Don Domenico MACHETTA SDB"Non piangere!",


5 giugno 2016 | 10a Domenica T. Ordinario - Anno C | Appunti per Lectio
1ª LETTURA: 1 Re 17,17-24
La donna di Sarepta che sa di aver ospitato un uomo di Dio, pensa che Dio sia entrato nella sua casa
per castigarla dei suoi peccati, perché le è morto il figlio. Non sapeva che Dio è il Dio della vita e non della morte. Elia le restituisce il figlio vivo, ma non è Elia che ridona la vita, è Dio. Elia prega. Gesù invece nel Vangelo darà la vita con la sua stessa forza. Ma è interessante tener presente anche il passo precedente. La vedova di Sarepta rischia sulla sua pelle fidandosi della parola del Signore: è vissuta di parola di Dio. È tempo di carestia, rimane un pugno di farina e un po' di olio, ma il Signore, attraverso Elia, dice: "La farina non mancherà". La donna si fida ciecamente e compie il dono totale di tutto ciò che aveva. Conclusione: la farina della giara non mancò più e l'olio non diminuì. Il gesto d'amore ha prodotto il miracolo.
Durante l'ultima guerra mondiale, in un monastero, la suora della cucina va dalla superiora a dire: "Siamo arrivati all'ultima bottiglietta di olio. O lo usiamo per la cucina o per la lampada del Santissimo. Che facciamo?". Risposta della Madre: "Lampada del Santissimo". Da quel momento non è più mancato l'olio. Qualcuno ha bussato alla porta...
Il mondo è dilaniato dall'odio, dalle ingiustizie, dalla cattiva distribuzione dei beni. Gli uomini fanno tavole rotonde, scorrono fiumi di parole per risolvere i problemi sociali, sorgono ideologie ad ogni stagione della storia e si discutono tante idee. Viene Gesù e dice una cosa sola: il problema umano si risolve solo con i gesti radicali di amore, di amore gratuito. Ma questo tipo di amore l'uomo da solo non può darselo, può solo riceverlo. Quando nel mondo si accetterà la parola di Dio come la vedova di Sarepta, giocando tutto, allora ci sarà la fraternità universale. Ricordiamo il Vangelo dell'offerta della vedova (Mc 12,38). Questo racconto sembra che voglia dire una cosa sensazionale: il problema economico e sociale del mondo non viene risolto dalle grosse offerte dei ricchi, che danno il di più, ma dal cuore dei poveri. È l'amore che salva il mondo. È la radice dei disordini che bisogna sanare. Cristo viene a sanare il cuore dell'uomo. Bisogna morire allo stile dell'uomo per risorgere allo stile di Dio: ecco la Messa.

VANGELO: Lc 7,11-17

Un passo esclusivo di Luca, dall'andamento chiaramente liturgico. Emergono temi caratteristici dell'evangelista, e anche le sue preoccupazioni. Luca scrive per una Chiesa precisa, in cui egli vive e svolge il suo ministero. È la Chiesa degli anni ottanta che corre gli stessi rischi che corriamo noi: il rischio di adagiarsi, di appesantirsi, di perdersi in chiacchiere. In sostanza, il rischio di perdere Cristo. Soprattutto la Liturgia, da cui deve scaturire una vita ecclesiale più autentica, deve essere viva.
Il Cristo, che rianima il cadavere della vedova di Nain è lo stesso Cristo presente e operante nella Chiesa. C'è un popolo che cammina dietro Gesù. Qui Gesù è chiamato "il Signore" (o' Kúrios) il termine che indica Cristo risorto: si incontrano la Vita e la Morte: il tema è quindi decisamente pasquale (Mors et Vita duello conflixere mirando). Anche il verbo usato (egheir¯o al passivo) è quello della risurrezione. E sarà usato anche dopo: "Un grande profeta è sorto tra noi". Il Signore è presente nella sua Chiesa: una Chiesa viva quindi deve sperimentare nel suo "oggi" i prodigi della presenza del Risorto.
Vedendo la vedova, il Signore fu preso da grande compassione (gli fremono le viscere, come suggerisce il verbo greco). C'è il verbo della misericordia di Dio: sono le "viscere" di misericordia di cui parlano i profeti, quelle cantate dal "Benedictus" ("Per viscera misericordiae Dei nostri"). È la visita del Signore, il "sole che sorge dall'alto". Il popolo quindi esulta dicendo: "Un grande profeta è sorto tra noi. Dio ha visitato il suo popolo". Il popolo fa liturgia, loda, perché ha visto i prodigi del Signore. Le liturgie sono spente e vuote, se non si fa esperienza del Signore. La gioia della Chiesa deve essere un partecipare a una gioia che, prima di essere nostra, è di Dio. "Si fa festa in cielo". L'episodio di Nain diventa allora uno schema della vita della Chiesa, di ogni comunità, che trova la gioia se incontra Cristo: "Non piangere!", dice Gesù. Cessa di piangere definitivamente: il testo greco ha questa sfumatura. La tragedia è finita. È finito l'assurdo, l'enigma. Perché Cristo ha vinto il peccato, e quindi tutto ciò che è parente con la morte. La sofferenza non viene tolta dal mondo, ma ormai diventa generatrice di vita, perché la radice della morte, che è il peccato, è distrutta per sempre. La rianimazione di questo cadavere è solo un segno della vittoria definitiva, data dalla risurrezione di Cristo

Don Domenico MACHETTA
Fonte:  www.donbosco-torino.it

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