fr. Massimo Rossi #Trasfigurazione del Signore" (Anno A)
Commento su Matteo 17,1-9
fr. Massimo Rossi
Trasfigurazione del Signore (Anno A) (06/08/2017)
Visualizza Mt 17,1-9
Fin troppo conosciuto, l'episodio della trasfigurazione di Gesù! Questa pagina di Vangelo ha ispirato
pittori famosi, da Raffaello a Perugino, da Beato Angelico a Lorenzo Lotto, da Bellini a Bloch, che ne hanno realizzato splendide pale d'altare: possiamo ammirarle nelle loro collocazioni originarie, oppure esposte nei musei. Il soggetto è più o meno sempre lo stesso: Gesù che conversa con Mosé ed Elia, mentre ai loro piedi Pietro, Giacomo e Giovanni sono in contemplazione.
Che strano, a nessun artista è mai venuto in mente di ritrarre ciò che precede la Trasfigurazione, la salita al Tabor: lo scrittore ispirato scrive che si tratta di un monte alto; è verosimile pensare che non sia stata proprio una passeggiata. Tenendo conto che ai tempi di Gesù non esistevano le attrezzature di oggi, la scalata dev'essere stata parecchio faticosa.
Insomma, quella trasfigurazione il Signore se l'è dovuta guadagnare!
Come sottolinea il teologo Balthasar, per conquistarsi il ‘sì' dell'assenso, dell'obbedienza radicale, Gesù ha dovuto patire, e tanto! Per ciò il Padre ha posto in lui il Suo compiacimento; per ciò chiede anche a noi di ascoltare suo Figlio, cioè di imitarlo nel consenso pieno, nell'obbedienza incondizionata... lo stesso consenso, la stessa obbedienza di Maria madre sua, e madre nostra.
Intanto, giù a valle, gli altri nove aspettavano. Chissà che cosa avranno pensato... di che cosa avranno parlato? Matteo non lo dice, Marco invece sì: “Giunsero intanto a Cafarnao. Quando (Gesù) fu in casa, chiese loro: «Di cosa stavate discutendo (...)». Ed essi tacevano. Per via infatti avevano discusso tra loro chi fosse il più grande. Allora, sedutosi, chiamò i Dodici e disse loro: «Se uno vuole essere il primo, sia l'ultimo di tutti e il servo di tutti»...”.
La discussione degli apostoli su chi fosse il più grande, è tutt'altro che peregrina: il Signore aveva appena annunciato che presto sarebbe morto; è comprensibile che li sfiorasse il pensiero di una probabile prossima successione del Maestro...
“Chi è il più grande tra noi?” sì, ma, in base a quale criterio si stabilisce chi è il più grande?
Appena scesi dal Tabor, un padre di famiglia si prostrò davanti a Gesù e lo supplicò di guarire il figlio epilettico; quasi si vergognava, quel padre, di confessare (al Maestro) che lo aveva già chiesto ai Dodici, i quali avevano imposto le mani sul giovane, ma senza risultati.
A quella notizia, il Signore aveva reagito duramente contro gli apostoli: “O generazione incredula e perversa! Fino a quando starò con voi? fino a quando dovrò sopportarvi?” (17,17).
C'è di buono che questa défaillance dei Dodici offre a Gesù l'occasione per rivelare il criterio di valutazione della grandezza di un uomo: è la fede. Basterebbe avere fede quanto un granello di senapa e si potrebbero spostare montagne.
Dopodiché il Maestro di Nazareth annuncia per la seconda volta la sua passione.
Dunque la visione cui Pietro, Giacomo e Giovanni assistettero è indissolubilmente legata ai dolori della Passione. La trasfigurazione allude alla passione! Infatti il Messia proibisce loro di divulgare il fatto, fino a quando non si fossero compiuti i misteri del Triduo Pasquale: la croce e la risurrezione.
Un ultimo particolare: ribadita la corrispondenza stretta fra il Tabor e il Calvario, fra la Trasfigurazione e la crocifissione, vediamo quali sono gli elementi comuni e quali invece le differenze: si tratta di due teofanie, cioè manifestazioni di Dio; lo comprovano i particolari ‘scenografici': la nube sul Tabor, il sole oscurato sul Calvario; il soprannaturale splendore della veste di Gesù trasfigurato, l'ultimo respiro di lui sulla croce che mosse il centurione a riconoscere in quell'uomo il Figlio di Dio.
Però: mentre sul Tabor c'erano tre apostoli, sul Calvario nessuno - eccezion fatta per Giovanni, collocato ai piedi del Crocifisso, ma solo dal quarto evangelista, per i motivi che sappiamo -.
