padre Gian Franco Scarpitta,"Cuore, impegno e buona volontà"
Cuore, impegno e buona volontà
padre Gian Franco Scarpitta
XXI Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (21/08/2016)
Vangelo: Lc 13,22-30
Che soltanto Israele potesse salvarsi, mentre l'umanità pagana e miscredente era destinata alla
dannazione eterna, era comune concezione dell'antico popolo ebraico. Forse per questo lo sconosciuto individuo, che interpella Gesù che cammina verso Gerusalemme, gli pone questo quesito: "Sono pochi quelli che si salvano?" Tradotto in altri termini: "Quanti si salveranno, visto che non tutti sono Israeliti e anche nella stessa nazione non tutti conoscono e applicano la legge di Mosè?" La risposta di Gesù, come sempre, è lungimirante e non verte a soddisfare una semplice curiosità. Piuttosto espone un insegnamento rivoluzionario e per certi versi sovversivo, perché scardina la falsa idea che la salvezza sia destinata a un solo popolo circoscritto e che essa riguardi l'adempimento o meno di prescrizioni appositamente predisposte. Già i testo del profeta Isaia di cui alla Prima Lettura di oggi ci illustra che, nell'imperscrutabile progetto di Dio, la salvezza è destinata ai popoli di ogni nazione, lontani e vicini: "Io verrò a radunare tutte le genti e tutte le lingue; essi verranno e vedranno la mia gloria. Io porrò in essi un segno e manderò i loro superstiti alle popolazioni di Tarsis, Put, Lud, Mesec, Ros, Tubal e Iavan, alle isole lontane che non hanno udito parlare di me e non hanno visto la mia gloria; essi annunceranno la mia gloria alle genti. "
La volontà esplicita che il Signore esprime attraverso il profeta è quella per cui tutti i popoli della terra, dovunque si trovino, anche nelle isole e nelle zone più disparate e irraggiungibili, vengano raggiunti dal divino messaggio di salvezza, soprattutto le nazioni che non hanno mai udito parlare del Signore: proprio esse, benché lontane e di differente estrazione e cultura, sono destinatarie principali della salvezza. Dio fa anzi una promessa che avrà il suo compimento certo e definitivo nell'incarnazione del suo Figlio Gesù Cristo: in un solo popolo si radunerà l'umanità.
Anche fra i pagani quindi vi sono coloro che si salveranno anche prima degli Israeliti, perché Dio vuole che tutti gli uomini si salvino e giungano alla conoscenza della verità (1Tm 2, 3 - 4). Questo è lo scopo della rivelazione, cui Dio raggiunge l'uomo e questo è il messaggio dello stesso Dio che si è incarnato in Cristo: svelare a tutti gli uomini gli "arcana celorum", i misteri del Regno dei Cieli. Il problema allora non si pone in termini numerici o di quantità matematica, ma in termini di qualità. In un racconto parabolico specifico, Gesù insegnava che tutti sono invitati alla festa di nozze del Regno, chi non indossa l'abito nuziale, simbolo della purità e della perfezione morale, ne verrà espulso, perché tanti sono i chiamati, pochi gli eletti (Mt 20, 1 - 16). Ogni uomo viene messo in condizioni di amare Dio e il prossimo, ma a decidere di farlo o meno dev'essere lui stesso. Ogni uomo viene messo in condizione di esercitare umiltà e altre virtù, ma sta a lui decidere se cimentare la propria volontà in tal senso. Ogni persona umana è messa al corrente da Dio sulle decisione che le conviene intraprendere, ma la scelta spetta unicamente a noi. Siamo liberi di scegliere: amare o non amare? Credere o non credere? Vivere in coerenza e ottemperanza o persistere nel lassismo e nell'abitudinarietà perfida? Come si diceva la settimana scorsa il "tesoro del Regno dei Cieli immune dalla corrusione e dalla ruggine, è una questione di cuore: "dov'è il tuo tesoro, là sarà anche il tuo cuore" e di conseguenza soltanto nella misura in cui ci si dispone liberamente e con amore a fare la volontà di Dio ci si salva. Solo chi nella deliberazione del cuore sceglie di amare e di servire, di sperare, di credere, di vivere e di progredire ottiene la salvezza e tante volte questo comporta una tappa sacrificata, la coraggiosa scelta dello sforzo nella virtù, l'impegno estenuante della croce nella perseveranza nei buoni propositi. Insomma, comporta che si passi per la porta stretta. Un antro ristretto e rasente solitamente lo si evita, soprattutto quando ce n'è un altro più comodo in alternativa, eppure non è difficile entrarvi e transitarvi. Occorre solamente sforzarsi e adoperare decisione e buona volontà. Passare per la "porta stretta" per quanto impegnativo non è impossibile e ciò che da parte nostra ci viene chiesto è appunto lo "sforzo", non il passaggio. A farci transitare sarà certamente l'aiuto stesso del Signore e la grazia con cui garantisce la sua continua assistenza e vicinanza. Sarà Dio stesso a spianarci il cammino per il passaggio, quello che conta è che ci adoperiamo diligentemente e con serietà d'impegno, evitando l'atteggiamento vile e deplorevole di coloro che fuggono di fronte agli ingressi angusti cercando portali e smisurati ingressi per raggiungere lo stesso obiettivo.
