Don Paolo Zamengo, "La gioia del Regno"

La Liturgia di Domenica 11 Dicembre 2016
La gioia del Regno   Mt 11, 2-11

Nel buio del carcere, Giovanni rivede il film della sua vita: un deserto, un fiume e una prigione. Si
tormenta: che storia è mai questa? Gesù gli manda a dire. “I ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono guariti, i morti risuscitano, ai poveri è annunciato il Vangelo. Tanto basta. Giovanni è talmente unito a Gesù che già lo imita anche nel dono supremo della vita.

Oggi, Gesù ci pone una domanda quasi imbarazzante: E voi, che cosa siete andati a vedere nel deserto? Una canna sbattuta dal vento? Un uomo vestito con abiti di lusso? Quelli che vestono così stanno nei palazzi dei re!

Forse anche noi abbiamo inseguito dei profeti. I veri profeti hanno un’unica missione, preparare la strada a Cristo. Significa che non possiamo fermarci ai profeti e neanche a Giovanni. Se ci fermiamo a loro non incontreremo mai la strada che porta a Cristo. E quale è la strada del Regno?

Gesù risponde: ciechi, storpi, sordi, lebbrosi guariscono, si rimettono in piedi, la loro storia cambia. Quando il Signore incrocia la strada degli uomini riaccende la vita, porta gioia, coraggio, fiducia, cuore nuovo, generosità, bellezza del vivere.

Gesù però non  ha messo nelle nostre mani dei miracoli per risolvere i problemi del mondo. Ci ha dato qualcosa di più grande ancora: il miracolo del seme, il lavoro oscuro, paziente ma inarrestabile del seme. Gesù non ci dà pane già pronto ma un lievito che non si spegne mai.

Questo è il Regno di un  Dio che ama l’uomo e la vita, che ama il bene e la libertà, che ama la terra e il cielo. Di un Dio che ci chiama alla risurrezione.

Ma se cerchiamo Dio nella cultura che non è al servizio né di Dio né dell’uomo, troveremo solo uomini che parlano sì di Dio ma per promuovere se stessi. La tentazione delle morbide vesti e del palazzo si manifesta nel resistere alla logica della gerarchia invertita insegnata da Gesù che al mondo preferisce gli ultimi del mondo e il mondo degli ultimi.

Diabolica è la presunzione di affidare le sorti del Regno all’abbraccio con il potere o al culto della propria organizzazione che impedisce di comprendere che il più piccolo è il più grande nel Regno dei cieli.

La fede è fatta così: ha occhi per vedere il sogno di Dio e mani pazienti e fiduciose per mettersi al lavoro. Ha un amore che sogna un mondo nuovo possibile.  E ama anche la fatica, la dura fatica. Ma fin che c'è fatica c'è speranza.

Signore vieni e ci fai vedere il tuo regno in un lebbroso guarito, in una lavanda dei piedi, in un numero incalcolabile di bicchieri d’acqua dati al più piccolo, nel restare tra noi in un pezzo di pane, negli innumerevoli santi anonimi capaci di generare la speranza di un Amore senza fine. Perché questo è il tuo vangelo.

Maranathà,  Signore, venga il tuo Regno.

11.12.2016 Don Paolo

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