Don Marco Ceccarelli, "Pentecoste ed evangelizzazione "

Pentecoste “A” – 4 Giugno 2017
I lettura: At 2,1-11
II lettura: 1Cor 12,3-7.12-13
Vangelo: Gv 20,19-23
- Testi di riferimento: Gen 2,7; Gb 33,4; 34,14-15; Sal 68,18; 104,29-30; 146,4; Qo 12,7-8; Sap
15,11; Ez 37,9; Mt 16,19; 18,18; Mc 16,14; Lc 24,36-43.49; Gv 1,33; 7,37-39; 14,16-17.26-27;
15,26; 16,7.20.22.33; 19,34; At 1,3-4; Rm 5,5; 8,9-11.14-16; 12,1; 1Cor 2,12; 3,16-17; 5,4-5; 6,19-
20; 15,45; 2Cor 6,16; Gal 4,6; Ef 2,17; 1Ts 4,3-8; 1Tm 1,14; Gc 4,5
1. Prima lettura.
- L’evento della Pentecoste segna l’inizio di un tempo nuovo per l’umanità. Se è vero che lo Spirito

di Dio aveva agito anche nei tempi passati (se ne parla nell’Antico Testamento), tuttavia ora appare
qualcosa di nuovo. Se in Gv 7,39 si dice che «non c’era ancora lo Spirito perché Gesù non era ancora
stato glorificato», non significa che non avesse già operato anche prima di Cristo, ma che a partire
dalla glorificazione di Cristo lo Spirito diventa disponibile in forma stabile, come una realtà che
ci viene donata appunto grazie al mistero pasquale di Gesù. È lo stesso spirito del Cristo Risorto che
viene ad abitare in noi per mezzo dello Spirito Santo (Rm 8,9-11; Gal 4,6). Così a Pentecoste il fuoco
dello Spirito “si sedette” (At 2,3) sugli apostoli, perché Egli prende dimora dentro di loro. Egli è
quell’altro Consolatore che rimane sempre con i discepoli (Gv 14,16). Da questo momento l’essere
umano può diventare tempio di Dio. È il grande “miracolo” della inabitazione dello Spirito nell’uomo.
- La Pentecoste è il compimento del mistero pasquale. La Pasqua senza la Pentecoste resterebbe
un’opera incompiuta. Se la risurrezione di Cristo non arriva alla vita delle persone, a cosa serve? Ed
essa arriva alla vita delle persone attraverso lo Spirito Santo che è lo Spirito di Cristo risorto, che
dona la vita nuova; ed è solo ricevendo questa vita nuova che è possibile entrare nel regno di Dio
(Gv 3,5). La carne e il sangue non possono ereditare il regno di Dio (1Cor 15,50); è necessario ricevere
la nuova natura di figli di Dio. Cristo deve salire al Padre per essere presente in mezzo ai discepoli
in un modo nuovo e più profondo (Gv 16,7). Una volta in cielo Cristo è costituito spirito datore
di vita (1Cor 15,45), e vive nei discepoli in forza del suo Spirito. La vittoria sulla morte ottenuta
da Cristo viene partecipata agli uomini attraverso lo Spirito. Quello che Gesù ha realizzato
sarebbe stato vano per noi senza il dono dello Spirito. È Lui che ci comunica la grazia della vita
nuova, quella stessa vita che Cristo ha conquistato con la sua risurrezione. Lo Spirito è il frutto del
mistero pasquale di Cristo.
- Perciò sono le due facce della stessa medaglia. Il primo effetto
dell’effusione dello Spirito è la glossolalia, il parlare in lingue (prima lettura), segno di quanto gli
apostoli stanno per iniziare, l’evangelizzazione delle genti. Da questo momento in poi lo Spirito
Santo, il frutto del mistero pasquale di Cristo, deve essere offerto a tutti gli uomini. Tutti hanno il
diritto di sapere che per essi c’è la possibilità di ricevere una vita nuova, la vita di Cristo, esattamente
come è successo agli apostoli. E questa vita nuova, questo Spirito Santo, arriva tramite l’evangelizzazione,
tramite l’annuncio della buona notizia, come si mostra chiaramente nell’episodio di
Cornelio e la sua famiglia, descritto in At 10,44-48.
2. Seconda lettura. La Pentecoste segna anche il compimento della nascita della Chiesa. Essa ha
avuto il suo sviluppo embrionale durante il ministero di Gesù, ma è soltanto con la Pentecoste che
questo “lavoro” di Gesù viene realizzato. Lo Spirito rende quelle persone – quei discepoli che erano
così disuniti, litigiosi, incapaci di amarsi – un solo corpo. E lì dove lo Spirito arriverà, dove ci saranno
persone che riceveranno quello stesso Spirito di Cristo risorto, giudei o greci che siano, esse
entreranno a far parte dell’unico corpo di Cristo che è la Chiesa. Nella diversità dei carismi, dei ministeri,
