FIGLIE DELLA CHIESA, Lectio "Io sono la via, la verità e la vita "

V Domenica di Pasqua
Antifona d'ingresso
Cantate al Signore un canto nuovo,

perché ha compiuto prodigi;
a tutti i popoli ha rivelato la salvezza. Alleluia. (Sal 98,1-2)

Colletta
O Padre,
che ci hai donato il Salvatore e lo Spirito Santo,
guarda con benevolenza i tuoi figli di adozione,
perché a tutti i credenti in Cristo
sia data la vera libertà e l’eredità eterna.

Oppure:
O Padre,
che ti riveli in Cristo maestro e redentore,
fa’ che, aderendo a lui, pietra viva,
rigettata dagli uomini,
ma scelta e preziosa davanti a te,
siamo edificati anche noi
in sacerdozio regale, popolo santo,
tempio della tua gloria.

PRIMA LETTURA (At 6,1-7)
Scelsero sette uomini pieni di Spirito Santo.
Dagli Atti degli Apostoli

In quei giorni, aumentando il numero dei discepoli, quelli di lingua greca mormorarono contro quelli di lingua ebraica perché, nell’assistenza quotidiana, venivano trascurate le loro vedove.
Allora i Dodici convocarono il gruppo dei discepoli e dissero: «Non è giusto che noi lasciamo da parte la parola di Dio per servire alle mense. Dunque, fratelli, cercate fra voi sette uomini di buona reputazione, pieni di Spirito e di sapienza, ai quali affideremo questo incarico. Noi, invece, ci dedicheremo alla preghiera e al servizio della Parola».
Piacque questa proposta a tutto il gruppo e scelsero Stefano, uomo pieno di fede e di Spirito Santo, Filippo, Pròcoro, Nicànore, Timone, Parmenàs e Nicola, un prosèlito di Antiòchia. Li presentarono agli apostoli e, dopo aver pregato, imposero loro le mani.
E la parola di Dio si diffondeva e il numero dei discepoli a Gerusalemme si moltiplicava grandemente; anche una grande moltitudine di sacerdoti aderiva alla fede.

SALMO RESPONSORIALE (Sal 32)
Rit: Il tuo amore, Signore, sia su di noi: in te speriamo.
Esultate, o giusti, nel Signore;
per gli uomini retti è bella la lode.
Lodate il Signore con la cetra,
con l’arpa a dieci corde a lui cantate. Rit:

Perché retta è la parola del Signore
e fedele ogni sua opera.
Egli ama la giustizia e il diritto;
dell’amore del Signore è piena la terra. Rit:

Ecco, l’occhio del Signore è su chi lo teme,
su chi spera nel suo amore,
per liberarlo dalla morte
e nutrirlo in tempo di fame. Rit:

SECONDA LETTURA (1Pt 2,4-9)
Voi siete stirpe eletta, sacerdozio regale.
Dalla prima lettera di san Pietro apostolo

Carissimi, avvicinandovi al Signore, pietra viva, rifiutata dagli uomini ma scelta e preziosa davanti a Dio, quali pietre vive siete costruiti anche voi come edificio spirituale, per un sacerdozio santo e per offrire sacrifici spirituali graditi a Dio, mediante Gesù Cristo. Si legge infatti nella Scrittura: «Ecco, io pongo in Sion una pietra d’angolo, scelta, preziosa, e chi crede in essa non resterà deluso».
Onore dunque a voi che credete; ma per quelli che non credono la pietra che i costruttori hanno scartato è diventata pietra d’angolo e sasso d’inciampo, pietra di scandalo.
Essi v’inciampano perché non obbediscono alla Parola. A questo erano destinati. Voi invece siete stirpe eletta, sacerdozio regale, nazione santa, popolo che Dio si è acquistato perché proclami le opere ammirevoli di lui, che vi ha chiamato dalle tenebre alla sua luce meravigliosa.

Canto al Vangelo (Gv 14,6)
Alleluia, alleluia.
Io sono la via, la verità e la vita, dice il Signore;
nessuno viene al Padre se non per mezzo di me.
Alleluia.

VANGELO (Gv 14,1-12)
Io sono la via, la verità e la vita.
+ Dal Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me. Nella casa del Padre mio vi sono molte dimore. Se no, vi avrei mai detto: “Vado a prepararvi un posto”? Quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, verrò di nuovo e vi prenderò con me, perché dove sono io siate anche voi. E del luogo dove io vado, conoscete la via».
Gli disse Tommaso: «Signore, non sappiamo dove vai; come possiamo conoscere la via?». Gli disse Gesù: «Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me. Se avete conosciuto me, conoscerete anche il Padre mio: fin da ora lo conoscete e lo avete veduto».
Gli disse Filippo: «Signore, mostraci il Padre e ci basta». Gli rispose Gesù: «Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo? Chi ha visto me, ha visto il Padre. Come puoi tu dire: “Mostraci il Padre”? Non credi che io sono nel Padre e il Padre è in me? Le parole che io vi dico, non le dico da me stesso; ma il Padre, che rimane in me, compie le sue opere.
Credete a me: io sono nel Padre e il Padre è in me. Se non altro, credetelo per le opere stesse.
In verità, in verità io vi dico: chi crede in me, anch’egli compirà le opere che io compio e ne compirà di più grandi di queste, perché io vado al Padre».

