ORDINE FRANCESCANO SECOLARE, SCHIO VEGLIA PERDON DI ASSISI
INCONTRO IN PREPARAZIONE DELLA FESTA DEL PERDON D’ASSISI
“Il perdono di Dio e il perdono ai fratelli: due realtà da vivere insieme”
Preghiera di Papa Francesco scritta per il Giubileo
Signore Gesù Cristo,
tu ci hai insegnato a essere misericordiosi come il Padre celeste,
e ci hai detto che chi vede te vede Lui.
Mostraci il tuo volto e saremo salvi.
Il tuo sguardo pieno di amore liberò Zaccheo e Matteo dalla schiavitù del denaro;
l'adultera e la Maddalena dal porre la felicità solo in una creatura;
fece piangere Pietro dopo il tradimento,
e assicurò il Paradiso al ladrone pentito.
Fa' che ognuno di noi ascolti come rivolta a sé la parola che dicesti alla samaritana: Se tu conoscessi il dono di Dio!
Tu sei il volto visibile del Padre invisibile,
del Dio che manifesta la sua onnipotenza soprattutto con il perdono e la misericordia:
fa' che la Chiesa sia nel mondo il volto visibile di Te, suo Signore, risorto e nella gloria.
Hai voluto che i tuoi ministri fossero anch'essi rivestiti di debolezza
per sentire giusta compassione per quelli che sono nell'ignoranza
e nell'errore; fa' che chiunque si accosti a uno di loro si senta atteso, amato e perdonato da Dio.
Manda il tuo Spirito e consacraci tutti con la sua unzione
perché …. la sua Chiesa con rinnovato entusiasmo possa portare ai poveri il lieto messaggio, proclamare ai prigionieri e agli oppressi la libertà e ai ciechi restituire la vista.
Lo chiediamo per intercessione di Maria Madre della Misericordia a te che vivi e regni con il Padre e lo Spirito Santo per tutti i secoli dei secoli.
Amen
Abbiamo scelto i seguenti due brani del Vangelo che ci accompagneranno nella nostra veglia.
Dal Vangelo di Luca Cap. 6 vs. 36-38
[36]Siate misericordiosi, come è misericordioso il Padre vostro. [37]Non giudicate e non sarete giudicati; non condannate e non sarete condannati; perdonate e vi sarà perdonato; [38]date e vi sarà dato; una buona misura, pigiata, scossa e traboccante vi sarà versata nel grembo, perché con la misura con cui misurate, sarà misurato a voi in cambio».
Dal Vangelo di Matteo Cap. 18 vs. 21-35
[21]Allora Pietro gli si avvicinò e gli disse: «Signore, se il mio fratello commette colpe contro di me, quante volte dovrò perdonargli? Fino a sette volte?». [22]E Gesù gli rispose: «Non ti dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette.
[23]Per questo, il regno dei cieli è simile a un re che volle regolare i conti con i suoi servi. [24]Aveva cominciato a regolare i conti, quando gli fu presentato un tale che gli doveva diecimila talenti. [25]Poiché costui non era in grado di restituire, il padrone ordinò che fosse venduto lui con la moglie, i figli e quanto possedeva, e così saldasse il debito. [26]Allora il servo, prostrato a terra, lo supplicava dicendo: “Abbi pazienza con me e ti restituirò ogni cosa”. [27]Il padrone ebbe compassione di quel servo, lo lasciò andare e gli condonò il debito.
[28]Appena uscito, quel servo trovò uno dei suoi compagni, che gli doveva cento denari. Lo prese per il collo e lo soffocava, dicendo: “Restituisci quello che devi!”. [29]Il suo compagno, prostrato a terra, lo pregava dicendo: “Abbi pazienza con me e ti restituirò”. [30]Ma egli non volle, andò e lo fece gettare in prigione, fino a che non avesse pagato il debito.
[31]Visto quello che accadeva, i suoi compagni furono molto dispiaciuti e andarono a riferire al loro padrone tutto l’accaduto. [32]Allora il padrone fece chiamare quell’uomo e gli disse: “Servo malvagio, io ti ho condonato tutto quel debito perché tu mi hai pregato. [33]Non dovevi anche tu aver pietà del tuo compagno, così come io ho avuto pietà di te?”. [34]Sdegnato, il padrone lo diede in mano agli aguzzini, finché non avesse restituito tutto il dovuto. [35]Così anche il Padre mio celeste farà con voi se non perdonerete di cuore, ciascuno al proprio fratello».