Nel luogo dove, durante l'estate trascorro la mia villeggiatura in famiglia, per raggiungere il mare partendo da casa occorre percorrere un tratto a piedi e per raggiungere la spiaggia tante volte ho percorso una strada vasta e spaziosa, che però mi faceva percorrere quasi mezzo miglio in più per giungere all'arenile. Mi sono accorto in una certa occasione che, in alternativa a questo lungo tragitto vi era, nascosto fra erbacce, canneti e vegetazione spontanea crescita a dismisura, un minutissimo passaggio cosparso di pietre, cocci di vetro abbandonati, spazzatura maleodorante e numerosi ceppi di sterpaglie pruriginose. Imboccando questo passo occorre prestare molta attenzione a non ferirsi e sgomitare fra la vegetazione selvatica, ma si raggiunge il mare quasi immediatamente, senza lunghi percorsi. L'ultima volta che lo imboccavo pensavo che tante volte le scorciatoie della nostra vita sono le più ardue e faticose, ma lo sforzo con cui ci si cimenta ad attraversarle è ripagato molto meglio che non quando si scelgono delle vie di comodo inconcludenti. Come nel caso della porta stretta di cui ci parla la liturgia di oggi: c'è molta più garanzia di successo nella scelta di transito per la porta stretta che non per una via vasta e larga che tante volte può condurre alla perdizione. Sforzarsi di entrare per la porta stretta è proprio di chi fa' una scelta di cuore, cioè di carità e di speranza la quale, per quanto sacrificata e impegnativa, ci conquista sempre il premio della vita e della comunione con Dio. E la salvezza definitiva.
Fonte:qumran2.net
padre Gian Franco Scarpitta
XXI Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (21/08/2016)
Vangelo: Lc 13,22-30
Che soltanto Israele potesse salvarsi, mentre l'umanità pagana e miscredente era destinata alla
dannazione eterna, era comune concezione dell'antico popolo ebraico. Forse per questo lo sconosciuto individuo, che interpella Gesù che cammina verso Gerusalemme, gli pone questo quesito: "Sono pochi quelli che si salvano?" Tradotto in altri termini: "Quanti si salveranno, visto che non tutti sono Israeliti e anche nella stessa nazione non tutti conoscono e applicano la legge di Mosè?" La risposta di Gesù, come sempre, è lungimirante e non verte a soddisfare una semplice curiosità. Piuttosto espone un insegnamento rivoluzionario e per certi versi sovversivo, perché scardina la falsa idea che la salvezza sia destinata a un solo popolo circoscritto e che essa riguardi l'adempimento o meno di prescrizioni appositamente predisposte. Già i testo del profeta Isaia di cui alla Prima Lettura di oggi ci illustra che, nell'imperscrutabile progetto di Dio, la salvezza è destinata ai popoli di ogni nazione, lontani e vicini: "Io verrò a radunare tutte le genti e tutte le lingue; essi verranno e vedranno la mia gloria. Io porrò in essi un segno e manderò i loro superstiti alle popolazioni di Tarsis, Put, Lud, Mesec, Ros, Tubal e Iavan, alle isole lontane che non hanno udito parlare di me e non hanno visto la mia gloria; essi annunceranno la mia gloria alle genti. "
La volontà esplicita che il Signore esprime attraverso il profeta è quella per cui tutti i popoli della terra, dovunque si trovino, anche nelle isole e nelle zone più disparate e irraggiungibili, vengano raggiunti dal divino messaggio di salvezza, soprattutto le nazioni che non hanno mai udito parlare del Signore: proprio esse, benché lontane e di differente estrazione e cultura, sono destinatarie principali della salvezza. Dio fa anzi una promessa che avrà il suo compimento certo e definitivo nell'incarnazione del suo Figlio Gesù Cristo: in un solo popolo si radunerà l'umanità.
