Alessandro Cortesi op"Spazi altri"



3402175227_01a97af5c4_o.jpg

(S.Angelo in Formis, affresco XI sec.)
Sap 11,22-12,2; 2Tess 1,11-2,2; Lc 19,1-10
L’incontro di Gesù con Zaccheo è un racconto proprio di Luca. Tutto ha inizio con un movimento di
Gesù: ‘entrato in Gerico attraversava la città’. Gesù passa mentre il suo cammino è diretto verso Gerusalemme: c’è un orizzonte del suo camminare,  la città di Gerusalemme, sede del tempio, luogo in cui si riconosceva la presenza di Dio in mezzo al suo popolo e dove Gesù vivrà la passione e la croce, manifestazione del volto dell’amore, dell’esserci di Dio in modo paradossale.

Ora passa per la città di Gerico. La città è luogo di incontro e di relazione, ma anche luogo della folla che diviene massa: la folla si fa ostacolo e barriera che tiene escluso qualcuno. Zaccheo è tenuto distante per varie ragioni. E’ infatti capo degli esattori delle imposte, quindi malvisto dai suoi concittadini, temuto per il suo potere ed emarginato; ed è anche ricco. La sua ricchezza sorge dai guadagni ricavati dalle tasse estorte. Inoltre è piccolo di statura e non riesce ad imporsi.  Impedimenti fisici e interiori oltre alla folla sono di ostacolo al suo desiderio, che pur lo spinge ad uscire, di vedere Gesù. C’è un’insistenza in questa pagina sul verbo ‘vedere’: “Zaccheo cercava di vedere quale fosse Gesù… corse avanti per poterlo vedere”. Nonostante limiti ed gli impedimenti Zaccheo porta in sé una ricerca e desidera vedere. Con creatività e con un po’ di abilità supera gli ostacoli e soddisfa il desiderio di vedere: ‘allora corse avanti e per poterlo vedere salì su un  sicomoro, perché doveva passare di là’.

Zaccheo corre, sale e attende: è descritto in tre movimenti. Per Luca sono questi i movimenti del cuore umano. Ognuno si muove verso qualcosa, e avverte l’urgenza del correre; di fronte agli ostacoli ognuno mette in atto in mdi diversi tecniche per andare oltre. Infine nel cuore umano c’è un’attesa che può essere spinta ad uscire, curisoità, passione, ricerca… E’ un’attesa che al fondo attende un incontro non frutto di operare umano, di propri sforzi o conquiste ma accoglienza di un dono. Zaccheo diviene così simbolo per Luca di uomini e donne che sono considerati e tenuti fuori, lontani, mentre Gesù sta passando di là.

Solo a questo punto Gesù è presentato nel prendere l’iniziativa: è lui che alza lo sguardo – è lui che lo ‘vede’ – e dice a Zaccheo ‘scendi subito perché oggi devo fermarmi a casa tua’: dal passare per la città al fermarsi nella casa. Viene indicato lo stile di Gesù. Gesù è uomo capce di alzare lo sguardo oltre confini stabiliti, sa vedere i volti oltre barriere costruite dalle folle. Gesù vive il gusto di entrare a casa, di stare nei luoghi che racchiudono i segreti della vita e della quotidianità. L’incontro di Gesù è personale relazione con un ‘tu’, evita le folle quando sono massa indistinta, nella folla riconosce i volti. Gesù così chiama per nome Zaccheo, lo individua come unico.

Zaccheo che viveva una chiara ma anche inconsapevole attesa non era preparato a tanto. Si trova spiazzato e superato in ogni suo desiderio: aveva curisità di vedere e si sente chiamato ad incontrare. Si lascia prendere dalla gioia di essere coinvolto in un incontro che invade la sua vita, la sfera della casa: ‘Oggi devo fermarmi a casa tua’. C’è in queste parole un’urgenza ma c’è anche l’indicazione di un tempo che viene trasformato. L’oggi uguale a tanti altri diventa un tempo nuovo, una svolta che si compie non più nella strada ma nella casa. La casa di Zaccheo è il luogo dell’intimità della sua vita.

