Bruno FERRERO sdb,"IO NON TI DIMENTICHERO' MAI
2 febbraio 2017 | 6a Domenica - Tempo Ordinario A | Omelia
IO NON TI DIMENTICHERO' MAI
Non appena fu creato, il Cane leccò la mano del Buon Dio, e il Buon Dio gli accarezzò la testa.
"Che cosa vuoi, Cane? "
"Signor Buon Dio, vorrei alloggiare da te, in cielo, sulla stuoia davanti alla porta ".
"Ci mancherebbe altro!" disse il Buon Dio. "Non ho bisogno di cane, visto che non ho ancora creato i ladri".
"Quando li creerai, Signore? "
"Mai. Sono stanco. Sono cinque giorni che lavoro, è ora che mi riposi. Eccoti fatto, tu, Cane, la mia creatura migliore, il mio capolavoro. Va', Cane! Va, e sii felice ".
Il Cane trasse un profondo sospiro: "Che cosa farò sulla terra, Signore? "
"Cosa ti ci vuole di più? "
"Te, Signore, mio Padrone! Non potresti stabilirti anche tu sulla terra? "
"No" disse il Buon Dio.
Il Cane abbassò la testa e fece per andarsene, ma poi tornò indietro: "Se soltanto, Signor Buon Dio, ci fosse laggiù una specie di padrone del tuo genere... ".
"No", disse il Buon Dio, "non ce n'è".
Il Cane si fece piccolo piccolo, basso basso, e supplicò ancor più da vicino: "Se tu volessi, Signor Buon Dio... Potresti sempre provare... "
"Impossibile", replicò il Buon Dio. "Ho fatto quel che ho fatto. La mia opera è compiuta. Mai potrò creare un essere migliore di te. Se oggi ne creassi un altro, mi riuscirebbe male..."
"O Signor Buon Dio ", supplicò il Cane, " non importa che sia mal riuscito, purché io possa seguirlo dappertutto dove va, e coricarmi ai suoi piedi quando si ferma ".
Allora il Buon Dio fu pieno di meraviglia per aver creato una creatura così buona, e disse al Cane:
"Va! e che sia fatto secondo il tuo cuore ".
E, rientrato nel suo laboratorio, creò l'Uomo.
La parabola suggerisce con garbo che non si vive senza un padrone.
È la realtà: dentro o fuori di noi, tutti abbiamo un padrone.
Dio fa parte della categoria ed è un padrone geloso ed esclusivo, dice Gesù. E anche geloso ci fa capire la Bibbia. Se si appartiene a Dio, non si può appartenere a nessun altro. Tanto meno alla ricchezza, il nome che il Vangelo da al potere dispotico e al senso di sicurezza arrogante che deriva dall'abbondanza di denaro e di beni materiali.
La ricchezza mangia il cuore e la mente dell'uomo, insieme a tante altre cose che divorano cuore e mente dell'uomo, lo asserviscono realmente: supremazia a tutti i costi, sete di dominio, orgoglio, sazietà, avidità, egoismo. La ricchezza è poter calpestare tutto e tutti.
E Dio? In disparte. Come un'assurda e infantile abitudine dei tempi passati, una pia tradizione. Dio in ogni caso è lontano, "sta nei cieli, nell'aldilà".
Si avverte l'eco di una celebre poesia di Prevert: "Padre nostro che sei nei cieli. Restaci".
Avere Dio per padrone è appartenere a Lui, sentirlo vivo, presente. Sentire le sue esigenze, avere fatto una scelta che esclude tutte le altre, perché non e'é più posto per nient'altro: Dio è infinito!
Ma, come il cane della parabola, chi ci guadagna siamo noi.
Noi apparteniamo a qualcuno, non siamo sbandati, perduti senza collare. Siamo di Dio.
Come afferma l'Apocalisse, abbiamo il suo sigillo sulla fronte.
Un buon papà che sta per uscire di casa rivolto alla sua bambina che gli fa la consueta lista dei desideri, sbotta: "Portami questo! Portami quello! Ma tu che cosa ci dai?"
