Monsignor Francesco Follo, Lectio Divina"La compassione fa miracoli"

La compassione fa miracoli
Rito Romano - X Domenica del Tempo Ordinario – Anno C – 5 giugno 2016
1Re 17,17-24; Sal 29; Gal 1,11-19; Lc 7,11-17
Rito Ambrosiano
Gen 3,1-20; Sal 129; Rm 5,18-21; Mt 1,20b-24b
III Domenica dopo Pentecoste
1) La morte è un sonno, da cui la compassione di Cristo risveglia.

“Il nostro amico Lazzaro s’è addormentato, ma io vado a svegliarlo” (Gv 11,11) – così Gesù parlò ai discepoli, esprimendo con la metafora del sonno il punto di vista di Dio sulla morte fisica. Dio la vede appunto come un sonno, da cui ci può risvegliare. Il Figlio di Dio ha dimostrato un potere assoluto nei confronti di questa morte.
Lo si vede nel Vangelo di San Marco (5,35-43) che racconta la risurrezione di una ragazzina di di dodici anni. Di lei il Messia disse: “Non è morta, ma dorme” (Mc 5,39), e i presenti lo presero in giro per questa frase umanamente assurda. Con la terza risurrezione, quella del figlio della vedova di Nain, proposta nel Vangelo di oggi (Lc 7,11-17), Cristo insegna non solo che la morte del corpo è un sonno, ma pure che da questo sonno Dio ci può ridestare in qualsiasi momento, umanamente inatteso.
In tutti i tre “casi”, si vede che la Signoria sulla morte non impedì a Gesù di provare sincera compassione per il dolore del distacco fisico. “Il cuore del Redentore è divino-umano: in Lui Dio e Uomo si sono perfettamente incontrati, senza separazione e senza confusione” (Benedetto XVI). Lui è l’incarnazione del Dio che è amore, misericordia del Dio che è Vita. “Ma la misericordia di Gesù non è solo un sentimento, è una forza che dà vita, che risuscita l’uomo! Ce lo dice anche il Vangelo di oggi, nell’episodio della vedova di Nain” (Papa Francesco). Per questo Papa Francesco insegna che “la compassione è l’amore di Dio per l’uomo, è la misericordia, cioè l’atteggiamento di Dio a contatto con la miseria umana, con la nostra indigenza, la nostra sofferenza, la nostra angoscia. Il termine biblico compassione richiama le viscere materne: la madre, infatti, prova una reazione tutta sua di fronte al dolore dei figli”. E il frutto di questa compassione misericordiosa è la Vita. Per questo Gesù disse alla madre vedova: “Non piangere!”, e poi chiamò il ragazzo morto e lo risvegliò come da un sonno (cfr Lc 7, 13-15).
Nel Vangelo di questa domenica quello che mi colpisce non è tanto il miracolo della risurrezione di un morto, quanto il gesto di profonda umanità che Gesù compie avvicinandosi con vera e sincera compassione a questa vedova che piange il figlio morto. Gesù è straordinario in questa compassione (com – patire cioè soffrire con, provare lo stesso dolore) che lo muove a fare quello che è in suo potere.
Noi non abbiamo questo potere di risuscitare i morti, solo Dio può farlo, ma possiamo avere la stessa capacità di Gesù di compatire e di non rimanere ciechi difronte alle povertà e sofferenze di chi incrociamo sulla nostra strada. E’ sufficiente che attraverso dei gesti piccoli e ordinari compiamo compassionevolmente le opere di misericordia. Con queste opere possiamo rendere “miracolosa” la nostra umanità, facendola icona (immagine) di Cristo, vero Dio e vero uomo.
Se non agiremo ad immagine di Cristo non sapremo mai amare. Gesù, il Signore della vita, non è solo da ammirare, è da imitare.
Se pensassimo, come alcuni, che conservare un cuore pulito, degno di Dio, significa non immischiarlo, non contaminarlo con affetti umani, la conseguenza logica sarebbe quella di renderci insensibili al dolore degli altri. Saremmo allora capaci soltanto di una carità ufficiale, arida, senz’anima, ma non della vera carità di Cristo, che è affetto e calore umano.

