FIGLIE DELLA CHIESA, Lectio "Sorgente di acqua che zampilla per la vita eterna "

III Domenica di Quaresima
(Anno A)
Antifona d'ingresso
“Quando manifesterò in voi la mia santità,

vi raccoglierò da tutta la terra;
vi aspergerò con acqua pura
e sarete purificati da tutte le vostre sozzure
e io vi darò uno spirito nuovo”, dice il Signore. (Ez 36,23-26)

Colletta
Dio misericordioso, fonte di ogni bene,
tu ci hai proposto a rimedio del peccato
il digiuno, la preghiera e le opere di carità fraterna;
guarda a noi che riconosciamo la nostra miseria
e, poiché ci opprime il peso delle nostre colpe,
ci sollevi la tua misericordia.

PRIMA LETTURA (Es 17,3-7)
Dacci acqua da bere.
Dal libro dell’Èsodo

In quei giorni, il popolo soffriva la sete per mancanza di acqua; il popolo mormorò contro Mosè e disse: «Perché ci hai fatto salire dall’Egitto per far morire di sete noi, i nostri figli e il nostro bestiame?».
Allora Mosè gridò al Signore, dicendo: «Che cosa farò io per questo popolo? Ancora un poco e mi lapideranno!».
Il Signore disse a Mosè: «Passa davanti al popolo e prendi con te alcuni anziani d’Israele. Prendi in mano il bastone con cui hai percosso il Nilo, e va’! Ecco, io starò davanti a te là sulla roccia, sull’Oreb; tu batterai sulla roccia: ne uscirà acqua e il popolo berrà».
Mosè fece così, sotto gli occhi degli anziani d’Israele. E chiamò quel luogo Massa e Merìba, a causa della protesta degli Israeliti e perché misero alla prova il Signore, dicendo: «Il Signore è in mezzo a noi sì o no?».

SALMO RESPONSORIALE (Sal 94)
Rit: Ascoltate oggi la voce del Signore: non indurite il vostro cuore.
Venite, cantiamo al Signore,
acclamiamo la roccia della nostra salvezza.
Accostiamoci a lui per rendergli grazie,
a lui acclamiamo con canti di gioia. Rit:

Entrate: prostràti, adoriamo,
in ginocchio davanti al Signore che ci ha fatti.
È lui il nostro Dio
e noi il popolo del suo pascolo,
il gregge che egli conduce. Rit:

Se ascoltaste oggi la sua voce!
«Non indurite il cuore come a Merìba,
come nel giorno di Massa nel deserto,
dove mi tentarono i vostri padri:
mi misero alla prova
pur avendo visto le mie opere». Rit:

SECONDA LETTURA (Rm 5,1-2.5-8)
L’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito che ci è stato dato.
Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani

Fratelli, giustificati per fede, noi siamo in pace con Dio per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo. Per mezzo di lui abbiamo anche, mediante la fede, l’accesso a questa grazia nella quale ci troviamo e ci vantiamo, saldi nella speranza della gloria di Dio.
La speranza poi non delude, perché l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato.
Infatti, quando eravamo ancora deboli, nel tempo stabilito Cristo morì per gli empi. Ora, a stento qualcuno è disposto a morire per un giusto; forse qualcuno oserebbe morire per una persona buona. Ma Dio dimostra il suo amore verso di noi nel fatto che, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi.

Canto al Vangelo (Gv 4,42.15)
Lode a te, o Cristo, re di eterna gloria!
Signore, tu sei veramente il salvatore del mondo;
dammi dell’acqua viva, perché io non abbia più sete.
Lode a te, o Cristo, re di eterna gloria!

