FIGLIE DELLA CHIESA, #LectioDivina "Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita "

XXXIII Domenica del Tempo Ordinario (Lc 21,5-19) 
Antifona d'ingresso
Dice il Signore:
“Io ho progetti di pace e non si sventura;

voi mi invocherete e io vi esaudirò,
e vi farò tornare da tutti i luoghi dove vi ho dispersi”. (Ger 29,11.12.14)

Colletta
Il tuo aiuto, Signore,
ci renda sempre lieti nel tuo servizio,
perché solo nella dedizione a te, fonte di ogni bene,
possiamo avere felicità piena e duratura.

Oppure:
O Dio, principio e fine di tutte le cose,
che raduni tutta l’umanità
nel tempio vivo del tuo Figlio,
fa’ che, attraverso le vicende,
liete e tristi, di questo mondo,
teniamo fissa la speranza del tuo regno,
certi che nella nostra pazienza
possederemo la vita.

PRIMA LETTURA (Ml 3,19-20)
Sorgerà per voi il sole di giustizia.
Dal libro del profeta Malachìa

Ecco: sta per venire il giorno rovente come un forno.
Allora tutti i superbi e tutti coloro che commettono ingiustizia saranno come paglia; quel giorno, venendo, li brucerà – dice il Signore degli eserciti – fino a non lasciar loro né radice né germoglio.
Per voi, che avete timore del mio nome, sorgerà con raggi benefici il sole di giustizia.

SALMO RESPONSORIALE (Sal 97)
Rit: Il Signore giudicherà il mondo con giustizia.

Cantate inni al Signore con la cetra,
con la cetra e al suono di strumenti a corde;
con le trombe e al suono del corno
acclamate davanti al re, il Signore. Rit:

Risuoni il mare e quanto racchiude,
il mondo e i suoi abitanti.
I fiumi battano le mani,
esultino insieme le montagne
davanti al Signore che viene a giudicare la terra. Rit:

Giudicherà il mondo con giustizia
e i popoli con rettitudine. Rit:

SECONDA LETTURA (2Ts 3,7-12)
Chi non vuole lavorare, neppure mangi.
Dalla seconda lettera di san Paolo apostolo ai Tessalonicési

Fratelli, sapete in che modo dovete prenderci a modello: noi infatti non siamo rimasti oziosi in mezzo a voi, né abbiamo mangiato gratuitamente il pane di alcuno, ma abbiamo lavorato duramente, notte e giorno, per non essere di peso ad alcuno di voi.
Non che non ne avessimo diritto, ma per darci a voi come modello da imitare. E infatti quando eravamo presso di voi, vi abbiamo sempre dato questa regola: chi non vuole lavorare, neppure mangi.
Sentiamo infatti che alcuni fra voi vivono una vita disordinata, senza fare nulla e sempre in agitazione. A questi tali, esortandoli nel Signore Gesù Cristo, ordiniamo di guadagnarsi il pane lavorando con tranquillità.

Canto al Vangelo (Lc 21,28)
Alleluia, alleluia.
Risollevatevi e alzate il capo,
perché la vostra liberazione è vicina.
Alleluia.

VANGELO (Lc 21,5-19)
Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita.
+ Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, mentre alcuni parlavano del tempio, che era ornato di belle pietre e di doni votivi, Gesù disse: «Verranno giorni nei quali, di quello che vedete, non sarà lasciata pietra su pietra che non sarà distrutta».
Gli domandarono: «Maestro, quando dunque accadranno queste cose e quale sarà il segno, quando esse staranno per accadere?». Rispose: «Badate di non lasciarvi ingannare. Molti infatti verranno nel mio nome dicendo: “Sono io”, e: “Il tempo è vicino”. Non andate dietro a loro! Quando sentirete di guerre e di rivoluzioni, non vi terrorizzate, perché prima devono avvenire queste cose, ma non è subito la fine».
Poi diceva loro: «Si solleverà nazione contro nazione e regno contro regno, e vi saranno in diversi luoghi terremoti, carestie e pestilenze; vi saranno anche fatti terrificanti e segni grandiosi dal cielo.
Ma prima di tutto questo metteranno le mani su di voi e vi perseguiteranno, consegnandovi alle sinagoghe e alle prigioni, trascinandovi davanti a re e governatori, a causa del mio nome. Avrete allora occasione di dare testimonianza. Mettetevi dunque in mente di non preparare prima la vostra difesa; io vi darò parola e sapienza, cosicché tutti i vostri avversari non potranno resistere né controbattere.
Sarete traditi perfino dai genitori, dai fratelli, dai parenti e dagli amici, e uccideranno alcuni di voi; sarete odiati da tutti a causa del mio nome. Ma nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto.
Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita».