2) Parole che stupiscono.
Gesù stupiva quando andava a mangiare con i peccatori, quando si intratteneva con i bambini, quando parlava con donne e con coloro che erano ritenuti lontani da Dio. Gesù stupisce anche in questo com-piangere una povera vedova a cui è morto pure il figlio. Stupisce anche e soprattutto perché “osa” dire a questa donna: “Non piangere”. Il pianto di quella vedova era causato dal dolore per la perdita di suo figlio e per lei in quel momento il dolore si opponeva alla speranza. Eppure Cristo, ancora prima di risuscitarle il figlio, le disse: “Non piangere”. A memoria d’uomo, nella storia dell’umanità non c’è stato nessuno che abbia manifestato la sua commozione, la sua tenerezza compassionevole rivolgendosi ad una persona sola perché vedova e abbandonata a causa della morte del solo ed unico figlio dicendole queste parole di consolazione: “Donna, non piangere”. Parole che non solamente asciugano le lacrime, ma le fermano perché pronunciate da Colui che è Vita e dà la vita.
Tre parole pronunciate da Chi solo poteva pronunciarle in verità. Da Chi solo poteva dare davvero speranza al dolore apparentemente senza speranza, al dolore di chi non aspetta più niente di buono dalla vita. Inoltre, non va dimenticato che la compassione di Cristo è gratuita, non solamente perché la madre vedova non gli chiese nulla, ma non chiede nulla anche perché nessuna persona umana può meritare un miracolo.
Grazie a questo intervento gratuito del Messia il corteo funebre sfocia così in quello gioioso che accompagna Cristo: i due cortei si fondono in una sola processione, in un fiume di acqua di vita. L’affluente che era destinato a morire in uno stagno, confluisce in un fiume di acqua viva, che conduce alla foce della Vita.
Per dare la vita, Cristo vince la morte, affinché coloro che si amano restino vicini e si amino nel Suo amore compassionevole.
Lui è la Vita rivestita di Misericordia.
Lui è la Vita che senza riserve si dona a noi, perché abbiamo la vita, e l’abbiamo in abbondanza.
Lui è la Vita che nessuna tomba può trattenere in se stessa.
Lui è la Vita che annuncia la Verità che rende liberi anche dalla morte.
Lui è la Vita che apre davanti a noi orizzonti infiniti.
Lui oggi ripete a noi quello che disse al giovane morto: “Alzati”.
“Alzati”, la parola che oggi arriva al nostro cuore è la stessa che Dio ha usato per la creazione dell’uomo e che poi non di rado Dio ha ripetuto nella Bibbia non solo per curare ma soprattutto per chiamare a Lui, a vivere in comunione con Lui, perché la vita che Lui dà è vocazione di comunione con Lui e con i Suoi fratelli e sorelle in umanità.
Alle Vergini consacrate nel mondo Gesù Vergine dice: “Alzati, amica mia, mia bella, e vieni, presto! O mia colomba, che stai nelle fenditure della roccia, nei nascondigli dei dirupi, mostrami il tuo viso, fammi sentire la tua voce, perché la tua voce è soave, il tuo viso è incantevole”. E la Vergine consacrata può rispondere sempre con il Cantico dei Cantici: “Il mio amato è mio e io sono sua; mettimi come sigillo sul tuo cuore, come sigillo sul tuo braccio; perché forte come la morte è l’amore: le sue vampe sono vampe di fuoco, una fiamma divina! Le grandi acque non possono spegnere l’amore né i fiumi travolgerlo. Se uno desse tutte le ricchezze della sua casa in cambio dell’amore, non ne avrebbe che disprezzo” (Ct 2, 8-10.14.16a; 8, 6-7a).
A Cristo Sposo che le chiama invitandole ad alzarsi, le vergini consacrate si alzano con la fede, si affrettano con l’offerta, aprono il loro cuore mediante un’adesione completa ed un abbandono totale.
L’amorosa iniziativa di Cristo richiede la libera risposta delle persone chiamate. Una risposta positiva che presuppone sempre l’accettazione e la condivisione del progetto che Dio ha su ciascuna di loro (ma questo vale anche per ciascuno di noi). La risposta delle vergini consacrate nel mondo testimonia che l’iniziativa d’amore del Signore deve essere accolta in atteggiamento sponsale ed esclusivo, ed è pure un riconoscente omaggio a Dio e una totale collaborazione al piano di salvezza che Lui persegue nella storia (cfr. CCC n. 2062).