Nel confronto tra le due scene, emerge il cosiddetto paradosso cristiano:
La gloria del Signore trasfigurato sul Tabor, così chiara, ma anche così prevedibile, un classico stereotipo, potremmo dire, viene rivelata, chiarita, o forse no, dall'immagine del Cristo crocifisso sul Golgota, tutt'altro che prevedibile, come manifestazione della gloria di Dio. Chi di noi interpreterebbe la sofferenza di un condannato alla croce come l'immagine di un sovrano felicemente regnante? Appunto, ci vuole una bella immaginazione - o una bella fede... - per credere che quel corpo trafitto è quello di un re, nel pieno esercizio dei suoi poteri!
Forse è per questo che i Dodici non capirono che cosa significasse risorgere dai morti...
Forse è per questo che gli esperti di Sacra Scrittura collocano la Trasfigurazione dopo la risurrezione, e non prima...
Taluni tratti caratteristici di un corpo glorioso - le vesti sfolgoranti, come anche l'entrare nel cenacolo a porte chiuse, parlare coi discepoli senza essere riconosciuto, camminare addirittura sulle acque... - si possono accettare da un ‘risorto'; non così facilmente da un uomo in carne e ossa come noi.
Dopo la risurrezione, tutto era possibile; se avevano creduto nel Cristo risorto, potevano anche credere che fosse in grado di camminare sul mare in tempesta, che avesse il potere di apparire contemporaneamente in luoghi diversi, e anche scomparire improvvisamente...
Ma... gli Apostoli avevano creduto alla risurrezione di Gesù?
Il Vangelo di Matteo si conclude con il dubbio degli Undici, di fronte al Cristo (cfr. 28,17).
E, se anche ci avevano creduto, quale relazione avevano colto tra la morte del Maestro e la Sua condizione di Risorto? Sono le stesse domande che, dopo venti secoli, la fede presenta a noi.
Se poi, le citate domande non bastassero a farci fumare il cervello, ne aggiungo una terza: ok la croce di Gesù, ok la risurrezione di Gesù... Ma a noi, che cosa ne viene?
Che scoperta, il catechismo ce l'ha insegnato: in virtù della morte e resurrezione di Gesù, noi siamo stati salvati dai peccati.
È vero, questo ce l'ha insegnato il catechismo... Ma non solo questo!
C'è ancora qualcosa che il Vangelo, prima che il catechismo, rivela, riguardo alla Passione morte e risurrezione di Gesù, qualcosa che ci mette tutti con le spalle al muro, o meglio, (tutti) al nastro di partenza... E qui passo e chiudo!
Un aiutino? Matteo 16,24ss...
Fonte:http://www.qumran2.net
fr. Massimo Rossi
Trasfigurazione del Signore (Anno A) (06/08/2017)
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Fin troppo conosciuto, l'episodio della trasfigurazione di Gesù! Questa pagina di Vangelo ha ispirato
pittori famosi, da Raffaello a Perugino, da Beato Angelico a Lorenzo Lotto, da Bellini a Bloch, che ne hanno realizzato splendide pale d'altare: possiamo ammirarle nelle loro collocazioni originarie, oppure esposte nei musei. Il soggetto è più o meno sempre lo stesso: Gesù che conversa con Mosé ed Elia, mentre ai loro piedi Pietro, Giacomo e Giovanni sono in contemplazione.
Che strano, a nessun artista è mai venuto in mente di ritrarre ciò che precede la Trasfigurazione, la salita al Tabor: lo scrittore ispirato scrive che si tratta di un monte alto; è verosimile pensare che non sia stata proprio una passeggiata. Tenendo conto che ai tempi di Gesù non esistevano le attrezzature di oggi, la scalata dev'essere stata parecchio faticosa.
Insomma, quella trasfigurazione il Signore se l'è dovuta guadagnare!
Come sottolinea il teologo Balthasar, per conquistarsi il ‘sì' dell'assenso, dell'obbedienza radicale, Gesù ha dovuto patire, e tanto! Per ciò il Padre ha posto in lui il Suo compiacimento; per ciò chiede anche a noi di ascoltare suo Figlio, cioè di imitarlo nel consenso pieno, nell'obbedienza incondizionata... lo stesso consenso, la stessa obbedienza di Maria madre sua, e madre nostra.
Intanto, giù a valle, gli altri nove aspettavano. Chissà che cosa avranno pensato... di che cosa avranno parlato? Matteo non lo dice, Marco invece sì: “Giunsero intanto a Cafarnao. Quando (Gesù) fu in casa, chiese loro: «Di cosa stavate discutendo (...)». Ed essi tacevano. Per via infatti avevano discusso tra loro chi fosse il più grande. Allora, sedutosi, chiamò i Dodici e disse loro: «Se uno vuole essere il primo, sia l'ultimo di tutti e il servo di tutti»...”.
La discussione degli apostoli su chi fosse il più grande, è tutt'altro che peregrina: il Signore aveva appena annunciato che presto sarebbe morto; è comprensibile che li sfiorasse il pensiero di una probabile prossima successione del Maestro...
