FIGLIE DELLA CHIESA, Lectio Divina" Se aveste fede!" (Lc 17,5-10)

XXVII Domenica del Tempo Ordinario
Antifona d'ingresso
Tutte le cose sono in tuo potere, Signore,

e nessuno può resistere al tuo volere.
Tu hai fatto tutte le cose, il cielo e la terra
e tutte le meraviglie che vi sono racchiuse;
tu sei il Signore di tutto l’universo. (Est 4,17b)

Colletta
O Dio, fonte di ogni bene,
che esaudisci le preghiere del tuo popolo
al di là di ogni desiderio e di ogni merito,
effondi su di noi la tua misericordia:
perdona ciò che la coscienza teme
e aggiungi ciò che la preghiera non osa sperare.

Oppure:
O Padre, che ci ascolti se abbiamo fede
quanto un granello di senapa,
donaci l’umiltà del cuore,
perché, cooperando con tutte le nostre forze
alla crescita del tuo regno,
ci riconosciamo servi inutili,
che tu hai chiamato a rivelare le meraviglie del tuo amore.

PRIMA LETTURA (Ab 1,2-3;2,2-4)
Il giusto vivrà per la sua fede.
Dal libro del profeta Abacuc

Fino a quando, Signore, implorerò aiuto
e non ascolti,
a te alzerò il grido: «Violenza!»
e non salvi?
Perché mi fai vedere l’iniquità
e resti spettatore dell’oppressione?
Ho davanti a me rapina e violenza
e ci sono liti e si muovono contese.
Il Signore rispose e mi disse:
«Scrivi la visione
e incidila bene sulle tavolette,
perché la si legga speditamente.
È una visione che attesta un termine,
parla di una scadenza e non mentisce;
se indugia, attendila,
perché certo verrà e non tarderà.
Ecco, soccombe colui che non ha l’animo retto,
mentre il giusto vivrà per la sua fede».

SALMO RESPONSORIALE (Sal 94)
Rit: Ascoltate oggi la voce del Signore.
Venite, cantiamo al Signore,
acclamiamo la roccia della nostra salvezza.
Accostiamoci a lui per rendergli grazie,
a lui acclamiamo con canti di gioia. Rit:

Entrate: prostràti, adoriamo,
in ginocchio davanti al Signore che ci ha fatti.
È lui il nostro Dio
e noi il popolo del suo pascolo,
il gregge che egli conduce. Rit:

Se ascoltaste oggi la sua voce!
«Non indurite il cuore come a Merìba,
come nel giorno di Massa nel deserto,
dove mi tentarono i vostri padri:
mi misero alla prova
pur avendo visto le mie opere». Rit:

SECONDA LETTURA (2Tm 1,6-8.13-14)
Non vergognarti di dare testimonianza al Signore nostro.
Dalla seconda lettera di san Paolo apostolo a Timòteo

Figlio mio, ti ricordo di ravvivare il dono di Dio, che è in te mediante l’imposizione delle mie mani. Dio infatti non ci ha dato uno spirito di timidezza, ma di forza, di carità e di prudenza.
Non vergognarti dunque di dare testimonianza al Signore nostro, né di me, che sono in carcere per lui; ma, con la forza di Dio, soffri con me per il Vangelo.
Prendi come modello i sani insegnamenti che hai udito da me con la fede e l’amore, che sono in Cristo Gesù. Custodisci, mediante lo Spirito Santo che abita in noi, il bene prezioso che ti è stato affidato.

Canto al Vangelo (1Pt 1,25)
Alleluia, alleluia.
La parola del Signore rimane in eterno:
e questa è la parola del Vangelo che vi è stato annunciato.
Alleluia.

VANGELO (Lc 17,5-10)
Se aveste fede!
+ Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, gli apostoli dissero al Signore: «Accresci in noi la fede!».
Il Signore rispose: «Se aveste fede quanto un granello di senape, potreste dire a questo gelso: “Sràdicati e vai a piantarti nel mare”, ed esso vi obbedirebbe.
Chi di voi, se ha un servo ad arare o a pascolare il gregge, gli dirà, quando rientra dal campo: “Vieni subito e mettiti a tavola”? Non gli dirà piuttosto: “Prepara da mangiare, stríngiti le vesti ai fianchi e sérvimi, finché avrò mangiato e bevuto, e dopo mangerai e berrai tu”? Avrà forse gratitudine verso quel servo, perché ha eseguito gli ordini ricevuti?
Così anche voi, quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: “Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare”».

