D. Severino GALLO sdb, "IL BUON SAMARITANO - CARITÀ"

10 luglio 2016 | 15a Domenica T. Ordinario- Anno C | Omelia
IL BUON SAMARITANO - CARITÀ
VANGELO: "Chi è il mio prossimo?" (Lc. 10,25-37)

Il brano evangelico odierno tratta dell'amore del prossimo e si divide chiaramente in due parti
:
- il grande comandamento dell'amore (25-28);
- e la parabola del buon Samaritano (29-37).

Nella sua drammaticità esse è "la parabola classica" di quel precetto dell'amore, che riassume in sé la legge e i profeti ed è tutta la vita e tutto l'insegnamento di Gesù (GILLA - GREMIGNI).

Diciamo la verità: a forza di sentire ripetere, come un ritornello, il precetto della carità fraterna, ci abbiamo fatto il callo, non ci fa più impressione. Noi rischiamo di renderla una compiaciuta predicazione originale, originalissima, ma terribilmente teorica.
Circa l'amore fraterno noi corriamo due gravissimi rischi: rimanere nella teoria, accontentarci di belle parole, talvolta di pii propositi, ai quali però non fa riscontro la pratica coerente.
E poi il rischio di rimanere solo sul negativo: di restare cioè ancora all'Antico Testamento: "Non uccidere... non maledire, non far del male, non rubare, ecc.". Gesù invece soggiunge: "Ma io vi dico: amate... fate del bene...".

La carità è "fare", non solo "evitare"...
La parabola di oggi in questo è paradigmatica, esemplare. Di fronte alla domanda del dottore della legge Gesù non fa tante disquisizioni teoriche. Racconta la parabola ricca di particolari e poi soggiunge: "Va' e anche tu fa' lo stesso".

Seguendo la narrazione di Gesù dobbiamo quindi fare un esame spietato del nostro amore verso i fratelli. A rapido volo, ecco alcuni degli abbondanti insegnamenti contenuti nella parabola:

1. "... passò un Samaritano"...", cioè uno straniero per gli Ebrei. Di più, uno scomunicato, un aborrito vicino (infatti "i Giudei non mantenevano buone relazioni con i Samaritani..." (Gv. 4,3).

La carità dunque abbatte le barriere... Quante ne frappongono tra noi egli altri l'orgoglio, l'egoismo, la rivalsa personale, la ristrettezza di giudizio, la grettezza d'animo!

* C'è poi la barriera del razzismo, una vergognosa piaga della nostra epoca del progresso.
* "La barriera del nazionalismo esagerato, che limita l'amore, la stima, l'aiuto ai soli connazionali e divide i popoli opponendoli gli uni agli altri..." (PAOLO VI).
* La barriera del campanilismo, che esagera i pregi del proprio paese per deprimere gli altri.
* La barriera di un malinteso "spirito di corpo", che restringe l'amore ad una cerchia limitata di individui, a noi legata da vincoli particolari: famiglia - Istituto religioso - ambiente di lavoro...

Ci aiuti Gesù ad abbattere tutte queste barriere, che uccidono in noi il bel fiore della carità fraterno.

2. "Un uomo discendeva da Gerusalemme a Gerico". Ventisette chilometri di una strada che si tuffa in discesa, partendo da oltre mille metri di altezza. Uno scenario pauroso e allucinante. Un ambiente propizio a incontri non precisamente piacevoli. E' la "strada del sangue".
Ventisette chilometri e bastano a dividere gli uomini in due categorie: quelli che tirano diritto e quelli che si fermano. Quelli che "fanno la propria strada" e quelli che si occupano degli altri. Quelli che esibiscono il certificato del "Non tocca a me" e quelli che si sentono responsabili di tutto e di tutti.
Quelli che non vogliono avere fastidi e quelli che fanno atto di presenza al dolore che c'è nel mondo. Quelli che devono occuparsi di "cose importanti" e quelli che si occupano della sofferenza altrui.
Ventisette chilometri vigilati dalla sguardo di Dio. Infatti questa parabola va osservata nella stessa prospettiva di quella del fariseo e del pubblicano.

Là, nel tempio, due uomini che pregano. E Dio che osserva.
Qui, lungo i tornanti di questa strada c'è un uomo mezzo morto, alcuni individui che si avvicinano. E Dio che osserva, che fotografa tutto. Possiamo illuderci di girare alla larga, senza che alcuno noti la nostra vigliaccheria.
Qualcuno invece sta proprio spiando. Dio ci osserva quando siamo in chiesa e quando siamo per istrada. Per Lui anche la strada è importante. Come la chiesa. Strada e chiesa sono il luogo dell'incontro.

