P. Marko Ivan Rupnik Commento XVI Domenica del Tempo Ordinario
XVI Domenica del Tempo Ordinario – Anno A
Mt 13,24-43
Nella parabola del Seminatore viene messo l’accento sul terreno. Infatti l’uomo si realizza
accogliendo il soffio di Dio, aderendo alla Parola che viene seminata, facendola penetrare in tutto il terreno della propria umanità. È così che l’umanità porta frutto, cioè si realizza in pienezza.
Oggi l’accento viene messo sul seme. E la parabola parla direttamente del Regno. Ciò vuol dire che la parabola esplicita almeno una caratteristica del Regno. L’uomo si realizza solo attraverso l’accoglienza dell’altro, cioè attraverso il soffio, attraverso il seme. La nostra natura umana necessita di essere coinvolta nell’accoglienza dell’azione dell’Altro, cioè di Dio, del suo Spirito. La coscienza dell’uomo è quella convergenza di sé nello Spirito ed esporre se stesso all’azione di Dio. La nostra natura è come il legno del vitigno che secondo Ez 15 non serve a nulla se non a portare il frutto, cioè il vino. A far lasciar scorrere dentro di sé il succo della vita che solo da quel legno prende ciò che produce l’uva e dunque il vino. E Cristo in Gv 15 fa vedere che noi siamo i tralci di quel vitigno che è Lui e che solo così noi portiamo frutto, cioè solo così la nostra umanità diventa l’azione e il luogo dell’amore.
Ma dopo il peccato l’uomo ha aperto il fianco al nemico della propria natura, come lo chiama sant’Atanasio, perché coinvolge la nostra natura con un presunto altro che non è altro che un io soggetto alla natura stessa, dunque si diventa vittima di un’illusione. Il nemico semina un seme il cui germoglio è praticamente uguale al seme bello – che è grano. Il “lolium temulentum” che è la zizzania è molto simile al grano. Si comincia a distinguere visibilmente quando comincia a fare le spighe. Ma soprattutto si rivela quando comincia a maturare. Il grano si accende in una luce sempre più dorata mentre il chicco nella spiga della zizzania si scurisce e si spegne. Per di più è tossico. Il grano invece diventa pane e nell’eucaristia il Corpo di Cristo, cioè la Chiesa, l’unità di tutti noi in un solo Corpo, una umanità vissuta al modo del Figlio, cioè la divino umanità di Cristo. La parola ebraica per zizzania, zun-zunim che verrebbe dalla radice zanah cioè prostituzione. Il che ancora di più fa vedere che il nemico vorrebbe coinvolgerci in ciò che è contro di noi, ma lo fa sotto l’apparenza di un bene per noi.
La reazione allora è spontanea, eliminare questo male. Il discernimento è difficile all’inizio, e si compie in vista della fine, del compimento. Eliminare il male nell’uomo significa distruggere l’uomo, diceva Tarkovskij. La zizzania ha una radice ricca e sottile che penetra lontano e sradicandola togli anche il grano. Il Regno dei cieli non è questione di elitismo. Queste prime tre parabole sul Regno evidenziano tre terribili tentazioni per la vita spirituale e per la vita della chiesa. La prima è di eliminare la zizzania e creare un campo puro del solo grano. Il Regno cresce e si compie in mezzo alla zizzania del nemico. La seconda viene detta con la parabola del seme di senape e ci richiama alla tentazione di grandezza e di visibilità che colpisce e attira l'attenzione. La terza parabola, quella del lievito ci avverte riguardo alla tentazione di distinguersi visibilmente nell'azione che compiamo, farsi notare con le opere, invece il Regno agisce come lievito nell’impasto.
Ivanov svela tre atteggiamenti davanti al male. a) idealmente pensare il bene desiderandolo in modo idealista; b) scoprire che non lo si può realizzare a causa del male e perciò distruggere il male ma non si può perché così si fa troppo male; c) come Cristo all’ultima cena vedendo Giuda e il male si rivolge al Padre per poter compiere la sua missione ed entrare nella passione che convertirà il male nel bene.
