FIGLIE DELLA CHIESA, Lectio Il seminatore uscì a seminare (Mt 13,1-23 (forma breve Mt 13,1-9))
XV Domenica del Tempo Ordinario
Antifona d'ingresso
Nella giustizia contemplerò il tuo volto,
al mio risveglio mi sazierò della tua presenza. (Sal 17,15)
Colletta
O Dio, che mostri agli erranti la luce della tua verità,
perché possano tornare sulla retta via,
concedi a tutti coloro che si professano cristiani
di respingere ciò che è contrario a questo nome
e di seguire ciò che gli è conforme.
Oppure:
Accresci in noi, o Padre, con la potenza del tuo Spirito
la disponibilità ad accogliere il germe della tua parola,
che continui a seminare nei solchi dell’umanità,
perché fruttifichi in opere di giustizia e di pace
e riveli al mondo la beata speranza del tuo regno.
PRIMA LETTURA (Is 55,10-11)
La pioggia fa germogliare la terra.
Dal libro del profeta Isaìa
Così dice il Signore:
«Come la pioggia e la neve scendono dal cielo
e non vi ritornano senza avere irrigato la terra,
senza averla fecondata e fatta germogliare,
perché dia il seme a chi semina
e il pane a chi mangia,
così sarà della mia parola uscita dalla mia bocca:
non ritornerà a me senza effetto,
senza aver operato ciò che desidero
e senza aver compiuto ciò per cui l’ho mandata».
SALMO RESPONSORIALE (Sal 64)
Rit: Tu visiti la terra, Signore, e benedici i suoi germogli.
Tu visiti la terra e la disseti,
la ricolmi di ricchezze.
Il fiume di Dio è gonfio di acque;
tu prepari il frumento per gli uomini. Rit:
Così prepari la terra:
ne irrìghi i solchi, ne spiani le zolle,
la bagni con le piogge e benedici i suoi germogli. Rit:
Coroni l’anno con i tuoi benefici,
i tuoi solchi stillano abbondanza.
Stillano i pascoli del deserto
e le colline si cingono di esultanza. Rit:
I prati si coprono di greggi,
le valli si ammantano di messi:
gridano e cantano di gioia! Rit:
SECONDA LETTURA (Rm 8,18-23)
L’ardente aspettativa della creazione è protesa verso la rivelazione dei figli di Dio.
Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani
Fratelli, ritengo che le sofferenze del tempo presente non siano paragonabili alla gloria futura che sarà rivelata in noi. L’ardente aspettativa della creazione, infatti, è protesa verso la rivelazione dei figli di Dio.
La creazione infatti è stata sottoposta alla caducità – non per sua volontà, ma per volontà di colui che l’ha sottoposta – nella speranza che anche la stessa creazione sarà liberata dalla schiavitù della corruzione per entrare nella libertà della gloria dei figli di Dio.
Sappiamo infatti che tutta insieme la creazione geme e soffre le doglie del parto fino ad oggi. Non solo, ma anche noi, che possediamo le primizie dello Spirito, gemiamo interiormente aspettando l’adozione a figli, la redenzione del nostro corpo.
Canto al Vangelo (Mt 13,19.23)
Alleluia, alleluia.
Il seme è la parola di Dio,
il seminatore è Cristo:
chiunque trova lui, ha la vita eterna.
Alleluia.
VANGELO (Mt 13,1-23 (forma breve Mt 13,1-9))
Il seminatore uscì a seminare.
+ Dal Vangelo secondo Matteo
Quel giorno Gesù uscì di casa e sedette in riva al mare. Si radunò attorno a lui tanta folla che egli salì su una barca e si mise a sedere, mentre tutta la folla stava sulla spiaggia.
Egli parlò loro di molte cose con parabole. E disse: «Ecco, il seminatore uscì a seminare. Mentre seminava, una parte cadde lungo la strada; vennero gli uccelli e la mangiarono. Un’altra parte cadde sul terreno sassoso, dove non c’era molta terra; germogliò subito, perché il terreno non era profondo, ma quando spuntò il sole fu bruciata e, non avendo radici, seccò. Un’altra parte cadde sui rovi, e i rovi crebbero e la soffocarono. Un’altra parte cadde sul terreno buono e diede frutto: il cento, il sessanta, il trenta per uno. Chi ha orecchi, ascolti».
Gli si avvicinarono allora i discepoli e gli dissero: «Perché a loro parli con parabole?». Egli rispose loro: «Perché a voi è dato conoscere i misteri del regno dei cieli, ma a loro non è dato. Infatti a colui che ha, verrà dato e sarà nell’abbondanza; ma a colui che non ha, sarà tolto anche quello che ha. Per questo a loro parlo con parabole: perché guardando non vedono, udendo non ascoltano e non comprendono.
Così si compie per loro la profezia di Isaìa che dice:
“Udrete, sì, ma non comprenderete,
guarderete, sì, ma non vedrete.
Perché il cuore di questo popolo è diventato insensibile,
sono diventati duri di orecchi
e hanno chiuso gli occhi,
perché non vedano con gli occhi,
non ascoltino con gli orecchi
e non comprendano con il cuore
e non si convertano e io li guarisca!”.
Beati invece i vostri occhi perché vedono e i vostri orecchi perché ascoltano. In verità io vi dico: molti profeti e molti giusti hanno desiderato vedere ciò che voi guardate, ma non lo videro, e ascoltare ciò che voi ascoltate, ma non lo ascoltarono!
Voi dunque ascoltate la parabola del seminatore. Ogni volta che uno ascolta la parola del Regno e non la comprende, viene il Maligno e ruba ciò che è stato seminato nel suo cuore: questo è il seme seminato lungo la strada. Quello che è stato seminato sul terreno sassoso è colui che ascolta la Parola e l’accoglie subito con gioia, ma non ha in sé radici ed è incostante, sicché, appena giunge una tribolazione o una persecuzione a causa della Parola, egli subito viene meno. Quello seminato tra i rovi è colui che ascolta la Parola, ma la preoccupazione del mondo e la seduzione della ricchezza soffocano la Parola ed essa non dà frutto. Quello seminato sul terreno buono è colui che ascolta la Parola e la comprende; questi dà frutto e produce il cento, il sessanta, il trenta per uno».
