Don Bruno FERRERO sdb"AIUTARE DIO A CERCARCI PIU' FACILMENTE"

11 settembre2016  | 24a Domenica T. Ordinario - Anno C   |  Omelia
AIUTARE DIO A CERCARCI PIU' FACILMENTE
Le parabole di Gesù sono racconti affascinanti che fanno appello alla nostra immaginazione e alla
nostra volontà. Sono una miniera di impulsi nuovi per la vita di chi ha orecchio per la musica di Dio.
Oggi, Gesù ci ha raccontato tre storie di cui si è servito per spiegare alla buona società religiosa del suo tempo perché accoglieva proprio quelli che ai loro occhi erano esseri da poco, spregevoli e peccatori. Le tre storie hanno un tema comune: qualcosa che era perduto è stato ritrovato e il ritrovamento causa una gioia immensa.
Le conosciamo bene, fanno parte della nostra storia religiosa e del nostro mondo di immagini. Sono brevi, ma esplosive.
Fermiamoci su quella meno citata: la storia della vicina di casa un po' bizzarra.

"Una donna aveva dieci monete. Ne ha persa una. Accende la lucerna e spazza la casa e cerca attentamente finché non la ritrova. E dopo averla trovata, chiama le amiche e le vicine dicendo: "Rallegratevi con me, perché ho ritrovato la moneta che avevo perduta".

Gesù descrive qui una donna che presenta alcuni tratti di irrazionalità. Per 50 centesimi, questo il valore della moneta secondo gli esperti, butta all'aria l'intera casa.
Questo si potrebbe ancora capire. Anche noi a volte cerchiamo accanitamente qualcosa soltanto per la rabbia di non trovarlo.
In effetti, la donna è venuta a trovarsi in una situazione che assomiglia alla nostra. Ha perso una moneta. Non è la moneta in se stessa che conta, quanto il fatto che quella moneta fa "dieci". Il numero dieci è un simbolo della totalità.
Con la sua totalità la donna ha perso qualcosa di molto importante, il suo vero centro.
A causa di tutte le nostre preoccupazioni e di tutti i problemi può capitare anche a noi di perdere di vista il nostro cuore. Facciamo molto, è vero, e anche molti atti di devozione. Ma abbiamo perso il fermaglio che tiene insieme la molteplicità della nostra vita. Preghiamo e andiamo a Messa. Ma non viviamo nel nostro centro, non viviamo nel nostro cuore.
La disattenzione della nostra vita ci ha fatto perdere il nostro vero sé. La donna in realtà rivuole il suo "tutto".
Ma poi la donna chiama addirittura le vicine e le invita a rallegrarsi con lei, probabilmente fa festa con loro. E quelle vengono e dicono: se c'è un'occasione festeggiamo volentieri con lei, anche se l'occasione bisogna letteralmente cercarla con la lente di ingrandimento. Abbiamo proprio una vicina un po' strana, con tutto il rispetto per la sua gioia. In qualche modo esagera un po'. Come si può essere tanto contenti per 50 centesimi?
O forse è per questo: quando si è cercato disperatamente qualcosa e alla fine lo si trova, la gioia è enorme, perché si era quasi persa la speranza. E allora non conta la grandezza, ma il fatto stesso che lo si è trovato. Cercare come pazzi qualcosa e poi trovarlo davvero è una vera soddisfazione.

La parabola, però, tratta di Dio.
Nell'immagine di questa donna è la sua folle ricerca a essere al centro dell'attenzione, la sua pazza gioia, la gioia di Dio. Qui Dio viene rappresentato nella sua vulnerabilità, quasi come uno un po' trascurato e dimesso, e forse proprio per questo attraverso l'immagine di una donna.

Un antico racconto sapienziale spiega così questo mistero.

Tre giovani avevano compiuto diligentemente i loro studi alla scuola di grandi maestri. Prima di lasciarsi fecero una promessa: avrebbero percorso il mondo e si sarebbero ritrovati, dopo un anno, portando la cosa più preziosa che fossero riusciti a trovare.
Il primo non ebbe dubbi: partì alla ricerca di una gemma splendida ed inestimabile. Attraversò mari e deserti, salì montagne e visitò città sinché non l'ebbe trovata: era la più splendida gemma che avesse mai rifulso sotto il sole. Tornò allora in patria in attesa degli amici.
Il secondo tornò dopo poco dopo tenendo per mano una ragazza dal volto dolce ed attraente. "Ti assicuro che non c'è nulla di più prezioso di due persone che si amano" disse.
Si misero ad aspettare il terzo amico.
Molti anni passarono prima che questi arrivasse. Era infatti partito alla ricerca di Dio. Aveva consultato i più celebrati maestri di tutte le contrade, ma non aveva trovato Dio. Aveva studiato e letto, ma senza trovare Dio. Aveva rinunciato a tutto, ma Dio non lo aveva trovato.
Un giorno, spossato per il tanto girovagare, si abbandonò nell'erba sulla riva di un lago. Incuriosito seguì le affannate manovre di un'anatra che in mezzo ai canneti cercava i piccoli che s'erano allontanati da lei. I piccoli erano numerosi e vivaci, e sino al calar del sole l'anatra cercò, nuotando senza posa tra le canne, finché non ebbe ricondotto sotto la sua ala l'ultimo dei suoi nati.
Allora l'uomo sorrise e fece ritorno al paese.
Quando gli amici lo rividero uno gli mostrò la gemma e l'altro la ragazza che era diventata sua moglie, poi pieni di attesa, gli chiesero:
"E tu, che cos'hai trovato di prezioso? Qualcosa di magnifico, se hai impiegato tanti anni. Lo vediamo dal tuo sorriso..."
"Ho cercato Dio" rispose il terzo giovane.
"E lo hai trovato?" chiesero i due, sbalorditi.
"Ho scoperto che era Lui che cercava me".

