FIGLIE DELLA CHIESA, Lectio Divina "Chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato "

XXII Domenica del Tempo Ordinario
Antifona d'ingresso
Abbi pietà di me, Signore,
perché ti invoco tutto il giorno
:
tu sei buono e pronto al perdono,
sei pieno di misericordia con chi ti invoca. (Sal 86,3.5)

Colletta
O Dio, nostro Padre,
unica fonte di ogni dono perfetto,
suscita in noi l’amore per te
e ravviva la nostra fede,
perché si sviluppi in noi il germe del bene
e con il tuo aiuto maturi fino alla sua pienezza.

Oppure:
O Dio, che chiami i poveri e i peccatori
alla festosa assemblea della nuova alleanza,
fa’ che la tua Chiesa onori la presenza del Signore
negli umili e nei sofferenti,
e tutti ci riconosciamo fratelli
intorno alla tua mensa.

PRIMA LETTURA (Sir 3,19-21.30-31)
Fatti umile, e troverai grazia davanti al Signore.
Dal libro del Siràcide

Figlio, compi le tue opere con mitezza,
e sarai amato più di un uomo generoso.
Quanto più sei grande, tanto più fatti umile,
e troverai grazia davanti al Signore.
Molti sono gli uomini orgogliosi e superbi,
ma ai miti Dio rivela i suoi segreti.
Perché grande è la potenza del Signore,
e dagli umili egli è glorificato.
Per la misera condizione del superbo non c’è rimedio,
perché in lui è radicata la pianta del male.
Il cuore sapiente medita le parabole,
un orecchio attento è quanto desidera il saggio.

SALMO RESPONSORIALE (Sal 67)
Rit: Hai preparato, o Dio, una casa per il povero.
I giusti si rallegrano,
esultano davanti a Dio
e cantano di gioia.
Cantate a Dio, inneggiate al suo nome:
Signore è il suo nome. Rit:

Padre degli orfani e difensore delle vedove
è Dio nella sua santa dimora.
A chi è solo, Dio fa abitare una casa,
fa uscire con gioia i prigionieri. Rit:

Pioggia abbondante hai riversato, o Dio,
la tua esausta eredità tu hai consolidato
e in essa ha abitato il tuo popolo,
in quella che, nella tua bontà,
hai reso sicura per il povero, o Dio. Rit:

SECONDA LETTURA (Eb 12,18-19.22-24)
Vi siete accostati al monte Sion, alla città del Dio vivente.
Dalla lettera agli Ebrei

Fratelli, non vi siete avvicinati a qualcosa di tangibile né a un fuoco ardente né a oscurità, tenebra e tempesta, né a squillo di tromba e a suono di parole, mentre quelli che lo udivano scongiuravano Dio di non rivolgere più a loro la parola.
Voi invece vi siete accostati al monte Sion, alla città del Dio vivente, alla Gerusalemme celeste e a migliaia di angeli, all’adunanza festosa e all’assemblea dei primogeniti i cui nomi sono scritti nei cieli, al Dio giudice di tutti e agli spiriti dei giusti resi perfetti, a Gesù, mediatore dell’alleanza nuova.

Canto al Vangelo (Mt 11,29)
Alleluia, alleluia.
Prendete il mio giogo sopra di voi, dice il Signore,
e imparate da me, che sono mite e umile di cuore.
Alleluia.

VANGELO (Lc 14,1.7-14)
Chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato.
+ Dal Vangelo secondo Luca

Avvenne che un sabato Gesù si recò a casa di uno dei capi dei farisei per pranzare ed essi stavano a osservarlo.
Diceva agli invitati una parabola, notando come sceglievano i primi posti: «Quando sei invitato a nozze da qualcuno, non metterti al primo posto, perché non ci sia un altro invitato più degno di te, e colui che ha invitato te e lui venga a dirti: “Cèdigli il posto!”. Allora dovrai con vergogna occupare l’ultimo posto. Invece, quando sei invitato, va’ a metterti all’ultimo posto, perché quando viene colui che ti ha invitato ti dica: “Amico, vieni più avanti!”. Allora ne avrai onore davanti a tutti i commensali. Perché chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato».
Disse poi a colui che l’aveva invitato: «Quando offri un pranzo o una cena, non invitare i tuoi amici né i tuoi fratelli né i tuoi parenti né i ricchi vicini, perché a loro volta non ti invitino anch’essi e tu abbia il contraccambio. Al contrario, quando offri un banchetto, invita poveri, storpi, zoppi, ciechi; e sarai beato perché non hanno da ricambiarti. Riceverai infatti la tua ricompensa alla risurrezione dei giusti».

