Monastero Domenicano Matris Domini, "Quando pregate, dite: Padre,"

Commento su Luca 11,1-13
Monastero Domenicano Matris Domini  
XVII Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (28/07/2013)
Vangelo: Lc 11,1-13 
Collocazione del brano
Gesù si sta dirigendo verso Gerusalemme, il luogo in cui avverrà la sua consegna ai capi degli
Israeliti, la sua passione, morte e risurrezione. Dopo l'episodio di Marta e Maria, in cui ci ha ricordato l'importanza dell'ascolto della Parola di Gesù, Luca inizia un nuovo capitolo in cui dà alcuni insegnamenti di tipo diverso. Il primo blocco riguarda la preghiera e ci viene proposto dalla liturgia di questa domenica. Si tratta infatti di tre brani consecutivi ognuno dei quali ci dà un insegnamento particolare sulla preghiera. Prima Gesù insegna ai suoi a pregare attraverso la preghiera del Padre nostro (11,1-4). Poi vi è la colorita parabola dell'amico importuno (11,5-8), seguita dall'esortazione ad insistere nella preghiera, per chiedere in particolare il dono dello Spirito Santo (11,9-13)
Lectio
1 Gesù si trovava in un luogo a pregare; quando ebbe finito, uno dei suoi discepoli gli disse: "Signore, insegnaci a pregare, come anche Giovanni ha insegnato ai suoi discepoli".
Luca indica al suo lettore l'occasione in cui Gesù «insegnò» questa preghiera ai discepoli. I discepoli, vedendo Gesù in preghiera, vogliono imparare dal Maestro a pregare come lui. A questo motivo, Luca ne aggiunge un secondo, che potrebbe risalire a un ricordo storico:«Come Giovanni ha insegnato ai suoi discepoli». Questo inciso ricorda che certi movimenti religiosi (come anche Qumran) avevano le loro preghiere, le quali erano riflesso dei loro ideali, del loro rapporto con Dio. Insegnando ai discepoli il Padre Nostro, Gesù li inserisce in modo diretto nel suo rapporto con Dio e nella sua «causa» e li raduna quindi in comunità.
2Ed egli disse loro: "Quando pregate, dite: Padre,
La paternità di Dio su Israele era già un dato assodato nella tradizione biblica e giudaica. Almeno dalla fine del I sec. a.C., Dio viene invocato con il titolo «Padre nostro» nella preghiera delle Diciotto Benedizioni, recitata quotidianamente dal giudeo. Nella cultura palestinese, il sostantivo «padre» include non solo una nota di intimità ma anche di sovranità. Dio è Padre in quanto Creatore, Signore del popolo che egli ha scelto. E proprio come tale JHWH dimostra il suo amore misericordioso verso Israele, si dichiara pronto a perdonare le sue infedeltà. Autorità e bontà sono i tratti dominanti della paternità divina.
sia santificato il tuo nome,
Con questa frase chi recita il Padre Nostro viene invitato ad aderire al grande disegno finale di Dio con piena disponibilità alla Sua volontà di salvezza. Qui si ripete il messaggio base di Gesù: il Regno di Dio è vicino.
La santificazione del Nome del Padre trova le sue radici in Ez 36,20-28: «Io ho avuto riguardo del mio Nome Santo che gli Israeliti avevano profanato fra le genti presso le quali sono andati.... Io agisco non per riguardo a voi, gente d'Israele, ma per amore del mio Nome Santo... Santificherò il mio Nome grande... allora le genti sapranno che io sono il Signore, quando mostrerò la mia santità in voi davanti ai loro occhi».
Il verbo «sia santificato il tuo nome» è al passivo, ha per soggetto reale Dio. Quindi non si chiede che l'uomo rispetti il nome di Dio, ma che il Padre stesso faccia in modo che Egli sia riconosciuto Santo dagli uomini. Il «nome» sta per Dio stesso, Egli cessa di essere inaccessibile, in quanto si rivolge verso l'uomo, si rivela e si comunica a lui. La «santità» è la caratteristica propria di Dio, la manifestazione della sua divinità che implica pienezza di vita e di Potenza.
venga il tuo regno;
«Venga il tuo regno» esplicita la prima domanda. Dio sarà riconosciuto Santo quando manifesterà la sua sovranità piena e definitiva, promessa per la fine dei tempi. Questo intervento finale di Dio coinvolge fin d'ora tutto l'uomo.
Non si può desiderare sinceramente la venuta del Regno e il compimento del suo disegno senza conformarsi, fin d'ora e totalmente, alle esigenze della Sua volontà. L'obbedienza ai comandamenti divini acquista così il suo senso profondo. Non è sottomissione a un imperativo morale, ma comunione alla volontà di salvezza che Dio realizzerà alla fine dei tempi, ma Egli già fin d'ora vuole iniziare a realizzarlo.