“Chi è il più grande tra noi?” sì, ma, in base a quale criterio si stabilisce chi è il più grande?
Appena scesi dal Tabor, un padre di famiglia si prostrò davanti a Gesù e lo supplicò di guarire il figlio epilettico; quasi si vergognava, quel padre, di confessare (al Maestro) che lo aveva già chiesto ai Dodici, i quali avevano imposto le mani sul giovane, ma senza risultati.
A quella notizia, il Signore aveva reagito duramente contro gli apostoli: “O generazione incredula e perversa! Fino a quando starò con voi? fino a quando dovrò sopportarvi?” (17,17).
C'è di buono che questa défaillance dei Dodici offre a Gesù l'occasione per rivelare il criterio di valutazione della grandezza di un uomo: è la fede. Basterebbe avere fede quanto un granello di senapa e si potrebbero spostare montagne.
Dopodiché il Maestro di Nazareth annuncia per la seconda volta la sua passione.
Dunque la visione cui Pietro, Giacomo e Giovanni assistettero è indissolubilmente legata ai dolori della Passione. La trasfigurazione allude alla passione! Infatti il Messia proibisce loro di divulgare il fatto, fino a quando non si fossero compiuti i misteri del Triduo Pasquale: la croce e la risurrezione.
Un ultimo particolare: ribadita la corrispondenza stretta fra il Tabor e il Calvario, fra la Trasfigurazione e la crocifissione, vediamo quali sono gli elementi comuni e quali invece le differenze: si tratta di due teofanie, cioè manifestazioni di Dio; lo comprovano i particolari ‘scenografici': la nube sul Tabor, il sole oscurato sul Calvario; il soprannaturale splendore della veste di Gesù trasfigurato, l'ultimo respiro di lui sulla croce che mosse il centurione a riconoscere in quell'uomo il Figlio di Dio.
Però: mentre sul Tabor c'erano tre apostoli, sul Calvario nessuno - eccezion fatta per Giovanni, collocato ai piedi del Crocifisso, ma solo dal quarto evangelista, per i motivi che sappiamo -.
Nel confronto tra le due scene, emerge il cosiddetto paradosso cristiano:
La gloria del Signore trasfigurato sul Tabor, così chiara, ma anche così prevedibile, un classico stereotipo, potremmo dire, viene rivelata, chiarita, o forse no, dall'immagine del Cristo crocifisso sul Golgota, tutt'altro che prevedibile, come manifestazione della gloria di Dio. Chi di noi interpreterebbe la sofferenza di un condannato alla croce come l'immagine di un sovrano felicemente regnante? Appunto, ci vuole una bella immaginazione - o una bella fede... - per credere che quel corpo trafitto è quello di un re, nel pieno esercizio dei suoi poteri!
Forse è per questo che i Dodici non capirono che cosa significasse risorgere dai morti...
Forse è per questo che gli esperti di Sacra Scrittura collocano la Trasfigurazione dopo la risurrezione, e non prima...
Taluni tratti caratteristici di un corpo glorioso - le vesti sfolgoranti, come anche l'entrare nel cenacolo a porte chiuse, parlare coi discepoli senza essere riconosciuto, camminare addirittura sulle acque... - si possono accettare da un ‘risorto'; non così facilmente da un uomo in carne e ossa come noi.
Dopo la risurrezione, tutto era possibile; se avevano creduto nel Cristo risorto, potevano anche credere che fosse in grado di camminare sul mare in tempesta, che avesse il potere di apparire contemporaneamente in luoghi diversi, e anche scomparire improvvisamente...
Ma... gli Apostoli avevano creduto alla risurrezione di Gesù?
Il Vangelo di Matteo si conclude con il dubbio degli Undici, di fronte al Cristo (cfr. 28,17).
E, se anche ci avevano creduto, quale relazione avevano colto tra la morte del Maestro e la Sua condizione di Risorto? Sono le stesse domande che, dopo venti secoli, la fede presenta a noi.
Se poi, le citate domande non bastassero a farci fumare il cervello, ne aggiungo una terza: ok la croce di Gesù, ok la risurrezione di Gesù... Ma a noi, che cosa ne viene?
Che scoperta, il catechismo ce l'ha insegnato: in virtù della morte e resurrezione di Gesù, noi siamo stati salvati dai peccati.
È vero, questo ce l'ha insegnato il catechismo... Ma non solo questo!
C'è ancora qualcosa che il Vangelo, prima che il catechismo, rivela, riguardo alla Passione morte e risurrezione di Gesù, qualcosa che ci mette tutti con le spalle al muro, o meglio, (tutti) al nastro di partenza... E qui passo e chiudo!
Un aiutino? Matteo 16,24ss...
Fonte:http://www.qumran2.net
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