Don Marco Ceccarelli, Festa della Trasfigurazione del Signore
XVIII Domenica Tempo Ordinario “A” – 6 Agosto 2017: Festa della Trasfigurazione del Signore
I lettura: Dn 7,9-10.13-14
II lettura: 2Pt 1,16-19
Vangelo: Mt 17,1-9
- Testi di riferimento: Es 24,15-16; 34,29-35; Dt 18,15; Sal 2,6-8; 8,6; 72,11; 110,1-2; Is 42,1; 53,2;
Mal 3,22-23; Mt 3,17; 5,17; 16,27-28; 26,37-40; Mc 16,12; Gv 1,14; 12,16.28-30; At 7,56; Rm 6,6;
8,17.29; 12,2; 1Cor 15,49-53; 2Cor 3,18; 4,16-18; Ef 4,22-24; Fil 3,21; Col 3,10; 1Pt 4,13; Ap 1,16-
17; 7,9.14
1. Siccome questa domenica del tempo ordinario coincide con il 6 Agosto, vale a dire con il giorno
dedicato alla festa della Trasfigurazione, la liturgia ci presenta questo evento estremamente significativo
della vita di Gesù. Dobbiamo tenere presente che l’episodio si colloca immediatamente dopo
il primo annuncio di Gesù ai discepoli riguardo la sua missione di andare a Gerusalemme per essere
messo in croce e poi risuscitare (questo brano lo avremo fra qualche domenica). Discorso contro il
quale Pietro reagisce rimproverando Gesù, il quale a sua volta rimprovera Pietro e dice a lui e agli
altri che chi vuole essere suo discepolo deve essere disposto a prendere la propria croce e a seguirlo.
Dunque nel suo trasfigurarsi davanti ai tre discepoli Gesù offre un anticipo e in qualche modo una
rivelazione sul significato della sua missione.
2. Il Vangelo della trasfigurazione (alcuni aspetti).
- La “trasformazione” (metamorphoō) di Gesù rivela innanzitutto la sua realtà profonda, nascosta, la
sua natura divina (cfr. Gv 1,14). Si tratta di una teofania, di una apparizione di Dio. Il “monte alto”
(v. 1), di cui non ci viene detto il nome, rappresenta certamente il Sinai, il luogo dove Dio si è manifestato
a Mosè e ad Elia e ha conversato con loro. Essi sono i due più grandi rivelatori di Dio
dell’Antico Testamento, soprattutto per quanto riguarda la difesa del culto all’unico Signore. Ora,
Dio conversa con loro – su di un monte alto, simbolo del Sinai – nella persona del suo Figlio diletto
(v. 3). In lui abita corporalmente tutta la pienezza della divinità (Col 3,9). Gesù non è soltanto uno
dei rivelatori di Dio, un profeta come Elia, un legislatore come Mosè. Lui è Dio stesso; chi vede lui
vede il Padre (Gv 14,9). E in lui Dio si rende accessibile perché, nonostante la sua insostenibile gloria,
si è abbassato, si è conformato agli uomini, perché gli uomini potessero conformarsi a Dio e
conversare con lui. Allo stesso tempo la conversazione con Mosè ed Elia sta a confermare tutto
quanto essi hanno rivelato. Gesù non annulla niente della Legge e i Profeti (siccome è Dio stesso
sarebbe contraddire se stesso), ma al contrario li compie pienamente (Mt 5,17). D’ora in poi non c’è
altri da ascoltare che lui (v. 5). Mosè ed Elia sono anche nominati alla fine dell’ultimo libro
dell’Antico Testamento (Mal 3,22-24). Gesù riassume tutta l’antica rivelazione (Mt 5,17-18), e allo
stesso tempo con lui appare quella nuova e definitiva, che i suoi discepoli sono chiamati a raccogliere
e a trasmettere. La voce del Padre da un lato lo rivela come il Figlio unigenito (questo è il significato
di “amato”) nel quale si riassume tutta la rivelazione; e d’altro lato lo rivela come il Servo
di Is 42,1 che compirà la sua missione nella passione.
