Don Marco Ceccarelli, "Il battesimo di Gesù."

Battesimo del Signore – 8 Gennaio 2017
I Lettura: Is 42,1-4.6-7
II Lettura: At 10,34-38
Vangelo: Mt 3,13-17
- Testi di riferimento: Es 19,18; 24,16-17; 40,34-38; 49,24-25; Tb 1,3; Sal 2,7; 18,9; Pr 8,20; Is 4,3-
5; 53,4.12; 66,1-2; Mt 5,20; 11,27; 21,32; Lc 11,21-22; 12,50; 24,49; Gv 3,8; 10,28-30; 12,31; At
1,8; 2,3-4; 4,31; Fil 2,6-7; Col 2,15; 1Gv 3,8; 4,4; 2Pt 2,21
1. Il battesimo di Gesù.
- La festa del battesimo di Gesù conclude il tempo di Natale prolungando in un certo senso il tema

dell’epifania, della manifestazione di Dio. Il Dio invisibile si è reso visibile nel Verbo fatto carne e
perciò lo si può conoscere attraverso il Figlio unigenito che ce lo rivela. Gesù è il “figlio diletto”,
cioè l’unico attraverso il quale possiamo conoscere il volto di Dio. Se il Figlio rivela il Padre,
d’altro lato il Padre manifesta Gesù come il Figlio. Nel battesimo lo Spirito e il Padre lo manifestano
agli uomini. Come la voce di cui si parla in Gv 12,28-30 non è per Cristo ma per la folla, così
anche la voce dal cielo al momento del battesimo (Mt 3,17) è una testimonianza rivolta agli uomini.
Gesù è l’oggetto della compiacenza del Padre perché realizza perfettamente la sua volontà. Non
possiamo conoscere il Padre se non attraverso il Figlio. Cristo è l’uomo in cui Dio si compiace. Lui
riassume tutta la volontà di Dio. Cristo non è uno dei tanti uomini santi che hanno obbedito a Dio.
Lui è la rivelazione totale della volontà di Dio che deve essere trasmessa alle nazioni, come indica
la prima lettura.
- La forza e la debolezza. Le liturgie natalizie ci hanno fatto contemplare anche la Kenosi del Figlio
di Dio, il suo “svuotarsi” di ogni dignità e di ogni forza per rendersi piccolo e debole all’estremo
(cfr. Fil 2,6-7). Gesù si abbassa fino all’estremo. Il Battesimo di Cristo visibilizza questo “svuotamento”
e ne annuncia il compimento finale nella morte in croce. Egli, dalla sua altezza, è sceso fino
alle regioni più basse della terra (anche geograficamente) e fin sotto le acque (simbolo della morte e
quindi degli inferi). Egli si è svuotato della sua dignità divina per scendere fino al punto più basso
della realtà umana. In Cristo Dio, che è il Forte per eccellenza, si è fatto debole all’estremo. Ma è
proprio in questa debolezza che ha ricevuto lo Spirito Santo per compiere la missione del Padre. Per
poter ricevere lo Spirito Santo, che diventa in noi la “guida”, colui che conduce la nostra vita di figli
di Dio (cfr. Mt 4,1; Rm 8,14) secondo la Sua volontà, occorre lasciarci battezzare, cioè spogliare di
noi stessi, della nostra volontà. Quando ci svuotiamo di noi stessi possiamo compiere la volontà di
Dio, con la grazia dello Spirito; quando siamo deboli può dimorare in noi la potenza di Cristo (2Cor
12,9-10), cioè il suo Spirito. La potenza di Dio è lo Spirito Santo il quale agisce lì dove la forza
umana si ritira, gli cede il posto. Anche se la forza di Dio può prevalere su chiunque, Dio rispetta la
nostra libertà. Dio non vuole vincerci; vuole che ci lasciamo vincere da Lui.
- “Nessuno è mai salito al cielo fuorché il figlio dell’uomo che è disceso dal cielo” (Gv 3,13). La
via al cielo passa per la kenosi, per lo svuotamento. Il segno che Gesù nel battesimo ha assunto tutta
la debolezza della realtà umana è che subito viene condotto dallo Spirito nel deserto per essere tentato.
Ciò sta ad indicare che egli si è fatto in tutto debole come noi (Eb 4,15; 2,18). Accettare la debolezza
della nostra realtà significa accettare di soffrire senza fuggire, come invece la tentazione invita
a fare. Nel Getsemani Gesù è tentato di fuggire, di non aspettare che lo vengano a prendere; per
questo suda sangue. Egli è tentato di non adempiere ogni giustizia, cioè di non fare la volontà di
Dio. Il battesimo al Giordano rimanda a quel battesimo che è la sua passione (Mc 10,38). Nel Getsemani
egli è tentato di non bere quel calice, ma vince. Il battesimo di Cristo significa proprio questo:
l’obbedienza al Padre nell’accettazione della condizione umana soggetta a sofferenza. Gesù ha