Pausa di riflessione
Ci facciamo guidare in questa veglia dalla mediatazione che Papa Francesco ha fatto lo scorso anno in occasione della sua visita alla Porziuncola il 4 agosto 2016.
Mi piace ricordare oggi, cari fratelli e sorelle, prima di tutto, le parole che, secondo un’antica tradizione, san Francesco pronunciò proprio qui, davanti a tutto il popolo e ai vescovi: “Voglio mandarvi tutti in paradiso!”. Cosa poteva chiedere di più bello il Poverello di Assisi, se non il dono della salvezza, della vita eterna con Dio e della gioia senza fine, che Gesù ci ha acquistato con la sua morte e risurrezione?
Il paradiso, d’altronde, che cos’è se non il mistero di amore che ci lega per sempre a Dio per contemplarlo senza fine? La Chiesa da sempre professa questa fede quando dice di credere nella comunione dei santi. Non siamo mai soli nel vivere la fede; ci fanno compagnia i santi e i beati, anche i nostri cari che hanno vissuto con semplicità e gioia la fede e l’hanno testimoniata nella loro vita. C’è un legame invisibile, ma non per questo meno reale, che ci fa essere “un solo corpo”, in forza dell’unico Battesimo ricevuto, animati da “un solo Spirito” (cfr Ef 4,4). Forse san Francesco, quando chiedeva a Papa Onorio III il dono dell’indulgenza per quanti venivano alla Porziuncola, aveva in mente quelle parole di Gesù ai discepoli: «Nella casa del Padre mio vi sono molte dimore. Se no, vi avrei mai detto: “Vado a prepararvi un posto”? Quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, verrò di nuovo e vi prenderò con me, perché dove sono io siate anche voi» (Gv 14,2-3).
Quella del perdono è certamente la strada maestra da seguire per raggiungere quel posto in Paradiso. E’ difficile perdonare! Quanto costa, a noi, perdonare gli altri! Pensiamoci un po’. E qui alla Porziuncola tutto parla di perdono! Che grande regalo ci ha fatto il Signore insegnandoci a perdonare – o, almeno, ad avere la volontà di perdonare - per farci toccare con mano la misericordia del Padre! Abbiamo ascoltato la parabola con la quale Gesù ci insegna a perdonare (cfr Mt 18,21-35). Perché dovremmo perdonare una persona che ci ha fatto del male? Perché noi per primi siamo stati perdonati, e infinitamente di più. Non c’è nessuno fra noi, qui, che non sia stato perdonato. Ognuno pensi… pensiamo in silenzio le cose brutte che abbiamo fatto e come il Signore ci ha perdonato. La parabola ci dice proprio questo: come Dio perdona noi, così anche noi dobbiamo perdonare chi ci fa del male. E’ la carezza del perdono. Il cuore che perdona. Il cuore che perdona accarezza. Tanto lontano da quel gesto: “me la pagherai!” Il perdono è un’altra cosa. Precisamente come nella preghiera che Gesù ci ha insegnato, il Padre Nostro, quando diciamo: «Rimetti a noi i nostri debiti come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori» (Mt 6,12). I debiti sono i nostri peccati davanti a Dio, e i nostri debitori sono quelli a cui anche noi dobbiamo perdonare.
Ognuno di noi potrebbe essere quel servo della parabola che ha un grande debito da saldare, ma talmente grande che non potrebbe mai farcela. Anche noi, quando nel confessionale ci mettiamo in ginocchio davanti al sacerdote, non facciamo altro che ripetere lo stesso gesto del servo. Diciamo: “Signore, abbi pazienza con me”. Voi avete pensato alcune volte alla pazienza di Dio? Ha tanta pazienza. Sappiamo bene, infatti, che siamo pieni di difetti e ricadiamo spesso negli stessi peccati. Eppure, Dio non si stanca di offrire sempre il suo perdono ogni volta che lo chiediamo. E’ un perdono pieno, totale, con il quale ci dà certezza che, nonostante possiamo ricadere negli stessi peccati, Lui ha pietà di noi e non smette di amarci. Come il padrone della parabola, Dio si impietosisce, cioè prova un sentimento di pietà unito alla tenerezza: è un’espressione per indicare la sua misericordia nei nostri confronti. Il nostro Padre, infatti, si impietosisce sempre quando siamo pentiti, e ci rimanda a casa con il cuore tranquillo e sereno dicendoci che ci ha condonato ogni cosa e perdonato tutto. Il perdono di Dio non conosce limiti; va oltre ogni nostra immaginazione e raggiunge chiunque, nell’intimo del cuore, riconosce di avere sbagliato e vuole ritornare a Lui. Dio guarda al cuore che chiede di essere perdonato.