- L’episodio della Trasfigurazione sta in parallelo con quello del monte degli ulivi, dove ritroviamo
diversi elementi; anche lì appare un “monte”, la presenza degli stessi tre discepoli, la loro difficoltà
a restare svegli, la presenza del “Padre”, la solitudine di Gesù. I due momenti si richiamano a vicenda
e costituiscono come i due estremi della vita pubblica di Gesù, la manifestazione della sua
gloria divina e la sua massima prostrazione umana. E in un certo senso questi due estremi si toccano
e combaciano. «Dopo questo “punto alto” sulla montagna i discepoli appariranno insieme in seguito
nella scena del Getsemani, cioè nell’assoluto “punto basso” della storia di Gesù» (cit.).
- “E fu trasfigurato (metamorphoō)”. Nell’episodio della Trasfigurazione Cristo mostra quello che
avverrà in lui attraverso il suo mistero pasquale. Anche la natura umana di Cristo per entrare nella
gloria celeste ha dovuto essere trasformata. Infatti è a causa della sofferenza della morte che ora
possiamo vedere Gesù coronato di gloria (Eb 2,9). Cristo dopo la sua risurrezione ha un corpo trasfigurato,
glorificato (Mc 16,12). L’episodio della trasfigurazione annuncia così il mistero pasquale
che si compirà in Cristo. La trasfigurazione che Gesù mostra agli apostoli come un riflesso della sua
gloria divina, è anche un anticipo di ciò che avviene con il mistero pasquale per ciascuno di noi. Essa
si può capire, infatti soltanto dopo la realizzazione del mistero pasquale (Mt 17,9). Dio ci ha predestinato
a divenire “conformi” all’immagine del Figlio suo (Rm 8,29); ci ha chiamato ad “essere
trasfigurati” (metamorphoō: Rm 12,2; 2Cor 3,18) in quell’immagine, finché saremo completamente
trasformati in lui nella gloria (Fil 3,21). Durante la nostra vita terrena, che è una preparazione alla
vita celeste, si deve compiere questo “passaggio” dall’uomo di terra all’uomo celeste, di cui Cristo è
il prototipo e la primizia. La forza della redenzione di Cristo opera in noi una trasformazione, un
passaggio, una pasqua, che in qualche modo ci assimila, ci assomiglia a Cristo. Per la sua sofferenza
egli può condurre molti figli alla gloria (Eb 2,10).
- Possiamo chiederci: in che modo si realizza questa trasformazione, con quali mezzi? Nello stesso
modo in cui lo ha realizzato Cristo: entrando nella croce in obbedienza al Padre. È l’obbedienza di
Gesù al Padre che lo costituisce benedizione per tutti i popoli. È l’obbedienza al Padre che rende la
croce di Cristo quel “battesimo” che anche noi dobbiamo ricevere (Mc 10,39). Nell’obbedienza –
come abbiamo visto per Abramo – si attua la conversione, la trasformazione, l’inizio dell’uomo
nuovo. Perché appaia l’uomo nuovo, il vecchio deve morire (Col 3,9-10). Perché questo avvenga il
Signore ha predisposto anche per noi un battesimo, una immersione nella morte di Cristo, attraverso
le nostre croci (Mc 10,38-39). L’uomo terrestre, l’uomo di carne che vive in noi, viene distrutto poco
alla volta attraverso un cammino di immersione continua nella morte di Cristo (Rm 6,4ss.). Partecipando
alle sofferenze di Cristo diventeremo partecipi anche della sua gloria cioè della sua vita
divina (Rm 8,17). Siamo chiamati a riflettere in noi questa gloria (2Cor 3,18). Portando nel nostro
corpo il morire di Gesù si manifesta la sua vita divina; 2Cor 4,16-17:
16Perciò non ci scoraggiamo, ma se anche il nostro uomo esteriore si va disfacendo, quello interiore
si rinnova di giorno in giorno. 17Infatti la momentanea leggera nostra tribolazione opera in noi
un eccezionale eterno peso di gloria.
La nostra tribolazione, la croce di Cristo vissuta in noi, opera in noi una gloria eterna, affinché il
nostro corpo giunga alla conformazione del corpo glorioso di Cristo (Fil 3,20-21).