Preghiera sulle offerte
Guarda, Signore, i doni della tua Chiesa in preghiera,
e trasformali in cibo spirituale
per la santificazione di tutti i credenti.
Per Cristo nostro Signore.
Antifona di comunione
Il passero trova la casa, la rondine il nido dove porre i suoi piccoli,
presso i tuoi altari, Signore degli eserciti, mio re e mio Dio.
Beato chi abita la tua casa: sempre canta le tue lodi. (Sal 84,4-5)
Oppure:
Dice il Signore: “Chi mangia la mia carne
e beve il mio sangue, rimane in me e io in lui”. (Gv 6,56)
Oppure:
“Il seme seminato nella terra buona è colui che ascolta la parola
e la comprende”. (Mt 13,23)
Preghiera dopo la comunione
Signore, che ci hai nutriti alla tua mensa,
fa’ che per la comunione a questi santi misteri
si affermi sempre più nella nostra vita
l’opera della redenzione.
Lectio
Inizia con questa domenica il “discorso in parabole” del vangelo di Matteo. La prima sezione affronta un tema fondamentale per la chiesa di Matteo e per ogni comunità cristiana: quali sono le condizioni per un fruttuoso ascolto della Parola di Dio. Per il vangelo il seme è un prodigio che non ci si stanca di ammirare e di contemplare; è il prodigio della vita che si diffonde e si moltiplica. Il seme è piccolo ma è capace di diventare spiga. E tuttavia questa trasformazione non è scontata: il cammino del seme incontra degli ostacoli e delle difficoltà. Naturalmente non è di semi che il vangelo vuole parlare, ma della Parola di Dio. E la Parola del Signore è Gesù Cristo; perché la Parola di Dio è quello che Gesù Cristo diceva, ma la Parola del Signore è Gesù. È Gesù la Parola: “E la parola si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi” (Gv 1, 14a).
Questa Parola è stata seminata nella storia. Anche questa Parola incontra degli ostacoli, ma ormai la semina è avvenuta e nessuno la può cancellare. Ormai, questa Parola è stata innestata dentro alla storia umana e non ritorna più quella che era prima. La storia umana è costretta ad ubbidire a Dio e a diventare il luogo della rivelazione e dell’amore di Dio e a trasformarsi dominata dall’amore di Dio.
Anche la prima lettura dal profeta Isaia prospetta il tema relativo all’efficacia della parola di Dio mediante la similitudine della pioggia e della neve che irrigano la terra. La parola di Dio è una parola creatrice, una parola che chiama all’esistenza, che fa quello che esprime. Parola, in ebraico dabàr, non significa semplicemente parola, ma anche avvenimento, evento. Dio, che da sempre si è mostrato fedele, vuole ora essere riconosciuto fedele anche in relazione alla promessa che ha fatto al popolo attraverso il profeta.
Poiché la parola di Dio è sempre efficace e opera ciò che esprime, non mancherà di raggiungere il suo scopo: il ritorno del popolo a Gerusalemme. Perciò l’immagine della pioggia che, scendendo dal cielo, rende feconda la terra diventa il segno di quanto Dio sta compiendo, liberando quel piccolo resto e creando un popolo nuovo. Il popolo quindi deve prendere coraggio e aprire gli occhi per vedere e riconoscere l’opera di Dio.
v.3: C’è un’azione di semina da parte di un seminatore: “uscì il seminatore a seminare”, quindi significa che sta succedendo qualche cosa; ma un’azione che sembra all’inizio dovere registrare una serie infinita e dolorosa di insuccessi.
Perché la prima parte del seme che viene gettato è beccato dagli uccelli del cielo, non fa neanche in tempo ad attecchire nel terreno.
La seconda parte riesce a spuntare ma è bruciata dal sole, perché non ha radici, non è riuscita ad entrare in profondità, perché è caduta in mezzo ai sassi.
La terza parte del seme anche questa fa fallimento, perché è riuscita a spuntare e a mettere delle radici, ma si trova soffocata dalle spine, quindi non riesce ad arrivare a maturazione.
Chiaramente c’è un progresso: la prima parte del seme non riesce neanche a mettere le radici e a spuntare; la seconda spunta ma non ha le radici; la terza spunta, ha le radici, ma non riesce ad arrivare al frutto. Il Regno di Dio è così: ci stupiamo perché ci sono delle opposizioni e dei fallimenti? La logica del Regno di Dio è di un frutto stupendo e immenso dal punto di vista della quantità, ma attraversato dai fallimenti che fanno parte del dinamismo della semina.
Questo doveva essere il primo messaggio della parabola: il motivo per cui Gesù l’ha raccontata per svelare o aiutare a comprendere il mistero del Regno, il fatto che il regno di Dio si manifesta ma in modo misterioso, che non corrisponde esattamente alle nostre attese, quindi non attraverso quel successo immediato, completo e irresistibile che noi immagineremmo pensando all’affermazione della regalità di Dio. Invece il successo c’è, il compimento della salvezza avviene, ma nel modo che abbiamo ascoltato.
v.8: Questo brano è un invito alla consolazione e alla speranza rivolta a quelli che erano in crisi. Vuol dire che c’era qualcuno in crisi perché dopo avere sperato che la “parola del regno” cambiasse straordinariamente in profondità le situazioni, si accorgeva che invece il mondo andava avanti come in precedenza. Allora, veniva da dire: è tutto qui il regno di Dio? La parabola dice: non ti meravigliare, non ti avvilire, non ti lasciare spaventare dagli insuccessi.
La parola di Dio è quella del seminatore che semina in questo modo e che deve passare attraverso tutta una serie di ostacoli e di fallimenti. Il risultato sarà tale da compensare per tutte le perdite che si sono verificate in precedenza.
