P. Marko Ivan Rupnik, Commento XXIV Domenica del Tempo Ordinario

XXIV Domenica del Tempo Ordinario - Anno A
Congregatio pro Clericis
Mt 18,21-35
La domenica scorsa abbiamo visto che la correzione fraterna è difatti la rivelazione di Cristo, perché
non si tratta tanto di correggere il fratello quanto di essere noi già liberi da ogni rancore e da ogni rabbia - dunque già in uno stato di perdono - per poi cercare di convincere il fratello che quello che ha fatto è male. In questa operazione si rivela attraverso di noi una relazione libera verso il peccatore, una vita che già ha sperimentato il perdono su di sé. Tanto che, per coloro che ascoltano Cristo deve essere immediatamente chiaro che si parla del perdono, e che dunque non si tratta di andare ancora tutto ferito e arrabbiato all’incontro con chi ha fatto il torto. Pietro sentendo il discorso di Cristo gli pone la questione diretta se quindi bisogna perdonare sempre, cioè 7 volte al giorno, comprendendo bene che il discorso di Cristo superava le scuole rabbiniche dove si era stabilita la regola del perdono per tre volte al giorno.

Cristo per rispondergli narra una parabola che si divide in tre scene.

Nella prima il re condona un debito immenso, così esagerato che certamente non può significare un debito qualsiasi, ma alludere piuttosto a un significato più profondo. Si tratta di diecimila talenti. Il talento era una unità di misura e dunque anche una misura di valore equivalente alla quantità di metallo prezioso, tipo l’oro. Gli ebrei hanno assunto il talento dai babilonesi ed era poco più di 30 kili. Al tempo di Cristo e nel Nuovo Testamento un talento corrispondeva a quasi 60 kg. Basti pensare che i possedimenti di Erode Antipa, come testimonia Giuseppe Flavio, erano in tutto 200 talenti. Perciò 10 mila talenti significa quasi 600 tonnellate di oro, e qui allora probabilmente non si sta parlando del patrimonio posseduto ma praticamente alla vita stessa. Benchè si tratti di una somma assolutamente esagerata il re, vedendo la supplica del debitore, condona tutto.

Nella seconda scena il debitore condonato trova un suo debitore, che gli deve 100 denari – più o meno la paga di tre mesi di lavoro – che di fronte a quello che gli è stato condonato sono meno di una briciola e, ciò nonostante, non sente la supplica del suo debitore che è identica a quella che lui ha fatto al re. A questo punto è già molto chiaro che il condono che lui ha ricevuto da parte del re non è stato vissuto nella sua verità di perdono, ma lo sguardo di quest’uomo rimane assolutamente rivolto a sé e legge ancora tutto in funzione di sé. Ancora non ha colto che la sua vita è un dono e che ha vissuto un miracolo perché nel rapporto verso questo debitore piccolo e povero non traspare che lui ha ricevuto una grazia nella vita, che ha vissuto un miracolo e che la sua vita è veramente un dono.

La terza scena vede gli amici che di fronte a che sta succedendo vanno dal re e gli raccontano l’accaduto. A questo punto il re consegna alla prigione la stessa persona cui aveva perdonato il debito chiamandolo: “Servo malvagio… Non dovevi anche tu aver pietà del tuo compagno, così come io ho avuto pietà di te?”

Finisce in prigione in cui rimane infatti il suo io visto che non è stato trasferito nel dono ricevuto.

Ciò che esce da queste tre scene è una indissolubile dinamica tra il perdono verso gli altri e il rapporto di gratitudine verso Dio. Il rapporto con Dio si manifesta nel perdono agli altri, il perdono è il luogo della rivelazione di Dio attraverso di noi e allo stesso tempo è anche il giudizio su di noi in quanto non perdonare significa che il Padre non riconosce in noi le membra e la somiglianza del suo Figlio il quale è la totale rivelazione dell’amore di Dio come perdono anche nel momento cruciale della passione pasquale. Addirittura come si prospetta nella preghiera del Padre nostro il perdono di Dio ha una relazione oggettiva con il nostro perdono ai nostri debitori. Dunque il perdono è il posto privilegiato dove il cristiano rende presente Cristo nel mondo. Tramite il perdono l’umanità acquista quel volto della misericordia del Padre che le donne e gli uomini nella storia chiedono sempre, in ogni tempo e in ogni luogo.
P. Marko Ivan Rupnik

Fonte:http://www.clerus.va

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