Chiesa del Gesù - Roma, «chi potrà salvarsi?»

XXXI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO
Sap 11,22-12,2; Sal 144; 2Ts 1,11-2,2; Lc 19,1-10
Nel capitolo 18° del vangelo di Luca, di fronte alla tristezza del giovane ricco per la radicalità della
sequela, il Signore aveva detto che era difficile per un ricco entrare nel regno dei cieli.

Di fronte a questa affermazione di Gesù gli astanti reagirono commentando: dunque «chi potrà salvarsi?»

La risposta del Signore che le cose impossibili agli uomini sono possibili presso Dio, la verifichiamo come vera nel vangelo di oggi.

La figura di Zaccheo realizza appieno questa promessa.

Il vangelo, infatti, sottolinea in diversi modi che era un uomo ricco e per di più pubblicano, dunque appartenente a quella categoria che non sarebbe mai potuta entrare nel regno dei cieli; eppure la salvezza è venuta nella sua casa.

Se il giovane ricco desiderava sapere che cosa gli mancava per ereditare la vita eterna, Zaccheo desidera solo vedere chi è Gesù.

In tutte e due i racconti Luca ci segnala degli ostacoli, che impediscono di realizzare il desiderio: nel giovane ricco sono i suoi beni e in Zaccheo la folla e la sua bassa statura.

Diversa però è la reazione di questi uomini di fronte all’insoddisfazione del desiderio.

Il primo se ne va via triste, perché soggiogato dalla paura e dalla conoscenza dei propri limiti; il secondo, invece incontra la salvezza, perché non ha paura della sua piccolezza, ma la assume accogliendo quelle mediazioni che possono aiutarlo a realizzare il suo fine.

In cosa consiste il fallimento del giovane ricco e la salvezza di Zaccheo?

Il giovane non si affida veramente al Signore, il suo desiderio manifesta piuttosto la ricerca di un proprio modo di salvarsi e di giustificarsi presso Dio.

È un uomo ricco della propria giustizia.

In verità crede che non gli manchi nulla per essere perfetto, vuole solo che il Signore lo confermi e lo avvalli in questa sua certezza.

Perciò, dinanzi alla rivelazione del Signore, che amandolo cerca di fare libertà nel suo cuore, reagisce con il disappunto e la tristezza che gli derivano dalla presa di coscienza del suo peccato: l’aver trasformato i mezzi – la mediazione della Legge – in fine.

Non solo: quest’uomo se ne va rattristato perché avendo incontrato il Signore e intravisto la possibilità della comunione con Lui, offertagli come dono, non può dimenticare che ha preferito le sue sicurezza alla disarmante familiarità con Gesù.

Come nel giovane ricco, anche in Zaccheo non c’è inizialmente un vero desiderio di conversione e di incontrare il Signore.

Infatti, Zaccheo, attraverso la mediazione dell’albero, crede di aver ottenuto ciò che voleva, ma proprio qui viene raggiunto dall’iniziativa di un altro: Gesù lo guarda perché vuole incontrarlo.

Lo sguardo di Gesù su di lui non è uno sguardo di giudizio, ma di un amore che si fa prossimo e che vuole liberare il suo cuore e liberare la sua possibilità di risposta.

Zaccheo a differenza del giovane ricco può sostenere lo sguardo del Signore, perché è consapevole di essere peccatore e sa di aver bisogno del perdono.

L’iniziativa è di Gesù ed è gratuita, tuttavia si inserisce in una disponibilità dell’uomo.

L’incontro con Dio è sempre al tempo stesso un dono e compimento di una ricerca, esaudimento di un autentico desiderio di vita.

Dinanzi all’incontro dell’uomo con il Signore, ogni mezzo e ogni mediazione cessa la propria funzione; per questo Zaccheo scende in fretta dall’albero per accogliere Gesù nella sua casa.

Di fronte al gesto gratuito del Signore, Zaccheo si sente provocato in una risposta altrettanto libera e gratuita.

Chi si lascia incontrare dal Signore e permane sotto il suo sguardo, passa dal peccato alla salvezza, dalla morte alla vita, dalla disperazione alla fede.

Questo passaggio nel vangelo di oggi è espresso dal fatto che Zaccheo cerca di tradurre nella sua vita ciò che ha imparato dal Signore.

Sa di dover restituire e non si chiede in che misura sia tenuto a farlo, ma pone un segno che dica il cambiamento dei criteri di valutazione della sua vita, dica la conversione interiore in forza dell’incontro con Gesù.

Zaccheo fa qualcosa che né la Legge, né Gesù gli hanno chiesto: restituisce il quadruplo; e il segno della gratuità con cui è stato amato sarà presente nella sua elemosina: «Do la metà dei miei beni ai poveri».

Zaccheo non ha paura di confessare il suo passato di peccatore; solo così può affermare la sua conversione e il suo presente di salvato.

E Gesù confermerà questa novità creatasi nella sua esistenza: «Oggi la salvezza è entrata in questa casa»; quella salvezza che solo Dio può operare davanti all’uomo peccatore.

Dunque, non Zaccheo ha cercato il Signore, ma «il Figlio dell’uomo è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto».

Non è l’opera di giustizia o di conversione dell’uomo ad essere previa condizione del dono di Dio, ma è il dono di Dio, il suo farsi prossimo e creatore di comunione, il suo perdono offerto come presenza riconciliante, a rendere possibile la conversione e la novità di vita.

L’incontro con Gesù cambia la vita di Zaccheo; lo rende un discepolo chiamato a vivere la radicalità restando nel mondo cui appartiene, nella testimonianza della giustizia e nella condivisione con i più bisognosi.

Ancora oggi il Signore crea questa possibilità di salvezza e questa novità di vita per tutti noi: di fronte alla figura del giovane ricco e di Zaccheo ci viene chiesto provocatoriamente: E tu cosa scegli?

Vuoi permanere sotto lo sguardo del Signore e portare frutto con gioia in comunione con Lui; oppure preferisci fuggire lontano dal suo volto e testimoniare la tristezza dell’abbandono?”

In questa risposta, da testimoniare con la vita, con un segno concreto di conversione, si gioca la nostra salvezza e la nostra libertà.

Fonte:http://www.chiesadelgesu.org/

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