Preghiera sulle offerte
Santifica, Signore, l’offerta che ti presentiamo,
e compi in noi con la potenza del tuo Spirito
la redenzione che si attua nel mistero.
Per Cristo nostro Signore.

Antifona di comunione
Quant’è grande la tua bontà, Signore!
La riservi per quelli che ti temono. (Sal 31,20)

Oppure:
Beati gli operatori di pace: saranno chiamati figli di Dio.
Beati i perseguitati per causa della giustizia: di essi è il regno dei cieli. (Mt 5,9-10)

Oppure:
“Chiunque si esalta sarà umiliato
e chi si umilia sarà esaltato”. (Lc 14,11)

Preghiera dopo la comunione
O Signore, che ci hai nutriti alla tua mensa,
fa’ che questo sacramento ci rafforzi nel tuo amore
e ci spinga a servirti nei nostri fratelli.

Lectio
Siamo alla XXII Domenica, la Domenica “dell’ultimo posto” ed un insegnamento nuovo e sconvolgente viene proposto dal Signore: “Chi si umilia sarà esaltato”. La vera sapienza per l’uomo sta nel riconoscere che la sorgente della sua dignità non sta nelle sue costruzioni umane, ma nel mistero del suo essere che ha origine in Dio e a lui tende.
Un insegnamento che Gesù propone durante un banchetto al quale era stato invitato. Il banchetto infatti, come si usava ai suoi tempi, era un’occasione per discutere insieme su di una virtù o su di un gran personaggio. Le discussioni erano talvolta interessanti ma più spesso piene di snobismo e di inutili discorsi. Gesù dunque accetta di partecipare a uno di questi ricevimenti ma non si attiene al protocollo che regola questo genere di conviti e con la sua Parola dà una scossa ai commensali e al padrone di casa: parla di umiltà (vv. 7-11) e chiede di cambiare la lista degli invitati convocando poveri, storpi, zoppi e ciechi (vv. 12-14). ).
Dunque le condizioni per accedere al Regno sono fondamentalmente due: l'umiltà, il porsi tra gli ultimi, e una gratuità senza confini cioè invitare poveri, storpi, zoppi e ciechi  … Erano queste le categorie più disprezzate dalla comunità ebraica, perché secondo la mentalità del tempo recavano nella loro stessa carne o comunque nella loro condizione il marchio infamante della maledizione divina, tanto che già dal tempo di Samuele non potevano accedere al tempio e secondo i testi di Qumran sarebbero stati senza alcun dubbio esclusi dal banchetto escatologico del Regno di Dio. Ora Gesù afferma senza mezzi termini che proprio e solo accogliendo gente di tal fatta si potrà essere davvero beati!
Si tratterebbe di richieste veramente inaudite, incomprensibili e impossibili a realizzarsi, se Gesù stesso non ce ne avesse dato insieme la profonda motivazione e un limpido modello di vita nella sua stessa Persona, dal momento che tutto quello che ha detto prima di tutto lo ha vissuto Egli stesso!
Tutto ruota intorno a questa parola: Umiltà. Parola usata e abusata, parola che è ancora presente nel vocabolario ma solo perché è necessaria, nell’uso quotidiano, per identificare una condizione o uno stato d’animo proprio dei tempi passati. Oggi per molti è fuori moda. Antiquata. Forse dà anche un po’ fastidio. Se domandassi a varie persone cos'è per loro l'umiltà, otterrei tante risposte diverse, ognuna contenente una parte di verità, ma incomplete. Se lo domandassi a un uomo di temperamento che fa valere il proprio punto di vista con forza, forse mi risponderebbe: l'umiltà è non fare il prepotente, essere più mite e arrendevole. Se lo domandassi a una ragazza, forse mi risponderebbe: l'umiltà è non essere vanitosa, non volere attirare lo sguardo degli altri, non vivere solo per se stessi o per l'apparenza. Se lo domandassi a un sacerdote mi risponderebbe: umiltà è riconoscersi peccatore, avere un sentimento basso di se stesso. L'umiltà è la prerogativa dell'umile. Nella quotidianità esistono diversi modi di intendere la parola umiltà. Una persona umile è essenzialmente una persona modesta e priva di superbia; una persona che non si ritiene migliore o più importante degli altri.