Quello che ci vuole, però, è la perseveranza ed è la costanza, addirittura l’ostinazione del credere che quel seme è la Parola giusta, e quindi il suo frutto lo produrrà quando vorrà il Signore, quando le strutture del mondo saranno state ammorbidite in modo tale da potere ricevere l’attitudine a raccogliere questa Parola.
v.19: Bisogna intendere bene, perché si potrebbe pensare che in questo caso la colpa sia del maligno e che la persona che non capisce non abbia in realtà responsabilità, ma nell’ottica del Vangelo il significato è il contrario.
Qui siamo di fronte ad una responsabilità, la più grande che si possa assumere, tanto da apparire addirittura diabolica: “ricevere la Parola ma non capirla”. “Non capirla”, non significa non capirla intellettualmente, ma vuol dire non riuscire a cogliere la validità, il valore, la ricchezza di vita che possiede in sé la Parola, dopo averla ascoltata e intellettualmente capita. Bisognerebbe chiedersi che cos’è che può impedirci di comprendere il valore della Parola del Signore?
Quello che ci rende difficile accettare la Parola del Signore è la profondità di conversione e di cambiamento che ci viene richiesto. Per capire davvero la Parola, è necessario cambiare vita, dare al Signore il cento dei nostri pensieri e delle nostre forze. Questo è il primo grande ostacolo che bisogna superare: la tentazione di difendere la vita che noi costruiamo intorno a noi stessi, invece di accettare una vita costruita sulla Parola del Signore.
v.21: Il secondo ostacolo è quello dell’incostanza, della mancanza di perseveranza. Viene quando una persona si entusiasma per il Vangelo: capisce che è bello; aderisce al Vangelo ma senza avere delle radici profonde, senza che la sua adesione vada a radicarsi davvero nel cuore.
È un’adesione superficiale, sentimentale, esterna: il cuore, la libertà, la scelta personale non è ancora conforme. Allora questa persona di fronte agli ostacoli, “alla tribolazione o alla persecuzione”, diventa incostante.
Il testo dice: diventa la persona che si lascia portare dalle situazioni, per cui se cambia la direzione del vento, cambia anche lui la sua. Questo evidentemente non permette alla Parola di Dio di germogliare. La Parola di Dio diventa occasione e motivo di scandalo; le persecuzioni rendono l’adesione alla Parola di Dio impossibile e si rimane scandalizzati.
v.22: Il terzo ostacolo. Qui siamo un passo più avanti. La Parola è stata seminata, è germogliata, però ci sono delle spine che soffocano quel germoglio che è cresciuto e gli impediscono di arrivare a maturazione. Dice Matteo: le spine sono la preoccupazione del mondo e l’inganno della ricchezza. Allora, si potrebbe dire: sono le paure che il mondo ci può fare, le preoccupazioni che ci mette addosso o le seduzioni che ci può offrire. Sono tutte una serie di realtà che una persona tende ad assolutizzare, alle quali tendiamo ad aggrapparci.
Le paure del mondo ci fanno veramente paura e ci chiudiamo in difesa dalle persecuzioni del mondo (ci attirano davvero con tutta la loro apparenza e ci lasciamo trascinare). È quella situazione del mondo per la quale le cose ci prendono così tanto che non abbiamo più il tempo o il desiderio di cercare e di appoggiare la nostra vita sul Signore. Questa è la tentazione tipica del nostro mondo In questo caso avviene ancora che la Parola del Signore non produce il frutto dell’esistenza.
Appendice
Familiarizzarsi con Gesù
Quando Gesù è con le folle, non si trova nella sua casa; infatti le folle sono fuori della casa. Ed è un gesto del suo amore verso gli uomini quello di lasciare la casa e recarsi verso coloro che sono incapaci di venire da lui. Quando poi ha parlato abbastanza alle folle in parabole, le lascia, ed entra nella sua casa. Ivi si avvicinano a lui i suoi discepoli, che non sono rimasti con quelli che ha lasciato. E certo, quanti sono all’ascolto di Gesù con maggiore sincerità, per prima cosa lo seguono, poi domandano dov’è la sua dimora, ricevono il dono di vederla e, venuti, la vedono e dimora presso di lui, tutti per quel giorno, alcuni forse anche più a lungo. Sono queste le realtà che ritengo indicate nel Vangelo di Giovanni mediante le parole: Il giorno seguente Giovanni stava ancora là con due dei suoi discepoli. Inoltre, a mostrare che chi si distingue da coloro cui è dato di camminare con Gesù diventa anche apostolo, continua con queste parole: Uno dei due che avevano ascoltato le parole di Giovanni e lo avevano seguito era Andrea, fratello di Simon Pietro. Anche noi dunque, se vogliamo udire Gesù, non come le folle che egli lascia ed entra nella casa, assumiamo un atteggiamento superiore alle masse e familiarizziamoci con Gesù, perché come i suoi discepoli ci accostiamo a lui mentre è nella casa, osiamo interrogarlo sulla spiegazione sia della parabola della zizzania del campo sia di qualche altra. (Origene, Commento al Vangelo di Matteo, 10,1
Il popolo non poteva essere introdotto nella casa di Gesù ed essere presente là dove gli apostoli udivano i misteri. Per questo il Signore misericordioso e compassionevole esce dalla sua casa e siede presso il mare di questo secolo, in modo che le folle gli si possano stringere intorno e, stando sulla riva, possano ascoltare le cose che non erano degne di udire stando in casa.
(Girolamo, Commento al Vangelo di Matteo)
Uscì colui che semina a seminare. Non gli bastò dire: “Uscì a seminare”; ma aggiunge: colui che semina, per mostrare che non era nuovo alla semina, né allora stava iniziando questo lavoro per la prima volta; piuttosto, come colui che ha sempre fatto questo per natura: ha sempre seminato.