La bambina spalanca le braccia e con la sua deliziosa vocina risponde: "Amore!".
Questo potrebbe essere il nostro più frequente dialogo con Dio. Apparteniamo a Dio come si appartengono coloro che si amano.
Con l'affetto del marito che dice della moglie "E' la mia padrona".
Dio è madre: il suo amore va anche al di là di ogni ragionamento.
Forse ci è capitato di pensare:
"Il Signore mi ha abbandonato, il Signore mi ha dimenticato".
Ma Lui ha replicato:
Si dimentica forse una donna del suo bambino,
così da non commuoversi per il figlio delle sue viscere?
Anche se costoro si dimenticassero,
io invece non ti dimenticherò mai.
Quella che noi chiamiamo Provvidenza di Dio è solo un sinonimo per Maternità di Dio.
Per questo il Vangelo prosegue con un importantissimo "Perciò".
Perciò io vi dico: non preoccupatevi per la vostra vita, di quello che mangerete o berrete, né per il vostro corpo, di quello che indosserete; la vita non vale forse più del cibo e il corpo più del vestito?
Dio si preoccupa del corpo e della vita: sono tutto quello che abbiamo. Sono il tramite con cui ci esprimiamo e amiamo e possiamo esperimentare le felicità più profonde e autentiche. Anche con Dio.
Come la volpe del Piccolo Principe:
"Non sono addomesticata" disse la volpe.
"Che cosa vuole dire "addomesticare"?
"È una cosa molto dimenticata. Vuole dire creare dei legami".
"Creare dei legami?"
"Certo" disse la volpe. "Tu, fino ad ora, per me, non sei che un ragazzino uguale a centomila ragazzini. E non ho bisogno di te. E neppure tu hai bisogno di me. Io non sono per te che una volpe uguale a centomila volpi. Ma se tu mi addomestichi, noi avremo bisogno l'uno dell'altro. Tu sarai per me unico al mondo, e io sarò per te unica al mondo".
Le nostre liturgie non sono scatole vuote, sono riti di addomesticamento per dire a Dio: "Insegnami che sono per te unico al mondo, che abbiamo bisogno uno dell'altro. Perché da parte mia ho un immenso bisogno di te e Tu vuoi avere bisogno di me".
Tutte le sere i religiosi dicono a Dio una frase bellissima: "Mio Dio, alle tue mani affido la mia vita".
Significa sapere che nonostante tutte le apparenze, Dio è presente e protegge i suoi figli. Forse il problema di molte persone è accorgersene. Un bambino un po' speciale la vede così:
"Caro Dio, qui è Lorenzo. Ho compiuto dodici anni l'altro ieri. Non so se hai notato, ma sto scrivendo questa lettera. A volte è difficile per me scrivere, sai. È quella cosa che chiamano disgrafia. Ho anche un disturbo chiamato deficit di attenzione, spesso accompagnato da problemi di apprendimento. Il mio quoziente di intelligenza è veramente alto, ma se guardi la mia grafia, potresti pensare che sono stupido.
Non sono mai riuscito a tenere in modo giusto la matita. Non sono mai riuscito a colorare dentro le linee. Ogni volta che ci provo, la mia mano me lo impedisce e le lettere vengono sbrodolate, il colore oltrepassa le linee e mi finisce su tutte le mani. Quando dobbiamo darci il voto a vicenda, nessuno vuole scambiare i compiti con me, perché nessuno capisce la mia scrittura. Elena ci riusciva, ma si è trasferita.
Il mio cervello non percepisce quello che fa la mia mano. Posso sentire la matita. Ma il messaggio non passa nel modo giusto. Devo stringere forte la matita così il mio cervello capisce che ce l'ho in mano.
È molto più facile per me spiegare le cose a voce che scrivere. Sono molto bravo a dettare, ma gli insegnanti non me lo lasciano fare sempre. Se mi si chiede di scrivere un tema sul mio viaggio a Firenze e a Roma, per me è un vero castigo. Ma se lo detto o se parlo, so raccontare a tutti la gioia che ho provato nel vedere la Galleria degli Uffizi, il David o il sentimento di vero patriottismo che mi ha attraversato quando ho visitato il monumento al Milite Ignoto.