A fronte di un malinteso concetto di umiltà intesa negativamente come propria dei deboli, perdenti e remissivi, la virtù proposta dal Maestro di Nazareth ha invece in sé una grande forza e una grande ricchezza, tanto da costituire la virtù cristiana per eccellenza, quella da cui bisogna sempre ripartire nel cammino di conversione.
“Imparate da me - dice Gesù - che sono mite e umile di cuore” (Matteo 11,29).
Essere umili è allora accogliere Dio, che si è abbassato fino a noi e si è fatto povero per arricchirci per mezzo della sua povertà, e imparare da Lui: “Chi è più grande? Non è forse colui che sta a tavola? Eppure io sto in mezzo a voi come colui che serve” (Luca 22, 27).
Gesù è umile perché, “pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio, ma si fece obbediente fino alla morte di croce” (Filippesi 2, 6-8).
Tutta la vita di Gesù è stata obbedienza al Padre, cioè riconoscimento della verità più profonda del suo essere: “La Parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato ... io amo il Padre e faccio quello che il Padre mi ha comandato” (Giovanni 14). Allo stesso modo Egli ci chiede di riconoscere la verità più profonda del nostro essere, che è quella di creature cui tutto è stato donato gratuitamente. La logica conseguenza è che, se “gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date”! (Matteo 10,8).
E che cosa potremmo mai dare, se non l'avessimo prima ricevuto?
Per questo l'umiltà evangelica non è un autoabbassamento o un'autodenigrazione fine a se stessi, ma un fare spazio alla Parola perché possa piantare la sua tenda nel nostro cuore. Molto acutamente S. Agostino ha osservato: “Senti fratello, Dio è molto alto. Se tu sali, Egli va più in alto; ma se tu ti abbassi, Egli viene a te ...”
Come dice Papa Francesco (nel 2013) per un cristiano, “progredire” vuol dire “abbassarsi” lungo la strada dell’umiltà per far risaltare l’amore di Dio. L’umiltà, avverte papa Francesco, è “uno stile che non finirà mai di sorprenderci e di metterci in crisi: a un Dio umile non ci si abitua mai!”.
Umiliazione e umiltà sono il binario su cui si muove la sequela di Cristo, l’una genera l’altra e “non esiste umiltà senza umiliazione”. Per Papa Francesco la via dell’umiltà è anche la strada di Dio, che il cristiano deve percorrere per essere santo.
Tuttavia, “essere umili non significa andare per la strada” con “gli occhi bassi”. Non è stata quella l’umiltà di Gesù, né di sua Madre o di Giuseppe. Imboccare la strada dell’umiltà fa sì, ha affermato Papa Francesco, “che tutta la carità di Dio venga su questa strada, che è l’unica che Lui ha scelto: non ne ha scelto un’altra”.
Ma l’umiltà è sorella gemella della carità, della gratuità: ecco allora il secondo punto del vangelo di questa domenica: invita poveri, storpi, zoppi e ciechi (vv. 12-14).
Vera umiltà consiste nell'essere umili con Dio ma anche con il prossimo. Non si può essere umili dinanzi a Dio, nella preghiera, se non lo si è con i fratelli. Essere umili davanti a Dio significa essere bambini, essere gli anawin biblici, cioè i poveri che non hanno nessuno su cui appoggiarsi se non Dio solo; significa non confidare né nei carri né nei cavalli, né sulla propria intelligenza, né sulla propria giustizia. E tutto questo va benissimo. Ma se tu non sei umile con il fratello che vedi, come puoi dire di essere umile con Dio che non vedi? Se tu non lavi i piedi al fratello che vedi, cosa significa il tuo voler lavare i piedi a Dio che non vedi? I piedi di Dio sono i tuoi fratelli! Come si vede, si possono dire dell'umiltà le medesime cose che Giovanni dice della carità (1 Gv 4,20).
L'umiltà che stiamo scoprendo è un bene che scende dal cielo; essa è quel “dono perfetto che viene dall'alto e discende dal Padre della luce” (Ge 1, l 7). L'umiltà evangelica non significa che tu non devi dimostrare i talenti ricevuti. La differenza rispetto al mondo è che questi tuoi talenti tu non li impieghi solamente per te stesso, per salire al di sopra degli altri e dominarli, ma li impieghi per il servizio degli altri, ciò in quanto sei nato non per essere servito, ma per servire.

