Don Marco Ceccarelli, Natale del Signore – 25 Dicembre 2016

Natale del Signore – 25 Dicembre 2016
I Lettura: Is 52,7-10
II Lettura: Eb 1,1-6
Vangelo: Gv 1,1-18
- Testi di riferimento: 1Re 8,10-11; Sal 33,6; Sap 9,1-2; Is 7,14; 9,5; Ez 37,27; 43,1-5; Mt 28,20; Lc
1,31; Gv 3,6; 6,33.51; 10,10; 11,25; Rm 8,13-16; 1Cor 8,6; 15,45; 2Cor 3,18; 4,6; Col 1,16; 3,9-10;
Eb 1,1-3; 1Gv 3,8; 4,7-9.12-3; 5,11; Ap 21,3.23
1. La manifestazione del Dio fatto uomo per gli uomini.
- Con il Natale, con l’evento della nascita di Gesù a Betlemme, appare sulla terra qualcosa di
totalmente
nuovo. Il Natale è una epifania, una manifestazione, una rivelazione del piano di salvezza di
Dio per gli uomini e del suo adempimento. Dio rivela la sua salvezza e invita gli uomini a riconoscerla.
Ciò che prima era ancora un’ombra, un enigma, una profezia, ora non più. Ora Dio ha parlato
per mezzo del suo Verbo fatto carne. Ora la vita si è fatta visibile e si manifestata a noi, così che
possiamo riconoscerla. Il Natale che celebriamo ogni anno ci mette di fronte a questa verità. Perciò
nessuno può ora dire di essere all’oscuro su Dio e sulla sua opera. A nessuno è preclusa la possibilità
di avere accesso alla salvezza e alla conoscenza della verità a cui Dio vuole che tutti gli uomini
pervengano (1Tm 2,4). Come disse san Paolo ad Atene, se in passato Dio è stato tollerante, quando
gli uomini si trovavano nelle tenebre cercando di conoscere Dio come brancolando nel buio, ora
non è più così, perché la luce è apparsa (At 17,27-31); ora Dio si è fatto conoscere nell’uomo Gesù
di Nazaret. Nessuno può più dire che gli è interdetta la conoscenza di Dio, del suo amore, dei suoi
disegni salvifici. Per questo, come continua a dire san Paolo, Dio chiama tutti gli uomini a conversione,
cioè a riconoscere questa luce che è apparsa fra noi.
- Tutto quello che Dio poteva fare per noi lo ha fatto. Il Natale ci dice che se siamo ancora nella tristezza,
in conflitto, morti per i nostri peccati, è perché non abbiamo accolto la gioia, la pace, la vita
che ci vengono dal Dio in mezzo a noi. È perché non siamo andati a Betlemme, a riconoscere che la
Sapienza discesa dal cielo si è fatta carne, si è fatta persona umana; e questa persona possiamo non
solo incontrarla, vederla, ascoltarla, ma addirittura averla dentro di noi. Tutti siamo chiamati ad andare
a Betlemme. C’è per ciascuno di noi una Betlemme – la Chiesa – dove Dio ci ha dato un appuntamento
per farsi vedere, per farsi conoscere; dove Dio appare. Il Natale ci dice di andare a Betlemme,
in fretta come i pastori, perché bisogna indugiare a vedere e riconoscere l’opera di Dio. A
Betlemme possiamo riconoscere il Verbo fatto carne che è disceso dal cielo come pane, nella “casa
del pane”, per far vivere il mondo. Questa Betlemme è la Chiesa. Lì Dio appare, si mostra, si fa incontrare,
si dà in cibo, trasmette la vita, tramite il suo Verbo fatto carne per noi uomini. Il Verbo è
disceso dal cielo per dare la vita agli uomini, perché questa è la missione che ha ricevuto dal Padre
(Gv 10,10). Il pane disceso dal cielo è la carne di Cristo, cioè la sua stessa persona, che egli dà per
la vita del mondo (Gv 6,51). Quella carne, cioè la persona di Cristo, che è venuta ad abitare in nobis,
che si è manifestata a Betlemme, per poterci dare la vita, deve entrare in noi; e questo avviene
tramite la fede (Gv 6,35.40.47).
2. La luce del mondo
- Nel Prologo di Gv che si legge nella messa del giorno domina il discorso sulla rivelazione, realizzata
dal Verbo fatto carne, attraverso il tema della luce (7 volte) e della verità (3 volte). Il Verbo è
anche colui che ha fatto tutte le cose. Questa idea richiama il ruolo della Sapienza nell’attività creatrice
di cui si parla in Pr 8,22 e Sap 9,1-2 (da notare qui il collegamento parola-sapienza). La Sapienza
è la verità su Dio che risiede presso di Lui e che Egli vuole concedere agli uomini. Gli uomini
sono in grado di riconoscere la verità perché sono stati fatti dal Verbo (Gv 1,3; Col 1,16; Eb 1,2).
Noi portiamo una impronta divina, siamo ad immagine di Dio. Eppure per tanto tempo gli uomini
