padre Raniero Cantalamessa, "ZACCHEO SCENDI"

XXXI Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (30/10/2016)
Sapienza 11, 23 12, 2; 2 Tessalonicesi 1, 11 2, 2; Luca 19, 1 10
Oggi il Vangelo ci presenta l’incantevole storia di Zaccheo. Essa si compone di due scene, una che si
svolge all’esterno e l’altra dentro casa; una in mezzo alla folla, l’altra tra Gesù e Zaccheo soli.
Gesù è giunto a Gerico. Non è la prima volta che vi si reca e, questa volta, nell’avvicinarsi, ha anche guarito un cieco (cfr. Luca 18, 35 ss). Questo spiega perché c’è tanta folla ad attenderlo. Zaccheo “capo dei pubblicani e ricco”, per vederlo meglio, sale su un albero, lungo il percorso del corteo. (All’entrata di Gerico mostrano ancora oggi un vecchio gelso che sarebbe stato quello di Zaccheo!). Ed ecco cosa succede:
“Quando giunse sul luogo, Gesù alzò lo sguardo e gli disse: Zaccheo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua. In fretta scese e lo accolse pieno di gioia. Vedendo ciò, tutti mormoravano: E` andato ad alloggiare da un peccatore!”
Fin qui l’episodio di Zaccheo, serve a mettere in luce, per l’ennesima volta nel Vangelo di Luca, l’attenzione di Gesù per gli umili, i reietti e i disprezzati. I concittadini di¬sprezzavano Zaccheo, perché compromesso con i soldi e con il potere e forse anche perché piccolo di statura; per essi, Zaccheo non è che “un peccatore”. Gesù invece lo va a trovare in casa sua; lascia la folla di ammiratori che lo ha accolto a Gerico e va dal solo Zaccheo. Fa come il buon pastore che lascia le novantanove pecorelle, per cercare la centesima che si è smarrita. Per lui Zaccheo è anzitutto “un figlio di Abramo”. Questa è la lettura che, dell’episodio, fa la liturgia, come mostra la scelta della prima lettura con il bellissimo testo sulla “compassione di Dio verso tutti”:
“Hai compassione di tutti, perché tutto tu puoi,
non guardi ai peccati degli uomini, in vista del pentimento.
Tu ami tutte le cose esistenti
e nulla disprezzi di ciò che hai creato”.
Sono parole che ricordano, e forse commen¬tano, l’oracolo di Ezechiele: “Non voglio la morte del pec-catore, ma piuttosto che si converta e viva” (cf. Ezechiele 33,11). Sant’Ireneo ha racchiuso questa rivelazione in una frase giustamente celebre che la liturgia – cosa rara – ha scelto come ritornello al salmo responsoriale, pur non trattandosi di un testo della Scrittura: “La gloria di Dio è l’uomo vi¬vente”.
Gesù si comporta allo stesso modo di Dio. Egli accoglie sia i reietti dal sistema politico: poveri ed oppressi, sia i respinti dal sistema religioso: pagani, pubblicani, prostitute. Chi non accetta questo agire di Dio, si esclude da solo dalla sal¬vezza; volendo discriminare a tutti i costi, resta discri¬minato. Visto in questa luce, l’episodio di Zaccheo ci appare come la parabola del pubblicano e del fariseo sciolta nella realtà. Forse proprio per questo Luca ha inserito l’episodio a questo punto del Vangelo, dopo che, nel capitolo precedente, ci ha fatto leggere tale parabola. Dio giustificava lì il pubblicano pentito e riman¬dava a mani vuote il fariseo; Gesù porta qui la salvezza alla casa di Zaccheo e lascia fuori a mor¬morare i benpensanti orgogliosi di Gerico.
Entriamo ora in casa con Gesù e Zaccheo e ascoltiamo il resto della storia:
“Ma Zaccheo, alzatosi, disse al Signore: Ecco, Signore, io do la metà dei miei beni ai poveri; e se ho frodato qualcuno, restituisco quattro volte tanto. Gesù gli rispose: Oggi la salvezza è entrata in questa casa, perché anch’egli è figlio di Abramo; il Figlio dell’uomo infatti è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto”.
Ci siamo soffermati fin qui a considerare l’agire di Cristo che è, si è visto, l’agire stesso di Dio. Ma l’episodio ha due protagonisti: Gesù e Zaccheo. Anche l’agire di Zaccheo, o dell’uomo, contiene un insegna-mento essenziale ed esso riguarda, ancora una volta, l’at¬teggiamento verso la ricchezza e verso i poveri. Da questo punto di vista, per essere compreso bene, l’episodio di Zaccheo va letto sullo sfondo dei due brani che lo precedono, del ricco epulone e del giovane ricco. Con questa successione Luca ha inteso dare alla Chiesa un’idea esatta e completa del pensiero di Gesù intorno alle ricchezze.
Il confronto tra Zaccheo e il ricco epulone mette in risalto una differenza. Quest’ultimo rifiutava al povero perfino le briciole che cadevano dalla sua mensa; il primo dà la metà dei suoi beni ai po¬veri; l’uno usa dei suoi beni solo per sé e per i suoi amici ricchi che gli possono dare il contraccambio; l’altro usa dei suoi beni anche per gli altri, per i poveri. L’attenzione, come si vede, è sull’uso da fare delle ricchezze. Le ricchezze sono inique quando vengono accaparrate, sottraendole ai più deboli e vengono usate per il proprio lusso sfrenato; cessano di essere inique quando sono frutto del proprio lavoro e vengono fatte servire anche per gli altri e per la comunità. Così, il ricco imita Dio: Dio infatti è il ricco per eccellenza, possedendo tutto, ma tutto ha dato per il bene e la gioia delle sue creature: l’aria, il sole, la pioggia, senza neppure guardare chi ne è degno e chi non ne è degno.