Il problema, purtroppo, nasce quando noi ci troviamo a confrontarci con un nostro fratello che ci ha fatto un piccolo torto. La reazione che abbiamo ascoltato nella parabola è molto espressiva: «Lo prese per il collo e lo soffocava, dicendo: “Restituisci quello che devi!”» (Mt 18,28). In questa scena troviamo tutto il dramma dei nostri rapporti umani. Quando siamo noi in debito con gli altri, pretendiamo la misericordia; quando invece siamo in credito, invochiamo la giustizia! E tutti facciamo così, tutti. Non è questa la reazione del discepolo di Cristo e non può essere questo lo stile di vita dei cristiani. Gesù ci insegna a perdonare, e a farlo senza limiti: «Non ti dico fino a sette, ma fino a settanta volte sette» (v. 22). Insomma, quello che ci propone è l’amore del Padre, non la nostra pretesa di giustizia. Fermarsi a questa, infatti, non ci farebbe riconoscere come discepoli di Cristo, che hanno ottenuto misericordia ai piedi della Croce solo in forza dell’amore del Figlio di Dio. Non dimentichiamo, dunque, le parole severe con le quali si chiude la parabola: «Così anche il mio Padre celeste farà a ciascuno di voi, se non perdonerete di cuore al vostro fratello» (v. 35).
Cari fratelli e sorelle, il perdono di cui san Francesco si è fatto “canale” qui alla Porziuncola continua a “generare paradiso” ancora dopo otto secoli. In questo Anno Santo della Misericordia diventa ancora più evidente come la strada del perdono possa davvero rinnovare la Chiesa e il mondo. Offrire la testimonianza della misericordia nel mondo di oggi è un compito a cui nessuno di noi può sottrarsi. Ripeto: offrire la testimonianza della misericordia nel mondo di oggi è un compito a cui nessuno di noi può sottrarsi. Il mondo ha bisogno di perdono; troppe persone vivono rinchiuse nel rancore e covano odio, perché incapaci di perdono, rovinando la vita propria e altrui piuttosto che trovare la gioia della serenità e della pace. Chiediamo a san Francesco che interceda per noi, perché mai rinunciamo ad essere umili segni di perdono e strumenti di misericordia.
Che il Signore ci dia la grazia di dire quella parola che il Padre non ci lascia finire, quella che ha detto il figliol prodigo: “Padre ho peccato contro…”, e [il Padre] gli ha tappato la bocca, lo ha abbracciato. Noi incominciamo a parlare, e Lui ci tapperà la bocca e ci rivestirà... “Ma, padre, domani ho paura di fare lo stesso…”. Ma torna! Il Padre sempre guarda la strada, guarda, in attesa che torni il figliol prodigo; e tutti noi lo siamo. Che il Signore ci dia questa grazia.
Pausa di riflessione
Ascoltiamo fra Michael Perry, ministro generale dell’Ordine dei Frati Minori intervistato da Radio Vaticana sul significato del Perdon d’Assisi, in occasione del Giubileo della Misericordia, che ha coniciso con gli 800 anni del Perdon d’Assisi:
“In primo luogo dobbiamo tenere presente il contesto in cui San Francesco ha chiesto questa grazia. Il contesto era quello di un mondo in guerra, in conflitto, in cui i ricchi cercavano di mantenere il potere; c’era poi la guerra fra la Francia e la Germania, c’erano le Crociate in Terra Santa tra i cristiani e i musulmani; ma c’erano anche conflitti all’interno delle famiglie e anche conflitti all’interno della Chiesa. Questo è il contesto importante da tenere in mente per capire meglio il significato di questa Festa del Perdono di Assisi. Guardiamo poi anche l'esperienza di Francesco: in una notte del 1216, Francesco era immerso nella preghiera alla Porziuncola, come sempre faceva; ha visto una luce, una luce molto forte. Francesco vide sopra l’altare il Cristo e alla sua destra la Madonna e gli angeli, che gli chiesero cosa desiderasse per la salvezza delle anime. La risposta immediata fu: “Benché io sia misero e peccatore, ti prego di concedere ampio e generoso perdono". Francesco ha chiesto e ha ricevuto dal Papa Onorio III il 2 agosto 1216 questa grazia di celebrare la Festa del Perdono a Santa Maria degli Angeli. In tutte le parrocchie, ovunque nel mondo, è concessa l’indulgenza a chi si comunica, si confessa e prega per il Papa. Credo che questa festa esprima il desiderio di ricevere la grazia della liberazione interiore e della liberazione a livello relazionale, perché non essendo più schiavi del nostro passato e dei nostri limiti umani possiamo entrare nel Regno dei figli e delle figlie di Dio. Credo sia diventare un po’ una benedizione e portatori della misericordia spirituale e materiale verso tutta l’umanità e anche verso tutto il Creato. Questo è secondo me il significato di questa festa del Perdono di Assisi.