Preghiera sulle offerte
Quest’offerta che ti presentiamo, Dio onnipotente,
ci ottenga la grazia di servirti fedelmente
e ci prepari il frutto di un’eternità beata.

Antifona di comunione
Il mio bene è stare vicino a Dio,
nel Signore Dio riporre la mia speranza. (Sal 73,28)

Oppure:
Dice il Signore:
“In verità vi dico: tutto quello che domandate nella preghiera,
abbiate fede di averlo ottenuto e vi sarà accordato. (Mc 11,23.24)

Oppure;
“Nemmeno un capello del vostro capo perirà.
Con la perseveranza salverete le vostre anime”. (Lc 21,18-19)

Preghiera dopo la comunione
O Padre, che ci hai nutriti con questo sacramento,
ascolta la nostra umile preghiera:
il memoriale, che Cristo tuo Figlio
ci ha comandato di celebrare,
ci edifichi sempre nel vincolo del tuo amore.

Lectio
L’esistenza cristiana è in equilibrio tra presente e futuro, tra la sicurezza di ciò che si possiede e la speranza di ciò che si attende; e non si tratta certo di un equilibrio facile da raggiungere e da mantenere. A volte il presente si offre in tutto il suo splendore e la sua forza seducente; non è facile mantenersene liberi. Altre volte il futuro irrompe nel desiderio dell’uomo con violenza; non è facile misurare tutto il cammino necessario per giungere alla meta. Il Vangelo di oggi è un aiuto a comprendere questa condizione del credente nel mondo e a viverla correttamente.
Il libro di Malachia vuole confermare la speranza del credente annunciando la certezza del giorno del Signore. Verrà, e verrà come forza di giudizio. Superbi e ingiusti, che erroneamente ritengono di essere padroni del mondo e di poter disporre le cose a loro piacimento, saranno incendiati come paglia. Viceversa, i cultori del nome del Signore vedranno sorgere per loro il sole di giustizia, vedranno cioè compiersi la salvezza di Dio nella loro vita. Insomma, il futuro deve incominciare a trasfigurare il presente: non è tutto forte ciò che ora appare forte; né è sconfitto ciò che ora sembra tale. Sarà il futuro a rivelare la vera consistenza delle cose.

5:
Parlano a Gesù del tempio e delle belle pietre e dei doni votivi che l’adornavano. Bello, imponente, rassicurante: così si presenta ai pellegrini il tempio di Gerusalemme.
Risponde la parola profetica: “Verranno giorni in cui, di tutto quello che ammirate, non resterà pietra su pietra che non venga distrutta” (Lc 21, 6). Ammiriamo pure le cose belle; è giusto. Ma conserviamo il senso vivo della loro fragilità; non durano. Nasce allora un interrogativo: “Maestro, quando accadrà questo e quale sarà il segno che ciò sta per compiersi?” (Lc 21, 7).
La domanda manifesta un atteggiamento ansioso: si fugge dal presente per proiettarsi in quel momento critico del futuro in cui ogni cosa è destinata a passare e verranno cieli nuovi e terra nuova. Ma nemmeno questo è l’atteggiamento giusto: “Guardate di non lasciarvi ingannare” (Lc 21, 8).
L’uomo è portato a spiare nella storia i segni della fine. E certo non mancano le crepe nell’edificio pur imponente della storia: guerre e rivoluzioni, terremoti, carestie e pestilenze... sono tutte esperienze che suscitano paura, che rivelano la condizione effimera del mondo.
E, in verità, ci sarebbe molto da imparare da tutti questi eventi. Ma accade che l’ansia dell’uomo li trasformi facilmente in segni immediati della fine e nasca così quella febbre del futuro che impedisce di vedere e vivere il presente.
Le parole di Gesù vogliono riequilibrare l’animo: “Devono accadere prima queste cose, ma non sarà subito la fine” (Lc 21, 9). Bisogna prendere sul serio il tempo presente, viverne le sfide, orientarne i progetti. Il “tempo intermedio” quello che va dall’annuncio del Regno alla sua realizzazione piena, ha una sua densità, un suo significato e valore; l’esistenza cristiana non cancella il tempo; vuole piuttosto trasfigurarlo rendendolo portatore della speranza.

