p. José María CASTILLO, “NON TI DICO FINO A SETTE VOLTE, MA FINO A SETTANTA VOLTE SETTE”

XXIV TEMPO ORDINARIO – 17 settembre 2017 - Commento al Vangelo
 “NON TI DICO FINO A SETTE VOLTE, MA FINO A SETTANTA VOLTE SETTE”
di p. José Maria CASTILLO
Mt 18, 21-35
[In quel tempo] Pietro si fece avanti e gli domandò: «Signore, quante volte, se il mio fratello peccherà
contro di me, dovrò perdonargli? Fino a sette volte?». Gesù gli rispose: «Non ti dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette». «Per questo il regno dei cieli è paragonato a un re che volle fare i conti con i suoi servi. Iniziando dunque a chiedere i conti, gli fu presentato uno che era debitore di diecimila talenti. Poiché costui non poteva pagare, il padrone comandò che fossero venduti lui, la moglie, i figli e quanto possedeva e saldasse così il conto. Allora quel servo, con la faccia per terra, lo supplicava dicendo: "Signore, sii benevolo con me e ti soddisferò in tutto". Il padrone fu mosso a pietà di quel servo, lo lasciò libero e gli condonò il debito.  Ora, appena uscito, lo stesso servo s'imbatté in uno dei suoi compagni il quale gli doveva cento denari. Lo afferrò e, quasi strozzandolo, diceva: "Rendimi quanto mi devi". Bocconi a terra, questi lo implorava dicendo: "Sii benevolo con me e ti soddisferò". Egli non acconsentì, ma andò a farlo gettare in prigione finché non gli avesse pagato il debito. Venuti a conoscenza dell'accaduto, gli altri servi se ne rattristarono grandemente e andarono a riferire ogni cosa al loro padrone. Allora il padrone, chiamatolo a sé, gli dice: "Servo malvagio, ti ho condonato tutto quel debito perché mi avevi supplicato; non dovevi anche tu aver pietà del tuo compagno, come io ho avuto pietà di te?". Preso perciò dall' ira, il padrone lo consegnò agli sbirri, finché non gli avesse restituito tutto ciò che gli doveva. Proprio così il Padre mio celeste tratterà voi, qualora non rimettiate di cuore ciascuno al proprio fratello».
1. Questa parabola dice che ciascuno riceverà da Dio in base alla relazione che ciascuno ha con gli altri. Cioè, il comportamento di ciascuno con gli altri è la misura del comportamento che Dio ha con ogni essere umano. Quindi il rispetto, la tolleranza, la stima, la capacità di perdono che ogni essere umano ha con le persone con le quali vive, saranno il rispetto, la tolleranza, la stima ed il perdono che riceverà da Dio.
2. In questo passo siamo quindi davanti ad un criterio fondamentale per determinare come deve essere il nostro comportamento etico. Certo, questo criterio è valido per persone credenti. Per giustificare una condotta etica non si deve ricorrere a Dio. L’agnostico e l’ateo possono essere (e ce ne sono in abbondanza) persone irreprensibili. Ma quello che non è facile da capire è che una persona, che manca di un riferimento ultimo che sia al di sopra delle circostanze, possa essere una persona che agisca, se è necessario, contro i suoi interessi ed a favore degli interessi degli altri. L’aspetto tragico di questo momento è che ci sono oramai molte persone che non hanno altro criterio, nel momento di agire, che quello che interessa o conviene loro. Senza pensare che quello che fanno con gli altri, sarà la misura della loro felicità o infelicità.
3. Perché ci sono persone incapaci di trattare gli altri così come vogliono essere trattate? Perché non hanno altro riferimento o altro criterio della gratificazione immediata di quello che le soddisfa. La parabola di questo vangelo sottolinea che chi si comporta così, in fondo, è l’essere più disgraziato. E quello che, in definitiva, ha il peggiore futuro.
Fonte:http://www.ildialogo.org

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