Preghiera sulle offerte
Accogli, Signore, il sacrificio
che tu stesso ci hai comandato d’offrirti
e, mentre esercitiamo il nostro ufficio sacerdotale,
compi in noi la tua opera di salvezza.
Per Cristo nostro Signore.

Antifona di comunione
Il Signore è buono con chi spera in lui,
con l’anima che lo cerca. (Lam 3,25)

Oppure:
Uno solo è il pane, e noi, pur essendo molti,
siamo un corpo solo, perché partecipiamo tutti dell’unico pane
e dell’unico calice. (cf. 1Cor 10,17)

Oppure:
Dissero gli apostoli a Gesù: “Signore,
aumenta la nostra fede!”. (Lc 17,5)

Preghiera dopo la comunione
La comunione a questo sacramento
sazi la nostra fame e sete di te, o Padre,
e ci trasformi nel Cristo tuo Figlio.
Egli vive e regna nei secoli dei secoli.

Lectio
Nelle sue istruzioni ai discepoli e alle folle che lo seguono lungo la strada, Gesù ha ripetutamente parlato delle dure esigenze che comporta il seguirlo. Ora non c’è più un discorso sulle esigenze del vangelo, cioè sulle cose da lasciare e sugli impegni da assumere, ma alcune parole sulle condizioni che le rendono possibili e sulle modalità che le devono accompagnare. Queste sono due: la fede e l’umiltà. Per avere il coraggio di seguire Gesù occorre la fede, e se Dio ti dà il coraggio di seguirlo non vantartene.
Anche la prima lettura anticipa il tema della necessità della fede. Il profeta Abacuc, all’inizio del suo libro, eleva un lamento a Dio per la situazione di ingiustizia in cui vive, a motivo del trionfo indisturbato degli empi. Una prima risposta di Dio, non riportata nella lettura, consiste nella promessa di inviare l’esercito (babilonese) che di fatto sarà un castigo per gli empi.
Ma il profeta, non contento di questo, insiste nell’interrogare Dio e nell’invocare il suo intervento. La nuova risposta è, in un traduzione letterale: “Ecco, è gonfiata, non è giusta la sua anima in lui, il giusto, invece, per la sua fede vivrà”. Questa seconda risposta si riferisce a una verità che vale sempre: l’obbedienza a Dio fa vivere ed è una verità tanto certa che Dio la fa mettere per iscritto, anzi, la fa ‘incidere’ su tavole, perché questa parola abbia la stabilità propria dello scritto e chi ne ha bisogno possa continuare ad alimentarsi ad essa.

