo, che continua a splendere anche oggi per noi.

IL GRANDE SPAURACCHIO

La morte appare prima di tutto un grande spauracchio, il dramma dell'esistenza umana. Nessuno sfugge alla morte, si sa. Ogni momento si è costretti a confrontarsi con questa scorbutica realtà.
La morte rapisce uno dopo l'altro i nostri cari, i nostri amici. I bambini. Di continuo giornali, radio e televisione presentano drammatiche scene di morte, dalle sciagure aeree ai delitti di mafia, alle tante guerre e guerricciole combattute qua e là per il mondo.
Ogni giorno film e sceneggiati tivù trasformano la morte in spettacolo, a volte perfino divertente. Secondo le statistiche il ragazzo medio americano quando giunge a 14 anni di età, ha già assistito a 15.000 omicidi televisivi. Ma per fortuna lì muoiono sempre i cattivi.

" Eppure della morte non vogliamo sentir parlare. Se uno entra in argomento, si protesta: "Ma non c'è niente di più allegro?". Ai funerali si commenta: "Oggi a te e domani a un altro...".
A volte si riesce anche a fare dell'ironia. L'umorista Woody Allen diceva: "Non è che io abbia paura di morire. Solo che non vorrei esserci quando capiterà". E l'antico filosofo Epicuro: "La morte non è nulla per noi. Infatti quando noi ci siamo, la morte non è ancora venuta; e quando è venuta, noi non ci siamo più".
Il cristiano invece sa guardare alla morte con speranza.

I MOTIVI DELLA SPERANZA CRISTIANA

Da quando Gesù si è accostato alla bara di quel bambino morto, qualcosa è cambiato nella riflessione degli uomini. Quella povera vedova ha perso il suo figlio unico, e sarà sola e senza sostegno per il resto della vita. L'assistenzialismo del welfare state era di là da venire. Ma Gesù pronuncia due frasi col punto esclamativo: "Donna, non piangere!", e comanda al figlio con la parola che crea: "Ragazzo, dico a te, alzati!". Lo restituisce vivo a sua madre.
In altra circostanza andranno a riferire a Gesù: "I1 tuo amico Lazzaro è malato". Gesù risponderà: "Questa malattia non lo condurrà alla morte". Invece Lazzaro era morto davvero. Allora Gesù dirà che soltanto dormiva, e andrà a ridestarlo.
Infine un giorno Gesù morirà, ma il Padre lo restituirà alla vita.
Ecco spiegato perché i cristiani ora guardano alla morte con speranza. Sanno di avere un Padre che ama i suoi figli, e che per mestiere dona la vita. Eterna. E da duemila anni i cristiani celebrano con Cristo la vittoria della vita sulla morte.

LA VITTORIA DELLA VITA

Era ferma convinzione di Paolo, il persecutore atterrato sulla via di Damasco: "Dio, come ha risuscitato il Signore Gesù, farà risorgere anche noi con la sua potenza (1 Cor 6,14)
Diceva un pensatore cristiano antico, san Giovanni Crisostomo: "Non affliggerti per chi muore. Che assurdo: credere in un paradiso eterno, e compatire chi ci va?". E san Clemente di Alessandria: "Cristo ha trasformato tutti i nostri tramonti in aurore".

? Gli studenti in gamba ricordano i versi di Dante: "Non v'accorgete voi che noi siam vermi / nati a formar l'angelica farfalla, / che vola a la giustizia sanza schermi?"
Blaise Pascal ha immaginato di sentire queste parole rivolte a lui da Gesù: "I medici non ti guariranno, perché alla fine morirai. Sono io che ti guarisco, e rendo immortale il tuo corpo".
Manzoni: "Chi si affida nel Signore / col Signor risorgerà"
Eugenio Montale, di solito privo di illusioni, ha incastonato in una poesia queste parole sibilline: "La morte odora di risurrezione".
Più vicino a noi, Padre Pio: "Ci rianimi il consolante pensiero che, dopo aver asceso il Golgota, si ascenderà ancor più in alto".
Il moderno filosofo francese Michel Serres ha proposto questa definizione: "La risurrezione, ovvero morte della morte".
E Miguel de Unamuno, filosofo spagnolo: "Senza di te, Gesù, nasciamo solo per morire; con te, moriamo solo per rinascere".

"VIVENTI PER DIO, IN CRISTO GESÙ"

Perciò il cristiano impara a guardare alla morte con serenità. Impara da Nain. La cittadina esiste ancora oggi: in zona pianeggiante, ai piedi di una modesta altura detta Piccolo Ermon. Un gruppetto di moderne case coloniche in mezzo ai prati, con tanti mandorli che ogni primavera la ingentiliscono con i loro fiori. Circolando per le sue vie, sembra ancora di potersi imbattere in un mesto funerale, e Gesù che ripete donna non piangere, e ragazzo alzati. Nain, per i pellegrini in Terrasanta, è un simbolo, una promessa di vita eterna.
E da Nain nasce un progetto di vita. San Paolo ai primi cristiani lo indicava così: "Se siamo morti con Cristo, crediamo che anche vivremo con lui… Consideratevi morti al peccato, ma viventi per Dio, in Cristo Gesù" (Rm 6, 8.11)
E dunque, facciamo in modo che la morte ci trovi vivi.

Don Enzo BIANCO sdb

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