FIGLIE DELLA CHIESA,Lectio"Come il Padre ha mandato me anch’io mando voi "

Domenica di Pentecoste
Messa del giorno



Antifona d'ingresso
Lo Spirito del Signore ha riempito l’universo,
egli che tutto unisce,
conosce ogni linguaggio. Alleluia. (Sap 1,7)

Oppure:
L’amore di Dio è stato effuso nei nostri cuori
per mezzo dello Spirito,
che ha stabilito in noi la sua dimora. Alleluia. (Rm 5,5; 8,11)

Colletta
O Padre, che nel mistero della Pentecoste
santifichi la tua Chiesa
in ogni popolo e nazione,
diffondi sino ai confini della terra
i doni dello Spirito Santo,
e continua oggi, nella comunità dei credenti,
i prodigi che hai operato
agli inizi della predicazione del Vangelo.

PRIMA LETTURA (At 2,1-11)
Tutti furono colmati di Spirito Santo e cominciarono a parlare.
Dagli Atti degli Apostoli

Mentre stava compiendosi il giorno della Pentecoste, si trovavano tutti insieme nello stesso luogo. Venne all’improvviso dal cielo un fragore, quasi un vento che si abbatte impetuoso, e riempì tutta la casa dove stavano. Apparvero loro lingue come di fuoco, che si dividevano, e si posarono su ciascuno di loro, e tutti furono colmati di Spirito Santo e cominciarono a parlare in altre lingue, nel modo in cui lo Spirito dava loro il potere di esprimersi.
Abitavano allora a Gerusalemme Giudei osservanti, di ogni nazione che è sotto il cielo. A quel rumore, la folla si radunò e rimase turbata, perché ciascuno li udiva parlare nella propria lingua. Erano stupiti e, fuori di sé per la meraviglia, dicevano: «Tutti costoro che parlano non sono forse Galilei? E come mai ciascuno di noi sente parlare nella propria lingua nativa? Siamo Parti, Medi, Elamìti; abitanti della Mesopotàmia, della Giudea e della Cappadòcia, del Ponto e dell’Asia, della Frìgia e della Panfìlia, dell’Egitto e delle parti della Libia vicino a Cirène, Romani qui residenti, Giudei e prosèliti, Cretesi e Arabi, e li udiamo parlare nelle nostre lingue delle grandi opere di Dio».

SALMO RESPONSORIALE (Sal 103)
Rit: Manda il tuo Spirito, Signore, a rinnovare la terra.
Benedici il Signore, anima mia!
Sei tanto grande, Signore, mio Dio!
Quante sono le tue opere, Signore!
Le hai fatte tutte con saggezza;
la terra è piena delle tue creature. Rit:

Togli loro il respiro: muoiono,
e ritornano nella loro polvere.
Mandi il tuo spirito, sono creati,
e rinnovi la faccia della terra. Rit:

Sia per sempre la gloria del Signore;
gioisca il Signore delle sue opere.
A lui sia gradito il mio canto,
io gioirò nel Signore. Rit:

SECONDA LETTURA (1Cor 12,3b-7.12-13)
Noi tutti siamo stati battezzati mediante un solo Spirito in un solo corpo.
Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi

Fratelli, nessuno può dire: «Gesù è Signore!», se non sotto l’azione dello Spirito Santo.
Vi sono diversi carismi, ma uno solo è lo Spirito; vi sono diversi ministeri, ma uno solo è il Signore; vi sono diverse attività, ma uno solo è Dio, che opera tutto in tutti. A ciascuno è data una manifestazione particolare dello Spirito per il bene comune.
Come infatti il corpo è uno solo e ha molte membra, e tutte le membra del corpo, pur essendo molte, sono un corpo solo, così anche il Cristo. Infatti noi tutti siamo stati battezzati mediante un solo Spirito in un solo corpo, Giudei o Greci, schiavi o liberi; e tutti siamo stati dissetati da un solo Spirito.