Se dovessi avere un voto in educazione artistica, ne prenderei sicuramente uno molto brutto. Ci sono molte cose che riesco a rappresentare nella mia mente, ma le mie mani non le disegnano così come le vedo.
È okay. Non mi sto lamentando. Me la cavo davvero bene. Vedi, mi hai dato una mente meravigliosa e un grande senso dell'umorismo. Sono molto bravo a immaginare le cose, e adoro partecipare alle discussioni. Abbiamo avuto alcuni dibattiti sulla Bibbia, in classe, e in quelli sono davvero brillante. Voglio diventare un avvocato, da grande, un avvocato che va ai processi. So che sarei bravo in questo. Sarei responsabile di indagare sul crimine, di esaminare le prove e presentare il caso con verità.
Dici che sono speciale perché hai detto che sono opera stupenda e grandiosa. Mi hai assicurato che leggi dentro di me come attraverso un vetro, e che hai progetti per me per darmi un futuro e speranza.
I miei genitori volevano aiutarmi, così mi hanno comprato un computer portatile da portare a scuola. La mia insegnante di quest'anno è la migliore! Mi concede di fare gran parte del mio lavoro al computer. Abbiamo una lezione di disegno ogni venerdì e... indovina! Mi lascia usare la stampante per fare disegni. Per la prima volta, potrò mostrare a tutti alcune delle cose che ho in mente.
Signore, questa è una lettera di ringraziamento, solo per farti sapere che sto bene. A volte la vita è dura, ma sai una cosa? Accetto la sfida. Ho fiducia nel fatto di poter superare qualsiasi cosa. Grazie per avermi fatto così. Grazie per amarmi incondizionatamente. Grazie di tutto. Sempre al tuo servizio. Lorenzo
Una signora si è lasciata sfuggire una frase, che è lieta e triste nello stesso tempo: "Che vita meravigliosa ho avuto! Vorrei soltanto essermene resa conto prima".
Don Bruno FERRERO sdb
Fonte: www.donbosco-torino.it
IO NON TI DIMENTICHERO' MAI
Non appena fu creato, il Cane leccò la mano del Buon Dio, e il Buon Dio gli accarezzò la testa.
"Che cosa vuoi, Cane? "
"Signor Buon Dio, vorrei alloggiare da te, in cielo, sulla stuoia davanti alla porta ".
"Ci mancherebbe altro!" disse il Buon Dio. "Non ho bisogno di cane, visto che non ho ancora creato i ladri".
"Quando li creerai, Signore? "
"Mai. Sono stanco. Sono cinque giorni che lavoro, è ora che mi riposi. Eccoti fatto, tu, Cane, la mia creatura migliore, il mio capolavoro. Va', Cane! Va, e sii felice ".
Il Cane trasse un profondo sospiro: "Che cosa farò sulla terra, Signore? "
"Cosa ti ci vuole di più? "
"Te, Signore, mio Padrone! Non potresti stabilirti anche tu sulla terra? "
"No" disse il Buon Dio.
Il Cane abbassò la testa e fece per andarsene, ma poi tornò indietro: "Se soltanto, Signor Buon Dio, ci fosse laggiù una specie di padrone del tuo genere... ".
"No", disse il Buon Dio, "non ce n'è".
Il Cane si fece piccolo piccolo, basso basso, e supplicò ancor più da vicino: "Se tu volessi, Signor Buon Dio... Potresti sempre provare... "
"Impossibile", replicò il Buon Dio. "Ho fatto quel che ho fatto. La mia opera è compiuta. Mai potrò creare un essere migliore di te. Se oggi ne creassi un altro, mi riuscirebbe male..."
"O Signor Buon Dio ", supplicò il Cane, " non importa che sia mal riuscito, purché io possa seguirlo dappertutto dove va, e coricarmi ai suoi piedi quando si ferma ".
Allora il Buon Dio fu pieno di meraviglia per aver creato una creatura così buona, e disse al Cane:
"Va! e che sia fatto secondo il tuo cuore ".