P. Marko Ivan Rupnik
Fonte:http:http://www.clerus.va
Mt 13,24-43
Nella parabola del Seminatore viene messo l’accento sul terreno. Infatti l’uomo si realizza
accogliendo il soffio di Dio, aderendo alla Parola che viene seminata, facendola penetrare in tutto il terreno della propria umanità. È così che l’umanità porta frutto, cioè si realizza in pienezza.
Oggi l’accento viene messo sul seme. E la parabola parla direttamente del Regno. Ciò vuol dire che la parabola esplicita almeno una caratteristica del Regno. L’uomo si realizza solo attraverso l’accoglienza dell’altro, cioè attraverso il soffio, attraverso il seme. La nostra natura umana necessita di essere coinvolta nell’accoglienza dell’azione dell’Altro, cioè di Dio, del suo Spirito. La coscienza dell’uomo è quella convergenza di sé nello Spirito ed esporre se stesso all’azione di Dio. La nostra natura è come il legno del vitigno che secondo Ez 15 non serve a nulla se non a portare il frutto, cioè il vino. A far lasciar scorrere dentro di sé il succo della vita che solo da quel legno prende ciò che produce l’uva e dunque il vino. E Cristo in Gv 15 fa vedere che noi siamo i tralci di quel vitigno che è Lui e che solo così noi portiamo frutto, cioè solo così la nostra umanità diventa l’azione e il luogo dell’amore.
Ma dopo il peccato l’uomo ha aperto il fianco al nemico della propria natura, come lo chiama sant’Atanasio, perché coinvolge la nostra natura con un presunto altro che non è altro che un io soggetto alla natura stessa, dunque si diventa vittima di un’illusione. Il nemico semina un seme il cui germoglio è praticamente uguale al seme bello – che è grano. Il “lolium temulentum” che è la zizzania è molto simile al grano. Si comincia a distinguere visibilmente quando comincia a fare le spighe. Ma soprattutto si rivela quando comincia a maturare. Il grano si accende in una luce sempre più dorata mentre il chicco nella spiga della zizzania si scurisce e si spegne. Per di più è tossico. Il grano invece diventa pane e nell’eucaristia il Corpo di Cristo, cioè la Chiesa, l’unità di tutti noi in un solo Corpo, una umanità vissuta al modo del Figlio, cioè la divino umanità di Cristo. La parola ebraica per zizzania, zun-zunim che verrebbe dalla radice zanah cioè prostituzione. Il che ancora di più fa vedere che il nemico vorrebbe coinvolgerci in ciò che è contro di noi, ma lo fa sotto l’apparenza di un bene per noi.
La reazione allora è spontanea, eliminare questo male. Il discernimento è difficile all’inizio, e si compie in vista della fine, del compimento. Eliminare il male nell’uomo significa distruggere l’uomo, diceva Tarkovskij. La zizzania ha una radice ricca e sottile che penetra lontano e sradicandola togli anche il grano. Il Regno dei cieli non è questione di elitismo. Queste prime tre parabole sul Regno evidenziano tre terribili tentazioni per la vita spirituale e per la vita della chiesa. La prima è di eliminare la zizzania e creare un campo puro del solo grano. Il Regno cresce e si compie in mezzo alla zizzania del nemico. La seconda viene detta con la parabola del seme di senape e ci richiama alla tentazione di grandezza e di visibilità che colpisce e attira l'attenzione. La terza parabola, quella del lievito ci avverte riguardo alla tentazione di distinguersi visibilmente nell'azione che compiamo, farsi notare con le opere, invece il Regno agisce come lievito nell’impasto.
Ivanov svela tre atteggiamenti davanti al male. a) idealmente pensare il bene desiderandolo in modo idealista; b) scoprire che non lo si può realizzare a causa del male e perciò distruggere il male ma non si può perché così si fa troppo male; c) come Cristo all’ultima cena vedendo Giuda e il male si rivolge al Padre per poter compiere la sua missione ed entrare nella passione che convertirà il male nel bene.
P. Marko Ivan Rupnik
Fonte:http:http://www.clerus.va
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