JUAN J. BARTOLOME sdb,Lectio Divina "Io sono la resurrezione e la vita"

02 aprile 2017 | 5a Domenica di Quaresima - A | Lectio Divina
Lectio Divina : Gv 11,1-45 
Io sono la resurrezione e la vita
La risurrezione di Lazzaro è l'ultimo dei segni realizzati da Gesù (2,1-12; 4,46-54; 5,1-9; 6,1-5.16-21;
9,1-7). Il suo racconto è il più esteso del vangelo, fatta eccezione della storia della Passione con cui è intimamente legato: spiega magistralmente, anche se in forma simbolica, perché colui che poteva dare la vita ad altri ha dovuto donare la propria. Infatti, è Gesù, nominato fino a 22 volte, che domina la scena; insieme a lui, la famiglia di Betania, con la quale mantiene vincoli di profonda amicizia (11,3.5.11.35). Lazzaro è il personaggio di pietra durante tutto il racconto: non parla prima di morire, tace dopo essere ritornato in vita. L'episodio è l'unica occasione in cui Gesù si scontra con la morte, e - non dimentichiamolo - è la morte di qualcuno che ama (11,3), una morte che non lo lascia indifferente (11,35-36).

In quel tempo, 1un certo Lazzaro di Betània, il villaggio di Maria e di Marta, sua sorella, era malato. [2Maria era quella che cosparse di profume il Signore e gli asciugò i piedi con i suoi capelli;] suo fratello Lazzaro era malato. 3Le sorelle mandarono dunque a dire a Gesù:
"Signore, ecco, colui che tu ami è malato".
4All'udire questo, Gesù disse:
"Questa malattia non porterà alla morte, ma è per la gloria di Dio, affinché per mezzo di essa il Figlio di Dio venga glorificato." 5[Gesù amava Marta e sua sorella e Lazzaro.] 6Quando sentì che era malato, rimase per due giorni nel luogo dove si trovava. 7Poi disse ai discepoli:
"Andiamo di nuovo in Giudea!".
8I discepoli gli dissero: "Rabbi, poco fa i Giudei cercavano di lapidarti e tu ci vai di nuovo?"
9Gesù rispose; "Non sono forse dodici le ore del giorno? Se uno cammina di giorno, non inciampa, perché vede la luce di questo mondo; 10ma se cammina di notte, inciampa, perché la luce non è in lui".
11Disse queste cose e poi soggiunse loro:
"Lazzaro, il nostro amico, s'è addormentato; ma io vado a svegliarlo"
12Gli dissero allora i discepoli: "Signore, se si è addormentato, si salverà".
13[Gesù aveva parlato della morte di lui; essi invece pensarono che parlasse del riposo del sonno.] 14Allora Gesù disse loro apertamente: "Lazzaro è morto, 15e io sono contento per voi di non essere stato là, affinché voi crediate; ma andiamo da lui!" 16Allora Tommaso, chiamato Dìdimo, disse agli altri discepoli:
"Andiamo anche noi a morire con lui!" 17Quando Gesù arrivó, trovò Lazzaro che già da quattro giorni era nel sepolcro.
8[Betania distava da Gerusalemme meno di tre chilometri 19 e molti Giudei erano venuti da Marta e Maria a consolarle per il fratello.] 20Marta, dunque, come udì che veniva Gesù, gli andò incontro; Maria invece stava seduta in casa. 21Marta disse a Gesù: "Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto! 22Ma anche ora so che qualunque cosa tu chiedarai a Dio, Dio te la concederà". 23Gesù le disse: "Tuo fratello risorgerà' 24Gli rispose Marta: "So che risorgerà nella risurrezione dell'ultimo giorno'
25Gesù gli disse: "Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; 26chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno. Credi questo?.
27Gli rispose: "Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio, colui che viene nel mondo"
28Dette queste parole, andò a chiamare Maria, sua sorella, e di nascosto le disse: "Il Maestro è qui e ti chiama"
29Udito questo, ella si alzò subito e andò da lui. 30[Gesù non era entrato nel villaggio, ma si trovava ancora là dove Marta gli era andata incontro.] 31Allora i Giudei, che erano in casa con lei a consolarla, vedendo Maria alzarsi in fretta e uscire, la seguirono pensando che andasse a piangere al sepolcro. 32Quando Maria giunse dove si trovava Gesù, appena lo vide si gettò ai suoi piedi dicendogli:
"Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto!"