Le prime due domande del Padre Nostro quindi non incoraggiano una fuga dal mondo, ma coinvolgono il cristiano nella sua esistenza presente, lo pongono nella realtà trasformante del Padre, lo invitano a entrare con una vita obbediente, in totale comunione con la Volontà salvifica di Dio.
3dacci ogni giorno il nostro pane quotidiano,
Le tre domande che appartengono alla seconda parte del Padre Nostro si interessano dei bisogni dell'uomo nella sua esistenza attuale. E' lo schema normale della preghiera biblica. Esse vanno capite nella linea delle prime due.
E' chiaro: non si tratta di accontentare Dio per poi pensare alle proprie esigenze private. Piuttosto: posti nel giusto rapporto con Dio, sotto la sua sovranità, i discepoli sono in grado di mettere la propria esistenza nella logica del Regno di Dio e chiedere di conseguenza. Le ultime domande del Padre Nostro illustrano la forma di vita del discepolo che cerca anzitutto il Regno di Dio.
La prima domanda concerne il pane, il cibo principale in Palestina. Qui significa il nutrimento in generale, anzi tutto ciò che viene incontro ai bisogni materiali della vita di ogni discepolo. Il discepolo che chiede ogni giorno ciò che gli serve non ha una situazione stabile, non ha ricchezze accumulate per garantire il futuro; egli si trova nella condizione di chi ha lasciato tutto per seguire concretamente Gesù. E' la situazione di coloro che hanno dato tutto per la causa del Regno di Dio e possono quindi contare sulla sollecitudine del padre promessa da Gesù: «Non datevi pensiero per la vostra vita, di quello che mangerete...» (Lc 12,22). Questa domanda rimane attuale anche per chi non vive questa precarietà del discepoli di Cristo che ha lasciato tutto. Infatti rimane un invito a considerare anche il pane guadagnato «con il sudore della fronte», come un dono della provvidenza di Dio, un invito a riconoscere nei beni materiali la premura del Padre verso coloro che hanno affidato la loro vita nelle Sue mani.
4e perdona a noi i nostri peccati, anche noi infatti perdoniamo a ogni nostro debitore,
Con Gesù è arrivato il tempo della salvezza, in cui Dio offre agli uomini il suo perdono. questo perdono divino viene sperimentato come una nuova comunione con il Padre e come forza liberatrice che rende l'uomo capace di amare a sua volta gli altri, senza misura.
Scaturisce quindi per l'uomo perdonato la possibilità e l'esigenza di perdonare sempre, di adottare verso gli altri il comportamento che Dio ha avuto verso di lui: solo allora il perdono divino sarà definitivo. La parabola del servo spietato (Mt 18,23-25) illustra bene questa domanda del Padre Nostro.
e non abbandonarci alla tentazione".
La preghiera del Padre Nostro termina con un grido di aiuto: non portarci in tentazione, cioè non permettere che soccombiamo nella prova. Non è che si preghi Dio di non indurci a fare del male, ma gli si chiede di non permettere che la prova sia tanto grande da avere il sopravvento definivo su di noi.
Ma di quale prova si tratta? Con tutta probabilità Gesù aveva in mente la grande tribolazione della fine dei tempi, nella quale satana, in un ultimo sforzo, sapendo che gli rimane poco tempo (Ap 12,12) cerca di far crollare la fede di molti (Lc 18,8): non è un elemento vago, è la drammatica realtà che inizia con la passione di Gesù e fa da sfondo all'esistenza dei discepoli con varie manifestazioni, soprattutto con la persecuzione. Gesù dunque ci chiede di domandare al Padre di aiutarci a non perdere la fede davanti alle tribolazioni e alle fatiche di ogni giorno.
5Poi disse loro: "Se uno di voi ha un amico e a mezzanotte va da lui a dirgli: "Amico, prestami tre pani, 6perché è giunto da me un amico da un viaggio e non ho nulla da offrirgli",
Si passa ora alla parabola dell'amico importuno. Si tratta più esattamente di una similitudine, in forma di domanda retorica che si estende per 3 versetti. La scena rispecchia la vita della campagna palestinese: l'uso di iniziare un viaggio, in estate, al calar del sole; le case con una sola stanza dove tutta la famiglia dorme insieme; la porta del muro che circonda la casa, chiusa con una trave di legno o una sbarra di ferro; il pane fatto in casa; tre pani costituiscono il pasto per una persona; il senso dell'ospitalità.
Il protagonista non è l'uomo che viene a chiedere i pani, ma l'amico importunato. Il racconto vuole presentare una maniera di agire di Dio. La parabola introducendosi con un "chi tra di voi" coinvolge direttamente i propri uditori. Inoltre, essendo posta in forma di domanda retorica tende a una sola risposta: non è possibile che l'amico importunato mandi via a mani vuote colui che lo importuna, perché è un amico e perché l'ospitalità è sacra.