13:
Ma non basta: il tempo intermedio è anche tempo di persecuzione per il credente. La seconda parte del Vangelo di oggi tratta proprio di questo e vuole offrire al discepolo alcune indicazioni essenziali: anzitutto l’ottica in cui il discepolo deve porsi è quella del rendere testimonianza.
L’essenziale non è vincere; nemmeno aver ragione; nemmeno sopravvivere; l’essenziale è poter rendere testimonianza all’amore di Dio in ogni circostanza. Istruito con la luce che viene dal Signore, pur perseguitato, il credente proclamerà davanti al mondo una sapienza misteriosa ma capace di contrastare efficacemente gli avversari. In che cosa consisterà questa sapienza? Nel manifestare la falsità del mondo e delle sue promesse, nel rivelare l’amore di Dio presente in mezzo alla storia come segno di speranza per l’uomo.
Accanto alla persecuzione da parte degli avversari ci sarà anche il tradimento da parte di amici e parenti; addirittura “Sarete odiati da tutti per causa del mio nome” (Lc 21, 17). E tuttavia anche in questa situazione il discepolo deve mantenere la fiducia.

14:
Questo versetto ci dice che il martirio, la testimonianza dicono che i cristiani non sono coloro che cambiano il senso della storia, ma coloro che, come il Cristo, la interpretano come luogo per rendere presente, per testimoniare fino al dono di sé il mistero che è in loro.  Allora nel testimone, nel martire, la storia trova il suo senso e la sua piena valorizzazione. Il martire è colui che rivela come la storia ha senso nella misura in cui in essa viene mostrato quello che è il suo senso ultimo, ciò che la trascende, cioè il mistero di Cristo.
Questo vale per la storia dei popoli e delle nazioni, ma anche in ogni storia va testimoniato ciò che è il suo senso e ciò che la trascende. Nella storia dei poveri, quando accadono fatti terrificanti, perché accadono anche nella storia di ciascuno, più che scandalizzarci, dobbiamo avere sempre la sapienza di riconoscere che in queste storie devastate ogni cosa è finalizzata a rendere testimonianza.
Una storia in cui nessuno rende testimonianza è una storia molto povera, misera, destinata a finire. La nostra storia vale nel momento in cui Gesù ha reso testimonianza al Padre e nel momento in cui il Padre ha reso testimonianza a Gesù. È questo che ha fatto della storia degli uomini una storia di salvezza. Il testimone è colui la cui vita dipende da un evento di cui è testimone. Questa è la risurrezione.

15:
Gesù si esprimerà per mezzo loro ed essi, pur non essendo colti, difenderanno il suo interesse nel modo giusto (“sapienza”) al punto che gli avversari non potranno resistere. In ogni caso Gesù non promette in linea di principio che salverà i discepoli dagli avversari e del resto essi non si sono mai aspettati da lui un patto del genere. Tuttavia Dio continuerà a tenere la sua mano sui discepoli di Gesù per cui succederà a loro solo ciò che egli ha stabilito per la loro salvezza.

19:
Il salvare le proprie anime potrebbe essere legato a: “Se qualcuno vuol salvare la propria vita la perderà…”. Il perseverare cos’è se non il riconoscere che la salvezza è la condizione a cui dobbiamo tendere? Cosa è se non il riconoscere al dono totale della nostra vita, e quindi alla nostra morte, il vero banco di prova, l’evento che aspettiamo. Ed è importante questo, perché Gesù nel vangelo sembra riconoscere alla perseveranza che noi avremo vissuto, non una salvezza avuta come pacco regalo, ma una salvezza di cui lui ci rende partecipi, protagonisti.