v. 6: La richiesta sembra un aumento di quantità di dono da parte del Signore che garantisca i risultati dell’azione degli apostoli. La risposta equivale a dire che non è questione di quantità ma di autenticità della fede. La fiducia nell’aiuto divino e l’aiuto divino stesso, quando ci sono, operano le cose che sembrano le più difficili.
Non è questione di poca o tanta, ma di fede autentica o falsa. La fede autentica poggia in Dio e non dubita del suo aiuto, quella falsa poggia sull’io e teme di non riuscire nei risultati voluti: si chiederebbe a Dio un supplemento di potenza.
Il verbo aumentare può essere anche tradotto con ‘accordaci’ la fede. È strano questo discorso dell’aumento della fede. Dopo, il Signore dice: ‘se aveste fede quanto un granello di senapa’. Si potrebbe mettere questo versetto 9 in relazione con Mt 13,31 e a quanto si dice a proposito del Regno dei cieli: (‘il regno dei cieli si può paragonare a un granellino di senapa. [..] Esso è il più piccolo di tutti i semi, ma una volta cresciuto è più grande degli altri legumi...). La nostra fede ha nel granello di senapa la stessa dimensione del Regno di Dio.
La dimensione del granello di senapa non è la dimensione minima richiesta, ma la dimensione massima richiesta. Questo testo è di grande speranza: il vangelo va in un’altra direzione. La dimensione di piccolezza che la chiesa vive è in realtà la dimensione necessaria che il vangelo ci chiede.
La fede, che nulla ha a che fare con una riserva di certezze rassicuranti, è una realtà che non teme le domande né disdegna di essere interrogata, anzi, lo richiede. Proprio della fede è di configurarsi come atto di libertà e di amore che coinvolge tutto l’uomo, avendo egli eletto Cristo come senso ultimo della sua esistenza. La fede è il grato arrendersi a Cristo, è fare spazio a Lui nella nostra esistenza. La fede è un movimento di progressiva (e sempre parziale) assimilazione del soggetto credente al soggetto creduto (Gesù Cristo); la fede ha in sé una dinamica pasquale: è atto di amore e resurrezione. Attualizza in noi la morte e resurrezione del Signore.
E forse il rischio grande della fede è credere l’amore (1Gv 4,16); la fede cristiana è sempre, in radice, credere all’amore di Dio per noi. Credere nell’amore di Dio è rischio, perché si deve affrontare la non evidenza di tale amore. Avere fede è credere il paradosso, che il crocifisso, l’appeso al legno, il maledetto dalla legge santa, lo schiavo è il Messia, è il salvatore del mondo, è la diretta rivelazione della potenza e della sapienza di Dio.
Il paradosso della fede (credere l’incredibile) è il paradosso dell’amore (amare il non amabile, il nemico) e della speranza (sperare contro ogni speranza) cristiani.
La fede si manifesta come coraggio: il contrario della fede non è l’ateismo, ma la paura e la schiavitù a cui la paura assoggetta l’uomo. Con l’ascolto della parola di Dio la fede si immette nella vita di Cristo e ci guida al coraggio di testimoniare, di perseverare e di morire. Di fronte alla morte la fede diviene capacità di testimoniare che il regno del Dio vivente è più forte del regno della morte, che la parola di Dio è più forte del silenzio della morte, che l’amore di Dio è più forte della morte.
È significativo che Gesù dia questa risposta agli apostoli che gli hanno chiesto: “aumenta la nostra fede”. Come dire che ne abbiamo bisogno purché ce ne aggiunga un poco. Invece sembra che la risposta voglia dire che per riuscire ne basterebbe ben poca, un granello di senapa. Il centro non è tanto sulla quantità della fede, ma sulla dimensione di chi ha fede. Non si dice di avere poca fede, ma si dice di avere la fede di chi è piccolo, come il granello di senapa. Il piccolo ha fede. L’affermazione non è: se aveste fede potreste sradicare il gelso; l’accento è posto sul granello di senapa: se avete fede (il verbo è al presente, quindi indica una realtà) quanto qualcosa di molto piccolo, allora potrete sradicare i gelsi. Per questo è così difficile per noi che siamo grandi o che cerchiamo di esserlo. Siamo chiamati ad avere la fede dei piccoli, la fede di coloro che non possono che fidarsi del Cristo.
Non possiamo contare su nient’altro: solo su Te. Chi sono allora i cristiani? Quelli che stanno davanti al Padre come un granello di senapa sta davanti al mondo. La parabola che segue conferma questa affermazione, mettendo in evidenza la piccolezza del servo nei confronti del suo padrone. Solo una fede da piccoli può essere abbandono e obbedienza in qualcuno di più grande; solo una fede da piccoli ci consente di riconoscerci servi inutili di un padrone al quale dobbiamo la nostra vita. Una fede diversa da questa ci porterebbe all’autosufficienza davanti a Dio, al credere di poter contare su qualcosa davanti a Dio: sulla nostra fede, appunto.