Egli stesso, infatti, al principio del genere umano, ha seminato ogni specie di scienza. È proprio lui che, tramite Mosè, ha seminato nel popolo i precetti della Legge. È lui che, parlando per bocca dei profeti, non solo ha seminato i rimedi per il presente, ma ha dato anche nozioni per il futuro. Egli uscì, fattosi uomo, e seminò tramite se stesso i precetti divini. (Anonimo, Opera incompleta su Matteo, 31)
La Chiesa si identifica in qualche modo col messaggio che proclama. Riceve la Parola che le rivela il volto di Dio e la sua volontà d’amore per tutti gli uomini. Diventa parola di Dio per gli uomini. L’Israele dell’Antico Testamento era cosciente di questa rivelazione che lo univa sia alla Parola venuta dall’alto che alla comunità umana. (…)
Nessuno penserà di poter affermare una totale identità tra la Parola e la comunità converrà piuttosto dire che la comunità è sacramento della Parola, che cioè rivela l’Evangelo ricevuto. Essa partecipa in tal modo al mistero della Chiesa: benché sia il Corpo di Cristo, la Chiesa non potrà mai venire identificata né con il Signore né con il Regno che annuncia: è solo sacramento dell’uno e dell’altro.
Così è della Chiesa-sacramento della Parola: vivendola essa la proclama, pur sapendo che la perfezione di questo annuncio rimarrà sempre imperfezione dinanzi alla pienezza del messaggio. (L. Deiss, Vivere la Parola, 317-9)
Is 55,10-11 […] La Parola di Dio è creatrice, fa ciò che dice. A questo proposito sono innumerevoli i testi dei salmi, di Isaia, dei profeti nei quali è detto che la Parola di Dio fa quello che dice: non solo enuncia una verità, ma ha in sé l’efficacia di realizzarla e di non ritornare mai a Dio, come dice il profeta, senza avere fecondato e avere eseguito quello che essa stessa ha enunciato (cf. Is, 55,11).
La Parola di Dio non solo è normativa ma è giudicante, perché è il termine di paragone, il criterio di giudizio di ogni dottrina e di ogni pensiero che ad essa si deve subordinare e da essa si deve lasciare discernere.
[…] Quegli eventi narrati nella Bibbia sono esemplari e la Parola di Dio è perciò plasmante tutta la nostra vita. In particolare essa realizza in noi questo plasma divino, ci modella in sua conformità più noi l’accostiamo, più la lasciamo penetrare dentro di noi, più ci mettiamo in religioso ascolto; e non solo in ascolto di enunciati, ma in atteggiamento di obbedienza con tutto il nostro essere. […].
È quindi la Parola di Dio che ci consente un’esperienza unica di Dio, non certo del dio metafisico, ma del Dio della storia della salvezza, del Dio che è Padre, Figlio e Spirito Santo, che si è incarnato in Gesù, che è morto, che è risorto, che è stato glorificato e che ci ha dato lo Spirito proprio perché questa realtà, conformata a Dio e alla sua esistenza eterna, penetri nella nostra vita temporale fino a consumarci nell’eternità. (Giuseppe Dossetti, Un solo Signore, EDB, 228)
Fratelli e sorelle, buongiorno!
Il Vangelo di questa domenica (Mt 13,1-23) ci mostra Gesù che predica sulla riva del lago di Galilea, e poiché una grande folla lo circonda, Lui sale su una barca, si allontana un poco da riva e predica da lì. Quando parla al popolo, Gesù utilizza molte parabole: un linguaggio comprensibile a tutti, con immagini tratte dalla natura e dalle situazioni della vita quotidiana.
La prima che racconta è un’introduzione a tutte le parabole: è quella del seminatore, che senza risparmio getta la sua semente su ogni tipo di terreno. E il vero protagonista di questa parabola è proprio il seme, che produce più o meno frutto a seconda del terreno su cui è caduto. I primi tre terreni sono improduttivi: lungo la strada la semente è mangiata dagli uccelli; sul terreno sassoso i germogli seccano subito perché non hanno radici; in mezzo ai rovi il seme viene soffocato dalle spine. Il quarto terreno è il terreno buono, e soltanto lì il seme attecchisce e porta frutto.
In questo caso, Gesù non si è limitato a presentare la parabola, l’ha anche spiegata ai suoi discepoli. La semente caduta sulla strada indica quanti ascoltano l’annuncio del Regno di Dio ma non lo accolgono; così sopraggiunge il Maligno e lo porta via. Il Maligno infatti non vuole che il seme del Vangelo germogli nel cuore degli uomini. Questo è il primo paragone. Il secondo è quello del seme caduto sulle pietre: esso rappresenta le persone che ascoltano la parola di Dio e l’accolgono subito, ma superficialmente, perché non hanno radici e sono incostanti; e quando arrivano le difficoltà e le tribolazioni, queste persone si abbattono subito. Il terzo caso è quello della semente caduta tra i rovi: Gesù spiega che si riferisce alle persone che ascoltano la parola ma, a causa delle preoccupazioni mondane e della seduzione della ricchezza, rimane soffocata. Infine, la semente caduta sul terreno fertile rappresenta quanti ascoltano la parola, la accolgono, la custodiscono e la comprendono, ed essa porta frutto. Il modello perfetto di questa terra buona è la Vergine Maria.
Questa parabola parla oggi a ciascuno di noi, come parlava agli ascoltatori di Gesù duemila anni fa. Ci ricorda che noi siamo il terreno dove il Signore getta instancabilmente il seme della sua Parola e del suo amore. Con quali disposizioni lo accogliamo? E possiamo porci la domanda: com’è il nostro cuore? A quale terreno assomiglia: a una strada, a una pietraia, a un roveto? Dipende da noi diventare terreno buono senza spine né sassi, ma dissodato e coltivato con cura, affinché possa portare buoni frutti per noi e per i nostri fratelli.
E ci farà bene non dimenticare che anche noi siamo seminatori. Dio semina semi buoni, e anche qui possiamo porci la domanda: che tipo di seme esce dal nostro cuore e dalla nostra bocca? Le nostre parole possono fare tanto bene e anche tanto male; possono guarire e possono ferire; possono incoraggiare e possono deprimere. Ricordatevi: quello che conta non è ciò che entra, ma quello che esce dalla bocca e dal cuore.
