MONASTERO MARANGO, La "sfida" contro il male

20° Domenica del Tempo Ordinario (anno C)
Letture: Ger 38,4-6.8-10; Eb 12,1-4; Lc 12,49-56
La "sfida" contro il male
1)Pensate che io sia venuto a portare pace sulla terra? No, io vi dico, ma divisione.

Sono venuto a gettare fuoco sulla terra.
Gesù è venuto a gettare un fuoco sulla terra, e questo fuoco è un oceano di pace e di misericordia. L’incendio comincia sulla croce e si estende fino agli estremi confini del mondo. Ma non tutti si lasciano afferrare da questo fuoco assoluto, così che quell’amore, che vuole condurre gli uomini all’unità, li divide per la loro resistenza.

Si divideranno padre contro figlio e figlio contro padre.
Gesù mostra che la divisione passa attraverso i più stretti legami familiari, ma attraversa anche i cuori dei singoli, dove la carne è perennemente in lotta contro lo spirito e l’uomo non fa ciò che vorrebbe, ma ciò che aborrisce. Scrive infatti San Paolo: «Io non compio il bene che voglio, ma il male che non voglio». (Rm 7,19). Non si tratta di una tragica fatalità, ma di una lotta che deve essere portata alla vittoria, perché il bene e il male, l’amore e l’odio, non sono due divinità contrapposte che si contendono perennemente il dominio del mondo: Dio è uno solo e possiamo vincere il male con il bene (cfr. Rm 12,21).

E così Geremia affondò nel fango.
La lotta è molto dura, perché «il regno di questo mondo» è pieno di menzogna e di violenza. La guerra, la tortura, il terrorismo, ogni forma di intollerabile ingiustizia, hanno sempre dominato il mondo, ma, paradossalmente, sembra che il male, in tutte le sue manifestazioni, sia ancora aumentato dopo la venuta di Cristo, «principe della pace». Egli è davvero «segno di contraddizione», come aveva profetizzato il vecchio Simeone. Gesù divide e acuisce le opposizioni. Scelgo uno dei numerosi passi di Giovanni a tale proposito: “Sorse dissenso tra i Giudei. Molti di loro dicevano: «E’ un indemoniato ed è fuori di sé; perché state ad ascoltarlo?». Altri dicevano: «Queste parole non sono di un indemoniato; può forse un indemoniato aprire gli occhi ai ciechi?»”(Gv 10,19-21). Quello che accadeva un tempo accade anche oggi, a milioni di cristiani nel mondo, perseguitati e uccisi, a motivo della loro fede. Il nostro tempo è tempo di martiri.
Ciò che nella prima lettura è l’esperienza amara di Geremia è solo un simbolo di tutte le cose orribili che avvengono nel mondo, talvolta anche in nome della religione, o di chi usa la religione per il proprio potere. La vicenda di Geremia è anche profezia della vita di Gesù, messo a morte non solo da un tribunale romano, con l’accusa di cospirazione contro l’impero, ma anche da coloro che detenevano il potere religioso a Gerusalemme.
Spesso, nei salmi, l’orante pregava Dio di liberarlo dalla melma in cui stava affondando (cfr. Sal 40,3; 69,15) e Giobbe, messo alla prova, addirittura si identifica con questo fango: «Come argilla mi hai plasmato» (Gb 10,9). La perseveranza nella fede, l’umile abbandono e la fiducia incondizionata in Dio sono semi di speranza per un futuro diverso: una vita vittoriosa sul male, anche quello che ci portiamo dentro, prepara l’avvento di un giorno in cui non ci sarà più notte.

In questa «sfida» tremenda con il male, nella quale il cristiano potrebbe anche scoraggiarsi, c’è una cosa importante da fare: tenere fisso lo sguardo su Gesù, «colui che dà origine alla fede e la porta a compimento». Sì, dobbiamo guardare a lui «che ha sopportato contro di sé una così grande ostilità dei peccatori». E dobbiamo anche sentirci protetti e circondati da una «moltitudine di testimoni», che hanno attraversato «la grande tribolazione», e spesso sono stati provati duramente «fino al sangue».
Gesù ha preso su di sé il «mistero dell’iniquità» del mondo, è stato immerso delle acque profonde e oscure della morte; è sprofondato nel fango che doveva annunciare la vittoria delle potenze del mondo su questo profeta di pace e di giustizia. Ma la morte non ha prevalso, il male non ha vinto, e Gesù è salito «alla destra del trono di Dio».
Allora non ci resta che andare, liberi e forti, «avendo deposto tutto ciò che è di peso e il peccato che ci assedia».
C’è una corsa, che si apre davanti a noi: andiamo, veloci, senza paura!


Scatto Giorgio
Monastero Marango Caorle (VE)    

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