Don Paolo Zamengo"Un amore che adora"

4ª - Domenica d'Avvento A
Un amore che adora    Mt 1, 18-24
Mai Giuseppe avrebbe potuto immaginare ciò che l’angelo gli chiese nel sogno. Quel bambino viene
da altrove. E forse a Giuseppe sarà apparso perfino un intruso. Giuseppe amava teneramente Maria ma Dio voleva quell’amore più grande ancora.  A Giuseppe chiedeva di abbracciare la pienezza del mistero di Maria così vicino al mistero di Dio.

Chiedeva a Giuseppe non di amare di meno ma di amare di più, con un amore silenzioso, un amore trattenuto, un amore che permetteva al progetto di Dio di raggiungere liberamente ogni sua dimensione. Chiedeva un amore che adora. Giuseppe doveva amare Maria di un amore che sa adorare, perché il figlio generato in lei era opera dello Spirito Santo.

Giuseppe doveva amare Maria con un amore che si tiene in disparte e imparare ad essere padre attraverso una paternità nella penombra. Padre secondo la legge, Giuseppe impone il nome a Gesù ma sente subito nel cuore e nella carne che quel bambino non gli appartiene, che il suo destino gli sfugge interamente, sente  che mai avrebbe plasmato quel bambino  a sua immagine e somiglianza.

La sua sarebbe stata una paternità in prestito, una paternità d’occasione. Gesù non avrebbe mai fissato la sua dimora presso di lui perché doveva occuparsi prima di tutto del suo vero Padre.

Ma sulla terra esiste un padre che permette al figlio di crescere in verità e in piena autonomia? Esiste un amore che permette alle persone che si amano di esprimersi pienamente e di inchinarsi l’uno davanti all’altro per adorare il mistero di Dio che abita in loro? Esiste? Deve esistere!

La sola differenza tra Maria e Giuseppe e tutti i genitori sta nel fatto che a loro fu chiesto tutto, subito. Fu chiesto ciò che un giorno, in ogni caso, sarà domandato   a tutti i genitori: di tenersi indietro, rispettosamente, amorevolmente, perché Dio possa prendere totalmente  il suo posto.  I figli non sono nostri. Vengono attraverso di noi, ma non da noi. I figli appartengono a se stessi e al loro futuro.

Con Maria e Giuseppe, Dio aveva fretta. Si erano compiuti i tempi e il Figlio di Dio doveva incarnarsi. Era necessaria quella coppia e il loro amore tanto fresco e nello stesso tempo tanto straordinariamente maturo perché il miracolo potesse compiersi.  E poiché Giuseppe e Maria hanno accettato lo straordinario invito, tutto è diventato possibile, compresa la Pasqua di passione, morte e risurrezione.

Anche quest’anno Dio ha fretta. Il Figlio di Dio vuole il suo posto tra noi. Dove? Dove c’è una pienezza d’amore. In un focolare dove l’amore si dona e si partecipa, in pieno rispetto, con umile dolcezza e fedeltà. E ci chiede di farci piccoli gli uni di fronte agli altri, nel perdono incondizionato e totale. Come nella Chiesa e come in ognuna delle nostre comunità cristiane.

Grande Giuseppe!


18.12.2016 Don Paolo

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