padre Gian Franco Scarpitta, "Presenza ordinaria perché straordinaria"

Presenza ordinaria perché straordinaria
padre Gian Franco Scarpitta  
Santissimo Corpo e Sangue di Cristo (Anno C) (29/05/2016)
Vangelo: Lc 9,11-17 
Forse il Dio nel quale noi crediamo è l'unico che sappia appagare la necessità umana della sua
presenza. Di Dio l'uomo infatti non soltanto ha bisogno, ma vuole anche la sua compagnia perenne, la sua amicizia, vuole insomma da Lui essere accompagnato passo dopo passo. Come un bambino non si sente sicuro quando lascia la mano della mamma oppure vaga ramingo piangendo quando perde la compagnia dei suoi genitori, così sia pure inconsapevolmente vive l'uomo: necessita che Dio lo accompagni e lo prenda per mano. In Gesù Cristo Dio ha raggiunto l'uomo, gli si è avvicinato e lo conduce per mano perennemente. Paolo VI individuava diversi modi di presenza di Gesù Cristo nella Chiesa: nella preghiera, nell'incontro con gli altri, nella fede e nella carità, nella Parola di Dio, nella guida del Magistero della Chiesa e nell'amministrazione dei Sacramenti. In tutti queste forme Cristo è presente come vivo, Risorto e reale, ma se c'è una presenza ancora più reale e profonda è quella per la quale il pane e il vino mutano la loro sostanza in quella del Corpo e del Sangue dello stesso Signore, ossia il Sacramento dell'Eucarestia. In essa il pane diventa realmente Corpo di Cristo e il vino si muta nel suo Sangue e ci si ripresenta il medesimo sacrificio avvenuto una volta per sempre sul Golgota oltre duemila anni or sono. Una presenza quindi non soltanto reale, ma sostanziale. Essa assicura che Dio nella sua continua presenza fra di noi ci sostiene e ci accompagna nei vari percorsi dell'esperienza terrena, secondo la sua promessa: "Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo."(Mt 28, 20)
L'essere presente di Gesù nell'Eucarestia è quello di un essere con noi come il Risorto che vive per sempre e che continua la stessa missione di annuncio e di salvezza; esso parte da un evento singolare e unico, che è quello della Cena consumata poco prima della propria auto consegna al supplizio della croce.
Andiamo un po'indietro nel tempo e osserviamo attentamente quel che avviene nella sala appositamente addobbata nella quale si consuma il pasto ferale di commiato: Gesù annuncia ai presenti sbigottiti ed esterrefatti quella che sta per essere la sua "ora", nella quale le tenebre saranno favorite e sfrutteranno il cuore perfido di Giuda perché Gesù cada in mano ai suoi carnefici ai fini di realizzare il disegno di amore del Padre per l'umanità (Lc 22, 53). Gesù sta rattristando tutti con l'annuncio della sua prossima morte cruenta, covando anche egli medesimo lo sgomento e l'angoscia dei momenti terrificanti che lo attendono, quindi oltre che i suoi astanti discepoli esterrefatti, anche lui è in preda al panico e bisognoso di conforto e di consolazione. Tuttavia avverte di poter trovare una maniera inequivocabile per poter restare per sempre con i suoi, permettendo a tutti di vivere la sua indefinita compagnia: preso quindi un pane, lo benedice, lo spezza e lo distribuisce ai suoi discepoli affermando "Questo è il mio corpo". Quindi, terminata la cena, prende il recipiente del vino, e invitando tutti i presenti a sorseggiarne il contenuto afferma "Questo è il mio Sangue dato per voi".
Questi termini sono innegabilmente veritieri della sua presenza reale nelle specie del pane e del vino. Nel testo greco, la copula "è" che si riscontra in ambedue i contesti è tradotta con "estin", cioè l'essere reale e indubitabile che toglie spazio ad ogni incertezza che il pane e il vino sono realmente il suo Corpo e il Suo Sangue. Del resto, l'evangelista Giovanni (cap 6) ci ragguaglia della volontà di Gesù che tutti si nutrano della sua carne e bevano il suo sangue per avere la vita, qualificandosi come il "pane vivo disceso dal cielo" nonché alimento di vita e di salvezza universale, consumando il quale tutti si ottiene vita e speranza. La presenza del Sangue accanto al Corpo qualifica e presenta il sacrificio a cui egli sta per esporsi a vantaggio dell'umanità intera, attestando insomma che il suo Corpo e il Suo Sangue vengono consegnati quale strumento di espiazione per i peccati dell'umanità e di riscatto per tutti gli uomini che in questo stesso sacrificio vengono giustificati. Melkisedek aveva offerto pane e vino ad Abramo quale segno di ospitalità a colui che tornava da una spedizione militare passando nel territorio del re di Salem, essendo egli sacerdote del Dio altissimo (Gen 14, 18 - 22); Gesù invece offre se stesso nelle sembianze del pane e del vino, facendosi sacerdote e vittima sacrificale nello stesso tempo perché noi possiamo attingere alla nostra salvezza e alla liberazione dal peccato.