33Gesù allora quando la vide piangere e piangere anche i Giudei che erano venuti con lei, si commosse profondamente e, molto turbato, domandò:
34"Dove lo avete posto?". Gli dissero: "Signore, vieni a vedere!". 35Gesù scoppiò in pianto. 36Dissero allora i Giudei: "Guarda como lo amava!". 37Ma alcuni di loro dissero: "Lui, che ha aperto gli occhi al cieco, non poteva anche far sì che costui non morisse?".
38Allora Gesù, ancora una volta commosso profondamente, si recó al sepolcro; era una grotta e contro di essa era posta una pietra. 39 Disse Gesù:
"Togliete la pietra!" Gli rispose Marta, la sorella del morto:
"Signore, manda già cattivo odore; è lì da quattro giorni!". 40 Le disse Gesù: "Non ti ho detto che, se crederai, vedrai la gloria di Dio?". 41 Tolsero dunque la pietra. Gesù allora alzò gli occhi e disse:
"Padre, ti rendo grazie perché mi hai ascoltato. 42Io sapevo che mi dài sempre ascolto, ma l'ho detto per la gente che mi sta attorno, perché credano che tu mi hai mandato".
43Detto questo, gridò a grande voce: "Lazzaro, vieni fuori!". 44 Il morto uscì, i piedi e le mani legati con bende, e il viso avvolto da un sudario. Gesù disse loro: "Liberatelo e lasciatelo andare". 45Molti dei Giudei che erano venuti da Maria, alla vista di ciò che egli veva compiuto credettero in lui.
1. LEGGERE : capire quello che dice il testo facendo attenzione a come lo dice
Il racconto si apre con la descrizione dettagliata della malattia dell'amico di Gesù (11,1-3) e si chiude con un suo ordine, che vince la morte (11,45-53). Dopo una breve introduzione (11,1-6), il racconto è strutturato fondamentalmente a base di dialoghi (11,7-16: Gesù e i suoi discepoli; 11,17-27: Gesù e Marta; 11,28-37: Gesù e Maria; 11,38-44: Gesù e Marta), brevi sequenze narrative e commenti del narratore (11,2.5.13.18-19.30). Anche se non si può separare l'azione dalle parole, sono queste che orientano il racconto e ne svelano il senso (14,4.11.15.25.42.43). Come nel caso della guarigione del cieco, anche qui Gesù giustifica previamente il proprio operato (11,9-10; cf. 9,4-5).
L'episodio inizia presentando i personaggi e la situazione (11,1-6). Lazzaro, il malato, è un abitante di Betania, villaggio presso Gerusalemme (11,18). Le sorelle non fanno una richiesta esplicita di guarigione, presentano l'ammalato in quanto amico di Gesù e lo informano sul suo malessere (11,3; 2,3). Gesù reagisce in modo inatteso: nonostante il suo affetto (11,5) si trattiene ancora due giorni (11,6.22.33): sa che la malattia non conduce alla morte, ha come fine la gloria di Dio e la glorificazione del Figlio (11,4).
Il dialogo che Gesù mantiene coi suoi discepoli (11,7-17) punta a chiarire il significato ultimo del segno. Quando si decide a ritornare in Giudea, il suo ultimo viaggio, i discepoli protestano: i giudei hanno cercato la sua fine. Gesù li incoraggia; l'agire di Gesù non si regola in base ad affetti o paure, segue un preciso piano divino: non è finita la giornata di lavoro che Dio gli ha affidato; la sua missione non è terminata. Deve svegliare l'amico addormentato, perché non è ancora notte (11,11). I discepoli non capiscono (11,13); in buona logica credono che dormire sia un segno di recupero (11,12): Gesù deve spiegare loro che il sonno di Lazzaro è vera morte, anche se non definitiva (11,14): ha 'lasciato' morire l'amico affinché i discepoli credano. La fede del discepolo, ottenuta a tale prezzo, è motivo di gioia per Gesù. Ecco il motivo del ritardo nel soccorrere l'amico.
Dinanzi alla volontà espressa di Gesù di dare vita all'amico morto (11,15), Tommaso, un discepolo che in Gv fa da portavoce dei dubbi dei suoi compagni (14,5; 20,16.24-29; 21,2), osa incoraggiare il gruppo a condividere la sorte di Gesù. E' la prima volta che un discepolo manifesta un tale proposito, ma l'ha fatto senza capire l'intenzione di Gesù (11,16). L'incomprensione è ovvia: Gesù ora non pretende di essere seguito fino alla morte, ma di essere creduto.
