Luca DESSERAFINO sdb"MI INDICHERAI IL SENTIERO DELLA VITA"

26 giugno 2016 | 13a Domenica T. Ordinario - Anno C | Omelia
MI INDICHERAI IL SENTIERO DELLA VITA
Il brano di oggi apre una lunga sezione del vangelo di Luca che presenta con insistenza Gesù insieme
con i suoi discepoli in viaggio verso Gerusalemme. Qui si compirà l'evento centrale della storia della salvezza, cioè la sua morte - risurrezione - ascensione e l'effusione dello Spirito Santo.

"Si diresse decisamente verso Gerusalemme". Queste parole indicano la decisione che Gesù prende ferma e irrevocabile, anche se sofferta, di percorrere fino in fondo la via tracciata dal Padre, per attuare il suo disegno di amore. Lungo il cammino incontra il rifiuto dei Samaritani, come già aveva sperimentato quello dei suoi concittadini di Nazaret. Il rifiuto di Gesù da parte dei sanaritani è dato per un motivo politico e razziale, a lui del tutto estraneo. Gesù ha provato personalmente che cosa significa vedersi negare l'ospitalità perché straniero, ma all'intolleranza dei samaritani egli non risponde, come avrebbero voluto i discepoli, con un castigo, bensì con la comprensione. Non condivide la loro reazione e i loro propositi violenti, li rimprovera aspramente. Propone agli uomini di accoglierlo, ma non forza la libertà di nessuno.

"Mentre andavano per la strada". In questo quadro di una comunità itinerante abbiamo un'immagine viva della Chiesa di tutti i tempi. I membri di questa comunità Gesù vuole legarli a sé in un rapporto esistenziale sempre più profondo e e più vero. Quali sono le condizioni, ci possiamo chiedere, che pone a chi intende essere suo discepolo? Ce lo rivela il senso delle tre scene che si susseguono. Il verbo "seguire" le collega strettamente. Nella prima scena l'iniziativa parte dall'uomo: un tale propone la sua candidatura a discepolo. Stupisce il fatto che Gesù non la approvi con entusiasmo. Al contrario, sembra scoraggiarlo. Lo invita a calcolare i rischi dell'impresa. E' come se gli dicesse: Pensaci bene! Io sono un "senza fissa dimora", meno sicuro delle volpi e degli uccelli, che un posto per ripararsi l'hanno; non so nemeno dove dormirò di notte. Sono un "ricercato", un braccato. La mia è una situazione precaria, senza alleanze né protezioni. Non ti posso offrire nessuna garanzia sociale. Se decidi di seguirmi, condividendo la mia destinazione, non ti devi fare illusioni; devi essere pronto allo sradicamento più totale, all'insicurezza quotidiana. Però... avrai me, sarai con me! Solo Io dovrò bastarti, e ti basterò. Quale tesoro più grande?
Seconda scena: l'iniziativa parte da Gesù, che chiama uno a diventare suo discepolo. Il chiamato manifesta la sua disponibilità, ma per il momento ha l'obbligo della legge di assistere il vecchio padre. Glielo impone un comandamento del Decalogo: "Onora tuo padre e tua madre". La risposta di Gesù è dura e sorprendente: "Lascia che i morti seppelliscano i loro morti; tu va' e annunzia il Regno di Dio" Quando si tratta di seguire Gesù, i doveri più sacri verso i genitori, che la legge di Dio imponeva nella forma più categorica, vengono meno. Il rapporto con Lui vale più di ogni altro legame. C'è un'opera molto più importante e urgente: in Gesù è arrivato il Regno di Dio e occorre annunziarlo senza esitazione né ritardi. Il Regno, cioè l'irruzione definitiva dell'amore di Dio che salva l'uomo e fa tutto nuovo, è una novità assoluta. Con ciò Gesù, non intende abolire un importante dettato della legge, né correggerla. Afferma però che è arrivato qualcosa che la supera. È venuto il Regno di Dio, il cui primato non ammette dilazioni. Certamente si tratta di un linguaggio paradossale. Non è questione di seppellire o no i propri cari. È questione di accorgersi che è arrivata una novità del tutto speciale e incominciare ad orientare il proprio vivere su di essa.

Nella terza scena uno si candida al discepolato, ma con una disponibilità condizionata: "Ti seguirò, Signore, ma prima lascia che io mi congedi da quelli di casa". Eliseo, chiamato da Elia come abbiamo ascoltato nella prima lettura, ottiene di andare a salutare i suoi e di organizzare una festa. Gesù è molto più esigente: una volta preso l'impegno con Lui, non si deve più guardare indietro rimpiangendo o riprendendosi il dono di sé. L'adesione a Gesù è senza ripensamenti nostalgici, vissuta in fedeltà totale alla sua persona. Con un linguaggio volutamente paradossale e provocatorio Gesù desidera comunicarci una convinzione, una certezza: per il suo discepolo Egli è l'unico valore che conta nella vita. Gesù non si accontenta di occupare un angolino, ma vuole l'intero spazio della nostra esistenza. Non possiamo, seguendo la propria personale vocazione, dare la vita a Cristo in prova e nemmeno col contagocce, la sequela è esigente e totalizzante.

Questa pretesa che Gesù ha, che rivendica nei suoi confronti un amore prioritario ed esclusivo, ha una spiegazione: Egli sa di essere per l'umanità l'unica fonte di pienezza e di felicità. Il Vangelo, prima di essere una dottrina o un insieme di regole morali, è una Persona, Gesù. Quindi non si può essere veri cristiani senza un rapporto personale con Gesù. E ciò perché essendo Gesù il Figlio di Dio, Dio si rivela e si dona pienamente e totalmente solamente in Lui. Le esigenze così radicali, che Gesù manifesta, e chiede non sono soltanto rivolte a una categoria di discepoli, ma sono proposte a tutti. La modalità di vivere l'appartenenza a Cristo varia, ma la relazione con Lui deve essere vissuta da ogni discepolo con lo stesso grado e intensità d'amore.

Il Vangelo non ci riferisce la risposta dei tre ai quali Gesù ha rivolto il suo appello. Il motivo principale, forse, è che quei tre sono icona di ognuno di noi e tocca proprio a ciascuno di noi prendere la decisione nei confronti di Gesù. Sceglierlo e risceglierlo perché niente e nessuno sia preferito a Lui: è un'impresa impossibile? Gesù sa di poterla chiedere. Sa che è il prezzo alto della felicità, ed è pronto, come sempre, a donarci tutto il suo aiuto amorevole e misericordioso.

Luca DESSERAFINO sdb

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