v. 9: Aver fede significa diventare disponibili a Dio, ascoltare la sua parola così profondamente da venirne trasformati, essere “trasparenti” alla sua volontà. Chi crede, dunque, non crea ostacolo alcuno all’azione di Dio, non l’offusca, la lascia passare.
La fede lascia passare sempre e solo l’azione di Dio attraverso di noi; non costringe Dio a fare quello che vogliamo noi ma permette a noi di fare quello che vuole lui. Lo si vede bene dalla piccola similitudine del servo che, dopo aver faticato e arato tutto il giorno, rientra a casa.
Dopo aver servito tutto il giorno diventerà forse padrone la sera? No; egli rimane pur sempre servo. Può sembrare umiliante questo modo di immaginare il rapporto con Dio; e si tratta invece di un rapporto liberante. Vediamo perché. Supponiamo che il nostro servizio fosse “necessario” per la salvezza del mondo; non ne rimarremmo bloccati?
Ogni impegno diventerebbe un esame pauroso, ogni errore si muterebbe in tragedia; siano rese grazie a Dio per il fatto che la salvezza del mondo non dipende da una cosa così fragile e variabile come la nostra volontà. D’altra parte, se non avessimo da servire, se dovessimo solo stare a braccia conserte in attesa della salvezza di Dio, la nostra vita diverrebbe meschina, senza sapore.
Invece possiamo e dobbiamo lavorare, ma con la libertà di chi sa che il suo lavoro è assunto e valorizzato da un Dio che è più grande di lui. Che il nostro lavoro venga qualificato “inutile” vuol dire solo che su di esso non possiamo fondare pretesa alcuna; che non possiamo contrattare con Dio la sua risposta al nostro impegno.
La fede è la tecnica per imparare a servire Dio nel modo giusto. Chi la usa, permette a Dio di operare attraverso di lui e diventa perciò strumento della salvezza di Dio. E siccome Dio vuole la salvezza, chi ha fede introduce con il suo comportamento una forza di salvezza nel mondo.

v. 10: Si può leggere questo testo come un testo centrato sulla figura di Gesù, in continuità con il granello di senapa: lui è il granello di senapa. C’è un cibo che è fare la volontà di Dio, c’è un cibo da preparare per chi di noi accetta di avere un servo. C’è un servo che ci prepara da mangiare, che ci rimbocca la veste, che ci serve. Il servizio che il servo (Gesù) ci rende è un servizio che non ci fa sentire obbligati, è un servizio che ci libera. E questo dovrebbe essere il servizio che ognuno di noi è chiamato a svolgere. Siamo schiavi non necessari, cioè non arrechiamo profitto. Siamo coloro che, non arrecando profitto, servono unicamente per dono.