…….
La Chiesa deve formare i cristiani a superare la pratica tradizionale di confessarsi o presentare un elenco superficiale di fatti e cercare di identificare le radici del loro peccato, dell’esperienza di vivere come schiavi. E poi credo sarebbe importante presentare il Sacramento come una vera esperienza di liberazione, di conversione, di riconciliazione, di gioia. E infine aiutare i cristiani a fare quello che Papa Francesco ci ha detto nella sua indizione del Giubileo della misericordia, cioè di confessarsi e poi di agire e produrre i frutti della carità e della giustizia nel mondo di oggi.
….
Tutto il tempo della storia della nostra vita è il tempo della misericordia… questo tempo della misericordia non è solo limitato a quest’anno di grazia, quest’anno del Giubileo: il senso di questo tempo è diventare una persona che viva della misericordia di Dio e che condivida questa misericordia con tutte le persone con cui viviamo, che incontriamo, ed estendere questo al mondo: di diventare missionari della misericordia e approfondire questa esperienza del perdono nella nostra vita, di sentirsi amati, accolti, abbracciati da Dio, così come il Figliol prodigo. E poi possiamo diventare segno concreto per il mondo di oggi che sta cercando questa riconciliazione e questa misericordia. Questo mi sembra un po’ il senso di questo tempo della misericordia.”
Dalla MISERICORDIAE VULTUS di Papa Francesco (punto 22)
….. Noi tutti, tuttavia, facciamo esperienza del peccato. Sappiamo di essere chiamati alla perfezione (cfr Mt 5,48), ma sentiamo forte il peso del peccato. Mentre percepiamo la potenza della grazia che ci trasforma, sperimentiamo anche la forza del peccato che ci condiziona. Nonostante il perdono, nella nostra vita portiamo le contraddizioni che sono la conseguenza dei nostri peccati. Nel sacramento della Riconciliazione Dio perdona i peccati, che sono davvero cancellati; eppure, l’impronta negativa che i peccati hanno lasciato nei nostri comportamenti e nei nostri pensieri rimane. La misericordia di Dio però è più forte anche di questo. Essa diventa indulgenza del Padre che attraverso la Sposa di Cristo raggiunge il peccatore perdonato e lo libera da ogni residuo della conseguenza del peccato, abilitandolo ad agire con carità, a crescere nell’amore piuttosto che ricadere nel peccato.
La Chiesa vive la comunione dei Santi. Nell’Eucaristia questa comunione, che è dono di Dio, si attua come unione spirituale che lega noi credenti con i Santi e i Beati il cui numero è incalcolabile (cfr Ap 7,4). La loro santità viene in aiuto alla nostra fragilità, e così la Madre Chiesa è capace con la sua preghiera e la sua vita di venire incontro alla debolezza di alcuni con la santità di altri. Vivere dunque l’indulgenza (nell’Anno Santo) significa accostarsi alla misericordia del Padre con la certezza che il suo perdono si estende su tutta la vita del credente. Indulgenza è sperimentare la santità della Chiesa che partecipa a tutti i benefici della redenzione di Cristo, perché il perdono sia esteso fino alle estreme conseguenze a cui giunge l’amore di Dio. ….
Pausa di riflessione
Intervento di frà Ettore
SALUTO ALLA BEATA VERGINE MARIA
Ave, Maria, santa Regina,
santa Madre di Dio, Maria,
che sei Vergine fatta Chiesa
ed eletta dal santissimo Padre celeste,
che ti ha consacrata insieme col santissimo tuo Figlio diletto
e con lo Spirito Santo Paraclito;
tu in cui fu ed è ogni pienezza di grazia e di bene.