SEQUENZA
Vieni, Santo Spirito,
manda a noi dal cielo
un raggio della tua luce.

Vieni, padre dei poveri,
vieni, datore dei doni,
vieni, luce dei cuori.

Consolatore perfetto,
ospite dolce dell'anima,
dolcissimo sollievo.

Nella fatica, riposo,
nella calura, riparo,
nel pianto, conforto.

O luce beatissima,
invadi nell'intimo
il cuore dei tuoi fedeli.

Senza la tua forza,
nulla è nell'uomo,
nulla senza colpa.

Lava ciò che è sórdido,
bagna ciò che è árido,
sana ciò che sánguina.

Piega ciò che è rigido,
scalda ciò che è gelido,
drizza ciò che è sviato.

Dona ai tuoi fedeli,
che solo in te confidano
i tuoi santi doni.

Dona virtù e premio,
dona morte santa,
dona gioia eterna.

Canto al Vangelo ()
Alleluia, alleluia.
Vieni, Santo Spirito,
riempi i cuori dei tuoi fedeli
e accendi in essi il fuoco del tuo amore.

VANGELO (Gv 20,19-23)
Come il Padre ha mandato me anch’io mando voi.
+ Dal Vangelo secondo Giovanni

La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!». Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore.
Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati».

Preghiera sulle offerte
Manda, o Padre,
lo Spirito Santo promesso dal tuo Figlio,
perché riveli pienamente ai nostri cuori
il mistero di questo sacrificio,
e ci apra alla conoscenza di tutta la verità.

PREFAZIO
La Pentecoste epifania della Chiesa.

È veramente cosa buona e giusta,
nostro dovere e fonte di salvezza,
rendere grazie sempre e in ogni luogo
a te, Signore, Padre santo, Dio onnipotente ed eterno.
Oggi hai portato a compimento il mistero pasquale
e su coloro che hai reso figli di adozione
in Cristo tuo Figlio hai effuso lo Spirito Santo,
che agli albori della Chiesa nascente
ha rivelato a tutti i popoli il mistero nascosto nei secoli,
e ha riunito i linguaggi della famiglia umana
nella professione dell’unica fede.
Per questo mistero, nella pienezza della gioia pasquale,
l’umanità esulta su tutta la terra,
e con l’assemblea degli angeli e dei santi
canta l’inno della tua gloria: Santo...

Antifona di comunione
Tutti furono ripieni di Spirito Santo
e proclamavano le grandi opere di Dio. Alleluia. (At 2,4.11)

Oppure:
“Come il Padre ha mandato me,
anch’io mando voi.
Ricevete lo Spirito Santo”. Alleluia. (Gv 20,21.22)

ghiera dopo la comunione
O Dio, che hai dato alla tua Chiesa
la comunione ai beni del cielo,
custodisci in noi il tuo dono,
perché in questo cibo spirituale
che ci nutre per la vita eterna,
sia sempre operante in noi la potenza del tuo Spirito.

Nel congedare l’assemblea, si dice:

V. La Messa è finita: andate in pace. Alleluia, alleluia.

Oppure:
Portate a tutti la gioia del Signore risorto. Andate in pace. Alleluia, alleluia.

R. Rendiamo grazie a Dio, alleluia, alleluia.

Lectio
Il contesto liturgico di oggi è segnato dal termine del tempo pasquale e dal rilancio del tempo ordinario. Come a dire: riprendi il tuo solito tran tran, ma ricorda che c’è qualcosa di nuovo che lo attraversa… La luce del Risorto è guida sicura al cammino di quanti vogliono seguirlo, lo Spirito è dato, nessun dono manca a coloro che si lasceranno attrarre e condurre dal Signore della vita sulle strade della quotidianità. Lo ricordano chiaramente anche le parole del Prefazio: Padre Santo, oggi hai portato a compimento il mistero pasquale e su coloro che hai reso figli di adozione in Cristo tuo Figlio hai effuso lo Spirito Santo…Gesù ha promesso di rimanere con i suoi: “io sono con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo” (Mt28,20). C’è una vita nuova che riparte dall’evento della Pasqua, c’è la certezza della presenza del Risorto, non più visibile storicamente nella carne, ma vivificato dallo Spirito, non più raggiungibile nelle sue membra di uomo, ma tangibile nel suo Corpo Mistico, la Chiesa.