sono andati come brancolando nel buio nel tentativo di conoscere la verità; ma ora non è più così,
perché la luce è apparsa. Dio ha tanto amato il mondo da mandare il Figlio unigenito nel mondo affinché
chi crede in lui non perisca ma abbia la vita eterna … Chi crede in lui non è condannato; chi
invece non crede è già condannato …E questa è la condanna: la luce è venuta nel mondo, ma gli
uomini hanno amato di più le tenebre della luce (Gv 3,16-19). Il paradosso del Natale è questo; che
se da un lato la metafora della luce ci lascerebbe intendere che le tenebre vengono annullate automaticamente,
d’altro lato per la luce divina non è così. E questo perché Dio non vuole imporsi. Dio
non è un prepotente che usa la sua forza per spadroneggiare sugli uomini. Egli vuole che lo accogliamo
liberamente. Così, nonostante che la luce sia venuta e che sia vitale accoglierla, rimane sempre
la possibilità di rifiutarla, come ci mostrano tutti gli orrori che si perpetuano nel mondo (anche il
giorno di Natale) e che i mezzi di comunicazione non mancano di mostrarci. Ma se prima di Cristo
gli uomini potevano sperare nella salvezza divina, ora che essa c’è se non l’accogliamo in che cosa
possiamo più sperare? La salvezza è già presente; non ce n’è un’altra da aspettare. La luce è già in
mezzo a noi. Dio non ha condannato nessuno, nemmeno quelli che lo hanno ucciso. Ma chi non
vuole vedere la luce, chi non vuole accogliere la salvezza, “è già condannato”, cioè si sta autocondannando
a vivere una vita di falsità, senza più speranza in un futuro diverso, perché la salvezza è
già venuta. Il Natale ci dice che non dobbiamo più cercare soluzioni ai nostri problemi in cose che
non esistono o che ancora non abbiamo, perché la soluzione già c’è e non ce ne sarà un’altra. La luce
sta già in mezzo a noi.
- L’apparizione di Dio in mezzo a noi fa perciò apparire immediatamente anche un contrasto, la netta
opposizione di chi lo rifiuta. L’atteggiamento del re Erode visibilizza chiaramente questa realtà.
La cosa incredibile è che, pur essendo fatti per mezzo di lui, molti non lo riconoscono. È presente
negli esseri umani una propensione per la falsità che li porta a volere credere alle menzogne più facilmente
che alla verità. Così l’astrologia e l’oroscopo sono diventati scienza e il Natale folklore.
Così ciò che è passeggero ed effimero è vissuto come se fosse eterno, mentre l’Eterno è vissuto come
se fosse un mito. Curiosamente, una volta che la menzogna è entrata nel mondo con l’inganno
del serpente accolto dai progenitori, vediamo che l’uomo fa fatica ad accettare la verità. È come se
il peccato avesse prodotto una debolezza che porta l’uomo a rifiutare la verità e a preferire la menzogna.
Il peccato si mostra come l’incapacità di ascoltare Dio, come l’incapacità di accogliere la verità.
La prima verità che l’uomo dovrebbe riconoscere è proprio quella che lui non è Dio. Se invece
l’uomo si fa Dio non c’è più spazio per nessun Dio che gli voglia parlare.
- Esiste un nesso profondo fra la menzogna e la durezza di cuore. Per questo Gesù dice: «Gli uomini
hanno preferito le tenebre perché le loro opere erano malvagie» (Gv 3,19). Chi non vuole lasciare il
male, chi vuole egoisticamente cercare il suo tornaconto, chi ama il vizio e quant’altro, finisce per
non riconoscere nemmeno la luce del sole. Senza conversione non saremo capaci di riconoscere la
verità nel suo splendore, perché avremo sempre paura di perdere qualcosa che ci piace. La verità ci
fa paura.
- Il Natale ci chiama alla fede, cioè a riconoscere che Dio c’è e che è apparso in mezzo a noi. Ci
chiama a non avere paura della luce, della verità, perché è proprio la verità che ci fa liberi. Dio si è
fatto conoscere in Cristo e possiamo ascoltarlo e obbedirgli, perché Cristo è ancora vivo e abita in
mezzo a noi nella sua Chiesa. Se andiamo al presepe andiamoci con questa fede e non per folklore.
Se andiamo a Betlemme andiamoci per adorare il Dio con noi e non per ucciderLo, come ha voluto
fare Erode.

Fonte:http://www.donmarcoceccarelli.it/

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