Ave, suo palazzo,
ave, suo tabernacolo,
ave, sua casa,
ave, suo vestimento,
ave, sua ancella,
ave, sua Madre.
Per approfondire si propone quanto riportato nel Catechismo della Chiesa Cattolica riguardo il tema dell’indulgenza.
Le pene del peccato
1472 Per comprendere questa dottrina e questa pratica della Chiesa bisogna tener presente che il peccato ha una duplice conseguenza. Il peccato grave ci priva della comunione con Dio e perciò ci rende incapaci di conseguire la vita eterna, la cui privazione è chiamata la “pena eterna” del peccato. D'altra parte, ogni peccato, anche veniale, provoca un attaccamento malsano alle creature, che ha bisogno di purificazione, sia quaggiù, sia dopo la morte, nello stato chiamato Purgatorio. Tale purificazione libera dalla cosiddetta “pena temporale” del peccato. Queste due pene non devono essere concepite come una specie di vendetta, che Dio infligge dall'esterno, bensì come derivanti dalla natura stessa del peccato. Una conversione, che procede da una fervente carità, può arrivare alla totale purificazione del peccatore, così che non sussista più alcuna pena [Cf Concilio di Trento: Denz. -Schönm., 1712-1713; 1820].
1473 Il perdono del peccato e la restaurazione della comunione con Dio comportano la remissione delle pene eterne del peccato. Rimangono, tuttavia, le pene temporali del peccato. Il cristiano deve sforzarsi, sopportando pazientemente le sofferenze e le prove di ogni genere e, venuto il giorno, affrontando serenamente la morte, di accettare come una grazia queste pene temporali del peccato; deve impegnarsi, attraverso le opere di misericordia e di carità, come pure mediante la preghiera e le varie pratiche di penitenza, a spogliarsi completamente dell'“uomo vecchio” e a rivestire “l'uomo nuovo” [Cf ⇒ Ef 4,24 ].
Nella comunione dei santi
1474 Il cristiano che si sforza di purificarsi del suo peccato e di santificarsi con l'aiuto della grazia di Dio, non si trova solo. “La vita dei singoli figli di Dio in Cristo e per mezzo di Cristo viene congiunta con legame meraviglioso alla vita di tutti gli altri fratelli cristiani nella soprannaturale unità del Corpo mistico di Cristo, fin quasi a formare una sola mistica persona” [Paolo VI, Cost. ap. Indulgentiarum doctrina, 5].
1475 Nella comunione dei santi “tra i fedeli, che già hanno raggiunto la patria celeste o che stanno espiando le loro colpe nel Purgatorio, o che ancora sono pellegrini sulla terra, esiste certamente un vincolo perenne di carità ed un abbondante scambio di tutti i beni” [Paolo VI, Cost. ap. Indulgentiarum doctrina, 5]. In questo ammirabile scambio, la santità dell'uno giova agli altri, ben al di là del danno che il peccato dell'uno ha potuto causare agli altri. In tal modo, il ricorso alla comunione dei santi permette al peccatore contrito di essere in più breve tempo e più efficacemente purificato dalle pene del peccato.
1476 Questi beni spirituali della comunione dei santi sono anche chiamati il tesoro della Chiesa, che non “si deve considerare come la somma di beni materiali, accumulati nel corso dei secoli, ma come l'infinito ed inesauribile valore che le espiazioni e i meriti di Cristo hanno presso il Padre ed offerti perché tutta l'umanità fosse liberata dal peccato e pervenisse alla comunione con il Padre; è lo stesso Cristo redentore, in cui sono e vivono le soddisfazioni ed i meriti della sua redenzione” [Paolo VI, Cost. ap. Indulgentiarum doctrina, 5].
1477 “Appartiene inoltre a questo tesoro il valore veramente immenso, incommensurabile e sempre nuovo che presso Dio hanno le preghiere e le buone opere della beata Vergine Maria e di tutti i santi, i quali, seguendo le orme di Cristo Signore per grazia sua, hanno santificato la loro vita e condotto a compimento la missione affidata loro dal Padre; in tal modo, realizzando la loro salvezza, hanno anche cooperato alla salvezza dei propri fratelli nell'unità del Corpo mistico” [Paolo VI, Cost. ap. Indulgentiarum doctrina, 5].
Monica OFS
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