3. La salvezza produce un cambio sostanziale. Produce il passaggio dalla schiavitù alla libertà, da
una condizione di miseria ad un’altra di felicità, da uno stato di tristezza ad uno di gioia. La salvezza
cambia qualcosa in me e non solo fuori di me. Così la conversione consiste in una trasformazione,
nel passaggio da una realtà ad un’altra. Il nostro destino, come quello di Gesù, è un destino di
gloria, anche se ora dobbiamo passare attraverso le prove. Le sofferenze del momento presente non
sono paragonabili alla gloria futura che dovrà essere rivelata in noi (Rm 8,18). Il cammino della
gloria è quello che ci ha mostrato Cristo, la via della croce. L’episodio della trasfigurazione rimanda
a quello del Getsemani in cui Gesù rimane solo ed entra pienamente nella volontà del Padre. Ed è a
causa della sofferenza della morte che ora possiamo vedere Gesù coronato di gloria (Eb 2,9). È in
questa volontà e in questa obbedienza che tutti noi possiamo partecipare della sua gloria e diventare
“conformi” all’immagine sua (Rm 8,29), perché per la sua sofferenza egli conduce molti figli alla
gloria (Eb 2,10). A quelli che perseverano con lui nelle sue prove egli prepara un regno (Lc 22,28-
29).
P.S.
La trasfigurazione di Gesù alla presenza di Mosè ed Elia è anche un simbolo di ciò che Gesù ha realizzato
con il giudaismo. Gesù non ha annullato nulla della Legge e dei profeti. Nel cristianesimo
abbiamo le stesse Sacre Scritture degli ebrei (e anche qualcuna in più). E tuttavia non ha lasciato il
giudaismo così com’era, ma lo ha trasformato, ha assunto su di sé l’AT e lo ha trasfigurato. Ne abbiamo
un esempio simbolico nel miracolo di Cana, dell’acqua-diventata-vino (Gv 2,6-10). Ciò che
assaggia il maestro di tavola è l’acqua delle giare che rappresenta il giudaismo; ma essa ormai è stata
“trasfigurata” nel vino della nuova alleanza. Acqua e vino non sono due cose distinte; è la stessa
cosa, ma trasfigurata. L’acqua dell’AT è stata trasformata nel vino di Cristo. Così, per esempio, il
cristiano può pregare i Salmi che invocano la vendetta di Dio sui suoi nemici e il loro annientamento.
Però egli ormai sa che i suoi veri nemici sono quelli spirituali, che la battaglia non è “contro le
creature di sangue e di carne, ma contro gli spiriti di tenebra” (Ef 6,12). La liberazione che attende
il cristiano è quella dal peccato. Dunque, l’AT rimane vero e attuale, ma è trasfigurato. E questo tipo
di trasfigurazione lo possiamo riscontrare in tanti aspetti
Fonte:http://www.donmarcoceccarelli.it
I lettura: Dn 7,9-10.13-14
II lettura: 2Pt 1,16-19
Vangelo: Mt 17,1-9
- Testi di riferimento: Es 24,15-16; 34,29-35; Dt 18,15; Sal 2,6-8; 8,6; 72,11; 110,1-2; Is 42,1; 53,2;
Mal 3,22-23; Mt 3,17; 5,17; 16,27-28; 26,37-40; Mc 16,12; Gv 1,14; 12,16.28-30; At 7,56; Rm 6,6;
8,17.29; 12,2; 1Cor 15,49-53; 2Cor 3,18; 4,16-18; Ef 4,22-24; Fil 3,21; Col 3,10; 1Pt 4,13; Ap 1,16-
17; 7,9.14
1. Siccome questa domenica del tempo ordinario coincide con il 6 Agosto, vale a dire con il giorno
dedicato alla festa della Trasfigurazione, la liturgia ci presenta questo evento estremamente significativo
della vita di Gesù. Dobbiamo tenere presente che l’episodio si colloca immediatamente dopo
il primo annuncio di Gesù ai discepoli riguardo la sua missione di andare a Gerusalemme per essere
messo in croce e poi risuscitare (questo brano lo avremo fra qualche domenica). Discorso contro il
quale Pietro reagisce rimproverando Gesù, il quale a sua volta rimprovera Pietro e dice a lui e agli
altri che chi vuole essere suo discepolo deve essere disposto a prendere la propria croce e a seguirlo.
Dunque nel suo trasfigurarsi davanti ai tre discepoli Gesù offre un anticipo e in qualche modo una
rivelazione sul significato della sua missione.
