dom Luigi Gioia "Sono io che parlo con te"


Sono io che parlo con te
dom Luigi Gioia  
III Domenica di Quaresima (Anno A) (19/03/2017)
Vangelo: Es 17.3-7; Sal 95; Rm 5.1-2.5-8; Gv 4:5-42
Le letture di questa domenica ci pongono di fronte a due atteggiamenti possibili nella nostra relazione
con il Padre.
Nella prima lettura incontriamo il popolo di Dio che nel deserto dimentica tutti i benefici ricevuti dal Signore e mormora contro Mosè: Perché ci hai fatti salire dall'Egitto per farci morire di sete, noi, i nostri figli e il nostro bestiame? Gli israeliti non credono più che il Signore sia in mezzo a loro e si lasciano vincere da un atteggiamento che possiamo descrivere come quello della disperazione.
L'atteggiamento opposto ci è invece offerto nella lucida confessione di fede di Paolo che alla tentazione della disperazione risponde con un elogio straordinario della speranza: La speranza non delude, perché l'amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato. La speranza non delude, perché alla nostra sete ha risposto il Padre, versando il suo Spirito Santo nei nostri cuori, dove ci consola, ci da la forza, ci insegna a pregare, ci rivela le profondità di Dio, ci aiuta ad entrare nella vita divina.
In questo tempo di quaresima, in questo deserto nel quale ci siamo inoltrati per aver seguito Gesù, possiamo ritrovarci anche noi ad un bivio tra la disperazione e la speranza. È offerta anche per noi l'occasione di aprirci a questa speranza che non confonde, cioè ad osare continuare a contare sul Signore anche contro ogni evidenza contraria.
Questo è ciò che il vangelo di oggi chiama adorazione: Viene l'ora - dice Gesù - in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità. Che cos'è l'adorazione se non questa capacità di rientrare in noi stessi e scoprire che zampilla in noi una fonte di acqua viva, la fonte dello Spirito Santo che è stato versato nei nostri cuori?
L'adorazione è qualcosa che abbiamo bisogno di imparare prima di tutto lasciandoci condurre nel deserto dove siamo provocati dalla nostra sete a cercare dove dissetarla. Solo grazie a questo pungolo cerchiamo il cammino dell'adorazione, ci lasciamo condurre per mano dalla paziente pedagogia di Gesù.
Il popolo di Israele era stato condotto nel deserto per poter adorare Dio. Quando Mosè infatti chiese al faraone di poter condurre il popolo nel deserto, la ragione che diede fu proprio questa: per condurlo in un luogo nel quale potesse adorare il Signore. Ed effettivamente se il popolo restò quaranta anni nel deserto fu perché era un popolo idolatra, che non sapeva adorare il Signore. Il Signore ebbe bisogno di un ricambio generazionale totale perché apparisse una generazione nuova di Israeliti, non contaminati dall'idolatria, che sapessero riconoscere nel Signore il loro tutto.
Quanto è successo nella storia di Israele si ripete in ciascuna delle nostre vite. Il Signore conduce ognuno di noi nel deserto per sedurci e per parlare al nostro cuore, come fa con la donna samaritana. Prima le chiede da bere. La donna risponde con una certa sorpresa e all'inizio non capisce cosa voglia Gesù. Ma Gesù con questa donna parla, parla al suo cuore, si rivela apertamente e le proclama: Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: "Dammi da bere!", tu avresti chiesto a lui ed egli ti avrebbe dato acqua viva. Gesù compie esattamente ciò che Dio annuncia nel libro di Osea: seduce questa donna, la conduce nel deserto e là parla al suo cuore. Quando la donna gli chiede del messia, la risposta di Gesù non è solo "Sono io il Messia" ma "Sono io che parlo con te".
Il nostro Dio non resta nel cielo, dicendoci quello che dobbiamo fare attraverso la Parola, attraverso mediazioni umane come quelle della Chiesa, per poi lasciarci alla nostra iniziativa. Il nostro è un Dio che ci viene incontro e ci parla, perché l'amore di Dio, lo Spirito Santo, cioè Dio stesso, è stato versato nei nostri cuori. Se vogliamo incontrarlo è nel nostro cuore che dobbiamo ritornare, perché - come dice ancora Gesù in questa pagina del Vangelo - viene l'ora, ed è questa, in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità.
Che cos'è adorare Dio, se non ritrovare le ragioni della nostra speranza non fuori di noi stessi, ma nel nostro cuore? Il senso profondo dell'itinerario quaresimale si schiuderà per noi se sapremo ritagliarci nelle nostre giornate piccoli momenti nei quali entrare nella nostra camera e chiudere la porta, là dove il Padre ci scruta, ci vede nel segreto, e là pregarlo. Pregarlo semplicemente con le parole del Padre Nostro capite, meditate, gustate. Pregarlo per riconoscerlo presente, per sperimentare che la sua non è una presenza vuota, ma pacificante, consolante, vivificante. È la presenza del Dio che ci dichiara: "Sono io, che parlo con te. Sono io che parlo al tuo cuore".

Fonte:http://www.qumran2.net

Il testo dell'omelia si trova in Luigi Gioia, "Mi guida la tua mano. Omelie sui vangeli domenicali. Anno A", ed. Dehoniane. Clicca qui

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