Alessandro Cortesi op, III domenica di Avvento – anno A – 2016

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Is 35,1-6.8.10; Gc 5,7-10; Mt 11,2-11

“Si rallegrino il deserto e la terra arida, esulti e fiorisca la steppa”. Il deserto è invitato a gioire e la
steppa a fiorire per la felicità. E’ una visione di gioia, di coraggio, un quadro di speranza per una novità che sta irrompendo nella storia: ‘Dite agli smarriti di cuore: «Coraggio, non temete! Ecco il vostro Dio, giunge la vendetta, la ricompensa divina. Egli viene a salvarvi’. Il venire di Dio che salva attua così un rovesciamento inatteso: ‘lo zoppo salterà come il cervo, griderà di gioia la lingua del muto’. L’immagine della strada nel deserto è annuncio di un tempo in cui non vi saranno più tristezza e pianto: nel deserto scorre una via appianata, e su di essa cammina un popolo liberato verso un orizzonte di pace.

La pagina del vangelo presenta il dialogo tra i discepoli di Giovanni Battista e Gesù. Giovanni in carcere per la sua critica del potente Erode invia i suoi a domandare a Gesù: ‘sei tu colui che deve venire o dobbiamo attenderne un altro?’. Sta qui racchiuso il dubbio di Giovanni, il suo interrogarsi sul messia. La venuta di Gesù non sta compiendo un rivolgimento della storia: non è un messia che realizza quel giudizio che pure era elemento forte della predicazione del Battista. Anzi si presenta come presenza che non s’impone, non compie giudizi eclatanti e non manifesta minacce.

Gesù invita a guardare i suoi gesti. Nel suo agire c’è un annuncio da leggere. Lì si sta rendendo presente la promessa dei profeti: “andate e riferite a Giovanni ciò che voi udite e vedete: I ciechi recuperano la vista, gli storpi camminano, i lebbrosi sono guariti, i sordi riacquistano l’udito, i morti risuscitano, ai poveri è predicata la bella notizia”. Gesù nella sua vita è bella notizia per i poveri perché dice loro che Dio prende le loro parti. Non è portatore di castigo e giudizio ma vive la sua stessa vita nel segno del dono, della vicinanza, della tenerezza.

I suoi gesti sono segni di quel mondo rovesciato che Isaia aveva indicato. Dice infine: ‘beato colui che non si scandalizza di me’. Seguirlo è una sfida difficile. Disorienta chi sogna un messia secondo la misura del potere, dell’affermazione umana.

E’ necessario cambiare il punto di vista: solo chi vive in una situazione di povertà, può aprirsi a questa bella notizia. Gesù si presenta con il volto di chi si prende cura e accoglie attese di liberazione e vita. I suoi gesti sono i segni di un mondo nuovo già iniziato. Esso cresce là dove qualcuno li continua nonostante le smentite e le contraddizioni.

Possiamo tenere insieme nella nostra vita il sogno di Isaia e il dubbio di Giovanni. La domanda e l’inquietudine di Giovanni aiuta a vivere in profondità una domanda su Gesù, la sfida di una fede difficile incarnata nella storia. Il sogno di Isaia ci aiuta a guardare alla speranza fondata sulla promessa di Dio che illumina la vita.

Alessandro Cortesi op



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Aspettare con costanza

Mount Palomar è nome di un osservatorio astronomico in California negli Stati Uniti, dove è situato uno dei più grandi telescopi della terra, luogo di osservazione di uno spazio di stelle e pianeti lontani. Palomar è anche il nome che Italo Calvino ha dato al personaggio di un suo libro proprio pensando a quel luogo di osservazione.

Il signor Palomar desideroso di liberarsi dall’eccesso di parole vuote e senza senso del suo presente, cerca di farsi osservatore di cose minime e vicine, nel silenzio. Conduce così la sua osservazione con una attenzione meticolosa e precisa. “…il signor Palomar ha deciso che la sua principale attività sarà guardare le cose dal di fuori. Un po’ miope e distratto egli non sembra di solito rientrare per temperamento in quel tipo umano che viene di solito definito un osservatore. Eppure gli è sempre successo che certe cose – un muro di pietra, un guscio di conchiglia, una foglia, una teiera – gli si presentino come chiedendogli un’attenzione minuziosa e prolungata…”.

Un prato, l’onda del mare, il volo degli uccelli, un seno nudo, la luna, i cibi in vendita, una pantofola sono elementi di una osservazione minima e scrupolosa. Palomar guarda le cose vicine come se fossero lontane e le cose lontane come se fossero vicine.

Cerca di liberarsi da parole vane e astratte per ridare senso alle parole, passando per il silenzio, evitando le parole scontate: “Anche il silenzio può essere considerato un discorso, in quanto rifiuto dell’uso che altri fanno della parola; ma il senso di questo silenzio-discorso sta nelle sue interruzioni, cioè in ciò che di tanto in tanto si dice e che dà un senso a ciò che si tace”.

Ma nessuna cosa si lascia afferrare completamente e comprendere. Per vincere instabilità e incertezza Palomar cerca di affidarsi ad un metodo di osservazione e descrizione, ma si accorge quanto sia difficile una osservazione di tutto ciò che è attorno e si scontra con l’impossibilità di compiere il desiderio di afferrare e classificare. Pretende di controllare e comprender la realtà, ma si ritrova a non riuscirvi. Sperimenta il fallimento e un rapido sprofondare nella solitudine. Le cose più vicine e familiari gli divengono inconoscibili. Ogni cosa può essere scomposta e ricomposta ma non si giunge a conoscerla. Vive così inquietudine e ricerca perenne, rimettendo continuamente in discussione i risultati raggiunti. Giunge così a volgersi in direzione diversa verso l’interiorità. Matura la convinzione di non poter conoscere nulla di esterno scavalcando se stesso: l’universo si manifesta a lui come lo specchio in cui poter contemplare solo ciò che deriva da una conoscenza rivolta a se stessi.

“Palomar, non amandosi, ha sempre fatto in modo di non incontrarsi con se stesso faccia a faccia; è per questo che ha preferito rifugiarsi tra le galassie; ora capisce che è col trovare una pace interiore che doveva cominciare. L’universo forse può andare tranquillo per i fatti suoi; lui certamente no. La strada che gli resta aperta è questa: si dedicherà d’ora in poi alla conoscenza di se stesso, esplorerà la sua geografia interiore, traccerà i diagrammi dei moti del suo animo, ne trarrà formule e teoremi, punterà il suo telescopio sulle orbite tracciate dal corso della sua vita, anziché su quelle delle costellazioni”. Ma proprio nel momento in cui intraprende tale nuova direzione della sua osservazione e ricerca Palomar muore.

Così ebbe a dire o stesso Italo Calvino che in Palomar delineò un profilo del suo percorso personale e una riflessione sul percorso della società contemporanea “Rileggendo il tutto, m’accorgo che  la storia di Palomar si può riassumere in due frasi: Un uomo si mette in marcia per raggiungere, passo a passo, la saggezza. Non è ancora arrivato”.

“Siate costanti, fratelli miei, fino alla venuta del Signore. Guardate l’agricoltore: egli aspetta con costanza il prezioso frutto della terra”.

Alessandro Cortesi op

Fonte:https://alessandrocortesi2012.wordpress.com


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