Ma non è ancora finita: Gesù, dopo aver invitato i discepoli a tale nutrimento straordinario e insolito, aggiunge il monito: "Fate questo in memoria di me". Dirà poi successivamente che egli sarà con loro fino alla fine del mondo, quindi ogni volta che i cristiani si troveranno radunati per l'ascolto delle letture e delle preghiere spezzeranno il pane eucaristico che è lo stesso Gesù Cristo.
Se Gesù cercava un modo per presenziare definitivamente con i suoi discepoli nel corso dei secoli e dei millenni successivi, lo ha trovato nell'Eucarestia che è la sua presenza reale e sostanziale, nella quale egli si concede a noi come alimento di vita insostituibile e noi ci appropriamo di lui consumando il banchetto della stessa vita in una reciprocità di benefici. Nel Sacramento del pane e del vino Gesù si rende presente nella forma ineffabile e misteriosa perché lo straordinario che lui ci propone diventi l'ordinario della nostra vita. Consumando infatti il pane eucaristico secondo il monito di Giovanni di "mangiare la sua carne e bere il suo sangue" sperimentiamo che, in forza dello Spirito Santo, questo Gesù vero Dio e vero Uomo partecipa attivamente della nostra vita, ci orienta e ci infonde costanza e fiducia.
Personalmente ho sperimentato l'efficacia dell'Eucarestia quando da ragazzino, dopo un non breve periodo di lontananza dai Sacramenti e dalla vita ecclesiale, riaccostandomi al Sacramento ogni Domenica avvertivo una sorta di serenità interiore che prima non notavo; mi sentivo sospinto, incoraggiato e fiducioso anche nelle difficoltà del quotidiano che prima prendevo troppo sul serio e anche quando non mi si davano i risultati e i successi, trovavo sempre motivazione e slancio nell'affrontare ogni difficoltà, compresi i comuni problemi esistenziali dell'adolescenza. Certo, l'Eucarestia va assunta non con passiva abitudine, ma con molta fede, solerzia e dedizione se si vuole sortirne i benefici.
Riconoscere che quel piccolo disco che riceviamo in chiesa la Domenica sia davvero il Corpo di Gesù non è in effetti cosa semplice, come pure è umanamente difficile accettare che ad ogni celebrazione eucaristica si realizzi la ripresentazione dello stesso sacrificio di Gesù sulla croce, che, avvenuto una volta per tutte sul Golgota adesso viene riproposto alla nostra attenzione mentre osserviamo il sacerdote che eleva la particola e il calice. Si tratta di contenuti abbastanza lontani dal comune intendimento umano delle cose, di argomenti che, considerati nella sola ottica dell'intelligenza umana, si definiscono assurdi e irrazionali e per ciò stesso ridicoli e inaccettabili.
Ma proprio in ciò che gli uomini considerano stolto e inconcepibile risiede la vera sapienza di Dio. Proprio ciò che la mente umana non è capace di immaginare è possibile alla divina onnipotenza e ciò che l'uomo in quanto tale non riesce ad accettare Dio lo approva e lo predilige. Quindi è davvero possibile che pane e vino si trasformino nel Corpo e nel Sangue del Signore ed è possibile anche accettarlo e aderirvi con piena convinzione di cuore. Basta abbandonare le congetture proprie dell'uomo e collocarci nella prospettiva di Dio, rispondendo con la fede a quanto Egli ci rivela. E soprattutto basta dare il dovuto spazio alle ragioni del cuore, elevare lo spirito innalzandolo verso l'alto, immedesimarsi in ciò che comunemente si definisce mistero perché appunto appartiene totalmente al solo Dio. In parole povere, occorre aver fede per accettare risolutamente come possibile ciò che i sensi e la logica non riescono a provare. La fede è adesione, accettazione spontanea del dono, ma anche affidamento e vita, per cui trasportiamo alla quotidianità ciò che celebriamo nel mistero eucaristico.

Fonte:qumran2.net

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