Appendice
Avere la stessa fede è grande grazia
Gli apostoli avevano ben compreso che tutto ciò che riguarda la salvezza viene da Dio come un dono, perciò domandarono al Signore anche la fede: "Signore, aumenta la nostra fede" (Lc 17,5). Non si aspettavano questa virtù dal loro libero arbitrio; credevano, invece, di poterla ricevere esclusivamente dalla magnificenza di Dio. Inoltre, lo stesso autore della nostra salvezza insegna a riconoscere quanto sia fragile, malata e non bastevole a se stessa la nostra fede, senza l`aiuto divino: "Simone, Simone, ecco Satana ha chiesto di vagliarvi come si vaglia il grano; ma io ho pregato per te, affinché la tua fede non venga meno" (Lc 22,31-32). Un altro, sentendo in sé la propria fede come sospinta dai flutti dell`incredulità verso sicuro naufragio, si rivolse al Signore, dicendo: "Signore, aiuta la mia incredulità" (Mc 9,23).
Gli apostoli e gli altri uomini che figurano nel Vangelo avevano capito che nessun bene si compie in noi senza il divino aiuto; erano persino convinti di non poter conservare la fede, affidandosi alle sole forze della ragione, o alla libertà dell`arbitrio, da chiedere che questa fede venisse posta e conservata in loro. Se la fede di Pietro, infatti, aveva bisogno di Dio per non venir meno, chi sarà così presuntuoso e cieco da credere di poterla serbare senza quell`aiuto? Non è forse il Signore stesso a dichiarare la nostra insufficienza quando afferma: "Come il tralcio non può produrre frutto se non resta unito alla vite, così nessuno può portare frutto se non rimane in me" (Gv 15,4)? E ancora: "Senza di me non potete far nulla" (Gv 15,5)? Quanto insulso e sacrilego sia, dunque, attribuire alcunché delle nostre azioni al nostro saper fare, e non alla grazia di Dio e al suo aiuto, appare provato da una sentenza accusatoria del Signore, che afferma che nessuno può senza la sua ispirazione e il suo aiuto cogliere frutti spirituali: "Ogni buon regalo e ogni dono perfetto viene dall`alto e discende dal Padre della luce" (Gc 1,17). E del pari Zaccaria: "Cosa c`è di buono o di bello che non gli appartenga? (Zc 9, 17). Per Paolo, poi, è una nota costante: "Che cos`hai che tu non abbia ricevuto? E se l`hai ricevuto, perché te ne glori come se non l`avessi ricevuto?" (1Cor 4,7).
Persino le possibilità di tolleranza che possiamo dispiegare nel sostenere le tentazioni, non dipendono dalla nostra virtù quanto piuttosto dalla misericordia di Dio e dalla sua moderazione, come si esprime in proposito il beato Apostolo: "Nessuna tentazione vi ha finora sorpresi se non umana; infatti, Dio è fedele e non permetterà che siate tentati oltre le vostre forze, ma con la tentazione vi darà anche la via d`uscita e la forza per sopportarla" (1Cor 10,13). Il medesimo Apostolo insegna che Dio adatta e consolida i nostri spiriti per ogni buon operare, ed opera in noi quelle cose che sono secondo il suo beneplacito: "Il Dio della pace che ha fatto tornare dai morti il Pastore grande delle pecore, in virtù del sangue di un`alleanza eterna, il Signore nostro Gesù, vi renda perfetti in ogni bene, perché possiate compiere la sua volontà, operando in voi ciò che è a lui gradito per mezzo di Gesù Cristo" (Eb 13,20-21). Perché poi lo stesso avvenga per i Tessalonicesi, così prega, dicendo: "E lo stesso Signore nostro Gesù Cristo e Dio Padre nostro, che ci ha amati e ci ha dato, per sua grazia, una consolazione eterna e una buona speranza, conforti i vostri cuori e li confermi in ogni opera e parola di bene" (2Ts 2,16-17).
Il profeta Geremia, da persona di Dio, afferma senza mezzi termini che anche il timore di Dio ci è infuso dal Signore. Così egli dice, infatti: "Darò loro un solo cuore e un solo modo di comportarsi perché mi temano tutti i giorni per il loro bene e per quello dei loro figli dopo di essi. Concluderò con essi un`alleanza eterna e non mi allontanerò più da loro per beneficarli; metterò nei loro cuori il mio timore perché non si distacchino da me" (Ger 32,39-40). Del pari Ezechiele: "Darò loro un cuore nuovo e uno spirito nuovo metterò dentro di loro; toglierò dal loro petto il cuore di pietra e darò loro un cuore di carne, perché seguano i miei decreti e osservino le mie leggi e li mettano in pratica; saranno il mio popolo e io sarò il loro Dio" (Ez 11,19-20).
Da tutto ciò siamo più che edotti che l`inizio della buona volontà in noi si ha per ispirazione di Dio, vuoi perché egli stesso ci attrae verso la via della salvezza, vuoi perché si serve delle esortazioni di una persona qualsiasi o della necessità o della perfezione delle virtù o di cose simili. La nostra parte sta in questo: noi possiamo, con più fervore o con più tiepidità eseguire l`esortazione di Dio e appoggiare il suo aiuto, e qui risiede la nostra possibilità di merito o di castigo appropriato. Quindi, ciò che per sua elargizione e provvidenza è stato a noi dato con benignissima degnazione, sarà per noi causa di premio o di castigo in dipendenza di quanto lo avremo trascurato o ci saremo studiati di aderirvi con la nostra devota obbedienza. (Giovanni Cassiano, Collationes, 3, 16-19)