La Madonna ci insegni, con il suo esempio, ad accogliere la Parola, custodirla e farla fruttificare in noi e negli altri. (Papa Francesco, Angelus del 13 luglio 2014)
Antifona d'ingresso
Nella giustizia contemplerò il tuo volto,
al mio risveglio mi sazierò della tua presenza. (Sal 17,15)
Colletta
O Dio, che mostri agli erranti la luce della tua verità,
perché possano tornare sulla retta via,
concedi a tutti coloro che si professano cristiani
di respingere ciò che è contrario a questo nome
e di seguire ciò che gli è conforme.
Oppure:
Accresci in noi, o Padre, con la potenza del tuo Spirito
la disponibilità ad accogliere il germe della tua parola,
che continui a seminare nei solchi dell’umanità,
perché fruttifichi in opere di giustizia e di pace
e riveli al mondo la beata speranza del tuo regno.
PRIMA LETTURA (Is 55,10-11)
La pioggia fa germogliare la terra.
Dal libro del profeta Isaìa
Così dice il Signore:
«Come la pioggia e la neve scendono dal cielo
e non vi ritornano senza avere irrigato la terra,
senza averla fecondata e fatta germogliare,
perché dia il seme a chi semina
e il pane a chi mangia,
così sarà della mia parola uscita dalla mia bocca:
non ritornerà a me senza effetto,
senza aver operato ciò che desidero
e senza aver compiuto ciò per cui l’ho mandata».
SALMO RESPONSORIALE (Sal 64)
Rit: Tu visiti la terra, Signore, e benedici i suoi germogli.
Tu visiti la terra e la disseti,
la ricolmi di ricchezze.
Il fiume di Dio è gonfio di acque;
tu prepari il frumento per gli uomini. Rit:
Così prepari la terra:
ne irrìghi i solchi, ne spiani le zolle,
la bagni con le piogge e benedici i suoi germogli. Rit:
Coroni l’anno con i tuoi benefici,
i tuoi solchi stillano abbondanza.
Stillano i pascoli del deserto
e le colline si cingono di esultanza. Rit:
I prati si coprono di greggi,
le valli si ammantano di messi:
gridano e cantano di gioia! Rit:
SECONDA LETTURA (Rm 8,18-23)
L’ardente aspettativa della creazione è protesa verso la rivelazione dei figli di Dio.
Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani
Fratelli, ritengo che le sofferenze del tempo presente non siano paragonabili alla gloria futura che sarà rivelata in noi. L’ardente aspettativa della creazione, infatti, è protesa verso la rivelazione dei figli di Dio.
La creazione infatti è stata sottoposta alla caducità – non per sua volontà, ma per volontà di colui che l’ha sottoposta – nella speranza che anche la stessa creazione sarà liberata dalla schiavitù della corruzione per entrare nella libertà della gloria dei figli di Dio.
Sappiamo infatti che tutta insieme la creazione geme e soffre le doglie del parto fino ad oggi. Non solo, ma anche noi, che possediamo le primizie dello Spirito, gemiamo interiormente aspettando l’adozione a figli, la redenzione del nostro corpo.
Canto al Vangelo (Mt 13,19.23)
Alleluia, alleluia.
Il seme è la parola di Dio,
il seminatore è Cristo:
chiunque trova lui, ha la vita eterna.
Alleluia.
VANGELO (Mt 13,1-23 (forma breve Mt 13,1-9))
Il seminatore uscì a seminare.
+ Dal Vangelo secondo Matteo
Quel giorno Gesù uscì di casa e sedette in riva al mare. Si radunò attorno a lui tanta folla che egli salì su una barca e si mise a sedere, mentre tutta la folla stava sulla spiaggia.
Egli parlò loro di molte cose con parabole. E disse: «Ecco, il seminatore uscì a seminare. Mentre seminava, una parte cadde lungo la strada; vennero gli uccelli e la mangiarono. Un’altra parte cadde sul terreno sassoso, dove non c’era molta terra; germogliò subito, perché il terreno non era profondo, ma quando spuntò il sole fu bruciata e, non avendo radici, seccò. Un’altra parte cadde sui rovi, e i rovi crebbero e la soffocarono. Un’altra parte cadde sul terreno buono e diede frutto: il cento, il sessanta, il trenta per uno. Chi ha orecchi, ascolti».
Gli si avvicinarono allora i discepoli e gli dissero: «Perché a loro parli con parabole?». Egli rispose loro: «Perché a voi è dato conoscere i misteri del regno dei cieli, ma a loro non è dato. Infatti a colui che ha, verrà dato e sarà nell’abbondanza; ma a colui che non ha, sarà tolto anche quello che ha. Per questo a loro parlo con parabole: perché guardando non vedono, udendo non ascoltano e non comprendono.
Così si compie per loro la profezia di Isaìa che dice:
“Udrete, sì, ma non comprenderete,
guarderete, sì, ma non vedrete.
Perché il cuore di questo popolo è diventato insensibile,
sono diventati duri di orecchi
e hanno chiuso gli occhi,
perché non vedano con gli occhi,
non ascoltino con gli orecchi
e non comprendano con il cuore
e non si convertano e io li guarisca!”.
Beati invece i vostri occhi perché vedono e i vostri orecchi perché ascoltano. In verità io vi dico: molti profeti e molti giusti hanno desiderato vedere ciò che voi guardate, ma non lo videro, e ascoltare ciò che voi ascoltate, ma non lo ascoltarono!
Voi dunque ascoltate la parabola del seminatore. Ogni volta che uno ascolta la parola del Regno e non la comprende, viene il Maligno e ruba ciò che è stato seminato nel suo cuore: questo è il seme seminato lungo la strada. Quello che è stato seminato sul terreno sassoso è colui che ascolta la Parola e l’accoglie subito con gioia, ma non ha in sé radici ed è incostante, sicché, appena giunge una tribolazione o una persecuzione a causa della Parola, egli subito viene meno. Quello seminato tra i rovi è colui che ascolta la Parola, ma la preoccupazione del mondo e la seduzione della ricchezza soffocano la Parola ed essa non dà frutto. Quello seminato sul terreno buono è colui che ascolta la Parola e la comprende; questi dà frutto e produce il cento, il sessanta, il trenta per uno».