Il contesto biblico in cui si trova questa pericope è quello del capitolo 20, incentrato in Giovanni sulle apparizioni di Gesù dopo la sua risurrezione. Infatti, il brano che c’interessa è preceduto dall’incontro di Gesù con la Maddalena (20,11-18) e seguito dall’episodio dell’apparizione alla comunità riunita senza e con Tommaso (20,24-29).
La resurrezione di Gesù è un’esperienza che raggiunge tutti e ciascuno, un’interpellanza di vita che nessuno può sfuggire, ognuno è chiamato dal Risorto prima o poi a confrontarsi. Si tratta di un’esperienza personale unica, diretta, come quella della Maddalena, ma che investe anche la comunità nel suo insieme, nei suoi rapporti fraterni, nella ‘credibilità’ della fede che la testimonianza reciproca offre, suscitando assenso o rifiuto, come nel caso di Tommaso. Gesù di Nazaret è il Signore: questa è la buona notizia da annunciare!
Il passaggio dalla visione storica alla fede non è automatico né scontato, è difficile anche per chi ha condiviso la vita con lui da vicino. Il Risorto però non si arrende, immette aria di vita nuova … soffia … alita … la novità che farà mettere le ali fino ai testimoni del nostro tempo e oltre.

v.19: la sera di quello stesso giorno … mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei giudei, venne Gesù.
La nostra pericope si apre con un richiamo alla continuità tra il giorno di Pentecoste e il giorno splendente di luce della Pasqua: la sera di quello stesso giorno, il giorno di Pasqua. La Chiesa e l’umanità intera vivono un giorno unico, lungo 50 giorni: il giorno dell’inizio della nuova era, quella in cui il nome di Gesù persisterà davanti al sole e durerà nei secoli. Ma nella storia umana c’è ancora da attraversare qualche sera, qualche notte. Talvolta è l’esperienza della notte interiore, della paura: mentre erano chiuse le porte… per timore dei giudei, venne Gesù. Il Risorto viene, la luce splende nelle tenebre, nel timore manca ancora l’Amore, e Gesù viene.
L’irruzione di Dio è dentro la storia quotidiana, feriale: ‘mentre un profondo silenzio avvolgeva tutte le cose e la notte era a metà del suo corso, la tua parola onnipotente dal tuo cielo regale si lanciò’ (Sap18,14) …’mentre eravamo ancora peccatori Cristo è morto per noi’ (Rm5,8). ‘Poiché essi stavano fissando il cielo mentre egli se n’andava, ecco due uomini in bianche vesti si presentarono a loro e dissero: uomini di Galilea, perché state a guardare il cielo? Questo Gesù, che è stato di tra voi assunto fino al cielo, tornerà un giorno allo stesso modo in cui l’avete visto andare in cielo’ (At1,10-11).