Appendice

La vera umiltà
Vorrei dirti di guardarti dall`orgoglio e ti vorrei raccomandare una sincera umiltà, in modo che in tutte le tue azioni, quando rifletti su te stessa non ti senta mai sicura. E parliamo di questo dono utilissimo di Dio, per aiutarci a scoprire non solo le cose palesi, ma anche quelle occulte della nostra coscienza. E` una virtù multiforme, bella nelle sue espressioni esteriori, ma di gran lunga piú luminosa e bella nei suoi aspetti intimi; dove nulla è oscuro, torbido, inquieto, poiché: "E` grande la pace di coloro che amano la legge li Dio; nel loro cammino non trovano inciampo" (Sal 118,165). Dovendo parlare della beata umiltà, scartiamo subito tutte le forme di avvilimento che affliggono gli animi indolenti e incostanti, ed evitiamo di dar gloria di umiltà ad azioni che umili non sono. Alcuni gesti, nati da uno stato di necessità, sono simili ai gesti fatti per elezione di libera volontà, e la modestia può essere confusa con l`indolenza. Ma altro è non aver la forza d`agire, altro è domare il proprio impeto, e diversissimo è l`esito d`una irremovibile miseria e altro quello d`una fortezza, che esercita la sua pazienza. Così la parola «povertà» è una sola, ma i poveri non son tutti uguali; perché altro è godere di ricchezze bene impiegate, altro è lamentarsi di ricchezze che non sei riuscito ad afferrare, o che hai perduto. Anche la parola «timor di Dio» è una sola; ma altro è temere Dio, perché hai peccato, e altro è temerlo, perché non vuoi peccare, il primo è timore della pena, il secondo è amore del premio. Leggiamo, infatti: "L`amore perfetto scaccia il timore" (1Gv 4,18) e: "Il timore del Signore è santo, rimane in eterno" (Sal 18,10). Scartata, allora, quella umiltà apparente, che non serve a niente, prendiamo in considerazione gli atti d`una virtù cosciente e voluta, atti che non son tutti uguali tra loro, ma son sempre, comunque, in linea con la virtù.
La prima nota dell`umiltà è la fedeltà agli impegni della vita comune, attraverso i quali essa si accaparra la benevolenza di Dio e stringe i vincoli della vita sociale. L`umiltà rafforza la carità. L`Apostolo dice: "Amatevi, onorandovi scambievolmente" (Rm 12,10). E cresce la carità, quando l`umile crede gli altri superiori a sé e ama di servire, e, se è messo a comandare, non si gonfia. Cresce la carità, quando il povero s`inchina facilmente a, ricco e il ricco ha piacere di sollevare il povero al suo rango: quando il nobile non si gloria dei suoi titoli familiari e i poveri non accampano la comunanza della natura; quando non si fa più conto delle grandi fortune che dei buoni costumi, né è stimata di più la decorata potenza dei malvagi che la disadorna giustizia dei superiori. Da questo equo e modesto diritto della concordia, in cui non c`è gara per emergere sugli altri, né la fortuna fa gonfie le cose proprie o brucia le altrui, alcuni progrediscono meravigliosamente verso quella fortezza dell`umiltà, che da se stessa si pone al di sopra di ogni dignità...
Poiché, dunque, la Chiesa di Dio, che è il corpo di Cristo, è così bene fusa nella sua molteplice varietà, che tutte le parti, anche diverse, concorrono ad un unico splendore, e d`ogni specie di uomini, d`ogni grado di ministeri, da ogni opera e da ogni virtù nasce un`inseparabile unità di struttura e una sola bellezza, e non manca al tutto ciò che non manca alle parti, ed ha tanta concordia che non può non essere di tutti ciò che è anche di ciascuno, è evidente che vi deve essere una forza copulatrice che tiene insieme e fonde tutta la molteplicità e diversità dei santi. E questa forza è la vera umiltà, la quale, qualunque sia la diversità dei diversi gradi, è sempre simile a se stessa. Infatti nei gradi degli uffici, nella dolcezza della mansuetudine, nella povertà volontaria c`è molta diversità, e l`intensità del proposito fa necessariamente dei più e dei meno; nella vera umiltà invece non c`è divisione e tutto è comune, l`umiltà fa di tutti i suoi cultori una cosa sola, perché non tollera disuguaglianze. (Pseudo-Prospero di Aquitania, Ad Demetriadem, 1-6, già attribuita a Leone Magno)