Preghiera sulle offerte
Guarda, Signore, i doni della tua Chiesa in preghiera,
e trasformali in cibo spirituale
per la santificazione di tutti i credenti.
Per Cristo nostro Signore.
Antifona di comunione
Il passero trova la casa, la rondine il nido dove porre i suoi piccoli,
presso i tuoi altari, Signore degli eserciti, mio re e mio Dio.
Beato chi abita la tua casa: sempre canta le tue lodi. (Sal 84,4-5)
Oppure:
Dice il Signore: “Chi mangia la mia carne
e beve il mio sangue, rimane in me e io in lui”. (Gv 6,56)
Oppure:
“Il seme seminato nella terra buona è colui che ascolta la parola
e la comprende”. (Mt 13,23)
Preghiera dopo la comunione
Signore, che ci hai nutriti alla tua mensa,
fa’ che per la comunione a questi santi misteri
si affermi sempre più nella nostra vita
l’opera della redenzione.
Lectio
Inizia con questa domenica il “discorso in parabole” del vangelo di Matteo. La prima sezione affronta un tema fondamentale per la chiesa di Matteo e per ogni comunità cristiana: quali sono le condizioni per un fruttuoso ascolto della Parola di Dio. Per il vangelo il seme è un prodigio che non ci si stanca di ammirare e di contemplare; è il prodigio della vita che si diffonde e si moltiplica. Il seme è piccolo ma è capace di diventare spiga. E tuttavia questa trasformazione non è scontata: il cammino del seme incontra degli ostacoli e delle difficoltà. Naturalmente non è di semi che il vangelo vuole parlare, ma della Parola di Dio. E la Parola del Signore è Gesù Cristo; perché la Parola di Dio è quello che Gesù Cristo diceva, ma la Parola del Signore è Gesù. È Gesù la Parola: “E la parola si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi” (Gv 1, 14a).
Questa Parola è stata seminata nella storia. Anche questa Parola incontra degli ostacoli, ma ormai la semina è avvenuta e nessuno la può cancellare. Ormai, questa Parola è stata innestata dentro alla storia umana e non ritorna più quella che era prima. La storia umana è costretta ad ubbidire a Dio e a diventare il luogo della rivelazione e dell’amore di Dio e a trasformarsi dominata dall’amore di Dio.
Anche la prima lettura dal profeta Isaia prospetta il tema relativo all’efficacia della parola di Dio mediante la similitudine della pioggia e della neve che irrigano la terra. La parola di Dio è una parola creatrice, una parola che chiama all’esistenza, che fa quello che esprime. Parola, in ebraico dabàr, non significa semplicemente parola, ma anche avvenimento, evento. Dio, che da sempre si è mostrato fedele, vuole ora essere riconosciuto fedele anche in relazione alla promessa che ha fatto al popolo attraverso il profeta.
Poiché la parola di Dio è sempre efficace e opera ciò che esprime, non mancherà di raggiungere il suo scopo: il ritorno del popolo a Gerusalemme. Perciò l’immagine della pioggia che, scendendo dal cielo, rende feconda la terra diventa il segno di quanto Dio sta compiendo, liberando quel piccolo resto e creando un popolo nuovo. Il popolo quindi deve prendere coraggio e aprire gli occhi per vedere e riconoscere l’opera di Dio.
v.3: C’è un’azione di semina da parte di un seminatore: “uscì il seminatore a seminare”, quindi significa che sta succedendo qualche cosa; ma un’azione che sembra all’inizio dovere registrare una serie infinita e dolorosa di insuccessi.
Perché la prima parte del seme che viene gettato è beccato dagli uccelli del cielo, non fa neanche in tempo ad attecchire nel terreno.
La seconda parte riesce a spuntare ma è bruciata dal sole, perché non ha radici, non è riuscita ad entrare in profondità, perché è caduta in mezzo ai sassi.
La terza parte del seme anche questa fa fallimento, perché è riuscita a spuntare e a mettere delle radici, ma si trova soffocata dalle spine, quindi non riesce ad arrivare a maturazione.
Chiaramente c’è un progresso: la prima parte del seme non riesce neanche a mettere le radici e a spuntare; la seconda spunta ma non ha le radici; la terza spunta, ha le radici, ma non riesce ad arrivare al frutto. Il Regno di Dio è così: ci stupiamo perché ci sono delle opposizioni e dei fallimenti? La logica del Regno di Dio è di un frutto stupendo e immenso dal punto di vista della quantità, ma attraversato dai fallimenti che fanno parte del dinamismo della semina.
Questo doveva essere il primo messaggio della parabola: il motivo per cui Gesù l’ha raccontata per svelare o aiutare a comprendere il mistero del Regno, il fatto che il regno di Dio si manifesta ma in modo misterioso, che non corrisponde esattamente alle nostre attese, quindi non attraverso quel successo immediato, completo e irresistibile che noi immagineremmo pensando all’affermazione della regalità di Dio. Invece il successo c’è, il compimento della salvezza avviene, ma nel modo che abbiamo ascoltato.
v.8: Questo brano è un invito alla consolazione e alla speranza rivolta a quelli che erano in crisi. Vuol dire che c’era qualcuno in crisi perché dopo avere sperato che la “parola del regno” cambiasse straordinariamente in profondità le situazioni, si accorgeva che invece il mondo andava avanti come in precedenza. Allora, veniva da dire: è tutto qui il regno di Dio? La parabola dice: non ti meravigliare, non ti avvilire, non ti lasciare spaventare dagli insuccessi.
La parola di Dio è quella del seminatore che semina in questo modo e che deve passare attraverso tutta una serie di ostacoli e di fallimenti. Il risultato sarà tale da compensare per tutte le perdite che si sono verificate in precedenza.