Fede nei dogmi e fede carismatica
Lazzaro morì e trascorsero uno, due e tre giorni: i suoi tendini si dissolvevano e la putrefazione divorava il corpo. Uno che era morto già da quattro giorni come poteva credere e invocare in proprio favore un liberatore? Ma quanto mancava al morto, fu supplito dalle sorelle. Quando venne il Signore, la sorella si prostrò ai suoi piedi e, alla richiesta di lui: «Dove l`avete messo? «, rispose: «Signore, già puzza, perché è di quattro giorni». Dice allora il Signore: "Se crederai, vedrai la gloria di Dio" (Gv 11,14ss), come se dicesse: Supplisci tu alla fede che manca al morto. E la fede delle sorelle fu tanto valida da richiamare il morto dalle porte dell`Averno. Se alcuni, credendo per altri, riuscirono a risuscitarli dai morti, non ne avrai tu profitto ancor maggiore credendo sinceramente per te stesso? Qualora poi tu fossi infedele o povero di fede, il misericordioso Iddio ti seguirà nella via del pentimento. Di` solamente con semplicità: "Credo, Signore; aiuta la mia infedeltà" (Mc 9,23). Che se invece ti credi fedele, non hai ancora la perfezione della fede, ma ti è necessario dire, come gli apostoli: "Signore, aumenta in noi la fede" (Lc 17,5), poiché essa in piccola parte proviene da te stesso, ma la parte più grande la ricevi da lui.
Il termine «fede» è unico come vocabolo, ma la realtà che esso significa è duplice. V`è una specie di fede, quella dei dogmi, che consiste nell`assenso dell`anima a una verità, essa è utile all`anima, secondo la parola del Signore: "Chi ascolta le mie parole e crede in colui che mi ha mandato ha la vita eterna e non viene alla condanna" (Gv 5,24); e ancora: "Chi crede in lui non è condannato" (Gv 3,18): "ma è passato da morte a vita" (Gv 5,24). Oh, il grande amore di Dio per gli uomini! Gesù ti dona gratuitamente, nel corso di una sola ora, quello che essi guadagnarono meritandosi per molti anni le sue compiacenze, operando rettamente. Se tu crederai che Gesù Cristo è il Signore e che Dio lo risuscitò dai morti, sarai salvo (Rm 10,9) e verrai trasportato in paradiso da colui che vi ha introdotto il buon ladrone. Non credere che sia cosa impossibile. Colui che, su questo santo Golgota, ha salvato il ladrone (Lc 23,43) che credeva da una sola ora, salverà te pure, se credi.
V`è una seconda specie di fede, quella che ci è donata da Cristo come puro dono gratuito. "Dallo Spirito a uno è dato il linguaggio della sapienza, a un altro il linguaggio della scienza secondo il medesimo Spirito; a uno la fede, nel medesimo Spirito; a un altro il dono delle guarigioni" (1Cor 12,8-9). Questa fede, che è dono gratuito dello Spirito, non riguarda solamente i dogmi, ma anche l`efficacia di operare cose che superano le umane possibilità. Chi possiede questa fede, dirà a questo monte: «Trasferisciti da qui a lì»; ed esso si trasferirà (cf. Mt 17,20). Quando uno dice questo, mosso dalla fede, e crede che ciò avvenga e non ne dubita in cuor suo (Mc 11,23), riceve la grazia. E` a questa fede che si riferisce la frase: "Se avete fede come un chicco di senape" (Mt 17,20). Un grano di senape è piccolo di mole, ma ha la forza di bruciare; seminato in un piccolo recinto, emette grandi rami e, una volta cresciuto, è capace di fornire ombra agli uccelli (Mt 13,32). Così anche la fede ha la forza di operare grandissime cose buone in pochissimo tempo. Essa rappresenta Iddio con immagini e lo intuisce, per quanto le è concesso, illuminata dalla fede dei dogmi. Essa gira attorno ai confini del mondo e, prima ancora della fine del secolo presente, vede il giudizio e la retribuzione dei beni promessi. Abbi quella fede che è in tuo potere e conduce a lui, per ricevere da lui anche quella che supera le possibilità dell`uomo. (Cirillo di Gerus., Catech., 5, 9-11)