La vita perfetta
Guai a quell`uomo che si presenta al banchetto senza la veste nuziale! Non gli resta che sentirsi dire immediatamente: "Amico, come hai potuto venire qui?" (Mt 22,12). Egli resterà muto. Allora si dirà ai servi: "Prendetelo, legatelo mani e piedi e gettatelo fuori nel buio: ivi sarà pianto e stridor di denti" (Mt 22,13).
Guai a colui che tiene legato nel fazzoletto il talento ricevuto: mentre gli altri s`industriano a trarne profitto, lui conserva soltanto quello che gli è stato affidato! Ma subito sarà incalzato dai rimbrotti del padrone sdegnato: "Servo malvagio, perché non hai messo il denaro alla banca? Al mio ritorno l`avrei ritirato con gli interessi!" (Lc 19,22-23). Vale a dire: avresti dovuto deporre ai piedi dell`altare questo fardello che non potevi reggere! Perché, mentre tu, commerciante infingardo, non hai fatto che custodire il denaro, hai occupato il posto d`un altro che poteva raddoppiarlo!
Per questo, se colui che serve bene si guadagna un buon posto, colui che s`accosta al calice del Signore indegnamente sarà responsabile del Corpo e del Sangue del Signore stesso (cf. 1Cor 11,27).
Non tutti i vescovi sono vescovi.
Tu pensi a Pietro, ma guarda anche a Giuda! Tu hai in mente Stefano, ma ricorda anche Nicola, detestato dal Signore nella sua Apocalisse! Costui ha inventato tali nefandezze e tali turpitudini che dal suo ceppo è sorta l`eresia degli Ofiti (cf. Ap 2,6).
Ognuno si esamini prima d`accostarsi al santo banchetto! Non è la dignità ecclesiastica che fa cristiani, Cornelio il centurione, ancora pagano (cf. At 10), è inondato dai doni dello Spirito Santo; Daniele ancora giovanetto giudica gli anziani (cf. Dn 13); Amos diventa profeta in un istante, mentre coglie more selvatiche (cf. Am 7,14); David, un pastorello, viene eletto re (cf. 1Re 16); e Gesù ama d`un amore di preferenza il più giovane dei discepoli (cf. Gv 13,23).
Mettiti all`ultimo posto, fratello, quando siedi a mensa; così se arriva uno meno degno di te, sarai invitato a passare ad un posto più degno (cf. Lc 14,10). Su chi si riposa il Signore, se non sugli umili, sui miti, su coloro che temono le sue parole? A chi è stato affidato di più, viene richiesto di più. "I potenti sopporteranno tormenti tremendi" (Sap 6,7).
Nessuno si vanti d`una castità che sia semplice mondezza di corpo; nel giorno del giudizio gli uomini dovranno rendere conto di ogni parola inutile uscita dalla loro bocca, e un`ingiuria rivolta al fratello sarà allora ritenuta un omicidio.
Non è facile stare nella posizione di Paolo, od occupare il grado di coloro che regnano ora con Cristo. Potrebbe venire l`angelo da un momento all`altro a lacerare il velo del tuo tempio e a rimuovere il tuo candelabro dal posto che occupa (cf. Mt 27,51; Ap 2,5). Se t`accingi a costruire una torre, fa` prima il calcolo delle spese (cf. Lc 14,28). Il sale divenuto insipido non serve a nient`altro che ad essere gettato via e calpestato dai porci (cf. Mt 5,13). (Girolamo, Epist., 14, 8-9)

La via dell`umiltà
Scrivi che sei innamorato dell`umiltà e desideri apprendere il modo come averne da Dio la grazia. Se dunque vuoi davvero fugare la superbia e ottenere il dono beato dell`umiltà non trascurare le cose che potranno aiutarti ad acquistarlo, anzi metti in opera tutte le cose che ne favoriscono la crescita. L`anima infatti si adatta alle cose che ama e prende sempre più la somiglianza delle cose che fa spesso. Abbi, allora, la persona, gli indumenti, il modo di camminare, la sedia, il cibo, il letto, in una parola, tutto, di stampo frugale; perfino il discorso, il movimento del corpo, la conversazione; e queste cose devono tendere alla mediocrità e non alla distinzione. Sii buono e placido col fratello, dimentica le ingiurie degli avversari; sii umano e benevolo verso i più abietti, porta aiuto e sollievo ai malati, abbi riguardo per chi è colpito da dolori, avversità, afflizioni non disprezzare nessuno, sii dolce nella conversazione, lieto nelle risposte, onesto in tutto, disponibile a tutti. (Nilo di Ancira, Epist., 3, 134)