Quello che ci vuole, però, è la perseveranza ed è la costanza, addirittura l’ostinazione del credere che quel seme è la Parola giusta, e quindi il suo frutto lo produrrà quando vorrà il Signore, quando le strutture del mondo saranno state ammorbidite in modo tale da potere ricevere l’attitudine a raccogliere questa Parola.
v.19: Bisogna intendere bene, perché si potrebbe pensare che in questo caso la colpa sia del maligno e che la persona che non capisce non abbia in realtà responsabilità, ma nell’ottica del Vangelo il significato è il contrario.
Qui siamo di fronte ad una responsabilità, la più grande che si possa assumere, tanto da apparire addirittura diabolica: “ricevere la Parola ma non capirla”. “Non capirla”, non significa non capirla intellettualmente, ma vuol dire non riuscire a cogliere la validità, il valore, la ricchezza di vita che possiede in sé la Parola, dopo averla ascoltata e intellettualmente capita. Bisognerebbe chiedersi che cos’è che può impedirci di comprendere il valore della Parola del Signore?
Quello che ci rende difficile accettare la Parola del Signore è la profondità di conversione e di cambiamento che ci viene richiesto. Per capire davvero la Parola, è necessario cambiare vita, dare al Signore il cento dei nostri pensieri e delle nostre forze. Questo è il primo grande ostacolo che bisogna superare: la tentazione di difendere la vita che noi costruiamo intorno a noi stessi, invece di accettare una vita costruita sulla Parola del Signore.
v.21: Il secondo ostacolo è quello dell’incostanza, della mancanza di perseveranza. Viene quando una persona si entusiasma per il Vangelo: capisce che è bello; aderisce al Vangelo ma senza avere delle radici profonde, senza che la sua adesione vada a radicarsi davvero nel cuore.
È un’adesione superficiale, sentimentale, esterna: il cuore, la libertà, la scelta personale non è ancora conforme. Allora questa persona di fronte agli ostacoli, “alla tribolazione o alla persecuzione”, diventa incostante.
Il testo dice: diventa la persona che si lascia portare dalle situazioni, per cui se cambia la direzione del vento, cambia anche lui la sua. Questo evidentemente non permette alla Parola di Dio di germogliare. La Parola di Dio diventa occasione e motivo di scandalo; le persecuzioni rendono l’adesione alla Parola di Dio impossibile e si rimane scandalizzati.
v.22: Il terzo ostacolo. Qui siamo un passo più avanti. La Parola è stata seminata, è germogliata, però ci sono delle spine che soffocano quel germoglio che è cresciuto e gli impediscono di arrivare a maturazione. Dice Matteo: le spine sono la preoccupazione del mondo e l’inganno della ricchezza. Allora, si potrebbe dire: sono le paure che il mondo ci può fare, le preoccupazioni che ci mette addosso o le seduzioni che ci può offrire. Sono tutte una serie di realtà che una persona tende ad assolutizzare, alle quali tendiamo ad aggrapparci.
Le paure del mondo ci fanno veramente paura e ci chiudiamo in difesa dalle persecuzioni del mondo (ci attirano davvero con tutta la loro apparenza e ci lasciamo trascinare). È quella situazione del mondo per la quale le cose ci prendono così tanto che non abbiamo più il tempo o il desiderio di cercare e di appoggiare la nostra vita sul Signore. Questa è la tentazione tipica del nostro mondo In questo caso avviene ancora che la Parola del Signore non produce il frutto dell’esistenza.
Appendice
Familiarizzarsi con Gesù
Quando Gesù è con le folle, non si trova nella sua casa; infatti le folle sono fuori della casa. Ed è un gesto del suo amore verso gli uomini quello di lasciare la casa e recarsi verso coloro che sono incapaci di venire da lui. Quando poi ha parlato abbastanza alle folle in parabole, le lascia, ed entra nella sua casa. Ivi si avvicinano a lui i suoi discepoli, che non sono rimasti con quelli che ha lasciato. E certo, quanti sono all’ascolto di Gesù con maggiore sincerità, per prima cosa lo seguono, poi domandano dov’è la sua dimora, ricevono il dono di vederla e, venuti, la vedono e dimora presso di lui, tutti per quel giorno, alcuni forse anche più a lungo. Sono queste le realtà che ritengo indicate nel Vangelo di Giovanni mediante le parole: Il giorno seguente Giovanni stava ancora là con due dei suoi discepoli. Inoltre, a mostrare che chi si distingue da coloro cui è dato di camminare con Gesù diventa anche apostolo, continua con queste parole: Uno dei due che avevano ascoltato le parole di Giovanni e lo avevano seguito era Andrea, fratello di Simon Pietro. Anche noi dunque, se vogliamo udire Gesù, non come le folle che egli lascia ed entra nella casa, assumiamo un atteggiamento superiore alle masse e familiarizziamoci con Gesù, perché come i suoi discepoli ci accostiamo a lui mentre è nella casa, osiamo interrogarlo sulla spiegazione sia della parabola della zizzania del campo sia di qualche altra. (Origene, Commento al Vangelo di Matteo, 10,1
Il popolo non poteva essere introdotto nella casa di Gesù ed essere presente là dove gli apostoli udivano i misteri. Per questo il Signore misericordioso e compassionevole esce dalla sua casa e siede presso il mare di questo secolo, in modo che le folle gli si possano stringere intorno e, stando sulla riva, possano ascoltare le cose che non erano degne di udire stando in casa.
(Girolamo, Commento al Vangelo di Matteo)
Uscì colui che semina a seminare. Non gli bastò dire: “Uscì a seminare”; ma aggiunge: colui che semina, per mostrare che non era nuovo alla semina, né allora stava iniziando questo lavoro per la prima volta; piuttosto, come colui che ha sempre fatto questo per natura: ha sempre seminato.