Preghiera sulle offerte
O Dio, che in questo scambio di doni
ci fai partecipare alla comunione con te,
unico e sommo bene,
concedi che la luce della tua verità
sia testimoniata dalla nostra vita.

PREFAZIO PASQUALE V
Cristo sacerdote e vittima

È veramente cosa buona e giusta,
nostro dovere e fonte di salvezza,
proclamare sempre la tua gloria, o Signore,
e soprattutto esaltarti in questo tempo
nel quale Cristo, nostra Pasqua, si è immolato.
Offrendo il suo corpo sulla croce,
diede compimento ai sacrifici antichi,
e donandosi per la nostra redenzione
divenne altare, vittima e sacerdote.
Per questo mistero, nella pienezza della gioia pasquale,
l’umanità esulta su tutta la terra,
e con l’assemblea degli angeli e dei santi
canta l’inno della tua gloria: Santo...

Antifona di comunione
“Io sono la via, la verità e la vita”,
dice il Signore. Alleluia. (Gv 14,6)

Preghiera dopo la comunione
Assisti, Signore, il tuo popolo,
che hai colmato della grazia di questi santi misteri,
e fa’ che passiamo dalla decadenza del peccato
alla pienezza della vita nuova.

Lectio
Siamo al cap. 14 di Gv, al primo discorso di addio perché Giovanni mette un altro discorso di addio al cap. 15-16 che pone l’attenzione sulla comunione di vita con Lui, che va intensificato per mezzo della pratica del comandamento dell’amore vicendevole. Invece nel cap. 14 Gesù insiste sulla fedeltà dei discepoli alla sua Parola. Gesù invita a non turbarsi.

v.1-3: non si turbi… in questo primo discorso Gesù cerca di consolare i discepoli esortandoli alla fiducia in Lui, nel nostro testo dice: “abbiate fede in Dio…” ma la traduzione vera è “ma credete in Dio,” cioè continuate a credere i n Dio e pure a me continuate a credere. Credere in Gesù come Figlio è credere in Dio come Padre. Già in Gv 10,30 abbiamo visto “Io e il Padre siamo una cosa sola” “ma se le compio, anche se non volete credere a me, credete almeno alle opere, perché sappiate che il Padre è in me e io nel Padre” (v.38). In Gv 12 dice: “chi crede in me, non crede in me, ma in colui che mi ha mandato” (vv. -44-46). Gesù stesso che aveva fatto esperienza del turbamento in vari momenti della sua vita (11,33; 13,21), cerca di dare coraggio e rimuovere ogni sentimento di tristezza nei discepoli. Egli infatti usa lo stesso verbo (έταράχτη Turbare) nella Risurrezione di Lazzaro 11,33 e nell’annunzio del tradimento di Giuda 13,21. Usa anche alla fine di questo cap. 14 al versetto 27, ripeti la frasi identica del versetto 1 “non sia turbato il vostro cuore”. Gesù vuole assicurare ai suoi che è una partenza temporanea, perché va a prepararli un posto. Cioè si riferisce alla comunione di vita con Dio e quando egli avrà preparato il posto, ritornerà a prendere i suoi discepoli affinché “dove sono io siate anche voi”. Lo scopo della partenza di Gesù è ben preciso “va a preparare un posto” nella casa del Padre. Per noi cristiani è una certezza che al di là, cioè nella casa del Padre nessuno verrà escluso, perché ogni uno riceverà la sua dimora secondo il suo merito. Gesù va ma torna, va a preparare il posto e poi ritorna a prendere con sé i suoi discepoli

vv.4-5: Gesù fa un passo in avanti perché dal tema del posto dove va a preparare passa a quello della via: “dove vado io, voi conoscete la via”. Sembra che egli vuole proprio dire: che per giungere as Padre, bisogna passare per mezzo del Figlio. Abbiamo già visto prima che lo scopo del Maestro è quello di rafforzare la fede dei discepoli. Loro dovrebbero conoscere già tutto, ma rimane ancora un discorso misterioso, di qui la domanda di Tommaso: “non sappiamo dove vai come possiamo conoscere ma via?”; Tommaso sembra proprio un lento nel credere, è lui che nella morte di Lazzaro dice: “andiamo anche noi a morire con Lui!” (11,16), è lui che per credere bisogna toccare con le mani il fianco di Gesù (20,24-29). Per Tommaso la via è una strada, invece Gesù parla della mediazione per arrivare al Padre.