Il superbo che si fa creditore di Dio
Quanto è bene adatta questa similitudine per colui che diceva: "Dio, ti ringrazio, perché non sono come tutti gli altri uomini, ladri, ingiusti, adulteri o come questo pubblicano. Digiuno due volte la settimana, pago le decime di tutti i miei beni" (Lc 18,11). Quanto sarebbe stato meglio se avesse detto umilmente: Signore, sono un servo inutile, ho fatto solo ciò che dovevo fare. Infatti, poiché il servo fa il suo ufficio per dovere e per necessità, il padrone non gli deve nessuna gratitudine, se egli fa ciò che gli vien comandato. Così noi quando osserviamo i comandamenti; via, dunque, la superbia, la vanagloria, il fumo della mente, e inginocchiamoci tra gli umili servi inutili, come quello che diceva: "La mia anima è innanzi a te come terra senz`acqua" (Sal 142,6). E` terra senza acqua, secca, infeconda, sterile, inutile. Ma è uno che aveva fatto tutto ciò che gli era stato comandato, com`è detto: "Non mi sono allontanato dai tuoi precetti" (Sal 118,51) e: "Non ho dimenticato la tua giustizia" (Sal 118,141). (Bruno di Segni, In Luc., 2, 39)

Oggi, il brano del Vangelo comincia così: «In quel tempo gli apostoli dissero al Signore: “Accresci in noi la fede!”» (Lc 17,5-6). Mi pare che tutti noi possiamo fare nostra questa invocazione. Anche noi come gli Apostoli diciamo al Signore Gesù: “Accresci in noi la fede!”. Sì, Signore, la nostra fede è piccola, la nostra fede è debole, fragile, ma te la offriamo così com’è, perché Tu la faccia crescere. Vi sembra bene ripetere tutti insieme questo: “Signore, accresci in noi la fede!”? Lo facciamo? Tutti: Signore, accresci in noi la fede! Signore, accresci in noi la fede! Signore, accresci in noi la fede! Ce la faccia crescere!
E il Signore che cosa ci risponde? Risponde: «Se aveste fede quanto un granello di senape, potreste dire a questo gelso: “Sradicati e vai a piantarti nel mare”, ed esso vi obbedirebbe» (v. 6). Il seme della senape è piccolissimo, però Gesù dice che basta avere una fede così, piccola, ma vera, sincera, per fare cose umanamente impossibili, impensabili. Ed è vero! Tutti conosciamo persone semplici, umili, ma con una fede fortissima, che davvero spostano le montagne! Pensiamo, per esempio, a certe mamme e papà che affrontano situazioni molto pesanti; o a certi malati, anche gravissimi, che trasmettono serenità a chi li va a trovare. Queste persone, proprio per la loro fede, non si vantano di ciò che fanno, anzi, come chiede Gesù nel Vangelo, dicono: «Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare» (Lc 17,10). Quanta gente tra noi ha questa fede forte, umile, e che fa tanto bene!
In questo mese di ottobre, che è dedicato in particolare alle missioni, pensiamo a tanti missionari, uomini e donne, che per portare il Vangelo hanno superato ostacoli di ogni tipo, hanno dato veramente la vita; come dice san Paolo a Timoteo: «Non vergognarti di dare testimonianza al Signore nostro, né di me, che sono in carcere per lui; ma, con la forza di Dio, soffri con me per il Vangelo» (2 Tm 1,8). Questo però riguarda tutti: ognuno di noi, nella propria vita di ogni giorno, può dare testimonianza a Cristo, con la forza di Dio, la forza della fede. La fede piccolissima che noi abbiamo, ma che è forte! Con questa forza dare testimonianza di Gesù Cristo, essere cristiani con la vita, con la nostra testimonianza!
E come attingiamo questa forza? La attingiamo da Dio nella preghiera. La preghiera è il respiro della fede: in un rapporto di fiducia, in un rapporto di amore, non può mancare il dialogo, e la preghiera è il dialogo dell’anima con Dio. Ottobre è anche il mese del Rosario, e in questa prima domenica è tradizione recitare la Supplica alla Madonna di Pompei, la Beata Vergine Maria del Santo Rosario. Ci uniamo spiritualmente a questo atto di fiducia nella nostra Madre, e riceviamo dalle sue mani la corona del Rosario: il Rosario è una scuola di preghiera, il Rosario è una scuola di fede! (Papa Francesco, Angelus del 6 ottobre 2013


Fonte:http://www.figliedellachiesa.org/

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