fr. Massimo Rossi, “Ragazzo, dico a te, alzati!”


X DOMENICA PER ANNUM - 5 giugno 2016
1Re 17,17-24; Sal 29/30; Gal 1,11-19; Lc 7,11-17
O Dio,consolatore degli afflitti, tu illumini il mistero del dolore e della morte con la speranza che
splende sul volto di Cristo; fa’ che nelle prove del nostro cammino restiamo intimamente uniti alla passione del tuo Figlio, perché si riveli in noi la potenza della sua risurrezione.
“Dio mi scelse fin dal seno di mia madre e mi chiamò con la sua grazia;  si compiacque di rivelare in me il Figlio suo perché lo annunciasi in mezzo alle genti…”
“Ragazzo, dico a te, alzati!”
“Consolare gli afflitti”:  è un’opera di misericordia spirituale.
La Chiesa celebra quest’anno il Giubileo straordinario della misericordia:  non solo quest’anno, dovremmo vivere concretamente la consegna della misericordia che il Signore ci ha lasciato prima di tornare al Padre.  Dovremmo viverla sempre, la misericordia, come uno stato di vita, come lo stato di vita che caratterizza tutte le vocazioni, e le conforma alla vocazione di Cristo.
Lo abbiamo appena ascoltato nel racconto della vedova di Zarepta di Sidone:  il segno che le parole del profeta non sono solo parole, è la guarigione prodigiosa del figlio di quella vedova.
La storia della vedova di Zarepta è nota a tutti, talmente nota che, quando Gesù ne fece allusione, parlando in giorno di sabato nella sinagoga del suo paese, suscitò ire a dir poco omicide;  il motivo di tanto livore contro Gesù era dovuto al fatto che quella vedova non era israelita, ma pagana.  “Perché Dio aveva compiuto il miracolo a una vedova straniera?  Se era il Dio di Israele, perché manifestava la sua misericordia ‘fuori dal nido’, a gente che non aveva la (loro) stessa fede?”.   Ennesimo caso in cui gli israeliti perdono un’occasione preziosa per crescere nella fede: costoro interpretano il segno celeste come un’ingiustizia, un favore tolto a loro e dato ad altri.  La verità è che il Dio di Israele non è solo il Dio di Israele, ma è il Dio di tutti! si è rivelato agli Israeliti, sì, ma non ha legato la propria identità a un solo popolo, per giunta, tra i più piccoli e insignificanti.
Il privilegio di essere scelti come primizia di salvezza è compreso, difeso e predicato come privilegio di avere l’esclusiva di Dio.   “Il Dio dei padri è il nostro Dio, e guai a chi ce lo tocca!”.
Ma quale universalismo della salvezza?  Solo noi siamo i salvati!  Nessun altro si può salvare, a meno che non si faccia circoncidere:  gli stessi primi cristiani, quelli che provenivano dalle file dei Giudei, erano, anche loro, convinti di questo primato dei Giudei.  Neppure il Vangelo di Cristo avrebbe potuto annullare i privilegi;  in fondo, anche Gesù era un ebreo.
La questione è presentata al capitolo 15 degli Atti degli Apostoli, andate a leggervela con calma.
Quando la Chiesa del ‘500 possedeva un enorme ascendente in Europa, e l’Europa si accingeva a conquistare il resto del mondo con la politica coloniale, più selvaggia dei selvaggi che abitavano le Nuove Americhe… la parola d’ordine di Roma era: “Fuori dalla Chiesa non c’è salvezza! Dunque, battezzate tutti!  ‘Compelle intrare!’ Fateli entrare con la forza nella Chiesa!”.
La tentazione di fare di Dio un oggetto di possesso, è (tentazione) di tutti; anche nostra!
Detto questo, il tema di Vangelo di oggi è ancora e sempre lo sguardo di misericordia del Signore per coloro che soffrono.  Leggendo il racconto, qualcuno potrebbe concludere con una punta di cinismo: “Piove sempre sul bagnato!”: quella donna doveva già sopportare la condizione infamante della vedovanza, per giunta aveva un solo figlio.  Ora anche quell’unico figlio le veniva strappato.
Gesù reagisce e compie il miracolo, notate bene, senza che sia la donna a chiederglielo!
Comunque, chiesto o non chiesto, il Figlio di Dio è sempre dalla parte di coloro che soffrono.        Di più, Gesù sceglie la ‘via dolorosa’, aderendo liberamente alla sua vocazione.
Inchiodato sulla croce, Cristo abbraccia tutta l’umanità e muore in atto di salvare tutti.
Ecco, ora sappiamo a quale limite estremo arriva l’amore di Dio per noi.
Possiamo affidarci senza timore al Dio dei vivi e dei morti, nella fiducia, nella certezza che, al momento opportuno, il Cristo si avvicinerà anche a noi, come alla vedova, per darci conforto, un conforto non solo a parole, un conforto vero, efficace …come quello che anche il cristiano dovrebbe dare in nome di Cristo, compiendo l’opera di misericordia spirituale di cui sopra.
La confessione di san Paolo ai cristiani della Galazia non è certamente una excusatio non petita, ma la dichiarazione coraggiosa della autenticità della sua vocazione a diventare apostolo dei pagani.  Mi fa curiosamente venire in mente quei testimoni del Vangelo che hanno aderito a Cristo in seguito a una conversione radicale da una vita che aveva poco niente a che vedere con la fede.  Penso a uomini come Agostino di Ippona, Ignazio di Lojola, Francesco d’Assisi; penso a donne come Edith Stein…  Non erano persone tanto di chiesa…  non erano credenti per tradizione di famiglia;  addirittura avevano rifiutato la religione di famiglia, per vivere come cani sciolti, senza legami, né debiti di riconoscenza con nessuno …Neanche con Dio.
Fu Dio in persona a chiamarli, forse, proprio per il loro temperamento forgiato dalla solitudine, dall’inclinazione alla trasgressione. Persone che difficilmente si sarebbero allineate…  non incarnavano certo il prototipo dell’intellettuale organico, come definiva Gramsci il prete del Medioevo…   Evidentemente Dio sceglie per sé colui, colei che non è politically correct…
Del resto, anche gli Apostoli di Gesù non provenivano dagli ambienti religiosi convenzionali, non erano professionisti delle S.Scritture, ma semplici pescatori, gente ignorante; alcuni addirittura, individui dalla dubbia reputazione, malvisti dai capi del popolo…
Paolo di Tarso non corrispondeva all’identikit dell’apostolo; al contrario, era stato un persecutore, un cacciatore di cristiani… Andava ad arrestarli su mandato dei Sommi sacerdoti, riscuotendone magari anche la taglia.  Proprio lui, proprio Paolo, improvvisamente, da nemico di Cristo e dei cristiani, diventa paladino del Vangelo;  non fu facile convincere i capi delle prime comunità a credere nella sua buona fede, nell’autenticità della sua conversione.  Anche perché, come lui stesso confessò, durante i primi anni della sua predicazione, evitò accuratamente di salire a Gerusalemme, da coloro che erano apostoli prima di lui… Alla fine, però, anche lui si rese conto che l’annuncio del Vangelo non è individuale, ma della Chiesa; e nella Chiesa deve essere realizzato.
I Santi nominati sopra amarono profondamente la Chiesa, si sottomisero integralmente alla Chiesa, ricevendone il mandato e, …dopo la morte, l’onore degli altari.

Fonte:paroledicarne.it

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