Juan J. BARTOLOME sdb Lectio Divina "Chi è costui che perdona anche i peccati"?

5 giugno 2016 | 10a Domenica T. Ordinario - Anno C | Lectio Divina
Lectio Divina su: Lc 7,36-8,3
Oggi la parla di Dio ci obbliga ad affrontare un tema scomodo nella vita cristiana: la prima lettura ci
ha parlato senza veli del peccato di Davide, un adulterio segnato dall'assassinio; il vangelo ci ha ricordato l'incontro di Gesù con una donna, conosciuta per la sua vita peccaminosa. Bisogna segnalare con quanta naturalezza si menziona nella Bibbia il peccato degli uomini; sembrerebbe che Dio non si scandalizza di ciò, come pure Gesù non si scandalizzò davanti ai gravi peccati di una donna. Non è tipico di Dio sorprendersi davanti al peccato degli uomini; il suo compito consiste precisamente di perdonarli. E questo lo fa divinamente.
Senza dubbio, inclusi noi che lo sappiamo, stiamo vivendo come se non commettessimo nessun peccato; ci scandalizziamo -molto- dei peccati degli altri, come il fariseo, questo per non cadere nella conoscenza dei propri. Il peccato personale è una realtà che con più efficacia stiamo dimenticando nella nostra vita cristiana. A furia di fare silenzio sopra questo, crediamo di averlo superato. Discolpandoci facilmente, ci crediamo esserci liberati di lui. Non considerandoci molto cattivi, vediamo maggiormente il male attorno a noi. La parola di Dio desidera, oggi, farci ricordare della sua esistenza e, soprattutto, avvertirci di quanto noi stiamo perdendo, perdendo cioè la coscienza della sua presenza tra di noi.
7.36 In quel tempo, un fariseo chiese a Gesù di andare a pranzo da lui. Gesù entrò nella casa del fariseo e si mise a tavola. 37 E una donna della città, una peccatrice, sapendo che Gesù stava mangiando in casa del fariseo, venne con un'ampolla di profumo 38stando dietro, ai suoi piedi, piangendo, cominciò a bagnarli con le lacrime, poi li asciugava con i suoi capelli, li baciava e li cospargeva di olio profumato. 39Al vedere questo, il fariseo che l'aveva invitato disse:
"Se costui fosse un profeta, saprebbe che questa donna che lo tocca è una peccatrice".
40 Gesù prese la parola e disse: "Simone, ho una cosa da dirti."
41 Gli rispose: "Dimmi, maestro."
Gesù gli disse:
"Un creditore aveva due debitori: uno gli doveva cinquecento denari, l'altro cinquanta. 42 Come non avevano nulla da pagare, li ha perdonati entrambi. Dunque, chi di loro lo amerà di più"?
43 Simone gli rispos: "Suppongo quello cui ha condonato di più".
Gesù gli disse: "Hai giudicato bene".
44 E volgendosi verso la donna, disse a Simone:
"Vedi questa donna? Quando sono entrato in casa tua, non mi ha messo l'acqua per i piedi, lei, però, ha lavato i miei piedi con le lacrime e li ha asciugati con i suoi capelli. 45Tu non mi hai baciato, lei, però, dal momento che è entrata, non ha cessato di baciarmi i piedi. 46Tu non mi hai cosparso il capo di olio; lei, tuttavia, ha unto di profumo i miei piedi. 47Per questo ti dico: i suoi molti peccati sono perdonati, perché ha molto amato, ma a colui che si perdona poco, ama poco ".
48 E disse a lei: "I tuoi peccati sono perdonati".
49 Gli altri ospiti cominciarono a dire tra sé: "Chi è costui che perdona anche i peccati"?
50 Gesù disse alla donna: "La tua fede ti ha salvato, va' in pace."
8.1 Dopo questo andava camminando di città in città e di villaggio in villaggio, predicando il vangelo del regno di Dio con lui; lo accompagnavano i Dodoci 2e alcune donne che erano state guarite da spiriti cattivi e da infermità: Maria di Magdala, dalla quale erano usciti sette demoni, 3Giovanna, moglie di Cusa, amministratore di Erode; Susanna e molte altre, che li assistevano con i loro beni.

1. LEGGERE: capire quello che dice il testo facendo attenzione a come lo dice
L'episodio dell'unzione di Gesù nella casa del fariseo, benché conta similitudini nella tradizione evangelica (Mc 14,3-9; Mt 26,6-13; Gn 12,1-8), è tipicamente lucano. L'evangelista non lo ha collocato precedendo la cronaca della passione; non lo riconosce come suo annuncio e prefigurazione; lo narra immediatamente dopo che Gesù ha risposto al rimprovero di essere amico dei peccatori e del buon cibo (Lc 7,34). L'episodio ratifica così la sua predilezione per i peccatori e, allo stesso tempo, la giustifica: convive con i peccatori perché i peccatori ritornino a Dio; non li allontana perché cerca di perdonarli.