Lettura Patristica
Agostino d’Ippona (354 – 430)
Sermo 98, 1-3
PL 38, 591-592


       I miracoli del Signore e Salvatore nostro Gesù Cristo commuovono tutti coloro che li sentono, ma chi in un modo e chi in un altro. Alcuni si fermano stupiti dinanzi al fatto esteriore e non penetrano ciò che è più grande. Altri invece dalle grandi cose operate nei corpi arrivano ad ammirare l’opera ancora più grande che è nelle anime. Il Signore stesso dice: "Come il Padre risuscita i morti e li vivifica, così anche il Figlio vivifica chi vuole" (Jn 5,21). Non dice che altri siano i risuscitati del Padre e altri i risuscitati del Figlio, ma gli stessi li risuscita il Padre e il Figlio; perché il Padre fa tutto attraverso il Figlio. Nessuno, dunque, che sia cristiano, metta in dubbio che anche oggi i morti vengano risuscitati. Ogni uomo ha gli occhi per veder risorgere i morti, come fu risuscitato il figlio della vedova; ma gli occhi per veder risorgere coloro che son morti nel cuore, li hanno solo quelli che son già risorti nel loro cuore. È cosa molto più grande risuscitare uno che non morrà più, che risuscitare uno che morirà di nuovo.

       Di quel giovane risuscitato si rallegrò la madre vedova; degli uomini che risuscitano spiritualmente ogni giorno si rallegra la madre Chiesa. Quello era morto nel corpo; questi nell’anima. La morte di quello era visibile ed era visibilmente pianta; la morte di questi è invisibile e non è vista. Ma la cerca colui che riconosce i morti; e riconosce i morti solo colui che li può restituire alla vita. Se, infatti, il Signore non fosse venuto per risuscitare i morti, l’Apostolo non potrebbe dire: "Alzati, tu che dormi, sorgi dai morti e t’illuminerà il Cristo" (Ep 5,14). Pensi a un addormentato, quando dice: "Alzati, tu che dormi", ma comprendi che è un morto, quando senti: "Sorgi dai morti". Spesso si parla di morte con la parola «sonno». E, veramente, per chi li può risuscitare, essi dormono. È morto, infatti, per te, uno che, per quanto lo tocchi, stuzzichi o dilanii, non si sveglia. Per Cristo, invece, dormiva quel tale, cui disse: "Alzati", e subito egli s’alzò. Nessuno sveglia così facilmente uno che dorme, come Cristo richiama uno dal sepolcro.

       Abbiamo tre risuscitati visibilmente da Cristo, migliaia invisibilmente. Ma, veramente, chi può dire quanti furono visibilmente risuscitati? Non è stato scritto tutto ciò ch’egli fece. Giovanni dice: "Fece Gesù molte altre cose, che se fossero state scritte, penso che il mondo non potrebbe contenerne i libri" (Jn 21,25). Certamente, dunque, molti altri furono risuscitati; ma non a caso solo tre ne sono stati registrati. Il Signore Gesù voleva che i fatti fisici avessero una portata spirituale. Non faceva il miracolo per il miracolo; voleva che ciò che destava meraviglia a chi vedeva, insegnasse una verità a chi la comprendeva. Come uno che vede le lettere di un codice scritto bene se non sa leggere, loda la bellezza della scrittura; ma che cosa dicano quei segni, non lo sa dire. Un altro, invece, apprezza la bella scrittura e ne capisce il senso; ma questo deve saper leggere. Così quelli che videro i miracoli di Cristo, senza capirne il senso e che cosa volessero suggerire a chi li comprendeva, ammirarono solo l’avvenimento; altri, invece, ammirarono il fatto e ne compresero il valore. Questi dobbiamo essere noi nella scuola di Cristo.

Fonte:http://francescofolloit.blogspot.it/

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