Appendice
Chi non confessa che Gesù Cristo è venuto nella carne, è un anticristo. Chi non confessa la testimonianza della croce è dalla parte del diavolo. Chi torce le parole del Signore per le sue brame e dice che non vi è né resurrezione né giudizio è il primogenito di Satana. Per questo abbandonando la vanità di molti e le false dottrine ritorniamo alla parola trasmessaci fin dal principio. Siamo sobri per le preghiere e perseveriamo nel digiuno. Con le preghiere chiediamo a Dio che tutto vede di non indurci in tentazione, perché il Signore ha detto: Lo spirito è pronto e la carne è debole (Mt 26.41).
Senza interruzione perseveriamo nella speranza e nel pegno della nostra giustizia, Cristo Gesù, che portò i nostri peccati sul suo corpo sul legno della croce. Egli che non commise peccato né sulla sua bocca vi fu inganno (1Pt 2.22) sopportò ogni cosa per noi, perché vivessimo in lui. Imitiamo dunque la sua pazienza e se soffriamo per il suo nome lo glorifichiamo. Questo è il modello che ci ha dato in lui, e in questo noi abbiamo creduto. (Policarpo, Ai Filippesi 7-8)

E se ci troviamo nelle tribolazioni, dacci la pazienza per poter sopportare. E’ te che io aspetto! Che io non venga schiacciato dalla debolezza, non soccomba alle tentazioni, non sia flagellato dalle tempeste che sono il banco di prova della pazienza. Possa io superare la prova e averne rafforzata e rinvigorita la speranza, la quale non delude.
La pazienza stessa non supera la prova se manca la fede, la cui radice è la speranza. Come puoi infatti pretendere di superare la prova, se nel nome di Cristo non sai affrontare qualsiasi contrarietà e pericolo? Per questo la speranza è la sola che non delude il nostro cuore. Dove c’è speranza le battaglie di fuori e le paure di dentro (2Cor 7,5) non possono danneggiarci. (Ambrogio, Sul Salmo 118 27)

Annuncio degli ultimi tempi
"Non rimarrà pietra su pietra che non sia distrutta" (Lc 21,6).
Seguiva l`argomento relativo alla vedova; ma siccome ne abbiamo già parlato nel libro che abbiamo scritto sulle vedove (cf. Lc 21,1-4), tralasciamo il commento di questo passo.
Quanto alle parole che dice ora, esse rispondevano a verità per il tempio costruito da Salomone, e che per primo doveva essere distrutto dal nemico all`epoca del giudizio: non c`è infatti opera umana che la vetustà non corrompa, o che la violenza non distrugga, o che il fuoco non consumi. Ma c`è anche un altro tempio, costruito di belle pietre e ornato di doni, di cui il Signore sembra indicare la distruzione: la sinagoga dei Giudei, il cui invecchiato edificio va in rovina al sorgere della Chiesa. E c`è anche un tempio in ciascuno di noi, che crolla se viene a mancare la fede; soprattutto quando si ostenta il nome di Cristo per impadronirsi dei sentimenti interiori.
Può darsi che questa interpretazione sia la più utile per me. Che mi gioverebbe, infatti, conoscere il giorno del giudizio? A che mi serve, avendo io coscienza di tutti i miei peccati, che il Signore venga, se non viene nella mia anima, se non torna nel mio spirito, se Cristo non vive in me e non parla in me? E` a me che Cristo deve venire, è per me che deve realizzarsi il suo avvento. Orbene, il secondo avvento del Signore ha luogo alla fine del mondo, allorché noi possiamo dire: "Per me il mondo è crocifisso, e io per il mondo" (Gal 6,14).
Se la fine del mondo trova quest`uomo sul tetto della sua casa (cf. Mt 24,17), e tale che la sua vita sia nei cieli (cf. Fil 3,20), allora sarà distrutto il tempio corporale e visibile, la legge corporale, la pasqua corporale, la pasqua visibile, gli azzimi corporali e visibili; e oso dire anche il Cristo temporale, quale egli era per Paolo prima che l`Apostolo credesse (cf. Gal 6,14): Cristo infatti è eterno per colui che è morto al mondo; per costui il tempio, la legge, la pasqua sono spirituali, poiché Cristo muore una sola volta (cf. Rm 7,14); costui mangia gli azzimi (cf. 1Cor 5,8), non provenienti dai frutti della terra, ma da quelli della giustizia. Per lui si realizza la presenza della sapienza, la presenza della virtù e della giustizia, la presenza della redenzione: infatti "Cristo è morto una sola volta per i peccati" (1Pt 3,18) del popolo, ma allo scopo di riscattare ogni giorno il popolo dai suoi peccati. (Ambrogio, In Luc., 10, 6-8)