Apre la narrazione, l'invito a pranzo da parte di un fariseo; un fatto insolito nella vita di Gesù; non perché sia inusuale che Gesù partecipi ai banchetti, ma perché questo lo ha preparato un fariseo. Si chiude con un'altra annotazione altrettanto inusuale: la 'compagnia' del Gesù predicatore del regno e guaritore degli infermi, includeva molte donne che finanziavano la sua peregrinazione di città in città. Più sorprendente sarà il comportamento di Gesù, che accetterà di essere invitato a casa d'altri per essere unico protagonista.
La narrazione è -basicamente- l'atto notarile di un dialogo mantenuto, nel quale Gesù ha sempre l'iniziativa. Simone non capisce: né l'attuazione trascendente della peccatrice, né molto meno l'acquiescenza di Gesù. A questa obiezione non manifesta, Gesù risponde direttamente con una parabola. Simone tenderà dare una soluzione. E la indovina: chi più è stato perdonato sarà il migliore amante. Gesù non perde tempo e applica quello che Simone ha appreso dalla sua propria situazione. Egli non è capace di amare tanto come la peccatrice, perché pensava di non aver avuto bisogno del perdono. Gesù interpreta l'inaspettata ed esagerata ospitalità che aveva ricevuto da parte di chi non lo aveva invitato, come un grande atto di amore; e quanto grande è l'amore dato, maggiore è il perdono concesso. Decisivo per Gesù non è -dunque- se uno ha peccato (nel racconto non si pone in dubbio l'identità della peccatrice pubblica della donna); decisivo è quanto lo si ama. Di seguito, Gesù proclama due volte il dono del perdono.
Coloro che non crede necessario il perdono, perché pensano di essere giusti, si scandalizzano. E non gli manca la ragione: solo Dio può perdonare. Questa volta Gesù non entra a discutere le opinioni dei suoi antagonisti. Considera l'attuazione amorosa della peccatrice come un atto di fede: un amore che accoglie Gesù con gratuità e senza misura, merita il suo perdono e la pace. Non basta, perciò, invitare Gesù a condividere la nostra tavola; dovremo consumare i nostri beni per mantenerlo con noi. Il nostro peccato, più che un ostacolo, sarà motivo di incontro con il Salvatore amato.
 2. MEDITARE: applicare alla vita quello che dice il testo!

La scena è centrata sul perdono, non chiesto apertamente, di una peccatrice pubblica: l'incontro è casuale, però non senza risultati: chi necessita del perdono, lo ottiene. Gesù non è andato all'incontro della peccatrice, è lei che va alla sua ricerca, carica di profumo. Gesù sta sempre al centro dell'episodio: il fariseo e la peccatrice sono identificati per la loro diversa -e contrastante- postura davanti a lui. Simone, dunque, lo invita a casa sua, lo sollecita; la donna, benché non sia stata invitata, fa da anfitriona. Il fatto esemplifica due forme di 'tenere' Gesù : pregandolo che venga a visitarci o accoglierlo dove vuole che lo si incontri.
Come è usuale in Luca, questo tema centrale va chiarito per altri motivi: tenere Gesù in casa come invitato non consegue la sicura salvezza. Non basta dargli ospitalità se non gli si concede fiducia totale. Per ottenere il suo perdono occorre più che una semplice convivenza; per sentirsi perdonato occorre sentirsi peccatore e, soprattutto, sapere amare in concreto, con immaginazione e con sicuro coraggio, offrendo quello che gli altri negano: ciò è dovuto.
Chi più si sente perdonato, più saprà amare. L'amore che nasce dal perdono è quello che salva. Gesù non si mette a discutere sopra il suo potere con quelli che hanno dei dubbi su di lui. Lo offre a chi si sente in debito d'amore con lui.
I 'buoni' continuano perdendosi nei loro dubbi 'teologici' e perdono l'opportunità di sapersi perdonati e, pertanto, di sentirsi amati da Gesù. Quelli che sanno di aver perso Dio sanno che possono riottenerlo se si lasciano amare da Cristo Gesù.
L'invito che ricevette Gesù per mangiare nella casa di un fariseo, gli diede l'opportunità di incontrarsi con due persone molto differenti, una che si credeva giusta e l'altra che si sapeva peccatrice. Gesù lascia che entrambi si comportino come meglio credano. Chi si crede giusto, condanna la peccatrice pubblica e dubita di Gesù. La donna che riconosce il suo peccato, un peccato che tutti nella città sapevano, si sente in debito e si annulla per servire Gesù, senza importargli degli altri. L'uno si allontana da Gesù perché non è sufficientemente buono, come per evitare il contatto delle persone cattive. L'altra accorre verso Gesù perché sa che non è sufficientemente buona. Il modo di avvicinarsi a lui li identifica quantunque desiderino di averlo come invitato. Simone non desiderava Gesù, perché niente di buono sperava da lui; la donna, che conosceva il suo peccato, non dubita a dargli quello che di meglio aveva e lo da gratuitamente, senza chiedere nulla in cambio.
E Gesù risponde alle due situazioni narrando una parabola, la cui morale è facile capire: ama di più chi si sente più perdonato: il debitore è più grato verso chi gli ha saldato il maggior debito. Ama di più chi è stato maggiormente perdonato. E per essere più perdonato bisogna sentirsi più peccatore.