2. Il Vangelo della trasfigurazione (alcuni aspetti).
- La “trasformazione” (metamorphoō) di Gesù rivela innanzitutto la sua realtà profonda, nascosta, la
sua natura divina (cfr. Gv 1,14). Si tratta di una teofania, di una apparizione di Dio. Il “monte alto”
(v. 1), di cui non ci viene detto il nome, rappresenta certamente il Sinai, il luogo dove Dio si è manifestato
a Mosè e ad Elia e ha conversato con loro. Essi sono i due più grandi rivelatori di Dio
dell’Antico Testamento, soprattutto per quanto riguarda la difesa del culto all’unico Signore. Ora,
Dio conversa con loro – su di un monte alto, simbolo del Sinai – nella persona del suo Figlio diletto
(v. 3). In lui abita corporalmente tutta la pienezza della divinità (Col 3,9). Gesù non è soltanto uno
dei rivelatori di Dio, un profeta come Elia, un legislatore come Mosè. Lui è Dio stesso; chi vede lui
vede il Padre (Gv 14,9). E in lui Dio si rende accessibile perché, nonostante la sua insostenibile gloria,
si è abbassato, si è conformato agli uomini, perché gli uomini potessero conformarsi a Dio e
conversare con lui. Allo stesso tempo la conversazione con Mosè ed Elia sta a confermare tutto
quanto essi hanno rivelato. Gesù non annulla niente della Legge e i Profeti (siccome è Dio stesso
sarebbe contraddire se stesso), ma al contrario li compie pienamente (Mt 5,17). D’ora in poi non c’è
altri da ascoltare che lui (v. 5). Mosè ed Elia sono anche nominati alla fine dell’ultimo libro
dell’Antico Testamento (Mal 3,22-24). Gesù riassume tutta l’antica rivelazione (Mt 5,17-18), e allo
stesso tempo con lui appare quella nuova e definitiva, che i suoi discepoli sono chiamati a raccogliere
e a trasmettere. La voce del Padre da un lato lo rivela come il Figlio unigenito (questo è il significato
di “amato”) nel quale si riassume tutta la rivelazione; e d’altro lato lo rivela come il Servo
di Is 42,1 che compirà la sua missione nella passione.
- L’episodio della Trasfigurazione sta in parallelo con quello del monte degli ulivi, dove ritroviamo
diversi elementi; anche lì appare un “monte”, la presenza degli stessi tre discepoli, la loro difficoltà
a restare svegli, la presenza del “Padre”, la solitudine di Gesù. I due momenti si richiamano a vicenda
e costituiscono come i due estremi della vita pubblica di Gesù, la manifestazione della sua
gloria divina e la sua massima prostrazione umana. E in un certo senso questi due estremi si toccano
e combaciano. «Dopo questo “punto alto” sulla montagna i discepoli appariranno insieme in seguito
nella scena del Getsemani, cioè nell’assoluto “punto basso” della storia di Gesù» (cit.).
- “E fu trasfigurato (metamorphoō)”. Nell’episodio della Trasfigurazione Cristo mostra quello che
avverrà in lui attraverso il suo mistero pasquale. Anche la natura umana di Cristo per entrare nella
gloria celeste ha dovuto essere trasformata. Infatti è a causa della sofferenza della morte che ora
possiamo vedere Gesù coronato di gloria (Eb 2,9). Cristo dopo la sua risurrezione ha un corpo trasfigurato,
glorificato (Mc 16,12). L’episodio della trasfigurazione annuncia così il mistero pasquale
che si compirà in Cristo. La trasfigurazione che Gesù mostra agli apostoli come un riflesso della sua
gloria divina, è anche un anticipo di ciò che avviene con il mistero pasquale per ciascuno di noi. Essa
si può capire, infatti soltanto dopo la realizzazione del mistero pasquale (Mt 17,9). Dio ci ha predestinato
a divenire “conformi” all’immagine del Figlio suo (Rm 8,29); ci ha chiamato ad “essere
trasfigurati” (metamorphoō: Rm 12,2; 2Cor 3,18) in quell’immagine, finché saremo completamente
trasformati in lui nella gloria (Fil 3,21). Durante la nostra vita terrena, che è una preparazione alla
vita celeste, si deve compiere questo “passaggio” dall’uomo di terra all’uomo celeste, di cui Cristo è
il prototipo e la primizia. La forza della redenzione di Cristo opera in noi una trasformazione, un
passaggio, una pasqua, che in qualche modo ci assimila, ci assomiglia a Cristo. Per la sua sofferenza
egli può condurre molti figli alla gloria (Eb 2,10).