v.19-20: Gesù si fermò in mezzo a loro e disse: Pace a voi! Detto questo, mostrò loro le mani e il costato. E i discepoli gioirono a vedere il Signore.
Molte volte, nella vita terrena di Gesù i Vangeli ci presentano delle scene di guarigione in cui Gesù pone ‘in mezzo’ alla gente l’uomo dalla mano inaridita, la donna curva, i bambini, a significare la grandezza della dignità della persona che è venuto a salvare e il messaggio stesso della salvezza: ‘si è fatto vicino a voi il regno di Dio’.
Il Risorto è ora ‘in mezzo’ ai suoi, è il centro della vita rinnovata dal suo amore; si ferma stabilmente tra coloro che ha amato fino alla fine, e lo fa elargendo il dono dei doni: la sua pace. Lo fa con il suo stile deciso e dolce ad un tempo: mostrando le mani e il costato trafitti, lo fa dicendo con la vita, più che con le parole, la fedeltà della sua misericordia. Egli non ostenta la sua onnipotenza, non viene ai suoi con effetti sfolgoranti, mostra le ferite dell’Amore senza recriminare sul male commesso, non c’è rivalsa alcuna, non c’è motivo di temere il proprio Dio. E sembra che il messaggio giunga chiaro, dritto al cuore: i discepoli gioirono a vedere il Signore.
Dal timore dei giudei alla gioia di vedere il Signore. Glielo aveva detto prima della passione: ‘ancora un poco e non mi vedrete; un po’ ancora e mi vedrete […] voi sarete afflitti ma la vostra afflizione si cambierà in gioia. Ora siete nella tristezza, ma vi vedrò di nuovo e il vostro cuore si rallegrerà e nessuno vi potrà togliere la vostra gioia […] vi ho detto queste cose perché abbiate pace in me’ (Gv16,20.22.33).

v.21: Gesù disse loro di nuovo: Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anch’io mando voi.
Prima di chiamare i suoi alla missione, Gesù ripete il suo saluto: “pace a voi”. Nel versetto precedente, con le stesse parole intendeva liberare dal timore i discepoli, rassicurandoli della sua vittoria sul mondo; ora, questa sicurezza ritrovata sarà il motore interiore, assieme al coraggio, di ogni annuncio che compiranno. La testimonianza resa da Gesù al Padre sarà la stessa che animerà anche i suoi discepoli fino alla fine, come il loro Maestro; sono stati scelti per questo: “non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituito perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto sia duraturo” (Gv15,16).
C’è una linea di continuità ininterrotta tra Gesù e i suoi riguardo alla missione, e il Padre rimane il garante del loro operato come lo era stato di Gesù: “le opere che il Padre mi ha dato da compiere, quelle stesse opere che io sto facendo, testimoniano di me che il Padre mi ha mandato. E anche il Padre, che mi ha mandato, ha reso testimonianza di me” (Gv5,36). “In verità, in verità vi dico: anche chi crede in me, compirà le opere che io compio e ne farà di più grandi, perché io vado al Padre” (Gv14,12).

v.22-23: Dopo aver detto questo, alitò su di loro e disse: “Ricevete lo Spirito Santo; a chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete resteranno non rimessi”.
Il verbo usato da Gesù nel significato di emise/soffiò è lo stesso che si trova anche in Gn2,7 per indicare l’animazione dell’uomo quando Dio gli infonde un alito vitale; con quel soffio, l’uomo divenne un essere vivente. L’alito vitale che Gesù infonde ai suoi è proprio lo Spirito. E’ quello che egli ha donato sulla Croce; disse: “tutto è compiuto. E consegnò lo Spirito” (Gv19,30). Ora, effuso sui presenti, è principio vitale della nuova comunità, chiamata ad essere nelle sue membra il Corpo risorto di Colui che ha vinto la morte. In questo gesto, la creazione dell’uomo giunge a pienezza e il dono dello Spirito e con esso la capacità di amare fino all’estremo è ciò che libera l’uomo dal peccato del mondo, tirandolo fuori dalla sfera dell’oppressione. L’esperienza della vita donata dallo Spirito rende libero l’uomo dalla schiavitù del peccato (cfr Gv8,31-32).
La comunità dei credenti ha una grande responsabilità di mediazione verso coloro che vogliono avvicinarsi a Gesù. Come lui, essa non allontana nessuno che le si avvicini. L’assimilazione di Gesù prodotta dallo Spirito permette alla comunità di discernere l’autenticità di coloro che manifestano la propria adesione a lui. Lo Spirito Santo fa sì che sia Gesù il loro criterio per discernere gli atteggiamenti e gli eventi che incontreranno. Non si tratta qui, secondo alcuni autori, di una potestà conferita ma di una capacità che si misura dalla sintonia dei discepoli con Gesù per mezzo dello Spirito. L’atteggiamento che l’uomo assume davanti a Gesù e che la comunità discerne viene infine ratificato da Dio: ‘resteranno liberi, resteranno imputati’ (cfrGv20,23).