La risposta di Zaccheo è pronta: scese in fretta e lo accolse pieno di gioia. Anche Gesù ha superato le barriere, anche lui è salito con lo sguardo a vedere Zaccheo: le parti si rovesciano. Zaccheo cercava di vedere Gesù: è invece Gesù che lo cerca, lo riconosce tra la folla, fissa su di lui lo sgardo e lo invita. Lo precede oltre ogni previsione. E’ ancora lui che supera l’ostacolo della folla tra cui si diffonde la voce maligna che commenta: ‘è andato ad alloggiare da un peccatore’. Contro il perbenismo, il giudizio e disprezzo per gli altri, il disilluso sguardo per cui nulla e nessuno può mai cambiare – giudizio celato dietro questa espressione – Gesù entra nella casa di chi è lasciato lontano o pensa di essere ai margini.

In quella casa si compie così il miracolo dell’accoglienza. Gesù è accolto non solo nella casa ma nel cuore, nella vita di Zaccheo: quell‘oggi’ non rimane un fatto interiore o individuale. Quell’incontro diventa momento di scoperta di un nuovo modo di intendere la vita. I suoi averi, le sue ricchezze non tengono più il primo posto. La vita di Zaccheo viene proiettata sugli altri. Gesù che entra nella sua casa lo spinge ad un cammino di libertà: un nuovo rapporto con gli altri, che proviene non da prediche moralistiche, ma da un movimento libero, interiore, della coscienza: ‘io do la metà dei miei beni ai poveri, e se ho frodato qualcuno, restituisco quattro volte tanto’. In quella casa si compie l’ ‘oggi’ della salvezza. Salvezza per Zaccheo ha il sapore di una vita che acquista dimensioni nuove, diviene ‘buona’ per lui, guardato e accolto proprio nella sua casa, e per gli altri che popolano la sua esistenza.

‘Anch’egli è figlio di Abramo’ sono le parole conclusive dell’episodio, ‘il Figlio dell’uomo è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto’. Alla ricerca di Zaccheo che cercava di vedere, corrisponde e precede la ricerca del Figlio dell’uomo per salvare. Gesù che va incontro a Zaccheo è indicazione ad incontrare Gesù che nel nostro oggi  va in cerca di tutti i figli di Abramo per introdurli nella gioia, possibilità di vita buona, di un rapporto nuovo tra di noi e con Dio.

Al centro sta la casa. E’ la presentazione di una scoperta: in Gesù si rende vicina la compassione di Dio che ama tutte le cose esistenti e nulla disprezza di quanto ha creato.

Alessandro Cortesi op




zaccheosiegerkoder.jpg
Sieger Köder, Zaccheo)

Spazi altri

“Il perfetto nonluogo è quello dove le relazioni sociali sono tutte completamente decifrabili attraverso l’osservazione. Ma in questi luoghi non c’è libertà, la residenza è assegnata. […] Si tratta di spazi dove la condizione normale è quella di essere soli”. Marc Augé parlando dei non luoghi definiva in questo modo spazi ben presenti nella vita oridnaria delle persone oggi: indicava così infatti i luoghi anonimi del consumo in cui chi passa vi scorre senza lasciare alcuna traccia. Gli aeroporti, le stazioni, i grandi magazzini sono ‘nonluoghi’ in quanto luoghi di un passare dove non c’è un abitare di volti che si riconoscono, ma solitudini che s’incrociano nell’indifferenza della folla. Forse si può indicare come nonluogo sia lo spazio della folla radunata al passare di Gesù, ma anche la casa di Zaccheo, nonluogo di solitudine senza rapporto.