7e se quello dall'interno gli risponde: "Non m'importunare, la porta è già chiusa, io e i miei bambini siamo a letto, non posso alzarmi per darti i pani",
La domanda retorica termina con l'ipotetica obiezione del padrone di casa "Non mi importunare". Ma appunto, nessun amico, per il sacro dovere dell'ospitalità, si permetterà una tale risposta. L'ascoltatore capisce che l'amico, senza dubbio, si alzerà, aprirà la porta, a costo di svegliare i figli. E quindi, il discepolo deve essere certo che Dio esaudirà la sua preghiera, perché Egli è un amico vero.
8vi dico che, anche se non si alzerà a darglieli perché è suo amico, almeno per la sua invadenza si alzerà a dargliene quanti gliene occorrono.
Questo versetto è superfluo poiché la parabola comporta già la risposta implicita dell'uditorio. Qui la prospettiva cambia: mentre il racconto parabolico invita l'ascoltatore a interrogarsi su quello che farebbe al posto dell'amico che viene svegliato di notte, nel v. 8 occorre identificarsi con l'amico che è fuori e bussa alla porta. Anche la motivazione per cui l'importunato si alza cambia: egli non lo fa più per amicizia, ma per l'invadenza del proprio interlocutore.
In cosa consiste questa invadenza? Può essere l'insistenza nel chiedere i pani oppure semplicemente nell'atto in sé di andare a importunare un amico di notte. Questo versetto dunque mantiene la lezione della parabola sulla certezza che chi chiede sarà esaudito e in più sottolinea un aspetto particolare, forse in relazione con la terza domanda del Padre Nostro lucano: non temere di chiedere realisticamente ogni giorno il pane e quanto è necessario per la vita quotidiana.
9Ebbene, io vi dico: chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto. 10Perché chiunque chiede riceve e chi cerca trova e a chi bussa sarà aperto.
La parabola si conclude con un gruppo di detti sulle caratteristiche della preghiera efficace. Questi versetti riprendono fedelmente la fonte Q. La costruzione è semitica e facilmente memorizzabile. L'invito a pregare viene formulato con tre immagini di uguale significato: chiedere, cercare, bussare. Sono verbi già usati nell'AT e nel giudaismo per parlare della preghiera. L'immagine del bussare ricorda inoltre il comportamento dell'amico importuno. Vi è una certa continuità letteraria.
Considerati in sé questi versetti affermano la certezza che Dio esaudisce ogni domanda. Può essere che l'oggetto della domanda, come suggeriscono i verbi cercare e bussare, fosse il Regno di Dio.
11Quale padre tra voi, se il figlio gli chiede un pesce, gli darà una serpe al posto del pesce? 12O se gli chiede un uovo, gli darà uno scorpione?
Si tratta di due piccole similitudini con costruzione simile a quella dell'amico importuno. Il comportamento del padre umano nei confronti del figlio deve far capire quello di Dio riguardo al discepolo che chiede.
L'accostamento uovo/scorpione è palestinese. Sottolinea il contrasto tra la domanda del figlio e la risposta del padre che dà cose nocive. Qui la condotta del padre è volutamente portata all'assurdo.
13 Se voi dunque, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro del cielo darà lo Spirito Santo a quelli che glielo chiedono!".
L'insegnamento termina con un ragionamento a fortiori. Se dunque l'uomo benché cattivo (cioè difettoso) darà necessariamente cose buone ai propri figli quanto più il Padre del cielo... Luca si distacca dalla lezione di Matteo e al posto delle cose buone mette lo Spirito Santo. La richiesta sembra in contrasto con il contenuto dei versetti precedenti che avevano piuttosto di mira i bisogni concreti della vita quotidiana. Non c'è però opposizione: lo Spirito Santo, il dono per eccellenza del tempo della salvezza, racchiude ogni bene, anche i bisogni concreti dell'uomo; ma la sua menzione innalza l'orante nella prospettiva storico-salvifica tipica di Luca: è lo Spirito presente nella Chiesa che conduce la comunità verso la salvezza piena. Traspare l'interpretazione ecclesiale che l'evangelista fa delle domande del Padre Nostro.
Meditatio
- Cosa suscita in me la figura di Dio come Padre?
- Quale è il mio atteggiamento verso chi ha commesso una colpa nei miei riguardi?
- Sono capace di chiedere con insistenza al Signore ciò di cui ho bisogno?
- Cosa chiedo nella mia preghiera al Signore? Mi sento esaudito/a?
Preghiamo (Colletta della Diciassettesima Domenica del Tempo Ordinario - anno C)
Rivelaci, o Padre, il mistero della preghiera filiale di Cristo, nostro fratello e salvatore, e donaci il tuo spirito, perché invocandoti con fiducia e perseveranza, come egli ci ha insegnato, cresciamo nell'esperienza del tuo amore. Per il nostro Signore Gesù Cristo...

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