E, rientrato nel suo laboratorio, creò l'Uomo.
La parabola suggerisce con garbo che non si vive senza un padrone.
È la realtà: dentro o fuori di noi, tutti abbiamo un padrone.
Dio fa parte della categoria ed è un padrone geloso ed esclusivo, dice Gesù. E anche geloso ci fa capire la Bibbia. Se si appartiene a Dio, non si può appartenere a nessun altro. Tanto meno alla ricchezza, il nome che il Vangelo da al potere dispotico e al senso di sicurezza arrogante che deriva dall'abbondanza di denaro e di beni materiali.
La ricchezza mangia il cuore e la mente dell'uomo, insieme a tante altre cose che divorano cuore e mente dell'uomo, lo asserviscono realmente: supremazia a tutti i costi, sete di dominio, orgoglio, sazietà, avidità, egoismo. La ricchezza è poter calpestare tutto e tutti.
E Dio? In disparte. Come un'assurda e infantile abitudine dei tempi passati, una pia tradizione. Dio in ogni caso è lontano, "sta nei cieli, nell'aldilà".
Si avverte l'eco di una celebre poesia di Prevert: "Padre nostro che sei nei cieli. Restaci".
Avere Dio per padrone è appartenere a Lui, sentirlo vivo, presente. Sentire le sue esigenze, avere fatto una scelta che esclude tutte le altre, perché non e'é più posto per nient'altro: Dio è infinito!
Ma, come il cane della parabola, chi ci guadagna siamo noi.
Noi apparteniamo a qualcuno, non siamo sbandati, perduti senza collare. Siamo di Dio.
Come afferma l'Apocalisse, abbiamo il suo sigillo sulla fronte.
Un buon papà che sta per uscire di casa rivolto alla sua bambina che gli fa la consueta lista dei desideri, sbotta: "Portami questo! Portami quello! Ma tu che cosa ci dai?"
La bambina spalanca le braccia e con la sua deliziosa vocina risponde: "Amore!".
Questo potrebbe essere il nostro più frequente dialogo con Dio. Apparteniamo a Dio come si appartengono coloro che si amano.
Con l'affetto del marito che dice della moglie "E' la mia padrona".
Dio è madre: il suo amore va anche al di là di ogni ragionamento.
Forse ci è capitato di pensare:
"Il Signore mi ha abbandonato, il Signore mi ha dimenticato".
Ma Lui ha replicato:
Si dimentica forse una donna del suo bambino,
così da non commuoversi per il figlio delle sue viscere?
Anche se costoro si dimenticassero,
io invece non ti dimenticherò mai.
Quella che noi chiamiamo Provvidenza di Dio è solo un sinonimo per Maternità di Dio.
Per questo il Vangelo prosegue con un importantissimo "Perciò".
Perciò io vi dico: non preoccupatevi per la vostra vita, di quello che mangerete o berrete, né per il vostro corpo, di quello che indosserete; la vita non vale forse più del cibo e il corpo più del vestito?
Dio si preoccupa del corpo e della vita: sono tutto quello che abbiamo. Sono il tramite con cui ci esprimiamo e amiamo e possiamo esperimentare le felicità più profonde e autentiche. Anche con Dio.
Come la volpe del Piccolo Principe:
"Non sono addomesticata" disse la volpe.
"Che cosa vuole dire "addomesticare"?
"È una cosa molto dimenticata. Vuole dire creare dei legami".
"Creare dei legami?"
"Certo" disse la volpe. "Tu, fino ad ora, per me, non sei che un ragazzino uguale a centomila ragazzini. E non ho bisogno di te. E neppure tu hai bisogno di me. Io non sono per te che una volpe uguale a centomila volpi. Ma se tu mi addomestichi, noi avremo bisogno l'uno dell'altro. Tu sarai per me unico al mondo, e io sarò per te unica al mondo".
Le nostre liturgie non sono scatole vuote, sono riti di addomesticamento per dire a Dio: "Insegnami che sono per te unico al mondo, che abbiamo bisogno uno dell'altro. Perché da parte mia ho un immenso bisogno di te e Tu vuoi avere bisogno di me".
