MONASTERO DI RUVIANO"GUARDARE IL CIELO"

GUARDARE IL CIELO
Festa dell'Ascensione del Signore (anno C)
At 1, 1-11; Sal 46; Eb 9, 24-28;10, 19-23 opp. Ef 1, 17-23; Lc 24, 46-53
L’Ascensione del Signore è l’ora in cui, come dice Isaia (cfr Is 55, 10-11) la Parola torna a Dio dopo
aver compiuto ciò per cui era stata mandata! Ha fecondato la terra degli uomini con il suo amore fino all’estremo, ci ha consegnato il Volto del Padre nella sua verità e bellezza senza le distorsioni delle religioni, ha dato i semi per il pane della vita, ha consegnato ai suoi il “mandatum novum” con cui potranno narrare l’amore che salva e potranno mostrare di chi sono discepoli. Ora torna al Padre dopo aver adempiuto la sua missione. Questo ritorno però non è un abbandono del mondo e della Chiesa nata dalla sua Pasqua…Luca, autore degli Atti, di cui oggi abbiamo letto l’inizio, e dell’Evangelo di cui oggi abbiamo letto la conclusione, ci narra questo mistero dell’Ascensione in due modi diversi e complementari. La pagina conclusiva dell’Evangelo è una pagina colma di benedizioni!

L’Evangelo si era aperto con una benedizione mancata, quella del sacerdote Zaccaria, padre del Battista, che, reso muto dalla sua incapacità a fidarsi, non riesce a benedire il popolo in attesa all’esterno del Santuario (cfr Lc 1, 22-23); ora, nell’ultima pagina dell’Evangelo, quella benedizione sospesa allora scende su tutta l’umanità con abbondanza e pienezza e rende i discepoli del Cristo capaci di una lode benedicente a Dio; infatti il tutto si conclude con i discepoli che stanno sempre nel tempio lodando e benedicendo Dio.

Il Cristo risorto in questo giorno porta la nostra carne nel cielo, nel grembo di Dio; l’uomo finalmente trova la sua dimora; Gesù, uscito dalla terra dei sepolcri, porta la nostra umanità nella terra di vita eterna, nel grembo dell’Amore che è Dio! Da quel giorno benedetto, che oggi celebriamo, la Pasqua giunge alla terra promessa e noi comprendiamo qual è la meta del nostro cammino nella storia: chiamati a trasformare la storia con l’annunzio dell’Evangelo della remissione dei peccati (cfr Lc 24, 47), noi discepoli di Gesù sappiamo che la patria è oltre la storia. Siamo chiamati ad amare la storia senza fuggirla ma sapendo di essere in essa pellegrini e forestieri (cfr 1Pt 2, 11) e con lo sguardo capace di desiderare l’oltre. Tutto questo sarà possibile perché i discepoli del Cristo sono pieni della benedizione di Lui. Le mani di Gesù, levate sui suoi, sono l’ultima immagine di Lui che essi devono custodire; le mani del Cristo, trafitte per amore, che si levano a benedire: una benedizione su loro che sono il principio della Chiesa, una benedizione che si stende su tutta la storia; la prima volta, infatti, Luca scrive che Gesù li benedisse, ma poi ribadisce questa benedizione: mentre li benediceva.
Così Gesù ascende al cielo, mentre li benediceva…è una benedizione che si prolunga per i secoli, che si estende sulla storia da Colui che, uscito dalle strettoie del tempo e dello spazio, ora può essere presente in ogni tempo ed in ogni luogo. La benedizione, allora lo comprendiamo, è dichiarazione di presenza, di una presenza altra, una presenza sottratta ai sensi e ravvisabile solo nella fede.

I due racconti di Luca ci mostrano che questa assenza-presenza del Signore Risorto inaugura un tempo nuovo in cui la Chiesa è invitata non solo a guardare in alto (in verità gli angeli del racconto di Atti chiedono ai discepoli di non fissarsi a guardare in alto), ma a compromettersi con la storia che attende un annunzio di salvezza e di liberazione; questo annunzio dal giorno dell’Ascensione occupa un frattempo che durerà fino a quando si vedrà tornare Gesù allo stesso modo in cui lo si è visto andare in cielo. Un frattempo che è carico allora di responsabilità per coloro che hanno sperimentato il suo amore e la sua misericordia.

L’Ascensione non è allora giorno di addio, ma giorno di nuova presenza che genera responsabilità attiva e feconda.

Oggi forse l’ammonimento degli angeli dell’Ascensione andrebbe riformulato all’uomo del nostro tempo, troppo dimentico di guardare al cielo…Uomini di questa storia, perché non guardate più il cielo? Chiesa di Cristo perché non guardi più il cielo dove è entrato Cristo che da lì tornerà?

Chi non guarda più il cielo non è più neanche capace di portare alla storia le ragioni del cielo…Chi non guarda più il cielo non è capace di leggere a pieno la storia, la imprigiona nelle maglie dell’effimero, del transitorio; chi non guarda più il cielo si incatena ad una incapacità di cogliere il senso…troppi giorni restano privi di senso… una Chiesa che non guarda più il cielo rischia troppe volte di trasformarsi in un ente benefico tra i tanti, incapace di raccontare Cristo alla storia, riceverà anche tanti applausi ma lascerà tutto come l’ha trovato perché, troppo affaccendata, non ricorda più Cristo; chi non guarda più il cielo non è capace di vivere a pieno la storia e compromettersi in essa per le ragioni del cielo e inevitabilmente lo farà solo per le ragioni della terra con tutti rischi che ne conseguiranno per la sua identità di Chiesa…e le ragioni del cielo sono tutte racchiuse nel corpo del Cristo, trafitto e glorioso, che, come scrive l’autore della Lettera agli Ebrei è assiso  nei cieli per intercedere in eterno per noi, Lui che è benedizione per tutte le genti. Le ragioni del cielo sono racchiuse in Lui e nel suo amore fino all’estremo, un amore che solo le ragioni del cielo possono sostenere…

p. Fabrizio Cristarella Orestano
Fonte:Monastero di Ruviano

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