padre Gian Franco Scarpitta"Pastore e pecore, sollecitudine reciproca nell'unico Pastore"

Pastore e pecore, sollecitudine reciproca nell'unico Pastore
padre Gian Franco Scarpitta  
IV Domenica di Pasqua (Anno A) (07/05/2017)
Vangelo: Gv 10,1-10 
Al centro della città vecchia di Gerusalemme si poteva accedere attraverso diverse "porte", ciascuna
collocata in una determinata posizione e ciascuna avente una denominazione simbolica. Una di queste è la "Porta delle pecore", così chiamata perché conduceva al Tempio e coloro che vi entravano erano soliti recare le pecore da offrire a Dio da offrire in sacrificio a Dio. Forse a questo riferimento fa allusione Gesù in questo passo significativo del Vangelo, nel quale possiamo riscontrare innanzitutto il parallelismo fra il tempio di Gerusalemme, luogo sacro e rinomato nel quale, unicamente, era possibile incontrare rapportarsi al Signore, e il nuovo Tempio che è Gesù Cristo medesimo. Come si è potuto vedere nelle precedenti settimane a proposito della morte di Gesù sulla croce, non appena Gesù rendeva lo Spirito "il velo del tempio si squarciava" e questo indicava la fine dell'universalità di un solo luogo sacro nel quale poter conferire con Dio. Da quel momento in avanti il vero tempio nel quale tutti possono incontrare Dio è Cristo stesso e in lui tutti gli uomini, di qualunque etnia e provenienza, sono invitati a rendere culto al Signore. Per mezzo di Gesù si giunge al Padre e di conseguenza egli stesso è il vero tempio. Un secondo parallelismo lo possiamo riscontrare nei sacrifici delle vittime animali della vecchia alleanza che Gesù ha sostituito una volta per tutte con l'unico sacrificio di se stesso. A differenza degli antichi sacerdoti leviti che, unici, potevano entrare nel tempio per l'offerta dei sacrifici con il sangue delle vittime animali, Cristo è egli stesso il sacerdote perfetto in quanto in se stesso offre un perfetto sacrificio (Eb 2, 10 - 17), configurandosi come Agnello e Sacerdote allo stesso tempo. Egli è quindi il nuovo tempio, la vera vittima e il vero sacerdote che con il suo sacrificio dischiude all'uomo la comunione con Dio e realizza anche la comunione degli uomini fra di loro.
Gesù non parla in Giovanni di pecore in quanto vittime sacrificali da presentare al tempio. Ne parla piuttosto identificandole come i soggetti, le persone, per le quali lui si è sacrificato. A differenza di coloro che offrivano la vita delle pecore, Gesù ha offerto la sua vita per le pecore. E grazie a questo suo sacrificio le pecore hanno avuto la vita per sempre. Chi sono le pecore per cui Cristo si è sacrificato? Coloro che erano dispersi ed errabondi, in preda al peccato e alla desolazione, in cerca di approdi di salvezza, spesso vittime della loro stessa illusione di autoreferenza. Tutti noi in definitiva siamo le pecore bisognose di un pastore perché tutti necessitiamo di approdi alla verità e alla vita. E Cristo si è offerto come vittima affinché in lui trovassimo appunto il pastore oltre che il risolutore delle nostre carenze di meriti verso Dio Padre.
Colui che ha dato la vita per le sue pecore non si è limitato infatti ad espiare per esse: si è posto come loro guida e orientamento. Nei nostri riguardi Gesù si atteggia come nessun altro proprietario di greggi farebbe, cioè si china su ciascuna delle pecore per assisterle e per accudirle sanando eventuali loro ferite e prendendosi cura premurosamente soprattutto delle più deboli e delle più indifese. Usa loro confidenza e profonda stima e fiducia, quando potrebbe (in forza della sua divina autorità) spadroneggiare su di esse e a differenza di un allevatore non si cura di trarre profitto da alcuna pecora ma al contrario il vero profitto per lui è la pecora stessa. Ciascuno di questi animali è prezioso ai suoi occhi e non c'è nulla che egli voglia guadagnare più di esso. La premura con cui Gesù si cimenta con le sue pecorelle è un riflesso della sollecitudine con cui per esse ha dato la vita sulla croce.
Il ministero di Gesù si svolge attraverso il ruolo vicario del successore di Pietro in comunione con i vescovi, successori degli apostoli. Nel ministero del papa, dei vescovi e dei presbiteri loro coadiutori Cristo continua egli stesso a manifestare la sua sollecitudine di pastore premuroso e zelante, che in questi ultimi tempi invita anche gli stessi suoi ministri a "rendersi modelli del gregge senza spadroneggiare sul popolo loro affidato"(1Pt 5, 3). Invita altresì i pastori ad avere "l'odore delle pecore" (papa Francesco) a camminare passo dopo passo con loro senza porsi in atteggiamento di altezzosa superiorità, ma ponendosi al loro servizio. Tutto questo soprattutto nella deplorevole condizione attuale, per cui il clero si trova a dover rendere conto ai fedeli di ignominiosi atti di cui si è reso responsabile nelle persona di alcuni suoi membri. Da parte dei sacerdoti è urgente che si recuperi la fiducia di quanti si sono disposti a vedere in loro i ministri del Signore e che lo si faccia con urgenza, optando per una radicale revisione della propria vita e per la messa in atto delle condizioni necessarie per cui determinate aberrazioni e scandali no abbiano più a verificarsi. Occorre che i sacerdoti ripensino seriamente il loro ruolo di pastori a partire dai loro singoli atteggiamenti e dal loro modo di essere e di porsi, come più volte ha del resto esortato papa Francesco. Occorrerebbe che anche noi presbiteri ci sentissimo "pecore" prima ancora che ministri.
Se tuttavia è necessaria la sollecitudine dei pastori, è altrettanto fondamentale la disponibilità dei fedeli a configurarsi come "pecore" del Signore, mostrando comprensione e pazienza verso coloro che comunque sull'altare agiscono nella persona stessa di Cristo: raramente ci si rende conto di quanto sia importante il sostegno e la vicinanza dei fedeli verso i sacerdoti, proprio nelle loro crisi e nelle loro difficoltà. Lo stesso ministero pastorale ordinario richiede che siamo incoraggiati e sospinti, che vi sia la certezza di essere amati e compresi affinché siamo spronati a fare di meglio e tante volte invece ci si trova vittime di insinuazioni, critiche e pettegolezzi a volte gratuiti e immotivati. Da parte dei fedeli occorrerebbe maggiore valorizzazione dei propri sacerdoti e attenzione particolare anche nelle collaborazione con loro, e per l'appunto comprensione quanto ai loro errori e alle loro immancabili defezioni. E in ogni caso è indispensabile che non si distolga l'attenzione dal ministero dei pastori visibili, istituito dal Cristo per la nostra salvezza e per la nostra fecondità spirituale. Nel Vicario di Cristo, nei Vescovi e nei Presbiteri agisce lo stesso Cristo unico Pastore del gregge, che si serve di elementi pur sempre umani e limitati, per mezzo dei quali comunque è solito agire egli stesso.
Sollecitudine dei pastori e sensibilità delle pecore. Questo è il binomio che si richiede per un giusto equilibrio della nostra vita spirituale e anche a proposito di esso l'esempio ci proviene sempre dallo stesso Signore Risorto, che è Pastore in quanto Agnello e Sacerdote in quanto Vittima di espiazione a servizio delle sue pecore.
Fonte:http://www.qumran2.net

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