Distaccatevi dal mondo, per non essere coinvolti nella sua rovina
Sentiamo che cosa venga ordinato ai predicatori, che il Signore mandò: "Camminando, annunziate che il regno dei cieli è vicino" (Mt 10,7). Questa vicinanza del regno dei cieli, fratelli carissimi, anche se il Vangelo non ne parlasse, la proclama il mondo. Le rovine sono le voci che la proclamano. Questo mondo, infatti, caduto dalla sua gloria, stritolato da colpi, ci mostra quasi un altro mondo che sta per venire. Esso è già divenuto amaro a quelli che lo amano. Le sue rovine gridano ch`esso non deve essere amato. Se, infatti, una casa minacciasse rovina, tutti quelli che vi abitano scapperebbero; e colui che pur l`aveva amata, mentre stava in piedi, si affretterebbe ad allontanarsene con la più grande fretta, se la vedesse cadere. Se, dunque, il mondo cade e noi lo abbracciamo con amore, più che abitare in esso noi vogliamo esserne oppressi, perché non ci sarà nulla che potrà distinguerci dalla sua rovina, se c`è un amore che ci lega alle sue passioni. Sarebbe facile, invece, ora che vediamo tutto distrutto, distaccare il nostro animo dal suo amore. (Gregorio Magno, Hom., 4, 2)

La debolezza della Chiesa, la sua fragilità, il deprezzamento di cui è fatta oggetto, è la sua grande forza. “L’uomo non sperimenta mai la potenza divina nel riposo e nella quiete” dice Isacco il Siro. Solo quando i segni tangibili della vita umana della Chiesa, cioè gli idoli della vita, sono messi a morte, solo allora essa si apre all’amore personale verso lo Sposo. In questo caso la nostra speranza non sono i nostri successi umani, ma solamente la vita divina, la pienezza della vita che ci è data da Cristo, l’unione di Dio con l’uomo attraverso l’eucaristia, l’ascesi, i sacramenti, che non cessano mai di agire, neppure nei tempi più desolanti di decadenza.
(...) Accettare la croce, la morte volontaria di ogni certezza fondata su noi stessi; non mettere nessuna speranza nel potere, nella virtù, nel prestigio, nell’attività, nell’efficacia umana: ecco, qui sta la potenza suprema, l’efficacia massima della vita.
(...) Questa libertà vertiginosa della morte, questa potenza illimitata del non riporre più fiducia in se stessi può essere vissuta solamente nello spazio di una vicenda d’amore. Ogni amore autentico è una morte, è un disperare di tutto ciò che non è l’amato. Ecco perché il mistero della morte e resurrezione può essere vissuto unicamente se riferito al volto dello Sposo della Chiesa. È lo Sposo a fare il primo passo in questa vicenda d’amore: “È lui che per primo si è innamorato di noi... di noi che eravamo suoi nemici e avversari... E non solo si è innamorato, ma per noi si è umiliato, è stato schiaffeggiato, crocifisso, è stato annoverato tra i morti e, in tutto questo, ha manifestato il suo amore per noi” (Fozio). (C. Yannaras, L’orecchio di Malco pp. 197-9)

La Chiesa prosegue il suo pellegrinaggio tra le persecuzioni del mondo e le consolazioni di Dio, annunciando la passione e la morte del Signore fino a che Egli venga (cfr 1Cor 11,26). Dalla virtù del Signore resuscitato trova forza per vincere con pazienza ed amore le sue interne ed esterne afflizioni e difficoltà e per svelare al mondo, con fedeltà, anche se non perfettamente, il mistero di Lui fino a che alla fine dei tempi sarà manifestato nella pienezza della sua luce. (Vaticano II, Lumen Gentium 8)

Viviamo in una stagione difficile. Stavo per dire crudele, se la parola non rischiasse di avallare una specie di fatalismo delle guerre, delle ingiustizie, della povertà, dispensandoci dalla fatica di condurre la storia.
Parlando di stagione difficile intendo alludere alla fatica, ma anche al dovere di vivere questo momento per tanti versi deludente, di governarlo, di umanizzarlo, mai consegnandoci all’ineluttabilità…
Il cristiano non si accontenta della denuncia, che ci vuole, l’ho già detto, ma si fa costruttore di una storia salvata. Compito esigente, perché si scontra con gli interessi particolari e corporativi, con situazioni ritenute intoccabili solo perché consolidate… Compito esigente, dicevo, che richiede progettualità e governo della crisi che stiamo vivendo, e quindi competenza, ma anche capacità del ‘nuovo’. Il cristiano non deve temere la novità. La Pasqua è novità e sollecita la storia. (M. Cè, Omelia del 23.01.93)