VANGELO (Gv 4,5-42 (forma breve: Gv 4,5-15.19-26.)
Sorgente di acqua che zampilla per la vita eterna.
+ Dal Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, Gesù giunse a una città della Samarìa chiamata Sicar, vicina al terreno che Giacobbe aveva dato a Giuseppe suo figlio: qui c’era un pozzo di Giacobbe. Gesù dunque, affaticato per il viaggio, sedeva presso il pozzo. Era circa mezzogiorno. Giunge una donna samaritana ad attingere acqua. Le dice Gesù: «Dammi da bere». I suoi discepoli erano andati in città a fare provvista di cibi. Allora la donna samaritana gli dice: «Come mai tu, che sei giudeo, chiedi da bere a me, che sono una donna samaritana?». I Giudei infatti non hanno rapporti con i Samaritani.
Gesù le risponde: «Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: “Dammi da bere!”, tu avresti chiesto a lui ed egli ti avrebbe dato acqua viva». Gli dice la donna: «Signore, non hai un secchio e il pozzo è profondo; da dove prendi dunque quest’acqua viva? Sei tu forse più grande del nostro padre Giacobbe, che ci diede il pozzo e ne bevve lui con i suoi figli e il suo bestiame?».
Gesù le risponde: «Chiunque beve di quest’acqua avrà di nuovo sete; ma chi berrà dell’acqua che io gli darò, non avrà più sete in eterno. Anzi, l’acqua che io gli darò diventerà in lui una sorgente d’acqua che zampilla per la vita eterna». «Signore – gli dice la donna –, dammi quest’acqua, perché io non abbia più sete e non continui a venire qui ad attingere acqua». Le dice: «Va’ a chiamare tuo marito e ritorna qui». Gli risponde la donna: «Io non ho marito». Le dice Gesù: «Hai detto bene: “Io non ho marito”. Infatti hai avuto cinque mariti e quello che hai ora non è tuo marito; in questo hai detto il vero».
Gli replica la donna: «Signore, vedo che tu sei un profeta! I nostri padri hanno adorato su questo monte; voi invece dite che è a Gerusalemme il luogo in cui bisogna adorare». Gesù le dice: «Credimi, donna, viene l’ora in cui né su questo monte né a Gerusalemme adorerete il Padre. Voi adorate ciò che non conoscete, noi adoriamo ciò che conosciamo, perché la salvezza viene dai Giudei. Ma viene l’ora – ed è questa – in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità: così infatti il Padre vuole che siano quelli che lo adorano. Dio è spirito, e quelli che lo adorano devono adorare in spirito e verità». Gli rispose la donna: «So che deve venire il Messia, chiamato Cristo: quando egli verrà, ci annuncerà ogni cosa». Le dice Gesù: «Sono io, che parlo con te».
In quel momento giunsero i suoi discepoli e si meravigliavano che parlasse con una donna. Nessuno tuttavia disse: «Che cosa cerchi?», o: «Di che cosa parli con lei?». La donna intanto lasciò la sua anfora, andò in città e disse alla gente: «Venite a vedere un uomo che mi ha detto tutto quello che ho fatto. Che sia lui il Cristo?». Uscirono dalla città e andavano da lui.
Intanto i discepoli lo pregavano: «Rabbì, mangia». Ma egli rispose loro: «Io ho da mangiare un cibo che voi non conoscete». E i discepoli si domandavano l’un l’altro: «Qualcuno gli ha forse portato da mangiare?». Gesù disse loro: «Il mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato e compiere la sua opera. Voi non dite forse: ancora quattro mesi e poi viene la mietitura? Ecco, io vi dico: alzate i vostri occhi e guardate i campi che già biondeggiano per la mietitura. Chi miete riceve il salario e raccoglie frutto per la vita eterna, perché chi semina gioisca insieme a chi miete. In questo infatti si dimostra vero il proverbio: uno semina e l’altro miete. Io vi ho mandati a mietere ciò per cui non avete faticato; altri hanno faticato e voi siete subentrati nella loro fatica».
Molti Samaritani di quella città credettero in lui per la parola della donna, che testimoniava: «Mi ha detto tutto quello che ho fatto». E quando i Samaritani giunsero da lui, lo pregavano di rimanere da loro ed egli rimase là due giorni. Molti di più credettero per la sua parola e alla donna dicevano: «Non è più per i tuoi discorsi che noi crediamo, ma perché noi stessi abbiamo udito e sappiamo che questi è veramente il salvatore del mondo».