Appendice

Le radici ebraiche della Festa
Pentecoste, dal greco antico pentekostè (heméra) - πεντηκοστή (ἡμὲρα) - cioè "cinquantesimo" (giorno), è una festa della tradizione ebraica e successivamente di quella cristiana.
L'origine della festa è ebraica e si riferisce allo Shavuot (letteralmente: settimane), celebrato sette settimane dopo la Pasqua ebraica, iniziando a contare dal secondo giorno di Pasqua, il 16 di Nissan. La festività ebraica era legata alle primizie del raccolto e alla rivelazione di Dio sul Monte Sinai, dove Dio ha donato al popolo ebraico la Torah. Le sette settimane corrispondono al periodo dell'Omer, un periodo di lutto in memoria di disgrazie accadute al popolo di Israele che termina con la festa di Lag Ba Omer, e Shavuot vuole essere una festa gioiosa per il dono della Torah.
Il termine Pentecoste era utilizzato dagli ebrei di lingua greca si riferisce alla festa, conosciuta nell'Antico Testamento come "festa della mietitura e delle primizie" (Es 23,16), "festa delle settimane" (Es 34,22; Dt 16,10; 2 Cr 8,13), "giorno delle primizie" (Nm 28,26), e definita più tardi 'asereth o 'asartha, cioè "assemblea solenne" e, probabilmente, "festa conclusiva": Pentecoste è la festa per la fine del raccolto e della stagione che segue la Pasqua.
Pentecoste cade il cinquantesimo giorno dal "giorno dopo il sabato" di Pasqua, secondo quanto dice Lv 23,11. L'interpretazione di questo passo fu prontamente discussa e, al tempo di Gesù, esistevano due pareri riguardo al giorno in cui doveva cadere la festa.

La maggior parte dei dottori (e gran parte della popolazione) sosteneva, citando Lv 23,7, che il sabato a cui ci si riferisce nel versetto 11 fosse il primo giorno degli Azzimi, il 15 di Nisan.
I Sadducei, e più tardi anche i caraiti, ritenevano che s'intendesse il sabato che cadeva durante i sette giorni degli Azzimi.
Come l'offerta di un covone d'orzo segnava l'inizio della stagione del raccolto, così l'offerta di un pane prodotto con il grano nuovo ne segnava il termine. Questo non significa che Pentecoste, originariamente, fosse una semplice festa agricola; ma dimostra che la legge mosaica si rivolgeva ad una popolazione agricola, adattandosi perfettamente ai suoi particolari bisogni ed abitudini.
Dal termine dei tempi biblici, un significato completamente nuovo, mai apparso nelle Scritture, venne attribuito dagli ebrei a questa festa: Pentecoste commemorava il dono della Legge sul Monte Sinai, come raccontato da Es 19,1 sostituendo la festività che ricordava il cinquantesimo giorno dell'uscita dall'Egitto.
Seguendo questa interpretazione, gli ebrei moderni passano la vigilia della festa leggendo la Legge o altre Scritture appropriate. Nella diaspora la festa dura due giorni, un'eredità questa dovuta alla difficoltà con cui gli ebrei della diaspora riuscivano ad accertare esattamente in che giorno il mese iniziava in Erez Israel. Durante il giorno di Pentecoste non era permesso il lavoro servile (Lv 23,21).
L'offerta sacrificale consisteva in due forme di pane lievitato fatto con due decimi di efa, oppure farina prodotta con il grano nuovo (Lv 23,17; Es 24,22). Il pane lievitato non poteva essere posto sopra l'altare (Lv 2,11) ed era solamente presentato (alla lettera "sollevato"); un pane veniva dato al Sommo sacerdote, l'altra veniva divisa tra i sacerdoti che ne mangiavano dentro ai recinti sacri.
Venivano offerti anche due agnelli dell'anno come sacrificio di pace, e un capro per l'espiazione dei peccati, insieme all'olocausto di sette agnelli senza difetto, un vitello e due arieti (Lv 23,18-19). La festa era un'occasione per gioiose riunioni sociali (Dt 16,1), e possiamo dedurre dal Nuovo Testamento che, come per la Pasqua, un gran numero di ebrei provenienti da tutte le parti del mondo raggiungevano Gerusalemme per parteciparvi (At 2,5-11).