Tutte le sere i religiosi dicono a Dio una frase bellissima: "Mio Dio, alle tue mani affido la mia vita".
Significa sapere che nonostante tutte le apparenze, Dio è presente e protegge i suoi figli. Forse il problema di molte persone è accorgersene. Un bambino un po' speciale la vede così:
"Caro Dio, qui è Lorenzo. Ho compiuto dodici anni l'altro ieri. Non so se hai notato, ma sto scrivendo questa lettera. A volte è difficile per me scrivere, sai. È quella cosa che chiamano disgrafia. Ho anche un disturbo chiamato deficit di attenzione, spesso accompagnato da problemi di apprendimento. Il mio quoziente di intelligenza è veramente alto, ma se guardi la mia grafia, potresti pensare che sono stupido.
Non sono mai riuscito a tenere in modo giusto la matita. Non sono mai riuscito a colorare dentro le linee. Ogni volta che ci provo, la mia mano me lo impedisce e le lettere vengono sbrodolate, il colore oltrepassa le linee e mi finisce su tutte le mani. Quando dobbiamo darci il voto a vicenda, nessuno vuole scambiare i compiti con me, perché nessuno capisce la mia scrittura. Elena ci riusciva, ma si è trasferita.
Il mio cervello non percepisce quello che fa la mia mano. Posso sentire la matita. Ma il messaggio non passa nel modo giusto. Devo stringere forte la matita così il mio cervello capisce che ce l'ho in mano.
È molto più facile per me spiegare le cose a voce che scrivere. Sono molto bravo a dettare, ma gli insegnanti non me lo lasciano fare sempre. Se mi si chiede di scrivere un tema sul mio viaggio a Firenze e a Roma, per me è un vero castigo. Ma se lo detto o se parlo, so raccontare a tutti la gioia che ho provato nel vedere la Galleria degli Uffizi, il David o il sentimento di vero patriottismo che mi ha attraversato quando ho visitato il monumento al Milite Ignoto.
Se dovessi avere un voto in educazione artistica, ne prenderei sicuramente uno molto brutto. Ci sono molte cose che riesco a rappresentare nella mia mente, ma le mie mani non le disegnano così come le vedo.
È okay. Non mi sto lamentando. Me la cavo davvero bene. Vedi, mi hai dato una mente meravigliosa e un grande senso dell'umorismo. Sono molto bravo a immaginare le cose, e adoro partecipare alle discussioni. Abbiamo avuto alcuni dibattiti sulla Bibbia, in classe, e in quelli sono davvero brillante. Voglio diventare un avvocato, da grande, un avvocato che va ai processi. So che sarei bravo in questo. Sarei responsabile di indagare sul crimine, di esaminare le prove e presentare il caso con verità.
Dici che sono speciale perché hai detto che sono opera stupenda e grandiosa. Mi hai assicurato che leggi dentro di me come attraverso un vetro, e che hai progetti per me per darmi un futuro e speranza.
I miei genitori volevano aiutarmi, così mi hanno comprato un computer portatile da portare a scuola. La mia insegnante di quest'anno è la migliore! Mi concede di fare gran parte del mio lavoro al computer. Abbiamo una lezione di disegno ogni venerdì e... indovina! Mi lascia usare la stampante per fare disegni. Per la prima volta, potrò mostrare a tutti alcune delle cose che ho in mente.
Signore, questa è una lettera di ringraziamento, solo per farti sapere che sto bene. A volte la vita è dura, ma sai una cosa? Accetto la sfida. Ho fiducia nel fatto di poter superare qualsiasi cosa. Grazie per avermi fatto così. Grazie per amarmi incondizionatamente. Grazie di tutto. Sempre al tuo servizio. Lorenzo
Una signora si è lasciata sfuggire una frase, che è lieta e triste nello stesso tempo: "Che vita meravigliosa ho avuto! Vorrei soltanto essermene resa conto prima".
Don Bruno FERRERO sdb
Fonte: www.donbosco-torino.it
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