don Luciano Cantini " Una via raddrizzata"

 Una via raddrizzata
don Luciano Cantini  
II Domenica di Avvento (Anno A) (04/12/2016)
Vangelo: Mt 3,1-12 
Voce
Matteo identifica Giovanni Battista con la Voce di Isaia; non una parola capace di contenere un
pensiero, una ideologia o una filosofia ma una semplice voce, un semplice suono, come se fosse senza contenuto il cui messaggio risiede quasi esclusivamente nel gridare.
Nel vocabolario si dice che gridare significa emettere la voce con tono alto e forte, sia per essere udito da lontano, sia per espressione d'ira, di dolore. Nella Scrittura troviamo l'immagine di Dio che ascolta il grido del popolo d'Israele dalla schiavitù (cfr Es 2,23) iniziando così il cammino di liberazione. La caratteristica del profeta - Isaia come Giovanni - è proprio quella di percepire il grido nascosto nel popolo e a sua volta mettersi a gridare con forza; nel loro grido è insito un progetto, una prospettiva di salvezza e le indicazioni per raggiungerla. Il grido rompe il silenzio, ascoltato o no, agita l'aria, penetra la storia.
Nel deserto
Isaia dice qualcosa di diverso dal Battista: Una voce grida: «Nel deserto preparate la via al Signore, spianate nella steppa la strada per il nostro Dio» (Is 40,3). Il deserto separa Babilonia dalla Palestina come separava l'Egitto dalla Terra Promessa, la schiavitù e l'esilio dalla libertà e dalla salvezza. L'Esodo più che una esperienza storica è stata una grande esperienza di fede mai terminata, l'esperienza dell'Esodo è il cammino di ogni liberazione che attraversa il deserto della solitudine e della rassicurazione, dell'abbandono e dell'incontro con Dio. Per Isaia è in questo deserto che è necessario preparare una via al Signore, permettere a Lui di raggiungere il cuore dell'uomo.
Nel vangelo è il grido che è nel deserto del cuore degli uomini, delle loro inutili convinzioni religiose: "Abbiamo Abramo per padre!". Il grido di Giovanni cerca un interlocutore, qualcuno che ascolti, è in cerca di orecchie ma il suo grido trova solo il deserto.
L'immagine del vangelo è quella di una parola che è gettata nel deserto del non ascolto, [nel prologo, il vangelo di Giovanni dice: Venne fra i suoi, e i suoi non lo hanno accolto (Gv 1,11)]; forse sono troppe le grida che emergono dalla storia, troppe le sofferenze che urlano da essere ascoltate tutte, abbiamo fatto l'abitudine alla sofferenza altrui da diventare distanti; forse siamo troppo intenti ad ascoltare noi stessi da non avere interesse per gli altri; forse non siamo capaci di leggere nel grido degli uomini lo stesso grido di Dio che mette sulle sue spalle la croce degli uomini.
Raddrizzate i suoi sentieri!
La via al Signore di Isaia, nel vangelo, diventa la via del Signore: sono gli uomini che hanno bisogno di una strada che non sia la loro, secondo i loro progetti e le loro prospettive, poggiata sulle proprie sicurezze, hanno bisogno di una via raddrizzata, che esca dal labirinto dei desideri, dal girigogolo delle contraddizioni: una strada di Dio per l'uomo.
Un cristiano che non cammina, che non fa strada, è un cristiano non cristiano. Non si sa cos'è. È un cristiano un po' ‘paganizzato': sta lì, sta fermo, non va avanti nella vita cristiana, non fa fiorire le Beatitudini nella sua vita, non fa le Opere di misericordia... È fermo. [...] Ci sono alcuni che camminano e sbagliano strada. È lo stesso Signore che viene e che ci aiuta, non è una tragedia sbagliare strada, la tragedia è essere testardo e dire: "questa è la strada", e non lasciare che la voce del Signore ci dica: "Questa non è la strada, torna, torna indietro e riprendi la vera strada". Ci sono altri che camminano ma non sanno dove vanno: sono erranti nella vita cristiana, vagabondi, la loro vita è girare, di qua e di là, e perdono così la bellezza di avvicinarsi a Gesù, tante volte questo girare, girare errante, li porta a una vita senza uscita: il girare troppo si trasforma in labirinto e poi non sanno come uscire (Papa Francesco, 3 maggio 2016).
Non ci è chiesta una conversione in senso morale, neppure una spiritualità nuova, piuttosto di entrare attivamente nella dinamica storica, là dove l'uomo si incontra con Dio e viceversa. Nella storia non c'è uno spazio dove gli uomini possono vivere in pace con la natura, in pace tra loro e in pace con Dio: è una strada da costruire con fatica tra i burroni e le montagne, in mezzo alle tortuosità della storia degli uomini, o meglio ancora della storia di Dio e dell'uomo.


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