Preghiera sulle offerte
Per questo sacrificio di riconciliazione
perdona, o Padre, i nostri debiti
e donaci la forza di perdonare ai nostri fratelli.

PREFAZIO
La Samaritana e l’acqua viva.

È veramente cosa buona e giusta,
nostro dovere e fonte di salvezza,
rendere grazie sempre e in ogni luogo
a te, Signore, Padre santo,
Dio onnipotente ed eterno,
per Cristo nostro Signore.
Egli chiese alla Samaritana l’acqua da bere,
per farle il grande dono della fede,
e di questa fede ebbe sete così ardente
da accendere in lei la fiamma del tuo amore.
E noi ti lodiamo e ti rendiamo grazie
e, uniti agli angeli,
celebriamo la tua gloria: Santo...

Antifona di comunione
“Chi beve dell’acqua che io gli darò”,
dice il Signore,
“avrà in sé una sorgente che zampilla
fino alla vita eterna”. (Gv 4,13-14)

Preghiera dopo la comunione
O Dio, che ci nutri in questa vita
con il pane del cielo, pegno della tua gloria,
fa’ che manifestiamo nelle nostre opere
la realtà presente nel sacramento che celebriamo.

Lectio
I versetti che precedono l’ampia pericope della terza domenica di quaresima sono utili per comprendere questo passaggio di Gesù per la Samaria.
L’evangelista spiega la partenza di Gesù dalla Giudea dove stava battezzando con il fatto che si ritira davanti a i Farisei. Quando apprende che i Farisei sono giunti a conoscenza dei suoi successi apostolici, interrompe la sua attività e lascia quei luoghi. Si nota una certa fretta di Gesù di lasciare quel posto, infatti chi voleva far presto doveva prender la strada della Samaria, che dalla Galilea consentiva di raggiungere Gerusalemme in tre giorni. Lungo questa strada, Gesù giunse al famoso pozzo di Giacobbe.
Questo tempo forte della Quaresima che viviamo diventi l’occasione di quest'incontro, di questa sosta con Gesù. Egli si fa trovare, se lo vogliamo; basta uscire "dalle nostre abitudini", "sedersi vicino al pozzo della sua parola e della preghiera" e poi... lasciare che lui ci ami. Senza alcuna paura di essere sanati. É la sola sete che dovremmo avere tutti

vv.6-9: Il primo segno posto in questi versetti è dato dal pozzo e dall’acqua. Il narratore non si interessa alla città di Sicar, ma al pozzo. La donna dirà che questo pozzo era stato donato da Giacobbe ai samaritani; l’AT ricorda espressamente solo il dono fatto dal patriarca morente della città di Sichem a suo figlio Giuseppe. L’acqua è per un orientale non solo purificazione, refrigerio, ma fecondità, vita. Il pozzo è il luogo degli incontri, qui Mosè aveva incontrato le figlie di Raguele, e s’ erano preparate le nozze di Isacco e di Giacobbe.
Il racconto Giovanneo riporta un contatto con Gen 24: appena lo straniero ha finito di parlare, Rebecca rientra a casa di corsa e dice ai suoi: “ecco quest’uomo mi ha parlato”. Lo stesso farà la samaritana. Gesù è rappresentato seduto sull’orlo del pozzo, potendo noi cogliere ancora una continuità: presso il pozzo la donna scoprirà Colui che è la sorgente che zampilla per la vita eterna. Nel racconto di G. Flavio, presso un pozzo Mosè, in fuga dopo l’uccisione di un egiziano, giunto presso la città di Madianis, si era seduto vicino a un pozzo a causa della stanchezza e della calura del giorno; era l’ora di mezzogiorno, non lontano dalla città (Ant. Giud. II, 254 ss).
Gesù come Mosè è stanco, è affaticato dal caldo di mezzogiorno, entrambi non hanno da mangiare. Questa Samaritana giunge al pozzo ad attingere acqua nell’ora più calda della giornata. Dal testo apprendiamo che questa donna non ha un vissuto limpido perciò evita l’incontro con le altre donne.
L’evangelista non si sofferma su questa esperienza, ma sull’incontro e il colloquio che ne è seguito. E’ Gesù che da la possibilità alla donna di instaurare una relazione con lui, chiedendo un sorso d’acqua. Forse mai nessuno le aveva chiesto una cosa così semplice, dell’acqua, forse mai nessuno si era interessata alle domande che portava in cuore.
Lei viene ad attingere acqua, ma dentro ha una attesa più profonda, una sete più vera. Gesù offre la possibilità di un dialogo, offre la possibilità alla donna di far venire fuori le domande che porta in cuore: l’acqua e il culto: dal v.7 al v.15 e dal v.16 al v.26. La donna è qui come la rappresentante dei samaritani e Gesù, chi è? Forse il Nuovo Israele, che nel deserto sperimenta la sete del popolo, una sete profonda, non solo fisica, ma “non sete di acqua, ma di ascoltare la Parola” (Am 8,11) Ma Gesù di cosa ha sete? Ma è proprio un Giudeo, questo pellegrino che chiede da bere a una samaritana?