«Le generazioni mi chiameranno beata»
"Ecco che sin d`ora tutte le generazioni mi chiameranno beata". Se intendo «tutte le generazioni» secondo il più semplice significato, ritengo che si faccia allusione ai credenti. Ma se cerco di vedere il significato più profondo, capirò quanto sia preferibile aggiungere: "Perché fece grandi cose per me colui che è potente". Proprio perché "chiunque si umilia sarà esaltato" (Lc 14,11), Dio «ha guardato l`umiltà» della beata Maria; per questo ha fatto per lei grandi cose "colui che è potente e il cui nome è santo". (Origene, In Luc., 8, 6)

Il posto al banchetto (Lc 14,7-11)
Sul cuscino più alto mi son seduto,
in prima fila tra i tuoi dignitari;
non per tuo invito mi son fatto innanzi,
ma solo spinto dalla vanagloria.

Quando Tu chiamerai il genere umano
al Banchetto di Nozze universale,
a me, audace, non venga diretta, o mio Ospite,
la tua parola: «Spostati più in basso!».

Ma io che adesso son giacente a terra,
che da Te ascolti la parola detta ai buoni:
«Sali più in alto, amico,
nelle altezze divine!».
(Nerses Snorhalí, Jesus, 563-565)

Cari fratelli e sorelle,
nel Vangelo di questa domenica (Lc 14,1.7-14), incontriamo Gesù commensale nella casa di un capo dei farisei. Notando che gli invitati sceglievano i primi posti a tavola, Egli raccontò una parabola, ambientata in un banchetto nuziale. "Quando sei invitato a nozze da qualcuno, non metterti al primo posto, perché non ci sia un altro invitato più degno di te, e colui che ha invitato te e lui venga a dirti: «Cèdigli il posto!» ... Invece, quando sei invitato, va’ a metterti all’ultimo posto" (Lc 14,8-10). Il Signore non intende dare una lezione sul galateo, né sulla gerarchia tra le diverse autorità. Egli insiste piuttosto su un punto decisivo, che è quello dell’umiltà: "chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato" (Lc 14,11). Questa parabola, in un significato più profondo, fa anche pensare alla posizione dell’uomo in rapporto a Dio. L’"ultimo posto" può infatti rappresentare la condizione dell’umanità degradata dal peccato, condizione dalla quale solo l’incarnazione del Figlio Unigenito può risollevarla. Per questo Cristo stesso "ha preso l’ultimo posto nel mondo — la croce — e proprio con questa umiltà radicale ci ha redenti e costantemente ci aiuta" (Enc. Deus caritas est, 35).
Al termine della parabola, Gesù suggerisce al capo dei farisei di invitare alla sua mensa non gli amici, i parenti o i ricchi vicini, ma le persone più povere ed emarginate, che non hanno modo di ricambiare (cfr Lc 14,13-14), perché il dono sia gratuito. La vera ricompensa, infatti, alla fine, la darà Dio, "che governa il mondo ... Noi gli prestiamo il nostro servizio solo per quello che possiamo e finché Egli ce ne dà la forza" (Enc. Deus caritas est, 35). Ancora una volta, dunque, guardiamo a Cristo come modello di umiltà e di gratuità: da Lui apprendiamo la pazienza nelle tentazioni, la mitezza nelle offese, l’obbedienza a Dio nel dolore, in attesa che Colui che ci ha invitato ci dica: "Amico, vieni più avanti!" (cfr Lc 14,10); il vero bene, infatti, è stare vicino a Lui. San Luigi IX, re di Francia … ha messo in pratica ciò che è scritto nel Libro del Siracide: "Quanto più sei grande, tanto più fatti umile, e troverai grazia davanti al Signore" (3,18). Così egli scriveva nel suo "Testamento spirituale al figlio": "Se il Signore ti darà qualche prosperità, non solo lo dovrai umilmente ringraziare, ma bada bene a non diventare peggiore per vanagloria o in qualunque altro modo bada cioè a non entrare in contrasto con Dio o offenderlo con i suoi doni stessi" (Acta Sanctorum Augusti 5 [1868], 546). (Papa Benedetto, Angelus del 29 agosto 2010)


Fonte:http://www.figliedellachiesa.org/

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