Cari fratelli e sorelle buongiorno,
il Vangelo di questa domenica (Lc 21,5-19) consiste nella prima parte di un discorso di Gesù: quello sugli ultimi tempi. Gesù lo pronuncia a Gerusalemme, nei pressi del tempio; e lo spunto gli è dato proprio dalla gente che parlava del tempio e della sua bellezza. Perché era bello quel tempio. Allora Gesù disse: «Verranno giorni nei quali, di quello che vedete, non sarà lasciata pietra su pietra» (Lc 21,6). Naturalmente gli chiedono: quando accadrà questo?, quali saranno i segni? Ma Gesù sposta l’attenzione da questi aspetti secondari – quando sarà?, come sarà? –  la sposta alle vere questioni. E sono due. Primo: non lasciarsi ingannare dai falsi messia e non lasciarsi paralizzare dalla paura. Secondo: vivere il tempo dell’attesa come tempo della testimonianza e della perseveranza. E noi siamo in questo tempo dell’attesa, dell’attesa della venuta del Signore.
Questo discorso di Gesù è sempre attuale, anche per noi che viviamo nel XXI secolo. Egli ci ripete: «Badate di non lasciarvi ingannare. Molti infatti verranno nel mio nome» (v. 8). E’ un invito al discernimento, questa virtù cristiana di capire dove è lo spirito del Signore e dove è il cattivo spirito. Anche oggi, infatti, ci sono falsi “salvatori”, che tentano di sostituirsi a Gesù: leader di questo mondo, santoni, anche stregoni, personaggi che vogliono attirare a sé le menti e i cuori, specialmente dei giovani. Gesù ci mette in guardia: «Non andate dietro a loro!». “Non andate dietro a loro!”
E il Signore ci aiuta anche a non avere paura: di fronte alle guerre, alle rivoluzioni, ma anche alle calamità naturali, alle epidemie, Gesù ci libera dal fatalismo e da false visioni apocalittiche.
Il secondo aspetto ci interpella proprio come cristiani e come Chiesa: Gesù preannuncia prove dolorose e persecuzioni che i suoi discepoli dovranno patire, a causa sua. Tuttavia assicura: «Nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto» (v. 18). Ci ricorda che siamo totalmente nelle mani di Dio! Le avversità che incontriamo per la nostra fede e la nostra adesione al Vangelo sono occasioni di testimonianza; non devono allontanarci dal Signore, ma spingerci ad abbandonarci ancora di più a Lui, alla forza del suo Spirito e della sua grazia.
In questo momento penso, e pensiamo tutti. Facciamolo insieme: pensiamo a tanti fratelli e sorelle cristiani, che soffrono persecuzioni a causa della loro fede. Ce ne sono tanti. Forse molti di più dei primi secoli. Gesù è con loro. Anche noi siamo uniti a loro con la nostra preghiera e il nostro affetto; abbiamo ammirazione per il loro coraggio e la loro testimonianza. Sono i nostri fratelli e sorelle, che in tante parti del mondo soffrono a causa dell’essere fedeli a Gesù Cristo. Li salutiamo di cuore e con affetto.
Alla fine, Gesù fa una promessa che è garanzia di vittoria: «Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita» (v. 19). Quanta speranza in queste parole! Sono un richiamo alla speranza e alla pazienza, al saper aspettare i frutti sicuri della salvezza, confidando nel senso profondo della vita e della storia: le prove e le difficoltà fanno parte di un disegno più grande; il Signore, padrone della storia, conduce tutto al suo compimento. Nonostante i disordini e le sciagure che turbano il mondo, il disegno di bontà e di misericordia di Dio si compirà! E questa è la nostra speranza: andare così, in questa strada, nel disegno di Dio che si compirà. E’ la nostra speranza.
Questo messaggio di Gesù ci fa riflettere sul nostro presente e ci dà la forza di affrontarlo con coraggio e speranza, in compagnia della Madonna, che sempre cammina con noi. (Papa Francesco, Angelus del 17 novembre 2013)

Fonte:http://www.figliedellachiesa.org/

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