D. Mario MORRA SDB,"Chi è il mio prossimo?"

10 luglio 2016 | 15a Domenica T. Ordinario - Anno C | Omelia
Chi è il mio prossimo?
Che un dottore della Legge, una persona distinta e per bene, abbia l'intenzione di "mettere alla prova"
Gesù, con lo scopo segreto di creargli delle difficoltà e di tendergli un tranello, è piuttosto meschino. Comunque, la domanda che il dottore pone è di estrema importanza: "Maestro, che devo fare per ereditare la vita eterna?" (v. 25).
Gesù risponde riferendosi alla stessa Legge di Mosè: "Che cosa sta scritto?", "Che cosa vi leggi?" (v. 26). E l'esperto prontamente: "Amerai il Signore Dio tuo, con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza, con tutta la tua mente e il prossimo tuo come te stesso" (v. 27).

Ebbene, "fa' questo e vivrai" (v. 28) conclude Gesù.
La risposta dunque è limpida: ama. La salvezza sta nella pratica del-l'amore, inteso nella sua duplice dimensione, verticale e orizzontale:

- amore di Dio, considerato come il bene supremo, da amarsi sopra ogni cosa e con tutte le proprie forze;
- amore del prossimo, considerato come un altro se stesso. Non c'è molto da discutere o da cavillare al riguardo. Si tratta soltanto di fare, ossia di mettere in pratica il comandamento: "Fa' questo e vivrai".
Ma il dottore della Legge, abituato più a discutere che a fare, replica con un'altra domanda: "E chi è il mio prossimo?" (v. 29).
A noi una domanda del genere sembra superflua, ma i dottori della Legge facevano distinzioni a questo riguardo. Secondo loro non tutte le persone erano da considerare prossimo, o non allo stesso modo.
Gesù risponde non con un ragionamento, ma proponendo un caso concreto, e convincente più di ogni ragionamento astratto: "Un uomo discendeva da Gerusalemme a Gerico e incappò nei briganti che lo lasciarono mezzo morto" (v. 30).
Un uomo: senza etichette e senza qualifiche particolari.
Ogni uomo, ogni essere umano, chiunque esso sia è tuo prossimo. Tanto più se si trova in difficoltà ed è bisognoso del tuo aiuto, come quel poveretto incappato nei briganti.
La risposta potrebbe essere già esauriente, ma Gesù presenta due comportamenti diversi nei confronti di quel poveretto "lasciato mezzo morto" sul ciglio della strada:

- il comportamento del sacerdote del tempio e del levita che "passano oltre", indifferenti e noncuranti;
- il comportamento del samaritano che "ha compassione" dello sventurato e "si prende cura di lui" (vv. 33-34), con un interessamento concreto e amorevole.
Gesù domanda al dottore della Legge: "chi ti pare sia stato il prossimo di colui che è incappato nei briganti?" (v. 36). Il dottore della legge risponde con sicurezza: "Chi ha avuto compassione di lui". Ebbene, conclude Gesù: "Va' e anche tu fa' altrettanto" (v. 37).
In realtà, il dottore della legge ha posto una domanda diversa: "chi è il mio prossimo?". E Gesù ha risposto implicitamente: è quell'uomo, è ogni uomo, specialmente se ha bisogno del tuo aiuto.

Ma per Gesù ciò che conta non è sapere chi sia il nostro prossimo, conta farsi prossimo, farsi vicino, farsi fratello di tutti. E in questo atteggiamento e comportamento si realizza concretamente l'amore del prossimo.
Nella parabola, se si fosse comportato male il samaritano, considerato scismatico e infedele, non farebbe meraviglia; ma scandalizza che "a passare oltre", noncuranti dello sventurato, siano un levita e un sacerdote del tempio, cioè che proprio i rappresentanti della religione e del culto abbiano un comportamento di freddezza, di noncuranza, di cinismo.

La parabola quindi vuole dirci: a che serve la religione se non conduce all'amore? In che cosa si esprime la fede, se non nelle opere di amore?
Oggi noi denunciamo che il mondo si è fatto cinico e spietato, che gli uomini vivono nell'incomunicabilità, incuranti gli uni degli altri, chiusi nel proprio individualismo. E, in gran parte, è vero. Perché vivono dimentichi della legge di Dio.
Ma lo scandalo è grande se siamo noi credenti a essere insensibili ed egoisti di fronte alle necessità del prossimo.
Va condannato senza mezzi termini l'atteggiamento indifferente, egoista di certi credenti, di fronte alle necessità del prossimo. Essi deturpano, in modo a volte irreparabile, l'immagine di Cristo e della Chiesa agli occhi del mondo.
È giusto invece che ammiriamo e incoraggiamo la generosità di quanti (e sono tanti, grazie a Dio) si impegnano per alleviare le sofferenze e i disagi del prossimo. È il comportamento del buon samaritano che Gesù stesso ci insegna, e che tutti dobbiamo imitare.

La Madonna, la Madre della divina Provvidenza, che tante opere di carità ha suscitato nella Chiesa, ci insegni la bontà e la sensibilità del buon Samaritano, verso le necessità dei nostri fratelli e sorelle.

Don Mario MORRA sdb
 Fonte:  www.donbosco-torino.it

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