Egli, il Signore dell'universo, infatti, è alla ricerca di ogni piccolo essere umano perduto.
Butta all'aria la casa per poter trovare anche l'ultimo. Qui è stato capovolto l'ordine normale del mondo: non siamo noi a dover cercare il Dio possente e misericordioso, è lui che cerca noi. Quasi disperato, a ogni costo. E chi butta all'aria la casa per cercare una moneta lo fa in ginocchio. Qui non siamo noi a inginocchiarci, ma Gesù descrive Dio in ginocchio che cerca affannosamente noi.
Uno strano Dio. Forse non capisce niente di dignità? Non dovrebbe piuttosto parteggiare con alcuni parroci che dicono: "Se la gente vuole qualcosa da me deve venire in canonica"?
Ma perché Dio è tanto folle? La sua ricerca è soltanto la pedanteria di una persona che fa le pulizie di primavera? Certamente no. Dio anela alla gioia per la cosa ritrovata. Dio e gioia coincidono. E l'oggetto della sua gioia siamo noi.
Ricordo una lettera scritta da una giovane che parlava del suo sentimento di non essere stata mai amata. Diceva che nell'infanzia aveva sempre avuto l'impressione di essere stata concepita per sbaglio, di non essere stata mai veramente desiderata.
I genitori non parlavano che del fratello o della sorella, mai di lei, come non ci fosse; aveva come il sentimento di essere stata sempre di fastidio e di non essere la benvenuta da nessuna parte; sentiva perciò come una sorta di permanente ferita.
Scriveva: "Quando andavo a scuola, tutti avevano degli amici, eccetto io. Avevo l'impressione che mai nessun uomo avrebbe potuto amarmi".
E continuava: "Un giorno (mi trovavo in un bosco) mi sedetti ai piedi di un albero e all'istante fui piena della certezza che mi amava Dio".
Qualcosa era sgorgato in lei e scopriva di essere importante, preziosa agli occhi di Dio.

È un'esperienza molto forte, e tanto più forte trattandosi di una persona che aveva l'impressione di non essere stata mai amata. Era una conoscenza nuova e immediata di Dio che cambiava tutto.
Siamo stati plasmati da tutte le grazie che abbiamo ricevuto, da tutte quelle che abbiamo rifiutato, da tutti i gesti di amore e da tutti i gesti di odio o di indifferenza, dai nostri fallimenti e dai nostri successi; tutto, ma proprio tutto ha marchiato la nostra carne.
Per questo, l'esperienza dell'amore di Dio per noi, esperienza che possiamo fare un giorno o l'altro, come la fece quella ragazza, ci cambia: perché ci rivela che Dio ci ama come siamo, non come avremmo voluto essere, non come la società o i genitori si sarebbero aspettati che noi fossimo, ma come siamo oggi, con le nostre fragilità, le nostre ferite, le nostre paure, le nostre qualità e i nostri difetti.
Proprio come siamo oggi: è così che ci ama Dio. Egli ci conosce molto bene, esattamente come siamo. Conosce il singolare mondo di tenebre e di luce che c'è dentro di noi; meglio di noi conosce quel misterioso miscuglio che noi siamo. Sa di cosa siamo capaci.
Gli altri possono restare delusi, perché hanno fatto dei sogni su di noi e ci proiettano nel loro ideale.
Dio invece non è mai deluso. Perché colui che lui ama sono io come sono oggi.
Dio non vive nell'avvenire e non vive nel passato, ma nel presente.
Egli è il presente e mi vede nella mia realtà presente.
Oggi, Dio è la donna della parabola che mette sottosopra il mondo per cercare proprio noi. Magari agli occhi del mondo siamo pochi centesimi, agli occhi di Dio siamo un tesoro prezioso.
E la ragione della sua gioia.

"Così, vi dico, c'è gioia davanti agli angeli di Dio per un solo peccatore che si converte"
Nella parabola, la felicità della donna simboleggia quella del paradiso, quella degli angeli. Un'immagine singolare. Che le donne povere spesso ricevano troppe poche conferme del loro valore lo si sa e ce lo si può immaginare. Ma gli angeli del cielo, evidentemente, sono nella stessa situazione. Alla faccia dell'orgoglio e della gloria imponente. Il paradiso piange per tutti coloro che vanno smarriti e gioisce per tutti quelli che vengono ritrovati.
Evidentemente gli angeli all'epoca di Gesù si trovano in una situazione simile a quella di oggi. Quasi tutti non riservano loro altro che scherno, chi si converte più? Il paradiso e gli angeli sono negletti e disprezzati.
Ma se ci lasciamo trovare da Dio, li facciamo immensamente felici.

La più bella interpretazione della donna e della moneta è offerta dall'antica liturgia mozarabica, che, nella sua versione dell'Exultet, l'inno solenne sul cero pasquale, dice: "Questa è la luce che la donna accese per cercare la moneta perduta".
Gesù risorto è la luce che nessuno può spegnere. Gesù è risorto per cercare e trovare l'ultimo peccatore.
È questa la bellezza simbolica dei ceri che accendiamo in ogni celebrazione. Vogliamo aiutare Dio a trovare più facilmente la strada che porta da noi.

Don Bruno FERRERO sdb
Fonte:www.donbosco-torino

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