Anche il confronto con l’episodio del giovane ricco mette in luce una differenza, ma questa volta non nell’agire dell’uomo, ma in quello di Dio. Un giorno, si presentò a Gesù un giovane chiedendogli cosa dovesse fare per avere la vita eterna. Gesù, dapprima gli ricordò l’osservanza dei comandamenti, poi aggiunse: “Sei vuoi essere perfetto, vendi tutto quello che hai, distribuiscilo ai poveri, poi vieni e seguimi” (cfr. Luca 18, 22). “Tutto ciò che hai”: al giovane ricco viene chiesto di dare tutto ai poveri, a Zaccheo solo la metà dei suoi beni. (Gesù lo dichiara salvato, dopo questa promessa).
Zaccheo rimane ricco. Il mestiere che fa (è capo dei doganieri della città di Gerico che ha il monopolio di alcuni prodotti in quel tempo ricercatissimi, perfino in Egitto da Cleopatra), gli consente di rimanere agiato e ricco anche dopo la drastica riduzione dei suoi averi. Ma qui è forse l’inse¬gnamento più nuovo legato alla figura di Zaccheo, che rettifica un’impressione falsa che si può avere da altri detti del Vangelo. Non è la ric¬chezza in sé che Gesù condanna senza appello, ma l’uso iniquo di essa. C’è salvezza anche per il ricco! Quando Gesù pronunciò quelle terribili parole: “È più facile che un cammello… “, i discepoli, spaventati, dissero: “E chi può salvarsi allora?” Ma Gesù replicò: “Ciò che è impos¬sibile all’uomo è possibile a Dio” (cfr. Luca 18, 27). Zac-cheo è la riprova di questo: che Dio può compiere anche il miracolo di convertire e salvare un ricco senza, neces¬sariamente, ridurlo allo stato di povertà. Una speranza, questa, che Gesù non negò mai e che anzi alimentò, non disdegnando di frequentare, lui così il povero, anche alcuni ricchi e capi militari.
Certo, egli non blandì mai i ricchi e non cercò mai il loro favore smussando, in loro presenza, le esi¬genze del suo Vangelo. Tutt’altro! Zaccheo, prima di sen¬tirsi dire: “Da oggi c’è salvezza per questa casa”, dovette prendere una decisione coraggiosa: dare ai poveri metà dei suoi soldi e dei beni accumulati, riparare le concus-sioni fatte nel suo lavoro, restituendo il quadruplo. Due cose queste, a pensarci bene, che possono richiedere al ricco un coraggio e un sacrificio pari, se non più grande, di quello che sarebbe necessario per dare via tutto e vi¬vere senza più responsabilità. La vicenda di Zaccheo ap¬pare, così, lo specchio di una conversione evangelica che è sempre conversione a Dio e ai fratelli insieme.
Dal Vangelo di oggi sgorga dunque per i ricchi una speranza, ma anche un appello. Possono essere veri discepoli di Gesù anch’essi, se lo vogliono; debbono però cambiare radical¬mente atteggiamento e opinione circa le loro ricchezze. Non è detto che l’unica maniera per legittimare i loro possessi sia “vendere e dare ai poveri”; oggi, potrebbe essere una via migliore e altrettanto consona al Vangelo usare tali soldi con senso di responsabilità e di giustizia sociale; per esempio, distribuendo meglio i proventi tra gli ope¬rai, se l’azienda è attiva, migliorando, anche a costo di sacrifici finanziari, le condizioni di lavoro nell’azienda, con¬tentandosi di canoni di affitto più onesti. Al di fuori di queste esigenze che non sono di molti, resta il dovere di contribuire, per quanto si può, ad opere e attività sociali sicuramente oneste, come aiutare una popolazione disa¬strata e bisognosa, dare un sostegno alle missioni e, so¬prattutto, pagare le tasse onestamente (che resta sempre il modo normale di condividere i propri guadagni con la comunità).
C’è un dettaglio che vorrei sottolineare in tutta la vicenda: la parola perentoria di Cristo: “Zaccheo, scendi!”. Il Vangelo dice che Zaccheo era salito sul sicomoro perché “era piccolo di statura”, e certamente questo deve essere stato il motivo iniziale. Ma c’è anche un altro motivo, forse non confessato, per cui uno, in circostanze simili, sale su un albero e se ne sta appollaiato lì. Questo permette di vedere tutto, senza essere visti. Permette di rimanere fuori della folla, di decidere se e fino a che punto lasciarsi coinvolgere…
Da questo punto di vista, quanti Zacchei tra noi e quante volte ognuno di noi si comporta come Zaccheo. Partecipiamo alla Messa, ci rechiamo a un incontro dove si parla di religione, o a un ritiro spirituale al quale siamo invitati, ma ci stiamo da osservatori neutrali e esterni, purché ci sia garantito di potere alla fine scendere e tornare alla vita di prima, senza scosse e crisi di coscienza. Abbiamo paura di abbandonare il livello della curiosità e di entrare in quello della fede.
Allora anche per noi è quell’invito di Cristo: “Zaccheo, scendi subito”. Scendi da quella posizione pericolosa. Potrei passare un’altra volta sotto di te e non alzare più lo sguardo…In questo momento, nell’imminenza di riceverlo nella comunione, per noi è in particolare ciò che Gesù aggiunge: “Oggi devo fermarmi a casa tua.

Fonte:http://www.cantalamessa.org/

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