vv.10-15: Se la donna conoscesse chi è lo straniero che le chiede da bere le parti sarebbero invertite. Dunque non è Gesù che ha bisogno di un sorso d’acqua, ma la donna che in fondo è andata con una brocca, che non sarà mai piena abbastanza da dissetare. Di fronte a lei c’è un uomo che è capace davvero di soddisfare le interiore necessità umane.
Dammi da bere”, Gesù ha chiesto da bere alla samaritana, ma ciò di cui lui ha sete è della sete di lei. Gesù ha in se un’acqua viva, non perché il pozzo di Giacobbe ha un’acqua stagnante, non è una cisterna. Gli dice la donna: Signore, non hai un secchio e il pozzo è profondo; da dove prendi dunque quest’acqua viva? Sei tu forse più grande del nostro padre Giacobbe, che ci diede il pozzo e ne bevve lui con i suoi figli e il suo bestiame?».
Gesù non risponde, spinge la donna ad andare oltre il fatto: Chiunque beve di quest’acqua avrà di nuovo sete; ma chi berrà dell’acqua che io gli darò, non avrà più sete in eterno. Anzi, l’acqua che io gli darò diventerà in lui una sorgente d’acqua che zampilla per la vita eterna». La donna è affascinata dalle parole di Gesù, ma forse non è ancora entrata nello spessore e nella profondità del suo discorso. Gesù dopo averla ascoltata, dopo aver fatto venir fuori il suo pensiero la sua esperienza, spiega che lui non parla del pozzo di Giacobbe, lui vuole donare un’acqua che estingue la sete, che può divenire una sorgente nell’uomo, la cui acqua zampilla.
La donna, come Nicodemo in precedenza (3,9), persiste nel suo equivoco, e chiede quell’acqua magica che deve risparmiare ogni fatica, come per il pane (6,34).

vv.16-19: Gesù conduce il colloquio verso una svolta, per ritornare al significato profondo del suo discorso. Invita la donna a chiamare suo marito. Gesù conduce per questa strada la donna non per rilevare il suo comportamento peccaminoso, ma offre una mano per poter avere un cuore libero ad accogliere e ricevere la rivelazione. Egli vuole portare la donna alla fede in Lui (vv. 19.26.29), e quindi provocare nella sua vita un svolta decisiva.
Come accade a ciascuno di noi dinanzi a delle domande profonde e intime, anche la donna risponde in modo evasivo, ma Gesù le svela la conoscenza che ha della sua vita. Cinque mariti e quello che ha ora non è suo marito. L’evangelista non dice quali sentimenti ha sentito la donna, quali moti dell’animo, noi restiamo nel testo con la consapevolezza che la conoscenza di sé è “per una più pura e più matura vita di fede” (GS 62).
Lui il Signore, che scruta e conosce i segreti dei cuori, si è avvicinato a questa donna che ha dimenticato il nome del suo vero Dio e teso le mani a un dio straniero. Ora la donna è sotto lo sguardo infinitamente buono di Dio, sotto la sua luce, in totale trasparenza, senza più schemi e difese, senza opacità e veli, senza più finzioni e doppiezze. E’ davanti a dio e a se stessa.

