MONASTERO MARANGO, "Una nuova incarnazione"

Festa dell'Ascensione del Signore (anno C)
MONASTERO MARANGO, 
Letture: At 1,1-11; Eb 9,24-28; 10,19-23; Lc 24,46-53 
1)L'Ascensione del Signore Gesù al cielo suscita una folla di pensieri: un po' disordinati, ma pieni di
emozioni.
Si inizia con la consegna di un nuovo corpo: quello delle Scritture. È ciò che il Risorto dona ai suoi discepoli nell'ultima sua apparizione: «Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno…». Sono quelle parole a cui non si erano affidati per credere alla sua risurrezione, una mancanza di consegna che è la cifra della loro durezza di cuore (cfr. Lc 24,25-26).
Come dicevano i rabbini, la Parola di Dio è posta sopra il cuore di ciascuno. Quando il cuore si crepa, a causa delle ferite della vita, la Parola può penetrarvi attraverso tali fessure. La morte di Gesù aveva chiuso il loro cuore nella delusione, invece di lasciare che fosse ferito dal dolore. Anche oggi molte persone vivono la fede un po' come delusione: il Signore sembra assente e disinteressato rispetto alle vicende umane. Queste fatiche della vita sono proprio le situazioni propizie per lasciar penetrare la vita portata dalla Parola di Dio. I pastori delle comunità cristiane devono dare il primato alla responsabilità che essi hanno di porgere a tutti il gusto e il nutrimento della Parola, perché il credente non è colui che porta una valigetta piena di dottrine e di leggi, ma colui che, attraverso proprio le sue ferite umane, si lascia abitare da Dio nella sua Parola.

Per questo Gesù risorto costituisce i suoi discepoli «testimoni», che in greco si dice «martiri». Pare che questo termine màrtys derivi da una radice che ha tra i suoi significati quello di «ricordare». I discepoli del Signore sono coloro che «ricordano» la Parola di Dio: quello che è avvenuto in Gesù è compimento delle Scritture, ovvero il dipanarsi della storia di salvezza di Dio, che sa scrivere righe dritte anche sulle righe storte della storia degli uomini. La «Chiesa in uscita» è la Chiesa «testimone», che ricorda e fa ricordare (dentro questo verbo c'è la radice «cor», cuore) la Parola, facendola diventare umanità che si dona e accoglie, come in Gesù.

Insieme a tale cuore «nuovo», Gesù promette anche una nuova veste: «Sarete rivestiti di potenza dall'alto». È un richiamo al Battesimo: come un abito che viene vestito e portato, così il Signore diventa,  per il battezzato, ciò che abitualmente lo riveste!
Tale esperienza del Signore, in particolare, è l'esperienza dello Spirito Santo: «Potenza dall'alto». In qualche modo si "ripete" quello che è avvenuto in Maria: «La potenza dell'Altissimo ti coprirà con la sua ombra» (Lc 1,35). Attraverso quella «potenza» dello Spirito Santo, il Figlio di Dio ha preso l'umanità in Maria. Anche noi dobbiamo dare nuova «carne» al Figlio di Dio, nuova umanità concreta, nuova incarnazione. Questo avviene quando incarniamo, nella nostra dimensione quotidiana, la sua attenzione per le persone e le loro situazioni, quando rendiamo presente fra loro il Regno nelle sue dinamiche di amore e di cura, quando ci adoperiamo per far arretrare il male facendo vincere il bene e la pace…
L'Ascensione non rende Gesù Cristo l'Assente, ma il "diversamente" Presente. E’ ancora una maggior incarnazione: osa lasciarsi dire come «Dio con noi» non più solo della sua umanità simile in tutto alla nostra, ma dalla stessa nostra umanità, così fragile e contraddittoria. Davvero Lui crede in noi molto più di quanto noi possiamo credere in Lui!

La scena dell'Ascensione è poi dominata dalla benedizione di Gesù Cristo: «Alzate le mani, li benedisse. Mentre li benediceva, si staccò da loro…». L'esperienza del Signore non è tanto quella dei piedi che si allontanano, ma quella delle mani che si levano e si appoggiano sopra la vita dei suoi discepoli.
Infatti la benedizione non è un tenero saluto in vista di una lontananza, ma è tutta l'esperienza della vicinanza: «Ti benedica il Signore e faccia risplendere per te il suo volto» (Nm 6,24.25). Il senso del far «risplendere» il volto è lo sciogliersi dei lineamenti del volto nel sorriso pieno di benevolenza. Così la scena del momento dell'Ascensione non è una specie di foto ricordo, ma la fecondità di una presenza che si fa più penetrante e fecondante, come la pioggia.
Nella sua benedizione su tutta la nostra vita portiamo l'esperienza di una benevolenza così piena e immotivata del Signore nei nostri confronti, da essere capace di smuovere anche le vite più sedute nelle tenebre. Il Regno di Dio si presenta già qui e ora, anticipo di un'eternità di amore, questa è l'Ascensione.

Alberto Vianello
Fonte:MONASTERO MARANGO,Caorle (VE)

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