Ventisette chilometri possono essere la nostra salvezza o la nostra condanna. Ventisette chilometri e anche meno.

Infatti può bastare un corridoio, pochi metri, un ufficio. Basta che ci sia una persona che abbia bisogno di me: quella è la mia strada che scende da Gerusalemme a Gerico. Dove, se perdo tempo, guadagno l'eternità. La mia salvezza coincide con la salvezza dell'altro.

3. "... il sacerdote passò oltre... il levita proseguì... il samaritano gli si accostò...".
Il primo passo verso la carità fattiva è l'interessamento. I due ministri del tempio non l'ebbero e perciò non furono caritatevoli. Fretta? Interesse privato? Freddezza? Mancanza di mezzi? Forse tutto questo insieme. Forse anche un pretesto cultuale.
Il Samaritano invece cominciò con l'avvicinarsi.
Avvicinarsi! Prendere almeno visione dei problemi caritativi, dei bisogni dei fratelli, anche se non potremo risolverli tutti e subito... Non sempre ciò è richiesto. Ma certamente il freddo disinteresse, l'apatia sistematica, la fretta inconsulta non potranno mai essere scusati.
Avvicinarsi! Senza paure. Senza insofferenze. Senza schifiltosità. Senza timore di sporcarsi. Senza rispetto umano. Anche a costo di perdere tempo. Anche a costo di rimetterci del proprio...

4. "Ne ebbe compassione": dobbiamo rompere il ghiaccio del nostro cuore. Uscire da una congenita freddezza ed apatia, sensibilizzarci maggiormente ai mali dei fratelli, sentire compassione... A volte è l'unica carità che possiamo fare. Ed è sufficiente ed è balsamo a tante ferite...

5. "gli fasciò le ferite"...: bisogna curare le ferite dei fratelli, di tutti, sempre. Quanti invece si divertono, crudelmente, ad inasprirle, ad aprirne delle nuove. A volte basta una sola parola, un "ma"..., un sottinteso; basta uno sguardo per lacerare il prossimo.
Mentre invece a volte una parola, un sorriso amorevole risana un'anima esacerbata. Curare le ferite del corpo, ma soprattutto quelle dell'anima; ed ecco l'obbligo della correzione fraterna.

6. "Caricatolo sopra il suo giumento": dobbiamo aiutarci vicendevolmente a portare il fardello della nostra miseria. E' il monito di San Paolo: "Portate gli uni i pesi degli altri..." (Gal. 6,2). E questo anche se costa sacrificio.
Non sempre sarà necessario accollarci gravosi impegni per aiutare il prossimo. Spesso è questione di piccole cose: un consiglio, una prestazione d'opera, un sorriso di bontà...
Come diventa dolce la vita comune, quando si può contare sull'aiuto disinteressato di tante Sorelle! La vita è bella, quando ci si dona sempre agli altri disinteressatamente.


Vorrei terminare col commento della parabola del buon Samaritano fatto da Suor Edvige, la Suora più silenziosa della Casa.
Ella riprese due versetti del Vangelo: "ed ecco, si levò a parlare un dottore della legge...".
"E Gesù gli disse: va' e anche tu fa' altrettanto".
- Se permettete, vorrei soltanto aggiungere una parola - disse. Ci (fu) un attimo di meraviglia, di perplessità: Era Suor Edvige. La Suora più silenziosa della Casa.
Disse: "Mi pare che anche il Samaritano fosse un eretico, uno scismatico. Eppure Gesù ce lo propone come modello. Perché? Semplice! Ha saputo fare le cose "giuste".
Il Sacerdote, il Levita, avevano le idee "giuste", ma hanno fatto le cose sbagliate.
Lui, invece, aveva le idee un po' storte, ma ha fatto la cosa "giusta". Che strano e stupendo Vangelo, non vi pare?
Aveva incominciato a parlare un dottore e finisce con un invito di Gesù a "fare".
A fare come quell'eretico di Samaritano. Che, forse, era ignorante come me...
E' un po' quello che è successo a noi questa sera. Le discussioni dei dottori servono a poco. L'essenziale è che... facciano le "cose giuste".
Quando si fa la verità, come dice il Vangelo, allora può capitare di trovarci d'accordo nelle idee...".
Davvero profonda questa Suora: la più silenziosa della Casa...
Impariamo anche noi a fare "le cose giuste" e, forse, andremo anche noi d'accordo nelle idee.
Del resto anche la Madonna è su questa linea del Vangelo: ha detto pochissime parole, ma ha fatto "le cose giuste" nella sua vita.
Disse infatti: "Si faccia di me secondo la tua parola": in tutta la sua vita ha fatto l'obbedienza.Imitiamola!

Don Severino GALLO sdb
Fonte:  www.donbosco-torino.it

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