Potrebbe essere utile esaminare con quali dei due personaggi ci sentiamo più identificati. Credere che le parole di Gesù furono una forma ingegnosa di tacere una pretesa giusta e di difendere un peccato confesso, sarebbe ingannarsi. La parabola di Gesù pone allo scoperto la nostra insensibilità davanti al suo amore e la nostra illusione quando affermiamo di non avere peccati da confessare. Somigliamo un po' tutti più al fariseo che alla peccatrice: Dio voglia che il Vangelo di oggi ci restituisca il senso del peccato, senza aumentare il nostro rossore per essere dei peccatori!
Non dobbiamo dimenticare che per mantenere un debito di amore con Gesù, bisogna avere dei peccati per essere così perdonati. Ci sentiremo amati, quando ci sentiremo perdonati e ci perdonerà quando riconosceremo di aver peccato.
Il fariseo è la figura di tutti quelli che credono di adempiere alla volontà di Dio; è il credente che, facendo riferimento alla tradizione, la quale afferma che ci si deve comportare da buona persona, crede di aver servito Dio. Così è sempre facile sentirsi nel giusto: basta non fare del male a nessuno, senza importarci se facciamo del bene o non lo facciamo a qualcuno. Il fariseo è la figura del credente che, per credersi più buono, si crede in diritto di giudicare tutti quelli che non vivono alla sua maniera. Posto che uno servi Dio, ugualmente, chi non assomiglia a lui, per forza deve essere cattivo. L'uomo che si crede migliore condanna tutti quelli che fanno tutto ciò che lui non comprende.
E questo è il peccato più frequente dei buoni cristiani. La donna, in cambio, è la personificazione di tutti quelli che sono condannati per quello che fanno, per come vivono, per essere differenti, per essere più liberi. Se prima non le preoccupava che fosse conosciuta a tutti la sua vita peccaminosa, poco meno adesso le importerà che sia resa pubblica la sua prova di affetto verso Gesù. Si sente debitrice del suo perdono; questo è quello che conta: osa sfidare i benpensanti, perché Gesù le ha fatto del bene, l'ha resa buona.
Richiama l'attenzione il fatto che Gesù difenda la peccatrice senza negare al fariseo che fu realmente una peccatrice. Non è importante per Dio vivere senza peccato. Chi potrà vivere senza commettere alcun peccato? L'importante è che ci si riconosca peccatori affinché si possa essere perdonati. Di cosa deve essere perdonato chi non chiede il perdono? solo chi conosce il suo debito, conoscerà la gioia di saperlo condonato. Gesù ci insegna che non siamo più felici perché ci crediamo già buoni: se abbiamo dimenticato che pecchiamo, che offendiamo tante volte Dio e il prossimo, iniziando da quelli a noi più vicini, non possiamo affermare di non sentire l'amore di Dio su di noi. E' sintomatico che un'epoca che ha perso il sentimento del peccato, sta perdendo anche la capacità di amare e di sentirci amati. Non è difficile credere che siamo amati da Dio, perché lo abbiamo servito, ma ci sentiamo liberi, talmente tanto da non rispondere davanti a Lui dei nostri atti e quelli dei nostri fratelli. Sapersi peccatori è la condizione sine qua non di sapersi perdonato: il debitore che, conoscendo il suo debito sa di essere stato perdonato, conoscerà maggior allegria che quello che non sapendo di tenere debiti, ugualmente godrà della gioia della sua liberazione. Non stiamo condannando noi stessi i 'buoni', all'insoddisfazione più radicale, stiamo allontanando da noi la felicità di saperci amati da Dio, perché ci illudiamo di non avere bisogno del suo perdono. E chi non vive felice, non può permettere che la felicità sia patrimonio di chi vive con lui e condivide la fede: come il fariseo, solo per crederci migliori degli altri, non possiamo comprendere che Dio li ami e arriviamo a dubitare di Lui, solo perché ha desiderato perdonare i nostri debiti, quelli che abbiamo confessato.
Un credente che vive dubitando del suo peccato, non tarderà di dubitare del suo Dio, perché non potrà sentirsi amato da Lui. In verità: non ci serve un Dio che non ci ama più in là delle nostre mancanze. Però dimentichiamo che viene perdonato solo colui che riconosce il bisogno del perdono. Per paradossale che possa sembrarci, solamente è felice, amato da Dio, chi conosce i suoi peccati e non li nasconde a Lui. Se la nostra virtù dirada, contiamo per lo meno e sempre sulla nostra debolezza per guadagnare di nuovo l'attenzione di Dio. Desideriamo prove dell'esistenza di Dio, vogliamo sentirlo vicino alla nostra vita? Confessiamo i nostri peccati e la nostra impotenza, senza vergognarci. Nessuno come Lui sa perdonarci, nessuno come Lui è pronto a dimenticarsi delle nostre mancanze. Egli non ci fa mai mancare
Juan J. BARTOLOME sdb
Fonte:  www.donbosco-torino.it

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