Egli stesso, infatti, al principio del genere umano, ha seminato ogni specie di scienza. È proprio lui che, tramite Mosè, ha seminato nel popolo i precetti della Legge. È lui che, parlando per bocca dei profeti, non solo ha seminato i rimedi per il presente, ma ha dato anche nozioni per il futuro. Egli uscì, fattosi uomo, e seminò tramite se stesso i precetti divini. (Anonimo, Opera incompleta su Matteo, 31)
La Chiesa si identifica in qualche modo col messaggio che proclama. Riceve la Parola che le rivela il volto di Dio e la sua volontà d’amore per tutti gli uomini. Diventa parola di Dio per gli uomini. L’Israele dell’Antico Testamento era cosciente di questa rivelazione che lo univa sia alla Parola venuta dall’alto che alla comunità umana. (…)
Nessuno penserà di poter affermare una totale identità tra la Parola e la comunità converrà piuttosto dire che la comunità è sacramento della Parola, che cioè rivela l’Evangelo ricevuto. Essa partecipa in tal modo al mistero della Chiesa: benché sia il Corpo di Cristo, la Chiesa non potrà mai venire identificata né con il Signore né con il Regno che annuncia: è solo sacramento dell’uno e dell’altro.
Così è della Chiesa-sacramento della Parola: vivendola essa la proclama, pur sapendo che la perfezione di questo annuncio rimarrà sempre imperfezione dinanzi alla pienezza del messaggio. (L. Deiss, Vivere la Parola, 317-9)
Is 55,10-11 […] La Parola di Dio è creatrice, fa ciò che dice. A questo proposito sono innumerevoli i testi dei salmi, di Isaia, dei profeti nei quali è detto che la Parola di Dio fa quello che dice: non solo enuncia una verità, ma ha in sé l’efficacia di realizzarla e di non ritornare mai a Dio, come dice il profeta, senza avere fecondato e avere eseguito quello che essa stessa ha enunciato (cf. Is, 55,11).
La Parola di Dio non solo è normativa ma è giudicante, perché è il termine di paragone, il criterio di giudizio di ogni dottrina e di ogni pensiero che ad essa si deve subordinare e da essa si deve lasciare discernere.
[…] Quegli eventi narrati nella Bibbia sono esemplari e la Parola di Dio è perciò plasmante tutta la nostra vita. In particolare essa realizza in noi questo plasma divino, ci modella in sua conformità più noi l’accostiamo, più la lasciamo penetrare dentro di noi, più ci mettiamo in religioso ascolto; e non solo in ascolto di enunciati, ma in atteggiamento di obbedienza con tutto il nostro essere. […].
È quindi la Parola di Dio che ci consente un’esperienza unica di Dio, non certo del dio metafisico, ma del Dio della storia della salvezza, del Dio che è Padre, Figlio e Spirito Santo, che si è incarnato in Gesù, che è morto, che è risorto, che è stato glorificato e che ci ha dato lo Spirito proprio perché questa realtà, conformata a Dio e alla sua esistenza eterna, penetri nella nostra vita temporale fino a consumarci nell’eternità. (Giuseppe Dossetti, Un solo Signore, EDB, 228)
Fratelli e sorelle, buongiorno!
Il Vangelo di questa domenica (Mt 13,1-23) ci mostra Gesù che predica sulla riva del lago di Galilea, e poiché una grande folla lo circonda, Lui sale su una barca, si allontana un poco da riva e predica da lì. Quando parla al popolo, Gesù utilizza molte parabole: un linguaggio comprensibile a tutti, con immagini tratte dalla natura e dalle situazioni della vita quotidiana.
La prima che racconta è un’introduzione a tutte le parabole: è quella del seminatore, che senza risparmio getta la sua semente su ogni tipo di terreno. E il vero protagonista di questa parabola è proprio il seme, che produce più o meno frutto a seconda del terreno su cui è caduto. I primi tre terreni sono improduttivi: lungo la strada la semente è mangiata dagli uccelli; sul terreno sassoso i germogli seccano subito perché non hanno radici; in mezzo ai rovi il seme viene soffocato dalle spine. Il quarto terreno è il terreno buono, e soltanto lì il seme attecchisce e porta frutto.
In questo caso, Gesù non si è limitato a presentare la parabola, l’ha anche spiegata ai suoi discepoli. La semente caduta sulla strada indica quanti ascoltano l’annuncio del Regno di Dio ma non lo accolgono; così sopraggiunge il Maligno e lo porta via. Il Maligno infatti non vuole che il seme del Vangelo germogli nel cuore degli uomini. Questo è il primo paragone. Il secondo è quello del seme caduto sulle pietre: esso rappresenta le persone che ascoltano la parola di Dio e l’accolgono subito, ma superficialmente, perché non hanno radici e sono incostanti; e quando arrivano le difficoltà e le tribolazioni, queste persone si abbattono subito. Il terzo caso è quello della semente caduta tra i rovi: Gesù spiega che si riferisce alle persone che ascoltano la parola ma, a causa delle preoccupazioni mondane e della seduzione della ricchezza, rimane soffocata. Infine, la semente caduta sul terreno fertile rappresenta quanti ascoltano la parola, la accolgono, la custodiscono e la comprendono, ed essa porta frutto. Il modello perfetto di questa terra buona è la Vergine Maria.
Questa parabola parla oggi a ciascuno di noi, come parlava agli ascoltatori di Gesù duemila anni fa. Ci ricorda che noi siamo il terreno dove il Signore getta instancabilmente il seme della sua Parola e del suo amore. Con quali disposizioni lo accogliamo? E possiamo porci la domanda: com’è il nostro cuore? A quale terreno assomiglia: a una strada, a una pietraia, a un roveto? Dipende da noi diventare terreno buono senza spine né sassi, ma dissodato e coltivato con cura, affinché possa portare buoni frutti per noi e per i nostri fratelli.
E ci farà bene non dimenticare che anche noi siamo seminatori. Dio semina semi buoni, e anche qui possiamo porci la domanda: che tipo di seme esce dal nostro cuore e dalla nostra bocca? Le nostre parole possono fare tanto bene e anche tanto male; possono guarire e possono ferire; possono incoraggiare e possono deprimere. Ricordatevi: quello che conta non è ciò che entra, ma quello che esce dalla bocca e dal cuore.
La Madonna ci insegni, con il suo esempio, ad accogliere la Parola, custodirla e farla fruttificare in noi e negli altri. (Papa Francesco, Angelus del 13 luglio 2014)
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