- Possiamo chiederci: in che modo si realizza questa trasformazione, con quali mezzi? Nello stesso
modo in cui lo ha realizzato Cristo: entrando nella croce in obbedienza al Padre. È l’obbedienza di
Gesù al Padre che lo costituisce benedizione per tutti i popoli. È l’obbedienza al Padre che rende la
croce di Cristo quel “battesimo” che anche noi dobbiamo ricevere (Mc 10,39). Nell’obbedienza –
come abbiamo visto per Abramo – si attua la conversione, la trasformazione, l’inizio dell’uomo
nuovo. Perché appaia l’uomo nuovo, il vecchio deve morire (Col 3,9-10). Perché questo avvenga il
Signore ha predisposto anche per noi un battesimo, una immersione nella morte di Cristo, attraverso
le nostre croci (Mc 10,38-39). L’uomo terrestre, l’uomo di carne che vive in noi, viene distrutto poco
alla volta attraverso un cammino di immersione continua nella morte di Cristo (Rm 6,4ss.). Partecipando
alle sofferenze di Cristo diventeremo partecipi anche della sua gloria cioè della sua vita
divina (Rm 8,17). Siamo chiamati a riflettere in noi questa gloria (2Cor 3,18). Portando nel nostro
corpo il morire di Gesù si manifesta la sua vita divina; 2Cor 4,16-17:
16Perciò non ci scoraggiamo, ma se anche il nostro uomo esteriore si va disfacendo, quello interiore
si rinnova di giorno in giorno. 17Infatti la momentanea leggera nostra tribolazione opera in noi
un eccezionale eterno peso di gloria.
La nostra tribolazione, la croce di Cristo vissuta in noi, opera in noi una gloria eterna, affinché il
nostro corpo giunga alla conformazione del corpo glorioso di Cristo (Fil 3,20-21).
3. La salvezza produce un cambio sostanziale. Produce il passaggio dalla schiavitù alla libertà, da
una condizione di miseria ad un’altra di felicità, da uno stato di tristezza ad uno di gioia. La salvezza
cambia qualcosa in me e non solo fuori di me. Così la conversione consiste in una trasformazione,
nel passaggio da una realtà ad un’altra. Il nostro destino, come quello di Gesù, è un destino di
gloria, anche se ora dobbiamo passare attraverso le prove. Le sofferenze del momento presente non
sono paragonabili alla gloria futura che dovrà essere rivelata in noi (Rm 8,18). Il cammino della
gloria è quello che ci ha mostrato Cristo, la via della croce. L’episodio della trasfigurazione rimanda
a quello del Getsemani in cui Gesù rimane solo ed entra pienamente nella volontà del Padre. Ed è a
causa della sofferenza della morte che ora possiamo vedere Gesù coronato di gloria (Eb 2,9). È in
questa volontà e in questa obbedienza che tutti noi possiamo partecipare della sua gloria e diventare
“conformi” all’immagine sua (Rm 8,29), perché per la sua sofferenza egli conduce molti figli alla
gloria (Eb 2,10). A quelli che perseverano con lui nelle sue prove egli prepara un regno (Lc 22,28-
29).
P.S.
La trasfigurazione di Gesù alla presenza di Mosè ed Elia è anche un simbolo di ciò che Gesù ha realizzato
con il giudaismo. Gesù non ha annullato nulla della Legge e dei profeti. Nel cristianesimo
abbiamo le stesse Sacre Scritture degli ebrei (e anche qualcuna in più). E tuttavia non ha lasciato il
giudaismo così com’era, ma lo ha trasformato, ha assunto su di sé l’AT e lo ha trasfigurato. Ne abbiamo
un esempio simbolico nel miracolo di Cana, dell’acqua-diventata-vino (Gv 2,6-10). Ciò che
assaggia il maestro di tavola è l’acqua delle giare che rappresenta il giudaismo; ma essa ormai è stata
“trasfigurata” nel vino della nuova alleanza. Acqua e vino non sono due cose distinte; è la stessa
cosa, ma trasfigurata. L’acqua dell’AT è stata trasformata nel vino di Cristo. Così, per esempio, il
cristiano può pregare i Salmi che invocano la vendetta di Dio sui suoi nemici e il loro annientamento.
Però egli ormai sa che i suoi veri nemici sono quelli spirituali, che la battaglia non è “contro le
creature di sangue e di carne, ma contro gli spiriti di tenebra” (Ef 6,12). La liberazione che attende
il cristiano è quella dal peccato. Dunque, l’AT rimane vero e attuale, ma è trasfigurato. E questo tipo
di trasfigurazione lo possiamo riscontrare in tanti aspetti
Fonte:http://www.donmarcoceccarelli.it
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