Il dialogo con Marta (11,18-27) serve nel racconto ad evidenziare il significato ultimo del segno prima di narrare la realizzazione. La situazione pare irreversibile: Lazzaro è morto da quattro giorni (11,17); non vi è speranza di recupero (11,21.39). La casa del morto è in lutto, colma di gente afflitta (11,19). Marta, incontrato Gesù, si rammarica - è logico - della sua assenza: se fosse venuto, il fratello non sarebbe morto. Esprimendo poi la sua fiducia nella preghiera del Maestro (un tema giovanneo: 14,13; 15,7.16; 16,23.24.26), continua a vedere in Gesù un taumaturgo: uomo di Dio, essa sa che Dio non gli negherà nulla (11,22). La convinzione di Marta non è ancora confessione di fede autentica, segnala un profondo apprezzamento: Dio è con colui che realizza portenti.
Gesù risponde con una affermazione a doppio senso (11,23: tuo fratello, benché morto, risusciterà), indicando il motivo della recente morte. Marta pensa - e sbaglia - alla risurrezione finale, contenuto delle speranze escatologiche ed opera di Dio (11,24). Gesù, in cambio, presenta se stesso come la realizzazione di ogni speranza: egli è la risurrezione e la vita (11,25a); credere in lui significa vita oggi e vita sempre; la morte non è definitiva per chi crede, anche se è morto; chi vive, se crede, non morirà mai (11,25b-26). L'affermazione di Gesù include due aspetti. La fede in lui assicura vita ora e dopo; libera, quindi, da due morti: quella fisica e quella eterna.
Il racconto del miracolo (11,38-44) è preceduto dall'incontro di Maria con Gesù (11,28-32) e dall'incontro di Gesù con la morte (11,33-37). La morte, deplorata da Maria (11.32) e pianta da Gesù (11,35), riempie la scena prima di essere vinta (11,34).
Credente ormai, Marta avvisa di nascosto sua sorella che il Maestro è lì, e la chiama (11,28). Maria risponde immediatamente; in fretta gli va incontro (11,29.31), quando Gesù è ancora per strada. Davanti a Gesù ripete il lamento della sorella (11,32.21); prostrata davanti a lui, non arriva a confidare in lui, si lascia dominare dal pianto. Gesù non rimane insensibile di fronte al dolore e alla morte: freme fino a commuoversi profondamente, con intimo turbamento (11,33.38). Chiede dove l'hanno deposto e piange pubblicamente vedendo la tomba dell'amico (11,34.35). Le sue lacrime provano il suo amore per il defunto (11,36: guarda come l'amava!) e offre un appiglio alla critica velata dei presenti che, in realtà, nasce dalla loro incomprensione: poteva ben guarire un moribondo costui che apre gli occhi ai ciechi (11,37).
I giudei continuano ad ignorare il motivo dell'emozione di Gesù e la ragione del suo desiderio di vedere Lazzaro. Gesù non era venuto a curare moribondi, bensì a risuscitare i morti. E lo fa con autorità (11,39.43.44), solo davanti a Dio dimostra dipendenza (11,41-42). La liberazione dalla morte si ottiene con la fede (11,40) e non già perché si aprono tombe chiuse (11,39): la fede deve precedere l'operato di Dio: più che semplice fiducia è comportamento obbediente del credente (11,39.41).
Davanti alla morte vincitrice Gesù prega: Gesù non chiede il miracolo, lo da per realizzato; non agisce come un taumaturgo che strappa a Dio il portento; la preghiera lascia intravedere l'intimità che lo unisce al Padre. Il ringraziamento, allora, si basa sulla consapevolezza di essere stato ascoltato (11,41); inoltre, sempre nel contesto di un ringraziamento, Gesù manifesta il motivo del segno: lo fa come inviato di Dio, per raggiungere la fede del pubblico. In quelle parole l'orante è allo stesso tempo il donante (11,42); il segno compiuto è garanzia che è lui l'inviato.
Il miracolo è narrato con estrema sobrietà. Gesù grida: è giunta l'ora in cui anche i morti udranno la voce del Figlio. Lazzaro è chiamato per nome (11,43); la risurrezione è una chiamata personale. L'ultimo ordine di Gesù libera un morto dal sudario che lo vincolava ancora alla morte e gli comanda di andarsene. Allo stesso tempo preannuncia che questa risurrezione è solo un simbolo di quella vera, futura: il risorto esce dalla tomba legato dalla morte, sotto il suo potere; i testimoni dovranno liberarlo dai suoi impedimenti. Vi sarà, invece, una risurrezione senza testimoni in cui non vi sarà bisogno di sudario perché la vita ricuperata sarà definitiva (20,4.6-9).
Come al solito, il segno supremo divide la gente. Molti, vedendo quanto successo, credono; altri, pochi, cospirano e avvertono i farisei. Credere in Gesù è necessario per avere il fratello risorto; ma neppure la risurrezione di un morto porta necessariamente alla fede. Questa è, fino ad oggi, la esperienza cristiana: solo chi crede in Gesù, vita e risurrezione nostra, vincerà la morte, sua e dei suoi.
