DON Tonino Lasconi, "Alla scuola di preghiera di Gesù"

Alla scuola di preghiera di Gesù
XVII Domenica del Tempo Ordinario - Anno C - 2016
In questa XVII domenica del tempo ordinario, alla richiesta dei discepoli a Gesù "insegnaci a
pregare", Egli risponde con una proposta di preghiera semplice, lineare. È questa la preghiera con cui siamo chiamati a confrontarci, verificare se sappiamo pregare come Gesù insegna e desidera. Le condizioni per essere ascoltati: A pregare deve essere sempre il "noi".

Gli evangelisti, soprattutto Luca, riferiscono spesso che Gesù pregava (Mt 14,23; Mt 26,36; Lc 5,16; Lc 9,18; Lc 9,28), a volte per tempi molto lunghi: "se ne andò sul monte a pregare e passò tutta la notte pregando Dio" (Lc 6,12). Vuol dire che questo suo pregare suscitava il loro interesse e la loro curiosità. Tant'è che un giorno gli chiedono espressamente: «Signore, insegnaci a pregare». Gesù accetta la proposta e propone una scuola di preghiera molto lineare con la quale dobbiamo confrontarci, per verificare se sappiamo pregare come Gesù insegna e desidera. Andiamo per punti.

Il destinatario. E' il "Padre". A lui dobbiamo rivolgerci con fiducia e amore filiale, perché è buono e sempre disponibile ad ascoltarci. La liturgia ce lo ricorda nella prima lettura con l'intercessione di Abramo, nella quale Dio dimostra una bontà disarmante, come quella di un papà che acconsente benevolmente a giocare con figlio piccolo.

L'atteggiamento. Il Padre è Dio. Siamo noi a doverlo servire, non viceversa. Il nostro istinto ci spinge a chiedergli di rendersi disponibile ai nostri desideri e alla nostra volontà: "O Dio, dammi questo... O Dio, fa' che...". Gesù ci indica l'atteggiamento contrario: siamo noi a dover renderci disponibili alla sua santità e alla sua volontà: "sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno".

Cosa chiedere. Una vita sobria che non si affanni dietro al superfluo, e non sia costretta a situazioni umilianti: "dacci ogni giorno il nostro pane quotidiano". Il libro dei Proverbi ci suggerisce una bella traduzione: "non darmi né povertà né ricchezza, ma fammi avere il mio pezzo di pane" (30,8).

Le condizioni per essere ascoltati: A pregare deve essere sempre il "noi". Dio ci accoglie se ci presentiamo a lui al plurale: "dacci", "perdona a noi", "non abbandonarci". E di nuovo la liturgia ci stimola con Abramo che non chiede per sé ma per gli altri. Il segno della sincerità del "noi" è il perdono reciproco: "perdona a noi i nostri peccati, anche noi infatti perdoniamo a ogni nostro debitore", nella consapevolezza che tutti possiamo mancare senza il suo aiuto: "non abbandonarci alla tentazione".

Se la nostra preghiera è così, Gesù ci assicura che saremo ascoltati: "Chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto".

Ma è vero che siamo ascoltati? Si affollano i dubbi: "Abbiamo pregato tanto per necessità di ogni tipo e tutto è andato come se non avessimo pregato".

Attenzione alle parole di Gesù! "Se voi dunque, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro del cielo darà lo Spirito Santo a quelli che glielo chiedono!". Gesù ci assicura che il Padre ci darà lo Spirito Santo, cioè colui che, chiedendo, cercando, bussando, senza arrenderci come l'uomo della parabola, ci fa capire che Dio ci sta esaudendo, non come un distributore automatico all'introduzione della moneta, ma come un Padre che è Dio, perciò ci conosce come noi non ci conosciamo, e sa ciò di cui abbiamo bisogno come noi stessi non sappiamo.

La garanzia dell'efficacia. Il primo della fila del "noi" della nostra preghiera deve essere Gesù Cristo, nel quale siamo stati "sepolti nel battesimo" e "risorti mediante la fede nella potenza di Dio".
Gesù è stato esplicito: "Se chiederete qualche cosa al Padre nel mio nome, egli ve la darà" (Gv 16,23).

Fonte:http://www.paoline.it/

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