un battesimo che deve compiere (Lc 12,50) con il quale realizzerà la volontà di salvezza che Dio ha
per gli uomini; e grazie a ciò anche noi ora possiamo essere battezzati come lui (Mc 10,39) cioè ricevere
il dono dello Spirito Santo per essere condotti come figli di Dio secondo la volontà del Padre
(cfr. Gv 16,13; Rm 8,14).
2. Il Vangelo.
- “Per adempiere ogni giustizia” (v. 15). Gesù va appositamente al Giordano (in Giudea; cfr. 3,1)
per farsi battezzare da Giovanni. Lo fa “per adempiere ogni giustizia”. Il termine “giustizia” è tipico
di Mt e ha a che fare con il compimento della volontà di Dio. Colui che compie la giustizia è colui
che è fedele alla volontà di Dio espressa in modo particolare nella Scrittura (5,20; 6,1; 21,32; cfr.
inoltre 2Pt 2,21). Cristo manifesta così all’inizio della sua attività pubblica e della sua missione la
sua totale sottomissione alla volontà del Padre che sarà quella di accomunarsi alla sorte dei peccatori.
In Mt 3,6 si dice che la gente andava a farsi battezzare da Giovanni confessando i loro peccati. Il
battesimo di Giovanni ha una connotazione penitenziale. Ma Gesù che ha a che fare con questo?
Egli pur non conoscendo peccato, pur essendo il Figlio diletto, si accomuna volontariamente alla
condizione dei peccatori. Come dirà san Paolo, «colui che non aveva conosciuto il peccato, Dio lo
trattò da peccato in nostro favore, perché noi potessimo diventare giustizia di Dio» (2Cor 5,21).
Perché gli uomini potessero adempiere la giustizia di Dio, la Sua volontà, Cristo ha dovuto associarsi
alla condizione dei peccatori, caricandosi dei peccati degli uomini. Riconoscendo l’obbedienza
del Figlio, il Padre gli dona lo Spirito (vv. 16-17) perché lo conduca in questa missione (Mt
4,1). In ciò si realizza la profezia della prima lettura riguardo al Servo del Signore. Egli è veramente
il Servo nel quale Dio si compiace (Is 42,1), e che si carica dei peccati dei molti (Is 53,4) e viene
annoverato fra i peccatori (Is 53,12). Anche Giovanni deve compiere ogni giustizia, deve fare la volontà
di Dio, battezzando Gesù. Ma Giovanni adempie ogni giustizia anche perché pure lui seguirà
la sua missione in obbedienza a Dio fino a dare la vita.
- “Essendosi immerso, subito risalì” (v. 16). Giordano significa “discesa”. “Immergendosi” nel
Giordano Gesù scende; uscendo egli “salì” (non “uscì”, come da traduzione). È la sintesi del mistero
pasquale, ma anche di tutta l’opera di Cristo, dalla sua incarnazione alla sua glorificazione al cielo.
Questo è ciò che fa aprire il cielo e scendere lo Spirito. Grazie al mistero pasquale di Cristo i cieli
si aprono e lo Spirito può scendere sulla terra. Il cielo era chiuso perché Dio è l’invisibile, il totalmente
altro, colui che abita in una luce inaccessibile (1Tm 6,16). Grazie al mistero pasquale del
Figlio il cielo si apre e abbiamo accesso a Dio. Il sogno di Giacobbe – il cielo aperto e la scala che
permette la comunicazione fra Dio e gli uomini (Gen 28,12) – si realizza nel mistero pasquale di
Cristo (cfr. Gv 1,51).
- “I cieli si aprirono” (v. 16). Nell’Antico Testamento vediamo che l’apertura dei cieli può avere un
senso negativo (Gen 7,11; Is 24,18) o positivo (Dt 28,12; Sal 78,23; Mal 3,10; Is 63,19; Ez 1,1). Nel
battesimo di Cristo sono presenti entrambi gli aspetti, ma in modo diverso. C’è un riferimento al diluvio,
alla nuova creazione che nasce con la morte della vecchia. I cieli ora non si aprono per far
cadere l’acqua, ma lo Spirito Santo che come la colomba di Noè trova dove posarsi.
- Il “Figlio” (v. 17). Gesù è Figlio di Dio dall’eternità. Nel momento del battesimo il Padre lo rivela
al mondo come tale. E come tale Gesù riceve lo Spirito, perché i figli di Dio sono coloro che sono
condotti dallo Spirito di Dio (Rm 8,14). Da questo momento lo Spirito lo condurrà in tutti i suoi
passi verso il compimento della missione che il Padre gli ha dato; la quale avrà il suo compimento
nel momento in cui, “rilasciando lo spirito” (Mt 27,50), muore in croce.

Fonte:http://www.donmarcoceccarelli.it/

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