DON Tonino Lasconi,"Il nostro Cafarnao"

Il nostro Cafarnao
III Domenica del Tempo Ordinario - Anno A - 2017
Il vangelo di questa terza domenica del tempo ordinario ci presenta il "cambio di residenza" di Gesù, dal suo villaggio nativo al crocevia della Galilea, luogo di incontro di tante diverse culture e
popolazioni. Che significato ha per noi, oggi, questo suo spostamento missionario?

"Gesù lasciò Nàzaret e andò ad abitare a Cafàrnao". Se fosse una semplice informazione sugli spostamenti di Gesù, sarebbe stranissima, perché i vangeli queste notizie non le danno. Infatti è un duplice, importantissimo messaggio.

Il primo. Gesù realizza l'antica profezia di Isaia: la grande luce della salvezza sarebbe sorta proprio da lì, dalla "Terra di Zàbulon e terra di Nèftali, sulla via del mare, oltre il Giordano, Galilea delle genti!". Attenti bene! Questo non vuole dire che Gesù era un robot che eseguiva ciò che era stato profetizzato, ma che con la sua intelligenza e la sua libertà compiva le scelte giuste per realizzare il progetto di Dio che il profeta aveva annunciato.

Il secondo, molto più importante. Gesù compie una scelta strategica per iniziare la sua opera. Cafarnao, sul lago di Tiberiade, era un crocevia di genti (di popoli non ebrei) di culture, di religioni diverse. Di lì passava la Via del Mare, strada commerciale e militare che collegava l'Egitto a Damasco, con uno "svincolo" che, prima del Monte Carmelo, si dirigeva verso Oriente, passando per la Galilea. Qui a Cafarnao, il potere religioso di Gerusalemme era lontano, e lo zelo dei farisei si scontrava con gli interessi e il dinamismo dei mercanti, degli esattori, dei cambiavalute. Per dirla con papa Francesco, Gesù va in "periferia" perché la luce serve dove c'è il buio. Lì dirà Gesù: "Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati" (Mt 9,12). E lì, dove tanti vivono di pesca e conoscono i rischi e la fatica di questo mestiere – questa immagine, spesso ritenuta poetica, è estremamente impegnativa -, sceglie i "pescatori di uomini".

C'è un messaggio per noi, oggi, in Gesù che va ad abitare a Cafarnao? Per papa Francesco e tutti i precedenti, da Giovanni XIII a oggi, la risposta è scontata: dobbiamo anche noi andare a Cafarnao per predicare la conversione, prima a noi e poi agli altri. Perché Cafarnao siamo noi, confusi da proposte di vita diverse a contrastanti. Sono le nostre famiglie, scosse da convinzioni e situazioni fino a pochi anni fa inimmaginabili. E' la nostra società, crocevia di idee, di proposte e modi di vita diversi. Sono anche le nostre parrocchie, incerte tra volontà di rinnovamento e nostalgie del passato.


E' in questi "Cafarnao" che dobbiamo portare la grande luce.

Ma come portarla se la nostra fede è fiammella piccola e tremolante che sembra spegnersi? Dobbiamo fare in modo che la preghiera: "Il Signore è mia luce e mia salvezza" sia vera, e che il Signore illumini sul serio le nostre convinzioni e le nostre scelte quotidiane.

Andiamo, dunque, come Gesù a Cafarnao per predicare prima a noi stessi e poi agli altri la conversione. Non tanto a parole, però, ma con la testimonianza. Parliamo troppo e facciamo poco. Papa Francesco, che più volte ce l'ha ricordato, con la famosa canzone di Mina: "parole parole parole", domenica 16 Gennaio, a Guidonia, ha sentenziato: "Una parrocchia dove non ci sono le chiacchiere è una parrocchia perfetta". Questa sentenza non vale soltanto per la parrocchia, ma per tutti noi cristiani, sia singoli che comunità, per non essere come quelli di Corinto che san Paolo bacchetta. Meno parole e più testimonianza, perché i pescatori chiacchierano poco e faticano parecchio.

Fonte:http://www.paoline.it/

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