2 - MEDITARE : Applicare quello che dice il testo alla vita
Fin dall'inizio il racconto sottolinea l'amicizia di Gesù con la famiglia di Betania: il morto gli è caro; la morte lo addolora. Proprio perciò, e tenendo conto delle aspettative delle sorelle, la reazione di Gesù diventa strana, sconsiderata: Gesù non sembra commuoversi per il bisogno estremo dei suoi amici. Per il narratore l'episodio è più rivelazione in atto che opera di misericordia; più che venire in aiuto ad un bisognoso, Gesù cerca di suscitare fede nel Dio che si manifesta. Gesù non è venuto per fare favori, miracoli, agli amici, ma per rivelarsi come vita di tutti. Cosa cerco quando vado da Gesù, il suo amore, la soddisfazione della mia necessità, o la sua rivelazione, la sua volontà di salvarci? Cosa cerco in Dio, me stesso o solo Lui?
In certo modo, Gesù ha 'lasciato' morire l'amico affinché i discepoli credano. La fede del discepolo, ottenuta ad un tale prezzo, è però motivo di gioia per Gesù. Ecco la ragione del ritardo nel soccorrere l'amico: lui che voleva tanto bene Lazzaro, vuole di più la fede dei discepoli. Chi non sopporterà disappunti e delusione nella sua amicizia con Gesù perderà l'opportunità di diventare credente in lui. Gesù lo si deve rispettare, lo si deve accogliere anche se delude le nostre attese e quando lascia insoddisfatte le nostre richieste.
Se il credente muore, vivrà: la morte non è il destino finale di colui che ha fede in Gesù; per il credente che vive non esiste morte definitiva. Questo scambio di battute tra Gesù e Marti si fa - non dimentichiamolo - davanti ad un morto tanto caro! Marta crede. Gesù non è un taumaturgo, un risuscitatore, ma la risurrezione, la vita, lo è per colui che crede: il credente sa che lui, Gesù, si identifica con la vita eterna dei suoi. La vita - e per sempre - è a portata di chi crede in Gesù. Se questa è la mia fede, che Gesù è la mia vita, vivrò per sempre.
Il Gesù che si dirige al sepolcro, luogo della vittoria della morte (11,39) è toccato pure lui, anche se non vinto, dalla morte che supererà (11,38). Il Gesù che risuscita Lazzaro gli si è avvicinato, ha fatto aprire il sepolcro e sentire una puzza di morte prima di far vedere la gloria di Dio. Solo la fede, che vince la morte, apre alla visione di Dio; tutti i presenti vedranno Lazzaro uscire dal sepolcro, solo il credente vedrà la gloria di Dio. Credere é la capacità di vincere la morte, di aprire i sepolcri, di vedere Dio dove si sente solo la sua assenza.
Davanti alla morte vincitrice Gesù prega: non chiede il miracolo, lo da per realizzato; nella preghiera si scorge l'intima unità di vita con il Padre. E lo ringrazia, perché si sa ascoltato (11,41); pregando, inoltre, manifesta il motivo del segno: ha ridato vita a Lazzaro come inviato di Dio. L'orante è allo stesso tempo il donante (11,42). Può dare vita a Lazzaro perché darà la vita per tutti, risuscita un morto perché, dopo la morte, risusciterà. Dare la vita per gli altri è il cammino, aperto a tutti, per risuscitare, come Gesù.
3 - PREGARE : Prega il testo e desidera la volontà di Dio: cosa dico a Dio?
Che tu abbia conosciuto l'amicizia e l'amore di una famiglia mi consola, Signore! Mi sembra tanto! Avere sentito la necessità di essere accolto, compreso, caro, così come eri ti fa più prossimo a me. Ma, allo stesso tempo, mi dà apprensione ed un po' di paura. Se così tratti l'amico che ha bisogno di te nel momento di maggiore debolezza, che disgraziati possono arrivare ad essere i tuoi amici!
Hai 'usato' Lazzaro per farti conoscere come vita per tutti, e non semplice rianimatore di un morto. Concedimi, come all'amico morto che la mia vita, e che soprattutto la mia morte, siano occasione affinché ti manifesti come sei, figlio prediletto di Dio, suo inviato e rappresentante. Che la mia vita esprima la mia fede in te, mia vita e che la mia morte ti riveli come resurrezione di tutti. Che la mia debolezza estrema riveli il tuo potere salvifico e sia occasione affinché gli altri credano in te, vita e resurrezione.
Juan Jose BARTOLOME SDB
http://www.donbosco-torino.it

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