Michele Antonio Corona"A che serve all'uomo ottenere il mondo intero se poi perde la propria vita?".

Commento su Luca 12,13-21
Michele Antonio Corona
XVIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (31/07/2016)
Vangelo: Lc 12,13-21 
Intorno a Gesù si è assiepata la consueta marea di gente che lo ascolta e lo interroga. Ognuno coi
propri problemi, le proprie questioni, interrogativi e richieste. Quando si trova una persona che ascolta in modo vero, il cuore si apre e vi sgorgano anche gli aneliti più nascosti. Un anonimo viene investito dal desiderio di chiedere a Gesù ciò che più gli sta a cuore: rivendicare dal fratello la propria parte di eredità. Succederà la stessa cosa nella parabola del padre e due figli/fratelli. In quel caso, il padre accetterà la richiesta e spartirà tra i due figli le proprietà, accettando a malincuore l'allontanamento dei due da sé e tra loro. L'anonimo richiedente vuole che Gesù si interponga nel loro rapporto fraterno per fare giustizia. Doveva essere una delle mansioni del messia! L'intervento richiesto avrebbe certamente generato una sorta di giustizia divisoria; infatti, si sarebbero divise le sostanze e il rapporto tra i due non sarebbe più stato fraterno, nel senso profondo del termine. Due sono fratelli non solo perché figli degli stessi genitori, ma lo divengono ogni giorno che provano a rafforzare questo legame con la solidarietà e la relazione. Gesù, figlio del Padre, non è venuto a slegare questo rapporto fraterno - ancor meno a causa di beni e soldi - ma lo rafforza e lo rinsalda. La cupidigia, come inclinazione spasmodica di possesso che prevarica e divide, viene indicata dal Maestro come la principale causa dell'avversione fraterna, di un'umanità sghemba e di una squilibratura tra il valore vero della vita e la vanità (come vacuità) delle ricchezze. Gesù non scade in una polemica pauperistica contro i ricchi, ma segnala la viscosità del denaro, quando viene assunto come unico criterio di successo e di realizzazione. La parabola raccontata è come al solito paradossale! Chi demolirebbe i propri depositi, invece di costruirne altri? L'uomo ricco si è fatto fagocitare dal suo stesso denaro e, sebbene creda di usarlo per il suo piacere, ne è divenuto schiavo. La frase edonistica citata nel lungo monologo interiore "Riposati, mangia, bevi e divertiti" è attestata spesso come iscrizione funeraria nell'età ellenistica. Luca, sottolinea così una certa ironia nei confronti di chi, come l'uomo ricco, crede di pronunciare frasi di vita e di realizzazione, ma in realtà sono espressioni che veicolano la morte interiore. Se il ricco pensa ai beni, al modo di usarli per godere, all'assolutizzazione della sua poderosa dichiarazione dei redditi, Dio reclama la vita. Due sguardi diversi, due opzioni differenti, due scelte esistenziali che segnano. Il figlio dell'uomo non avrà neppure un posto dove posare il capo, eppure possiede la propria vita nel modo più pieno possibile. Al contrario, quest'uomo che non ha solamente un giaciglio, ma enormi depositi di ricchezza, non ha se stesso. Anche nei nostri ambienti ecclesiali il rischio è correre tenacemente per ottenere titoli, posti di rilievo, costruire domini pseudo religiosi, edificare strutture e sentirsi per questo salvati e appagati. La nostra vita? "A che serve all'uomo ottenere il mondo intero se poi perde la propria vita?". Quanto mi chiedo tutto questo a livello personale, davanti ai vari passaggi di vita! Questi due anni di condivisione della Parola non possono che avermi interrogato. Grazie a Il Portico.


Fonte:qumran2.net

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