vv.20-24: La donna pone a Gesù, il profeta, l’antica problematica, oggetto di discussione tra Samaritani e Giudei, sul vero luogo di adorazione di Dio.
Gesù risponde con delle parole rivolte al futuro: «Credimi, donna, viene l’ora in cui né su questo monte né a Gerusalemme adorerete il Padre. Voi adorate ciò che non conoscete, noi adoriamo ciò che conosciamo, perché la salvezza viene dai Giudei.
Ma viene l’ora – ed è questa – in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità: così infatti il Padre vuole che siano quelli che lo adorano. Dio è spirito, e quelli che lo adorano devono adorare in spirito e verità».  Viene l’ora in cui ambedue i luoghi perderanno la loro importanza. Quest’ora comincia con Gesù, in lui inizia un nuovo modo di adorazione di Dio. Anche i Samaritani pregheranno il Padre, cioè Dio, quale Gesù lo rivela, perciò i luoghi di preghiera e di sacrificio perdono il loro significato. Ora con Gesù il vero culto di Dio comincia. Dopo il colloquio con Nicodemo i veri adoratori sono quelli generati dallo Spirito (3,3-8).
Il padre cerca tali adoratori, quindi è importante per la donna lasciarsi trovare da Dio attraverso Colui che le sta parlando. Dopo aver messo allo scoperto la sua vita, Gesù vuole portare ad accettare da lui il perdono di Dio e servire il Padre con cuore puro, in spirito e verità. Per questo è necessaria la fede in lui.

vv.25-26: Gesù non è obbligato a dare una risposta, ma vuole portare la donna a credere in Lui, e in lei il popolo samaritano

vv.27-38: Il colloquio con la donna è interrotto dall’arrivo dei discepoli, i quali restano meravigliati che lui parlasse con una donna, ma nessuno di loro osa chiedere: «Che cosa cerchi?», o: «Di che cosa parli con lei?». Tutti dosano le loro parole.
Intanto la donna va in fretta a chiamare i suoi conterranei, lasciando la brocca, per correre più velocemente. Lei vuole portare al pozzo i suoi, li vuole portare da quell’uomo tanto misterioso tanto quanto profondo.
La donna ha successo, riesce a far avvicinare al pozzo di Giacobbe i suoi concittadini.
Nel frattempo i discepoli invitano Gesù a mangiare, dopo tutto non era stato lui a mandarli a comprare qualcosa da mangiare? Qui sembra che Gesù usi la stessa tecnica usata per la donna, lì dell’acqua, qui del cibo.
Usa l’immagine del mangiare per esprimere un’intenzione interiore. Anche agli uomini è chiesto un mangiare e un bere in senso traslato, che consiste nel venire a Gesù, nel credere nel “pane del cielo”. Ma essi non comprendono.  Gesù vive interamente nell’intima unione con il Padre, riceve da Lui l’incarico di operare e si inchina sulla sua volontà. Invita i discepoli ad alzare lo sguardo e ad osservare i campi bianchi per il raccolto.

vv.39-42: Già in base alla testimonianza della donna molti abitanti di quella località avevano creduto in Gesù, ma questo resta solo lo spunto, la donna è solo una intermediaria, come già Giovanni Battista aveva indirizzato i suoi discepoli all’Unico maestro, a Gesù. I samaritani diventano i rappresentanti di una fede esemplare, anche perché non hanno bisogno di segni e di miracoli, credono già per la semplice parola di Gesù. “Molti di più credettero per la sua parola e alla donna dicevano: «Non è più per i tuoi discorsi che noi crediamo, ma perché noi stessi abbiamo udito e sappiamo che questi è veramente il salvatore del mondo”.
Una particolare attenzione va posta alla confessione dei samaritani: “questi è veramente il Salvatore del mondo”. Gesù è il Salvatore!
Il giorno stesso in cui Gesù nacque, apparve a dei pastori della contrada di Bethleem un angelo del Signore il quale gli annunziò la buona notizia che in quel giorno nella città di Davide era nato il Salvatore, che era Cristo, il Signore.