Donne e uomini dello Spirito
Poiché Dio è Amore, quanto egli produce come sua "immagine", a sua volta è amore, e la relazione reciproca tra Padre e Figlio, è un donarsi amore e un essere uno nell'amore. Poiché però l'amore è la cosa più libera che ci sia, donare se stesso è l'atto di colui che possiede se stesso, cioè di una persona; ma in Dio è l'atto di una Persona che non è e non ama come noi, ma che è l'amore stesso, il suo essere è amore, per questo l'amore divino deve essere Persona: la Persona dell'amore. Quando il Figlio e il Padre si amano, il loro donarsi reciproco è nello stesso tempo atto libero della Persona dell'amore. L'amore però è vita nel grado più alto: essere che si dona eternamente, senza subire diminuzioni, che porta frutti eternamente. Lo Spirito Santo è quindi il dono: non solo il donarsi delle Persone divine, ma il donarsi della divinità "al di fuori"; comprende in sé tutti i doni di Dio alle creature...La Vita divina, che si sviluppa nell'anima che ama Dio, non può essere altro che quella della Trinità. Essa si dona appunto al Dio uno e trino. L'anima si abbandona alla volontà di Dio Padre, che, per così dire, genera in essa nuovamente il Figlio. Si unisce al Figlio e vorrebbe annientarsi in lui, affinché il Padre non veda in essa altro che il Figlio. Unisce la propria vita allo Spirito Santo, si trasforma in effusione di Amore divino. (Edith Stein, 1891-1942)

In ogni missione cristiana è contenuta la fecondità della vita trinitaria. Difatti ogni missione divina del Figlio viene dal Padre e prende la forza per la realizzazione dallo Spirito Santo; nonostante che tutte e tre le persone compiano insieme tutta l'opera, vi è in essa come una suddivisione: il Padre dà il senso, il Figlio la carità, lo Spirito la forza. Ogni missione che il Figlio conferisce, porta i segni della missione del Figlio che vive nel Padre e realizza nella forza dello Spirito Santo. E tutti coloro che seguono la propria missione, vengono perciò assunti nella missione; essi sono alla fine di una situazione totalmente diversa dall'inizio, perché nel frattempo hanno realizzato il movimento del Figlio che viene e ritorna al Padre, può darsi senza saperlo, come la terra si muove inconsapevole intorno al sole. (Adrienne von Speyr, 1902-1967)

Lasciamo allo Spirito la libertà di condurci sulla via dell’amore. Possiamo pregarlo così: Tu sei la luce, la gioia, la bellezza. Tu trascini le anime, tu infiammi i cuori e fai concepire pensieri profondi e decisi di santità con impegni individuali inattesi. Tu santifichi. Soprattutto, Spirito Santo, tu che sei così discreto anche se impetuoso e travolgente ma soffi come lieve venticello che pochi sanno ascoltare e sentire, guarda alla rozzezza della nostra grossolanità e rendici tuoi devoti. Che non passi giorno senza invocarti, senza ringraziarti, senza adorarti, senza amarti, senza vivere come tuoi discepoli assidui. Questa grazia ti domandiamo. (Chiara Lubich, 1902-2008)