E’ stato il filosofo Michel Foucault ad avere riflettuto in modo particolare sugli spazi e la sua ricerca lo ha portato a riflettere su quelli che egli denomina ‘eterotopie’: sono questi ‘spazi altri’ che sono in relazione ad altri luoghi, tuttavia gli ‘spazi altri’ rovesciano i rapporti che altri spazi indicano o rispecchiano. Con le parole di Foucault essi sono «quegli spazi che hanno la particolare caratteristica di essere connessi a tutti gli altri spazi, ma in modo tale da sospendere, neutralizzare o invertire l’insieme dei rapporti che essi stessi designano, riflettono o rispecchiano». (Spazi altri. I luoghi delle eterotopie, ed.Mimesis)

La casa di Zaccheo nel momento in cui si apre alla visita di un ospite inatteso e improvvisamente accolto appare divenire uno ‘spazio altro’: quella casa infatti era il luogo della ricerca dell’accumulo ed insieme della separazione dalla vita di altri. La parola di Gesù che chiede di entrare, genera in quel medesimo spazio un luogo altro: in quella casa infatti si genera un contrasto e una inversione di rotta. Da luogo di solitudine diventa spazio di gioia. Viene sospesa la regola dell’approfittarsi, e si inverte il cammino: “Io do la metà di ciò che possiedo ai poveri e se ho rubato a qualcuno restituisco quattro volte tanto….”

Zaccheo era uscito dalla sua casa mosso da un desiderio, avvertendo una curiosità, o forse una mancanza nella sua vita, vivendo quel momento come uscita da un utero protetto di sicurezze e di tranquillità. Dopo l’incontro con Gesù il suo abitare la casa si apre ad uno scoprirsi abitato. E’ lo sguardo di Gesù che lo abita nell’incontro e l’essere riconosciuto e invitato a scendere dall’albero rovescia le gerarchie della sua vita. Ora per lui la cosa più importante diviene non più qualcosa, connesso alla ricchezza e al suo dominio, ma qualcuno.

Gesù si fa ospite che chiede accoglienza, ma egli stesso offre ospitalità pur non avendo casa perché fa spazio nel suo ‘guardare’ a quell’uomo, basso di statura, tenuto lontano dagli altri e che si riteneva escluso. Zaccheo viene spiazzato da tale ospitalità inattesa. Da qui sorge un movimento di apertura nuova di spazi. La sua casa diviene luogo di incontro, di condivisione, di stare insieme. Non luogo dell’appartarsi, ma luogo del condividere: ‘spazio altro’, appunto.

La sua casa diviene abitazione in cui si rende possibile l’accoglienza: un altro capovolgimento si attua. L’abitare di Zaccheo diviene abitare una casa che si fa spazio in cui i confini da barriere di divisione divengono luoghi di attraversamento. La sua vita è proiettata su rapporti nuovi e il suo abitare si allarga a scorgere coloro, anche sconosciuti, gli altri, che abitano la sua vita.

Il suo abitare diviene caratterizzato da responsabilità e cambiamento. In quella casa in cui l’abitare era segnato dalla regola del sopraffare e del dominare, e i cui spazi erano occupati dalla preoccupazione per il denaro da accumulare, l’abitare stesso si apre ad una nuova libertà di condividere. Lo spazio dell’isolamento dell’esattore che mira a frodare si capovolge in spazio di una ospitalità che si allarga ad altre presenze. La casa di Zaccheo diviene luogo altro, eterotopia: nel luogo dell’accumulo e della frode Gesù porta il suo venire, il suo entrare che spalanca alla condivisione. Ancora uno spiazzamento: il peccatore, l’additato come fuori dalla salvezza è lui ad essere abbracciato da un senso nuovo della vita che lo libera. Salvezza come scoperta di essere abitato.

Tutti viviamo in luoghi spesso abitati solamente da solitudini confinanti, abitiamo case che nei loro spazi custodiscono ed esprimono un’identità vissuta o desiderata. I luoghi dell’abitare possano diventare espressione di identità scoperte in relazione – essere figli di Abramo, quell’uomo che partì senza sapere dove andava ma spinto da una fiducia – e aperte ad essere ‘luoghi altri’.

Alessandro Cortesi op
Fonte:https://alessandrocortesi2012.wordpress.com/

Commenti

Post più popolari