mons. Roberto Brunelli"Parole per l'uomo intelligente e libero"

Parole per l'uomo intelligente e libero
mons. Roberto Brunelli
XV Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (16/07/2017)
  Visualizza Mt 13,1-23
Oggi si parla di agricoltura, di un argomento cioè che sembra non importante come un tempo, quando
la coltivazione dei campi, costituendo l'attività della maggioranza della popolazione, condizionava la vita dell'intera società. Ora, almeno nell'opulento mondo occidentale, prevalgono l'industria e il terziario, sicché il mondo agricolo si allontana sempre più dall'orizzonte comune degli interessi e delle preoccupazioni; che ci sia pioggia o sole appare più rilevante per il successo delle vacanze che per l'esito dei raccolti. E forse ci parranno più vicine alla poesia che alla concretezza della vita le fascinose immagini delle letture di questa domenica.
Nella prima (Isaia 55,10-11) "Dice il Signore: Come la pioggia e la neve scendono dal cielo e non vi ritornano senza avere irrigato la terra, senza averla fecondata e fatta germogliare, perché dia il seme a chi semina e il pane a chi mangia, così sarà della parola uscita dalla mia bocca". E il salmo responsoriale (il 64) pare un inno alla bellezza della primavera: "(Signore), tu visiti la terra e la disseti, la ricolmi di ricchezze... Coroni l'anno con i tuoi benefici, i tuoi solchi stillano abbondanza. Stillano i pascoli del deserto e le colline si cingono di esultanza. I prati si coprono di greggi, le valli si ammantano di messi: gridano e cantano di gioia".
Anche il vangelo (Matteo 13,1-23) attinge al mondo agricolo, con una parabola relativa alla semina. Premessa: i campi della Palestina, al tempo di Gesù (ma in parte tuttora), non erano come i nostri; si coltivavano le colline, dove piccole frazioni di buon terreno si alternano a rocce affioranti e cespugli selvatici. Ecco perché chi sparge la semente non può evitare che una parte vada perduta: sull'arido sentiero, dove "vennero gli uccelli e la mangiarono", o sul terreno poco profondo tra i sassi, dove "germogliò subito, ma quando spuntò il sole fu bruciata e, non avendo radici, seccò", o "sui rovi, che crebbero e la soffocarono". E però "un'altra parte cadde sul terreno buono e diede frutto: il cento, il sessanta, il trenta per uno".
"Chi ha orecchi, ascolti", cioè cerchi di capire, conclude Gesù. E capire il significato della parabola è facile, poiché poco oltre è lo stesso vangelo a spiegarlo. La semente è la Parola di Dio, diffusa tra gli uomini con larghezza ma con esiti differenziati, a seconda di dove cade: sul terreno arido di chi vi oppone rifiuto o indifferenza, sul terreno superficiale di chi è distratto o incostante, tra i cespugli degli interessi materiali che la soffocano, o nel buon terreno di chi la accoglie con attenzione e la fa fruttare.
Ma prima e più dell'esito, è da considerare il fatto in sé della semina: Dio, l'Immenso, l'Eterno, l'Onnipotente, Lui che non ha bisogno di niente e di nessuno, si rivolge all'uomo, gli si propone come interlocutore, gli parla: quale degnazione, quale dono! Basterebbe questo a manifestare la grandezza dell'uomo, la sua incomparabile dignità, il valore unico, irripetibile, supremo della sua esistenza. E parlando dell'uomo si intende ogni essere umano, perché Dio non parla solo a qualcuno, più intelligente degli altri, o più importante, o più istruito: parla a tutti e a ciascuno, in tanti modi: nella bellezza del creato, nelle pagine della Bibbia, nell'esempio dei santi, nell'intimità della coscienza; parla, mosso da un inesausto amore che vuole il bene della persona amata.
Sin dalla prima pagina la Bibbia afferma che Dio ha fatto l'uomo, maschio e femmina, a sua immagine e somiglianza. Spiegano gli esperti che l'immagine e somiglianza dell'uomo con Dio sta nel fatto che entrambi, pur se ovviamente in grado diverso, sono intelligenti e liberi. Ora si capisce il motivo di questo agire di Dio: ha voluto l'uomo dotato di intelligenza per parlargli, per entrare in dialogo con lui; l'ha voluto libero, perché la sua risposta non fosse dettata dalla paura, o dalla necessità, ma dall'amore.

Fonte:http://www.qumran2.net

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