Appendice
Arrivò una donna di Samaria ad attingere acqua
«E arrivò intanto una donna» (Gv 4, 7): figura della Chiesa, non ancora giustificata, ma ormai sul punto di esserlo. E' questo il tema della conversione. Viene senza sapere, trova Gesù che inizia il discorso con lei.
Vediamo su che cosa, vediamo perché «Venne una donna di Samaria ad attingere acqua». I samaritani non appartenevano al popolo giudeo: erano infatti degli stranieri. E' significativo il fatto che questa donna, la quale era figura della Chiesa, provenisse da un popolo straniero. La Chiesa infatti sarebbe venuta dai pagani, che, per i giudei erano stranieri.
Riconosciamoci in lei, e in lei ringraziamo Dio per noi. Ella era una figura non la verità, perché anch'essa prima rappresentò la figura per diventare in seguito verità. Infatti credette in lui, che voleva fare di lei la nostra figura. «Venne, dunque, ad attingere acqua». Era semplicemente venuta ad attingere acqua, come sogliono fare uomini e donne.
«Gesù le disse: Dammi da bere. I suoi discepoli infatti erano andati in città a far provvista di cibi. Ma la Samaritana gli disse: Come mai tu, che sei Giudeo, chiedi da bere a me, che sono una donna samaritana? I Giudei infatti non mantengono buone relazioni con i Samaritani» (Gv 4, 7-9).
Vedete come erano stranieri tra di loro: i giudei non usavano neppure i recipienti dei samaritani. E siccome la donna portava con sé la brocca con cui attingere l'acqua, si meravigliò che un giudeo le domandasse da bere, cosa che i giudei non solevano mai fare. Colui però che domandava da bere, aveva sete della fede della samaritana. Ascolta ora appunto chi è colui che domanda da bere. «Gesù le rispose: Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: Dammi da bere, tu stessa gliene avresti chiesto ed egli ti avrebbe dato acqua viva» (Gv 4, 10).
Domanda da bere e promette di dissetare. E' bisognoso come uno che aspetta di ricevere, e abbonda come chi è in grado di saziare. «Se tu conoscessi», dice, «il dono di Dio». Il dono di Dio è lo Spirito Santo. Ma Gesù parla alla dottrina in maniera ancora velata, e a poco a poco si apre una via al cuore di lei. Forse già la istruisce. Che c'è infatti di più dolce e di più affettuoso di questa esortazione: «Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: Dammi da bere, tu stessa gliene avresti chiesto ed egli ti avrebbe dato acqua viva»? Quale acqua, dunque, sta per darle, se non quella di cui è scritto: «E' in te sorgente della vita»? (Sal 35, 10).
Infatti come potranno aver sete coloro che «Si saziano dell'abbondanza della tua casa»? (Sal 35, 9). Prometteva una certa abbondanza e sazietà di Spirito Santo, ma quella non comprendeva ancora, e, non comprendendo, che cosa rispondeva? La donna gli dice: «Signore dammi di quest'acqua, perché non abbia più sete e non continui a venire qui ad attingere acqua» (Gv 4, 15). Il bisogno la costringeva alla fatica, ma la sua debolezza non vi si adattava volentieri. Oh! se avesse sentito: «Venite a me, voi tutti, che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò»! (Mt 11, 28). Infatti Gesù le diceva questo, perché non dovesse più faticare, ma la donna non capiva ancora. (Dai «Trattati su Giovanni» di sant'Agostino, vescovo, Trattato 15, 10-12. 16-17; CCl 36, 154-156)