Anche fra i pagani quindi vi sono coloro che si salveranno anche prima degli Israeliti, perché Dio vuole che tutti gli uomini si salvino e giungano alla conoscenza della verità (1Tm 2, 3 - 4). Questo è lo scopo della rivelazione, cui Dio raggiunge l'uomo e questo è il messaggio dello stesso Dio che si è incarnato in Cristo: svelare a tutti gli uomini gli "arcana celorum", i misteri del Regno dei Cieli. Il problema allora non si pone in termini numerici o di quantità matematica, ma in termini di qualità. In un racconto parabolico specifico, Gesù insegnava che tutti sono invitati alla festa di nozze del Regno, chi non indossa l'abito nuziale, simbolo della purità e della perfezione morale, ne verrà espulso, perché tanti sono i chiamati, pochi gli eletti (Mt 20, 1 - 16). Ogni uomo viene messo in condizioni di amare Dio e il prossimo, ma a decidere di farlo o meno dev'essere lui stesso. Ogni uomo viene messo in condizione di esercitare umiltà e altre virtù, ma sta a lui decidere se cimentare la propria volontà in tal senso. Ogni persona umana è messa al corrente da Dio sulle decisione che le conviene intraprendere, ma la scelta spetta unicamente a noi. Siamo liberi di scegliere: amare o non amare? Credere o non credere? Vivere in coerenza e ottemperanza o persistere nel lassismo e nell'abitudinarietà perfida? Come si diceva la settimana scorsa il "tesoro del Regno dei Cieli immune dalla corrusione e dalla ruggine, è una questione di cuore: "dov'è il tuo tesoro, là sarà anche il tuo cuore" e di conseguenza soltanto nella misura in cui ci si dispone liberamente e con amore a fare la volontà di Dio ci si salva. Solo chi nella deliberazione del cuore sceglie di amare e di servire, di sperare, di credere, di vivere e di progredire ottiene la salvezza e tante volte questo comporta una tappa sacrificata, la coraggiosa scelta dello sforzo nella virtù, l'impegno estenuante della croce nella perseveranza nei buoni propositi. Insomma, comporta che si passi per la porta stretta. Un antro ristretto e rasente solitamente lo si evita, soprattutto quando ce n'è un altro più comodo in alternativa, eppure non è difficile entrarvi e transitarvi. Occorre solamente sforzarsi e adoperare decisione e buona volontà. Passare per la "porta stretta" per quanto impegnativo non è impossibile e ciò che da parte nostra ci viene chiesto è appunto lo "sforzo", non il passaggio. A farci transitare sarà certamente l'aiuto stesso del Signore e la grazia con cui garantisce la sua continua assistenza e vicinanza. Sarà Dio stesso a spianarci il cammino per il passaggio, quello che conta è che ci adoperiamo diligentemente e con serietà d'impegno, evitando l'atteggiamento vile e deplorevole di coloro che fuggono di fronte agli ingressi angusti cercando portali e smisurati ingressi per raggiungere lo stesso obiettivo.
Nel luogo dove, durante l'estate trascorro la mia villeggiatura in famiglia, per raggiungere il mare partendo da casa occorre percorrere un tratto a piedi e per raggiungere la spiaggia tante volte ho percorso una strada vasta e spaziosa, che però mi faceva percorrere quasi mezzo miglio in più per giungere all'arenile. Mi sono accorto in una certa occasione che, in alternativa a questo lungo tragitto vi era, nascosto fra erbacce, canneti e vegetazione spontanea crescita a dismisura, un minutissimo passaggio cosparso di pietre, cocci di vetro abbandonati, spazzatura maleodorante e numerosi ceppi di sterpaglie pruriginose. Imboccando questo passo occorre prestare molta attenzione a non ferirsi e sgomitare fra la vegetazione selvatica, ma si raggiunge il mare quasi immediatamente, senza lunghi percorsi. L'ultima volta che lo imboccavo pensavo che tante volte le scorciatoie della nostra vita sono le più ardue e faticose, ma lo sforzo con cui ci si cimenta ad attraversarle è ripagato molto meglio che non quando si scelgono delle vie di comodo inconcludenti. Come nel caso della porta stretta di cui ci parla la liturgia di oggi: c'è molta più garanzia di successo nella scelta di transito per la porta stretta che non per una via vasta e larga che tante volte può condurre alla perdizione. Sforzarsi di entrare per la porta stretta è proprio di chi fa' una scelta di cuore, cioè di carità e di speranza la quale, per quanto sacrificata e impegnativa, ci conquista sempre il premio della vita e della comunione con Dio. E la salvezza definitiva.
Fonte:qumran2.net
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