vv.6-7: Ora Gesù spiega ai discepoli: “io sono la via la verità e la vita” questa è la frasi centrale di tutto questo brano. Gesù spiega rivelandosi. Già in 11,25 aveva detto a Marta sorella di Lazzaro: “Io sono la risurrezione e la vita chi crede in me, anche se muore vivrà,” come per dire: Sono io che do la vita, se tu credi … Abbiamo visto all’inizio di questo capitolo che Gesù vuole rafforzare la fede dei discepoli, e come sa che sono lenti a capire, parla piano piano, con tenerezza. Dice Gesù infatti: Io sono la via per chiunque voglia raggiungere la meta. Ma aggiunge altre due parole importante per l’evangelista: Verità e vita in 1,4 dice: “in Lui era la vita, e la vita era la luce degli uomini” se leggiamo il cap. 10, è un continuo ripetere di Gesù “il buon Pastore offre la vita per le sue pecore” vv. 11; 14; 17; 18, 28 “Io sono venuto perché “abbiano la vita in abbondanza” (v.10). Ancora nel prologo Giovanni dice: “la legge fu data per mezzo di Mosè, la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo” (v. 17). Di per sé Gesù non dice cose strane, vuole solo rendere partecipi i discepoli della stessa eredità che egli possiedi. Se conoscete me, dovreste conoscere anche il Padre, perché “io e il Padre siamo una cosa sola” (10,30).

vv.8-9: Penso che a questa domanda di Filippo, Gesù se sia messo le mani nei capelli, se ero io avrei detto, ma sei proprio lento nel capire le cose; è da tempo che vi sto spiegando e ancora non capite niente. Ci fa ricordare i discepoli di Emmaus, quando Gesù dice “lenti e tardi di cuore nel credere alle parole dei profeti…” (Lc 24,25). Filippo, dice Gesù, “chi ha visto me, ha visto il Padre”. Filippo sappiamo che è uno dei primi chiamato da Gesù (Gv 1,43-46), è quello che Gesù ha interpellato nella moltiplicazione dei pani (Gv 6,5), lui che ha accolto ed espresso i desideri dei greci che vogliono vedere il Signore (12,21-22). Di esperienze con Gesù ne aveva fatte, ma non basta solo vedere con gli occhi, bisogna fare l’esperienza del cuore. E questo per ritornare ai discepoli di Emmaus dopo la lunga chiacchierata con il pellegrino si dicono uno all’altro: “Non ci ardeva forse il cuore nel petto mentre conversava con noi lungo il cammino, quando ci spiegava le Scritture?” (Lc 24,32).

vv.10-12: Gesù risponde a Filippo con pazienza, sa che i discepoli sono ancora molto lenti, per questo sta cercando di tranquillizzarli prima di ritornare al Padre. “Non sia turbato il vostro cuore” (v.1), come per dire, per capire il Padre, bisogna fissare lo sguardo sul Figlio. Non credi tu questo? “Io sono nel Padre e il Padre è in me” è quasi la stessa risposta che Gesù diede ai giudei increduli (10,37-38). Gesù trasforma la domanda di Filippo in un invito a tutti i discepoli: “credete in Dio e credete anche a me” (v.1). Perché chi crede in Lui può partecipare del suo stesso potere “chi credi in me compirà le opere che io compio e ne farà di più grandi”. Per noi cristiani Gesù, la sua persona, la sua vita, e la sua storia è lo spazio in cui Dio si è reso visibile e conoscibile. Nell'incarnazione del Figlio di Dio l'invisibilità di Dio si è dissolta: il Dio invisibile ci è venuto vicino, raggiungibile e conoscibile. L'uomo è in cerca di Dio e questa sua ricerca di Dio non è una sovrastruttura, bensì la struttura più intima del suo essere. Dio si è reso visibile e raggiungibile nell'esistenza storica di Gesù, nella sua prassi di accoglienza, nella sua dedizione alla verità, nel suo amore che ha trovato il suo momento più espressivo sulla Croce.