La preghiera, il digiuno, le veglie e tutti quanti gli altri precetti cristiani, per quanto di per se stessi possano essere buoni, tuttavia non nel loro semplice adempimento consiste per noi il fine della vita cristiana, anche se pure essi servono quali mezzi indispensabili per raggiungere tale fine. Il fine autentico della nostra vita cristiana consiste, invece, nel conseguimento dello Spirito Santo di Dio. […] Quando lo Spirito divino discende sull’uomo e lo illumina con la pienezza delle sue effusioni, allora l’anima dell’uomo si colma di una gioia ineffabile. La grazia dello Spirito Santo viene elargita dall’alto a profusione. Il Signore cerca cuori colmi d’amore per Dio e per il prossimo: ecco il trono sul quale Egli ama insediarsi e sul quale si manifesta nella pienezza della sua gloria celeste. (Serafim di Sarov, 1759-1833)

Dolcissimo Spirito
rivelaci col tuo dono di Pietà
questa tenera Madre,
in cui Gesù ci ama
e vuole essere teneramente amato.
Appassionaci per le sue fibre inferme e morte
per quelle che sono solo ansia per l’anima sua.
Fa’ che siano sanate, vivificate,
inserite anch’esse nel suo Corpo
affinché in breve si faccia un solo Corpo Mistico
con un solo cuore
in cui noi, come la piccola Teresa,
vogliamo essere l’Amore.
(Venerabile Maria Oliva Bonaldo, fondatrice suore Figlie della Chiesa)

