fr. Massimo Rossi"Misericordia divina"

Commento su Luca 15,1-32
fr. Massimo Rossi  
XXIV Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (11/09/2016)
Vangelo: Lc 15,1-32
La parabola del Padre misericordioso costituisce il capolavoro di san Luca sul tema della
misericordia divina, e l'icona più rappresentativa della fede cristiana:
- misericordia divina: Dio perdona i peccatori.
- fede cristiana: anche il cristiano perdona coloro che lo hanno offeso.
Siamo quasi al termine di questo straordinario anno giubilare della misericordia voluto dal Papa in persona, per riaffermare ciò che distingue il cristianesimo dalle altre religioni e lo rende esemplare, almeno per noi. Il Giubileo della misericordia non è solo un evento finalizzato a richiamare il mondo sul valore sommo della misericordia, in ordine alla pace sociale e tra i popoli.
Prima che fuori dalla Chiesa, il Giubileo deve sprigionare tutta la sua forza dentro la Chiesa.
Il Giubileo è per noi! per noi che abbiamo varcato la porta santa, magari più di una volta, recitando le orazioni previste dal rituale... ma poi tutto è rimasto più o meno come prima.
Certo, non ci illudiamo che un Giubileo ogni tanto possa cambiare le cose fuori e dentro la Chiesa. Lodevolissima, peraltro, l'idea di Papa Francesco di dedicare un anno intero a parlare, a scrivere, a celebrare il perdono di Dio. Già nel lontano 1999-2000 - che non è poi così lontano! - Benedetto XVI aveva indetto l'Anno della misericordia: ricorderete il quadro di Rembrandt del figliol prodigo, scelto come icona ufficiale.
Ebbene, un anno dopo, esattamente l'11 settembre 2001, quindici anni fa oggi, si abbatteva su New York la sciagura terroristica più devastante della storia... Facile, troppo facile, la considerazione: "Questo è terrorismo internazionale! e la piaga del terrorismo va gestita nelle stanze della politica! La Chiesa se ne stia al suo posto e non si immischi in faccende che non le competono."
Anche tra i nostri bravi cristiani della domenica c'è chi ha il coraggio di pensare e dire cose come questa... La questione è delicata: la questione del rapporto tra il principio della misericordia, che per il Vangelo non è sindacabile, e la sua applicazione nelle situazioni concrete della vita, che si tratti di fatti domestici, o di equilibri internazionali.
La scelta liturgica di non stralciare la parabola del padre misericordioso dal capitolo 15, ma di proporla all'interno del discorso più ampio sul perdono, è (una scelta) importante; così la nostra riflessione abbraccia anche aspetti meno vistosi, forse, ma non meno importanti: il primo aneddoto della pecora smarrita è citato dal Papa nella recente esortazione apostolica Amoris Lætitia, al n.309: Gesù "si presenta come pastore di 100 pecore, non di 99. Le vuole tutte.": da questo racconto impariamo che la misericordia è questione anche di quantità; impone un serio esame di coscienza sulle situazioni che ancora non sono state illuminate dal (nostro) perdono.
Potremmo, tutto sommato, assolverci in ordine al dovere di perdonare, quando la statistica indica che la stragrande maggioranza dei casi è stata risolta in linea con il Vangelo... "E che sarà mai 1 in confronto a 99? L'essenziale è salvare la quasi totalità del gruppo: se poi se ne perde uno, casca mica il mondo! In fondo se l'è voluta: non avrebbe dovuto abbandonare il gregge! Se torna pentito, buon per lui, la porta della chiesa è sempre aperta; ma se non torna, io non lascerò i miei (?) fedeli, per avventurarmi a cercare quella testacalda... Ho dei doveri pastorali nei confronti della comunità! La comunità viene prima, sempre!"
Ebbene, oggi, il Vangelo è di altro avvisamento!
Anche la parabola della moneta perduta e ritrovata ribadisce l'anelito di Dio a non perdere nessuno dei suoi figli, fosse anche il meno dotato e meritevole.
E veniamo al famoso affresco del padre misericordioso - figliol prodigo; oggi commento insieme con voi la figura del figlio maggiore.
Il figlio maggiore rappresenta coloro che non riescono a gioire quando un peccatore viene riabilitato e, addirittura, si fa festa perché è tornato sulla retta via. Non è un dettaglio che il figlio minore rientri a casa, sì, ma non chieda esplicitamente perdono a suo padre.
Ma torniamo al fratellone: l'evangelista racconta che costui non voleva partecipare alla festa.
Come finirà la storia? riuscirà il padre a convincere il primogenito ad entrare in casa? San Luca non lo dice: sappiamo però che la festa rappresenta la gioia del paradiso (cfr. v.7).
Non entrare alla festa significa rifiutare niente meno che le gioie del paradiso.
Beh, pesante, come conseguenza del proprio orgoglio! se non è chiaro, chiarisco: restare fuori dal Paradiso non è una punizione divina contro il peccato di orgoglio; ma la scelta di colui che, per orgoglio, si rifiuta di entrare!
Ma, si sa, l'orgoglio è il vizio dei perfetti...
C'è chi ci nasce, perfetto... E chi lo diventa: lunghi anni di rinunce, di umiliazioni, di stress, maldifegato, acidità di stomaco, etc. etc. Io mi domando e dico: "Perché quello lì, quella lì passa avanti a tutti, senza aver fatto la gavetta che ho fatto io? La perfezione me la sono sudata!
Se è così, freghiamocene di tutto e di tutti! Tanto, poi, Dio perdona!".
Siamo alle solite: i mali non vengono mai da soli: l'orgoglio si accompagna sempre all'invidia.
E così i vizi dei perfetti sono già due! Evidentemente i perfetti non sono poi così perfetti...
Il particolare che mi ha sempre stupito e che oggi ancora mi sorprende, è lo slancio del padre, il quale corre incontro al figlio più giovane, ed esce dalla festa per supplicare il maggiore di entrare: lui che è il signore, il padrone di casa. Ai tempi di Gesù, il padre di famiglia aveva potere di vita e di morte sui figli, così come sulla moglie, sugli schiavi...
Non so immaginare lo scalpore suscitato tra coloro che ascoltavano, specie farisei.
L'occasione per raccontare le tre parabole sulla misericordia, la danno proprio loro, i farisei, i quali mormoravano contro Gesù, perché non disdegnava la compagnia di pubblicani e peccatori, quasi che, con la sua amicizia, accreditasse la loro condotta. L'ennesima provocazione del sedicente Messia? certamente, ai loro occhi, era la prova che il figlio del falegname non era il Figlio di Dio.
Concludo come conclude l'evangelista: se il peccato rappresenta la morte del peccatore, la conversione è la sua risurrezione. Questo è il valore assegnato da Dio ai nostri ritorni.
Altro che festa! c'è da piangere di gioia! Quando un figlio se ne va di casa sbattendo la porta, qualcosa si spezza nel cuore di un genitore. Vederlo tornare può provocare un'emozione quasi insostenibile... Per che cosa si può piangere di gioia, se non per miracoli come questo?

Fonte:http://www.qumran2.net/

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