Appendice
Tutti sono chiamati alla casa del Padre
Ma che cosa vogliono dire le parole che seguono: "Nella casa del Padre mio vi sono molte dimore" (Gv 14,2). È proprio perché i discepoli temevano anche per sé medesimi, che il Signore dice loro: «non si turbi il vostro cuore». E chi tra loro poteva evitare di esser colto da timore, dopo che Gesù aveva detto a Pietro, tra loro il più fiducioso e pronto: «Non canterà il gallo, che tu mi avrai rinnegato tre volte»? Giustamente si turbano, in quanto temono di perire lontano da lui.
Ma quando ascoltano il Signore che dice: «Nella casa del Padre mio vi sono molte dimore»; "se non fosse così ve lo avrei detto, perché vado a preparare un posto per voi (ibid)", il loro turbamento si calma e sono sicuri e fiduciosi che, al di là dei pericoli della tentazione essi resteranno presso Dio, con Cristo.
Uno sarà più forte dell’altro, uno più sapiente, un altro più giusto, un altro ancora più santo; ma «nella casa del Padre vi sono molte dimore», nessuno di essi sarà tenuto fuori da quella casa, dove ognuno avrà, secondo i meriti, la sua dimora. Uguale denaro viene dato a tutti, quel denaro che il padre di famiglia ordina di dare a coloro che hanno lavorato nella vigna, senza far distinzione tra chi ha faticato di più e chi di meno.
Questo denaro significa la vita eterna, dove nessuno vive più a lungo dell’altro, poiché nell’eternità non vi può essere una diversa durata della vita. E le molte dimore significano i diversi gradi di merito che vi sono nell’unica vita eterna. Uno è lo splendore del sole, un altro quello della luna, un altro ancora quello delle stelle: e una stella differisce dall’altra quanto a splendore.
Così accade nella risurrezione dei morti (cf. 1Cor 15,41.42.48).
Come le stelle nel cielo, i santi hanno nel regno dimore diverse per il loro fulgore; ma nessuno è escluso dal regno, poiché tutti hanno ricevuto la stessa mercede.
E così Dio sarà tutto in tutti, in quanto, essendo Dio carità, per effetto di questa carità ciascuno avrà quello che hanno tutti.
È così infatti che ognuno possiede, a motivo della carità, non le cose che ha veramente, ma le cose che ama negli altri. La diversità dello splendore non susciterà invidia, perché l’unità della carità regnerà in tutti e in ciascuno. (Agostino, In Ioan. 67, 2)

Noi siamo il regno di Cristo
Il Figlio dunque consegnerà al Padre il suo regno? Non vien meno a Cristo il regno che egli dà, ma anzi progredisce. Siamo noi il regno, poiché è stato detto a noi: "Il regno di Dio è in mezzo a voi" (Lc 17,21). E siamo prima regno di Cristo, poi del Padre; poiché sta scritto: "Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me" (Gv 14,6). Mentre sono in cammino, sono di Cristo; quando arriverò, sarò del Padre: ma ovunque per Cristo, e ovunque sotto Cristo. (Ambrogio, De fide, V, 12, 150)

«Io e il Padre siamo una cosa sola»
Se, come scrive Paolo agli Ebrei, l’Unigenito è lo splendore della gloria, il carattere della sostanza e l’immagine del Dio incorruttibile, invisibile ed eterno (cf. Rm 1,20; 1Tm 1,17), e se egli è verace quando afferma "Chi ha visto me ha visto il Padre" (Gv 14,9) e "Io e il Padre siamo una cosa sola" (Gv 10,30), certamente è consustanziale eterno e uguale, al punto che è simile in tutto a Dio Padre e in nulla differisce da lui. Infatti, luce da luce e non «eterousio «(cioè con "diversità di sostanza") è generato, né inferiore.
Il carattere della sostanza indica l’identità ed esclude ogni diversità di natura, di gloria e di onnipotenza; l’immagine razionale denota l’uguaglianza e la somiglianza; e chi vede una creatura, non vede l’Increato. Afferma infatti che le ipostasi sono una cosa sola per la divinità, e distingue le persone nell’unità dell’essenza. (Didimo di Alessandria, De Trinit. III, 2, 8)

«Il Padre è maggiore di me»
Ma poiché professiamo che nel Figlio vi sono due nature, cioè che egli è vero Dio e vero uomo, dotato di corpo e di anima, tutto quello dunque che le Scritture dicono di lui, con eminente e sublime efficacia, noi riteniamo che si debba riferire alla sua ammirevole e divinità; ciò che invece è detto di lui stesso in maniera più dimessa e inferiore all’onore dovuto alla sua dignità celeste, noi lo riferiamo non a Dio Verbo, ma all’umanità di lui assunta. Si riferisce dunque alla natura divina quello che più sopra abbiamo riferito, dove dice: "Io e il Padre siamo una cosa sola" (Gv 10,30) e: "Chi vede me, vede anche il Padre" (Gv 14,9), e: "Tutto quello che fa il Padre, lo stesso ugualmente lo fa anche il Figlio" (Gv 5,9) ... Queste sono, invece, le affermazioni che sono dette di lui con riguardo alla sua natura umana: "Il Padre è maggiore di me" (Gv 14,28). (Vittore di Vita, De persecutione, II, 4, 63)
Fonte:http://www.figliedellachiesa.org

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