Don Domenico MACHETTA"Mentre andava a Gerusalemme...".

9 ottobre 2016 | 28a Domenica T. Ordinario Anno C | Appunti per Lectio

1ª LETTURA: 2 Re 5,14-17
Ecco uno dei racconti più belli della Bibbia.
Bisognerebbe leggere tutto il cap. 5 del secondo libro dei Re. Questo Naamàn, capo dell'esercito del
re degli Aramei, era un personaggio autorevole, ma era lebbroso. Una giovane ebrea rapita nelle razzie suggerisce di recarsi dal profeta del suo Dio. Questo uomo dunque parte dalla Siria e va da Eliseo. Eliseo gli manda a dire (è interessante anche questo: non va lui personalmente): "Bagnati sette volte nel Giordano". Intanto sappiamo che "sette" è il numero della completezza.
Naamàn si sdegnò e se ne andò protestando. Si era fatto uno schema di quello che sarebbe successo: Mi verrà incontro, mi farà così e così... Sono i programmi della fantasia umana, che Dio puntualmente manda all'aria. Come capita normalmente nel campo della preghiera. Fino a quando non ci presentiamo a Dio disarmati, non capita niente. Nessuno deve fare i programmi a Dio.
Naamàn dunque disapprova il modo di comportarsi di Eliseo.
E poi, perché proprio il Giordano? Fare tanti chilometri per bagnarsi nel Giordano? Non ci sono fiumi migliori a Damasco?
Ecco che qui viene fuori un grande tema biblico: quello dell'obbedienza. Obbedire a Dio significa obbedire alle mediazioni di Dio. Obbedire a un uomo in carne e ossa, come me...
Come Saulo, che dovrà sottomettersi a "un certo Anania", se vorrà sottomettersi al Cristo.
L'umiltà sta alla base di tutto.
Io incontro Dio sempre "mediatamente", "sacramentalmente", mai "in diretta".
Dio gradisce l'obbedienza più degli olocausti: se sei fuori dell'obbedienza, non servono a nulla né le tue preghiere, né le tue opere, né i tuoi digiuni, né il tuo apostolato. La Bibbia è estremamente chiara in questo.
Il Giordano è il fiume di Dio: solo il fiume di Dio ci salva! Guarisce l'uomo alla radice. Alla luce del NT noi vediamo qui il Battesimo, l'immersione nel mistero di Cristo, che solo dà salvezza. Nessun altro fiume, nessuna ideologia, nessuna trovata della sapienza umana può sanare in radice l'uomo.
È commovente la finale. Eliseo non vuole ricompense e Naamàn chiede umilmente di poter portare almeno due muli di terra d'Israele al suo paese, perché d'ora in poi non sacrificherà più se non su quella terra.

VANGELO: Lc 17,11-19

"Mentre andava a Gerusalemme...".
Puntuale il tocco di Luca! Durante il grande viaggio dell'"esodo" di Gesù, dieci lebbrosi gli vengono incontro, fermandosi a distanza. Non era concesso ai lebbrosi di avvicinarsi all'abitato. Alzano dunque la voce: "Gesù, maestro, abbi pietà di noi ("eleison")!".
È bello sentirli chiamare "Gesù!".
Certamente l'evangelista intende darci un messaggio preciso, perché sappiamo qual è il significato della lebbra nella Bibbia. Sono pagine da "pregare". Siamo noi questi lebbrosi.

Attenzione al cuore del messaggio: dieci sono guariti, uno è "salvato": chi loda Dio è "salvato". La guarigione è per la lode di Dio. Il popolo d'Israele è liberato dall'Egitto per servire il Signore: "Lascia partire il mio popolo perché mi celebri una festa nel deserto" (Es 5,1). Ogni liberazione è per il servizio di Dio.
Uno dei dieci lebbrosi, per di più un samaritano (più che straniero!), vedendosi guarito, tornò indietro lodando Dio a gran voce. Fa liturgia, come il popolo dopo il passaggio del Mar Rosso, quando prende coscienza dei prodigi di Dio. Il lebbroso si è accorto di Dio, e loda a gran voce. "A gran voce", come Elisabetta. In Luca, dopo i miracoli, c'è sempre una liturgia di lode.
Diventare persone di lode: è lo scopo del cammino dell'uomo. L'ultimo libro dei Salmi è pieno di "lodi", anche se non mancano le suppliche: il 150 sarà lode piena.
E gli altri nove, dove sono? Scomparsi.
Non sanno lodare, perché non sanno ricordare (in senso biblico). Vivono nell'oblio: sono morti ambulanti. Solo chi "risorge", sa lodare.
Maria di Nazareth è il modello unico di chi sa magnificare il Signore.
Don Domenico MACHETTA

Fonte:  www.donbosco-torino.it

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