«Tutti furono colmati di Spirito Santo» (At 2,4).
Parlando agli Apostoli nell’Ultima Cena, Gesù disse che, dopo la sua partenza da questo mondo, avrebbe inviato loro il dono del Padre, cioè lo Spirito Santo (cfr Gv 15,26). Questa promessa si realizza con potenza nel giorno di Pentecoste, quando lo Spirito Santo discende sui discepoli riuniti nel Cenacolo. Quella effusione, benché straordinaria, non è rimasta unica e limitata a quel momento, ma è un evento che si è rinnovato e si rinnova ancora. Cristo glorificato alla destra del Padre continua a realizzare la sua promessa, inviando sulla Chiesa lo Spirito vivificante, che ci insegna e ci ricorda e ci fa parlare.
Lo Spirito Santo ci insegna: è il Maestro interiore. Ci guida per il giusto cammino, attraverso le situazioni della vita. Lui ci insegna la strada, la via. Nei primi tempi della Chiesa, il Cristianesimo era chiamato “la via” (cfr At 9,2), e Gesù stesso è la Via. Lo Spirito Santo ci insegna a seguirlo, a camminare sulle sue orme. Più che un maestro di dottrina, lo Spirito Santo è un maestro di vita. E della vita fa parte certamente anche il sapere, il conoscere, ma dentro l’orizzonte più ampio e armonico dell’esistenza cristiana.
Lo Spirito Santo ci ricorda, ci ricorda tutto quello che Gesù ha detto. E’ la memoria vivente della Chiesa. E mentre ci fa ricordare, ci fa capire le parole del Signore.
Questo ricordare nello Spirito e grazie allo Spirito non si riduce a un fatto mnemonico, è un aspetto essenziale della presenza di Cristo in noi e nella sua Chiesa. Lo Spirito di verità e di carità ci ricorda tutto ciò che Cristo ha detto, ci fa entrare sempre più pienamente nel senso delle sue parole. Noi tutti abbiamo questa esperienza: un momento, in qualsiasi situazione, c’è un’idea e poi un’altra si collega con un brano della Scrittura... E’ lo Spirito che ci fa fare questa strada: la strada della memoria vivente della Chiesa. E questo chiede da noi una risposta: più la nostra risposta è generosa, più le parole di Gesù diventano in noi vita, diventano atteggiamenti, scelte, gesti, testimonianza. In sostanza lo Spirito ci ricorda il comandamento dell’amore, e ci chiama a viverlo.
Un cristiano senza memoria non è un vero cristiano: è un cristiano a metà strada, è un uomo o una donna prigioniero del momento, che non sa fare tesoro della sua storia, non sa leggerla e viverla come storia di salvezza. Invece, con l’aiuto dello Spirito Santo, possiamo interpretare le ispirazioni interiori e gli avvenimenti della vita alla luce delle parole di Gesù. E così cresce in noi la sapienza della memoria, la sapienza del cuore, che è un dono dello Spirito. Che lo Spirito Santo ravvivi in tutti noi la memoria cristiana! E quel giorno, con gli Apostoli, c’era la Donna della memoria, quella che dall’inizio meditava tutte quelle cose nel suo cuore. C’era Maria, nostra Madre. Che Lei ci aiuti in questa strada della memoria.
Lo Spirito Santo ci insegna, ci ricorda, e – un altro tratto – ci fa parlare, con Dio e con gli uomini. Non ci sono cristiani muti, muti di anima; no, non c’è posto per questo.
Ci fa parlare con Dio nella preghiera. La preghiera è un dono che riceviamo gratuitamente; è dialogo con Lui nello Spirito Santo, che prega in noi e ci permette di rivolgerci a Dio chiamandolo Padre, Papà, Abbà (cfr Rm 8,15; Gal 4,4); e questo non è solo un “modo di dire”, ma è la realtà, noi siamo realmente figli di Dio. «Infatti, tutti coloro che sono guidati dallo Spirito Santo di Dio, costoro sono figli di Dio» (Rm 8,14).
Ci fa parlare nell’atto di fede. Nessuno di noi può dire: “Gesù è il Signore” – lo abbiamo sentito oggi – senza lo Spirito Santo. E lo Spirito ci fa parlare con gli uomini nel dialogo fraterno. Ci aiuta a parlare con gli altri riconoscendo in loro dei fratelli e delle sorelle; a parlare con amicizia, con tenerezza, con mitezza, comprendendo le angosce e le speranze, le tristezze e le gioie degli altri.
Ma c’è di più: lo Spirito Santo ci fa parlare anche agli uomini nella profezia, cioè facendoci “canali” umili e docili della Parola di Dio. La profezia è fatta con franchezza, per mostrare apertamente le contraddizioni e le ingiustizie, ma sempre con mitezza e intento costruttivo. Penetrati dallo Spirito di amore, possiamo essere segni e strumenti di Dio che ama, che serve, che dona la vita.
Ricapitolando: lo Spirito Santo ci insegna la via; ci ricorda e ci spiega le parole di Gesù; ci fa pregare e dire Padre a Dio, ci fa parlare agli uomini nel dialogo fraterno e ci fa parlare nella profezia.
Il giorno di Pentecoste, quando i discepoli «furono colmati di Spirito Santo», fu il battesimo della Chiesa, che nacque “in uscita”, in “partenza” per annunciare a tutti la Buona Notizia. La Madre Chiesa, che parte per servire. Ricordiamo l’altra Madre, la nostra Madre che partì con prontezza, per servire. La Madre Chiesa e la Madre Maria: tutte e due vergini, tutte e due madri, tutte e due donne. Gesù era stato perentorio con gli Apostoli: non dovevano allontanarsi da Gerusalemme prima di aver ricevuto dall’alto la forza dello Spirito Santo (cfr At 1,4.8). Senza di Lui non c’è missione, non c’è evangelizzazione. Per questo con tutta la Chiesa, con la nostra Madre Chiesa cattolica invochiamo: Vieni, Santo Spirito! (Papa Francesco, Omelia Pentecoste 2014)
Fonte:http://www.figliedellachiesa.org

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