La sete della samaritana
"Signore... dammi di quest'acqua, perché non abbia più sete" La richiesta della Samaritana imprime una svolta decisiva al lungo e intenso dialogo con Gesù, che si svolge presso il pozzo di Giacobbe, vicino alla città di Sicar. Ce lo racconta san Giovanni nell'odierna pagina evangelica. Cristo chiede alla donna: "Dammi da bere" (v. 7). La sua sete materiale è segno di una realtà ben più profonda esprime l'ardente desiderio che l'interlocutrice e i suoi concittadini si aprano alla fede. La donna di Samaria, per parte sua, quando domanda a Lui dell'acqua, manifesta in fondo il bisogno di salvezza presente nel cuore di ogni persona. E il Signore si rivela come colui che offre l'acqua viva dello Spirito, che sazia per sempre la sete d'infinito d'ogni essere umano.
La liturgia di questa terza domenica di quaresima ci propone uno splendido commento all'episodio giovanneo, quando nel Prefazio si dice che Gesù "ebbe sete così ardente" della salvezza della Samaritana da "accendere in lei la fiamma dell'amore di Dio". L'episodio della Samaritana delinea l'itinerario di fede che tutti siamo chiamati a percorrere. Gesù continua ancora oggi ad "avere sete", cioè a desiderare la fede e l'amore dell'umanità. Dall'incontro personale con lui, riconosciuto e accolto come Messia, nasce l'adesione al suo messaggio di salvezza e il desiderio di diffonderlo nel mondo. È quanto avviene nel seguito del racconto giovanneo. Il legame con Gesù trasforma completamente la vita della donna, che corre senza indugio a comunicare la buona notizia alla gente del villaggio vicino: "Venite a vedere un uomo che mi ha detto tutto quello che ho fatto. Che sia forse il Messia?" (Gv 4, 29).
La rivelazione accolta con fede chiede di divenire parola proclamata agli altri e testimoniata mediante scelte concrete di vita. È questa la missione dei credenti, che scaturisce e si sviluppa a partire dall'incontro personale con il Signore. […] "La speranza poi non delude, perché l'amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato" (Rm 5, 5). Al dono dello Spirito, simboleggiato dall'acqua viva promessa da Gesù alla Samaritana, fanno riferimento anche le parole dell'apostolo Paolo, proclamate nella seconda lettura. Lo Spirito è la "caparra" della salvezza definitiva promessaci da Dio.
L'uomo non può vivere senza speranza. Non poche speranze, tuttavia, naufragano contro gli scogli della vita. La speranza del cristiano, però, "non delude", perché poggia sul solido fondamento della fede nell'amore di Dio, rivelato in Cristo. A Maria, Madre della Speranza, affido la vostra Parrocchia e il cammino quaresimale verso la Pasqua. Maria, che ha seguito suo Figlio Gesù fino alla Croce, ci aiuti tutti ad essere discepoli fedeli di Colui che fa zampillare nel nostro cuore acqua per la vita eterna (cfr Gv 4, 14). (Papa Giovanni Paolo II, Omelia del 3 marzo 2002)

La pedagogia del pozzo
“…cambia lo scenario…per un inedito dialogo vocazionale. Soprattutto per il metodo finemente pedagogico usato da Gesù. Tutto da imparare. Il Signore non aspetta che questa donna, persona ambigua, assolutamente fuori del giro vocazionale, noi diremmo, vada da lui, ma lui va incontro, la incrocia lungo le sue vie, o l’attende ove sa che lei verrà, condotta da un desiderio naturale, da un’abitudine quotidiana, ma che lui poi saprà trasfigurare.
Qui c’è tutto il segreto della pedagogia vocazionale, o forse addirittura della pastorale cristiana: è la pedagogia del pozzo. Il pozzo era fonte di vita e condizione di sopravvivenza per la Palestina di allora, sempre alle prese con la penuria d’acqua. Gesù sapeva che quella donna prima o poi sarebbe capitata da quelle parti. E lì si fa trovare ... (A. Cencini, Il più piccolo dei semi, p. 58 ss)