delle missioni, i cristiani sono veramente un unico corpo in virtù dello stesso Spirito Santo
che ci è stato dato. Si tratta di una realtà unica, che non ha paralleli in qualsiasi altra società umana.
Nessuno è cristiano da se stesso e per se stesso. Siamo cristiani in quanto appartenenti all’unico
corpo e in funzione dell’unico corpo.
2. Il Vangelo. Il brano odierno del Vangelo l’abbiamo già commentato qualche domenica fa (vedi II
domenica di Pasqua). Aggiungiamo soltanto qualcosa sullo Spirito e sulla Chiesa.
- La “scomparsa” di Cristo. Nella prima parte di questo cap. 20 di Gv si parla di una “scomparsa”,
vale a dire di quella di Gesù dal sepolcro. Tale scomparsa ha a che fare da un lato con il ritorno al
Padre, e dall’altro con il dono dello Spirito; Gv 16,5-7: «Conviene a voi che io me ne vada, perché,
se non me ne vado, non verrà a voi il Paracleto; ma quando me ne sarò andato ve lo manderò».
Dunque Gesù, dopo essere “scomparso” dal sepolcro e aver rivelato la sua salita al Padre, ora dona
lo Spirito, compimento del mistero pasquale (vv. 22-23). Insufflando nei discepoli Gesù compie
quanto significato nella sua morte in croce. Il sangue e l’acqua scaturiti dal suo costato sono il simbolo
della sua vita (sangue) donata attraverso lo Spirito (acqua). Come Dio in Gen 2,7, Gesù alita
ora lo Spirito sui discepoli perché in loro si realizza la nuova creazione, i figli di Dio.
- Il dono dello Spirito conferisce il potere di rimettere i peccati. All’inizio del suo ministero Gesù
era stato proclamato come l’agnello di Dio che toglie i peccati del mondo (Gv 1,29); egli stesso dice
di essere venuto a liberare dalla schiavitù del peccato (Gv 8,34-36). Gesù ha compiuto ciò con la
sua morte in croce, quando come agnello pasquale versa il sangue per la remissione dei peccati. Ora
egli lascia questo potere alla Chiesa; o meglio, continua egli stesso ad esercitare la liberazione dal
peccato attraverso gli apostoli. La presenza di Cristo nella Chiesa attraverso il suo Spirito fa sì che
negli apostoli si faccia presente il potere di liberare gli uomini dalla schiavitù del peccato. Ai discepoli
Gesù affida la stessa missione che ha ricevuto dal Padre (v. 21). Anche davanti alla presenza di
Cristo nella Chiesa si opererà lo stesso giudizio. Chi riconoscerà di essere cieco, cioè nella tenebra,
cioè peccatore, riceverà la luce, la remissione dei peccati; per chi invece crede di vedere, il peccato
rimane (Gv 9,41). La liberazione dal peccato è possibile solo attraverso la Chiesa che è il corpo di
Cristo.
- Dichiarazione “Dominus Iesus” circa l’unicità e l’universalità salvifica di Gesù Cristo e della
Chiesa: «Il Signore Gesù, unico Salvatore, non stabilì una semplice comunità di discepoli, ma costituì
la Chiesa come mistero salvifico: Egli stesso è nella Chiesa e la Chiesa è in Lui; perciò, la pienezza
del mistero salvifico di Cristo appartiene anche alla Chiesa, inseparabilmente unita al suo Signore.
Gesù Cristo, infatti, continua la sua presenza e la sua opera di salvezza nella Chiesa ed attraverso
la Chiesa” (n. 16) … «Deve essere fermamente creduto che la Chiesa pellegrinante è necessaria
alla salvezza. Infatti solo Cristo è il mediatore e la via della salvezza; ed egli si rende presente a
noi nel suo Corpo che è la Chiesa. Ora Cristo, sottolineando a parole esplicite la necessità della fede
e del battesimo (cf. Mc 16,16; Gv 3,5), ha insieme confermato la necessità della Chiesa, nella quale
gli uomini entrano per il battesimo come per una porta. Questa dottrina non va contrapposta alla volontà
salvifica universale di Dio (cf. 1 Tm 2,4); perciò è necessario tener congiunte queste due verità,
cioè la reale possibilità della salvezza in Cristo per tutti gli uomini e la necessità della Chiesa in
ordine a tale salvezza» (n. 20). Tutto ciò rimane vero non solo per i non battezzati, ma anche per i
cristiani stessi che non possono bypassare la Chiesa nel loro rapporto con Cristo.
Fonte:http://www.donmarcoceccarelli.it/

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