Cari fratelli e sorelle buongiorno!
Il Vangelo di oggi ci presenta l’incontro di Gesù con la donna samaritana, avvenuto a Sicar, presso un antico pozzo dove la donna si recava ogni giorno per attingere acqua. Quel giorno, vi trovò Gesù, seduto, «affaticato per il viaggio» (Gv 4,6). Egli subito le dice: «Dammi da bere» (v. 7). In questo modo supera le barriere di ostilità che esistevano tra giudei e samaritani e rompe gli schemi del pregiudizio nei confronti delle donne. La semplice richiesta di Gesù è l’inizio di un dialogo schietto, mediante il quale Lui, con grande delicatezza, entra nel mondo interiore di una persona alla quale, secondo gli schemi sociali, non avrebbe dovuto nemmeno rivolgere la parola. Ma Gesù lo fa! Gesù non ha paura. Gesù quando vede una persona va avanti, perché ama. Ci ama tutti. Non si ferma mai davanti ad una persona per pregiudizi. Gesù la pone davanti alla sua situazione, non giudicandola ma facendola sentire considerata, riconosciuta, e suscitando così in lei il desiderio di andare oltre la routine quotidiana.
Quella di Gesù era sete non tanto di acqua, ma di incontrare un’anima inaridita. Gesù aveva bisogno di incontrare la Samaritana per aprirle il cuore: le chiede da bere per mettere in evidenza la sete che c’era in lei stessa. La donna rimane toccata da questo incontro: rivolge a Gesù quelle domande profonde che tutti abbiamo dentro, ma che spesso ignoriamo. Anche noi abbiamo tante domande da porre, ma non troviamo il coraggio di rivolgerle a Gesù! La Quaresima, cari fratelli e sorelle, è il tempo opportuno per guardarci dentro, per far emergere i nostri bisogni spirituali più veri, e chiedere l’aiuto del Signore nella preghiera. L’esempio della Samaritana ci invita ad esprimerci così: “Gesù, dammi quell’acqua che mi disseterà in eterno”.
Il Vangelo dice che i discepoli rimasero meravigliati che il loro Maestro parlasse con quella donna. Ma il Signore è più grande dei pregiudizi, per questo non ebbe timore di fermarsi con la Samaritana: la misericordia è più grande del pregiudizio. Questo dobbiamo impararlo bene! La misericordia è più grande del pregiudizio, e Gesù è tanto misericordioso, tanto! Il risultato di quell’incontro presso il pozzo fu che la donna fu trasformata: «lasciò la sua anfora» (v. 28), con la quale veniva a prendere l’acqua, e corse in città a raccontare la sua esperienza straordinaria. “Ho trovato un uomo che mi ha detto tutte le cose che io ho fatto. Che sia il Messia?” Era entusiasta. Era andata a prendere l’acqua del pozzo, e ha trovato un’altra acqua, l’acqua viva della misericordia che zampilla per la vita eterna. Ha trovato l’acqua che cercava da sempre! Corre al villaggio, quel villaggio che la giudicava, la condannava e la rifiutava, e annuncia che ha incontrato il Messia: uno che le ha cambiato la vita. Perché ogni incontro con Gesù ci cambia la vita, sempre. E’ un passo avanti, un passo più vicino a Dio. E così ogni incontro con Gesù ci cambia la vita. Sempre, sempre è così.
In questo Vangelo troviamo anche noi lo stimolo a “lasciare la nostra anfora”, simbolo di tutto ciò che apparentemente è importante, ma che perde valore di fronte all’ «amore di Dio». Tutti ne abbiamo una, o più di una! Io domando a voi, anche a me: “Qual è la tua anfora interiore, quella che ti pesa, quella che ti allontana da Dio?”. Lasciamola un po’ da parte e col cuore sentiamo la voce di Gesù che ci offre un’altra acqua, un’altra acqua che ci avvicina al Signore. Siamo chiamati a riscoprire l’importanza e il senso della nostra vita cristiana, iniziata nel Battesimo e, come la Samaritana, a testimoniare ai nostri fratelli. Che cosa? La gioia! Testimoniare la gioia dell’incontro con Gesù, perché ho detto che ogni incontro con Gesù ci cambia la vita, e anche ogni incontro con Gesù ci riempie di gioia, quella gioia che viene da dentro. E così è il Signore. E raccontare quante cose meravigliose sa fare il Signore nel nostro cuore, quando noi abbiamo il coraggio di lasciare da parte la nostra anfora. (Papa Francesco, Angelus del 23 marzo 2014)
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